ATTUALITA’

A 80 DALLA MORTE

COMMEMORAZIONE DEL BEATO GIUSEPPE ALLAMANO

Sabato 11 febbraio, nel salone della casa madre dei Missionari della Consolata, in Torino, si è tenuta una solenne commemorazione del b. Giuseppe Allamano, nell’80° anniversario della morte. All’incontro hanno partecipato molti Missionari e Missionarie della Consolata, come pure amici e conoscenti dei nostri Istituti. Il titolo della commemorazione era: “Giuseppe Allamano, sacerdote della speranza”, scelto in connessione al cammino pastorale della Chiesa italiana, che si concluderà nel convegno nazionale a Verona, il 16-20 ottobre, precisamente attorno al tema: «Testimoni di Gesù risorto speranza del mondo».

All’inizio dell’incontro, il superiore della casa madre, il p. Francesco Cialini, dopo aver dato il benvenuto ai partecipanti, ha letto il messaggio del neo-rettore del santuario della Consolata, don Marino Basso, che si scusava di non essere presente, in quanto l’orario del nostro incontro coincideva con quello della sua ufficiale presa di possesso dell’ufficio al Santuario. Questo messaggio merita di essere segnalato, in quanto don Marino è successore dell’Allamano alla Consolata. Ecco alcune sue espressioni: «Dal santuario della Consolata, dove ebbe origine il vostro Istituto, vi giunga l’augurio per la celebrazione dell’80° anniversario della morte del vostro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano. Mentre esprimo la gratitudine a Dio per questo Beato Sacerdote Torinese e Rettore per parecchi anni del Santuario, Lo ringrazio, pure, per l’opera di evangelizzazione compiuta. La Consolata segnò la vita e il ministero dell’Allamano; la Consolata segni, sempre più profondamente, il vostro carisma di vita e di evangelizzazione. Chiedo a Lei che infonda nel cuore di tutti voi l’entusiasmo per la Missione. In questa ricorrenza possiate percepire, più intensamente, la presenza viva dell’Allamano che vi accompagna in modo amoroso ed efficace».

La commemorazione, dopo un momento di preghiera e riflessione guidato dai giovani CAM, è stata tenuta dal postulatore generale dell’Istituto, p. Francesco Pavese, e da sr. Teresa Edvige Agostino, Missionaria della Consolata.

L’intervento del Postulatore si è sviluppato in due momenti. Dopo aver sottolineato la sintonia dell’Allamano con lo zio materno S. Giuseppe Cafasso, precisamente riguardo la virtù della speranza, P. Pavese ha fatto notare come tutta l’attività apostolica del nostro fondatore si sia distinta come l’azione di chi si sente rassicurato dalla presenza di Gesù, il quale ha promesso di essere con i suoi «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Per illustrare questa identità positiva dell’Allamano, è stata presentata la sua iniziativa in favore del Convitto ecclesiastico. Appena due anni dopo essere stato nominato rettore del santuario, l’Allamano ha ottenuto dal suo arcivescovo, mons. L. Gastaldi, di fare ritornare i giovani sacerdoti convittori dal seminario metropolitano alla Consolata, assicurando personalmente loro un’educazione ascetica e morale, fondata sulla speranza nella misericordia di Dio e non sulla paura o sulla rigidità, conforme alla scuola di Sant’ Alfonso e all’insegnamento del Cafasso, “santo della speranza”.

Il discorso del Postulatore è proseguito illustrando l’Allamano come fondatore di due istituti missionari. Soprattutto in questa sua attività, l’Allamano ha dimostrato una fede granitica, accompagnata da una speranza inesauribile. Nell’Allamano non c’era una visione tragica del mondo non cristiano. Non è stata sicuramente la paura che una massa di umanità si dannasse o che altre religioni prevalessero sul Cristianesimo a spingerlo a mandare i suoi missionari. Per lui la vocazione missionaria non era altro che «un più grande amore per il Signore, per cui uno si sente spinto a farlo conoscere ed amare da quanti non lo conoscono e non lo amano ancora».

Anche la presenza della Consolata, la vera Fondatrice dell’Istituto, accanto ai suoi missionari e missionarie, era per l’Allamano motivo di speranza. Prima di “consolare” gli altri, i suoi figli e figlie erano “consolati”, cioè resi coraggiosi dalla Madre del cielo. Infine, l’intuizione dell’Allamano, campione di speranza su questo punto particolare, fu quella di volere “salvare” tutto l’uomo, corpo e anima, vita terrena e vita soprannaturale. La conseguenza fu che incitò da subito i suoi missionari ad impegnarsi per la promozione umana, convinto che essa era parte integrante dell’evangelizzazione. Non sono senza significato queste sue parole: «[gli indigeni] ameranno una religione che oltre le promesse dell’altra vita, li rende più felici su questa terra».

In sintesi, affermare che l’Allamano è “sacerdote della speranza” significa esprimere un giudizio estremamente positivo sulla sua personalità. Sicuramente egli aveva un rapporto sereno e positivo con Dio, con se stesso, con la gente e con gli eventi della storia di tutta l’umanità. Non si sentiva schiacciato da una visione pessimistica della vita. Si sentiva fortificato dalla presenza salvifica e sperimentabile del Signore Gesù. Avendo questo tipo si personalità, è facile capire perché l’Allamano abbia raccolto attorno a sé giovani, uomini e donne, preparandoli a diffondere nel mondo con entusiasmo un Cristianesimo dal volto “solare”. Lo sguardo dell’Allamano, trasmesso a suoi, guardava il futuro senza timore. Di sé diceva che non gli bastava avere una speranza comune, ma voleva sempre sperare, fortemente sperare, supersperare, sperare contro ogni speranza. Questo grande “sacerdote della speranza” così pregava: «Io non perderò mai la mia speranza in Te, mio Dio».

Dopo l’intervento del Postulatore, ha preso la parola sr. Teresa Edvige. Ecco una sintesi del suo intervento: «Vorrei partire da una definizione di “Speranza” che mi sembra ben illustrare e sintetizzare per noi oggi l’insegnamento sulla speranza dell’Allama-no. Speranza: è la forza interiore, l’atteggiamento profondo di chi sa vedere oltre – di chi crede che è possibile cambiare le cose , nonostante tutto - la capacità di attendere e intravedere che qualcosa di nuovo sta nascendo anche quando si è circondati di sofferenze e di pesanti ostacoli da superare - l’attitudine interiore di guardare e giudicare gli avvenimenti alla luce di Dio e non della logica umana. Esaminiamo questo tema sotto tre aspetti.

Primo: la forza profetica dell’Allamano nella Chiesa Locale e Universale: ha dato un ampio respiro: alla pastorale – una visione che superasse i confini diocesani e provinciali con il suo intuito missionario. Era convinto che la Chiesa non raggiunge la sua piena maturità se non guarda oltre i suoi confini e le sue necessità. Questa sua forte convinzione ci parla ed indica il suo forte senso ecclesiale. L’Allamano ha risvegliato la coscienza missionaria dei fedeli e del clero. Ha lasciato alla Chiesa locale e universale i Missionari e le Missionarie della Consolata che, nati da questo ceppo robusto di speranza, devono essere potenti antenne di speranza e di consolazione.

Secondo: la forza della speranza nel carisma missionario dei due Istituti: il nostro carisma di evangelizzazione e consolazione è una forza esplosiva di speranza e di vita. Consolare è dare un nome – un senso alle persone – un’identità; è dire a ciascuno e a tutti che sono portatori di un progetto di vita – di un progetto di salvezza. È comunicare che Dio consola non soltanto abolendo il dolore umano, ma dando un senso a tutto, anche al dolore, anche al “non senso”

Terzo: le Missionarie della Consolata, in collaborazione con i missionari della Consolata, “seminatori di speranza” nella missione di ieri e di oggi: ci educava, come suoi figli e figlie, a vivere la nostra vita missionaria in una speranza fatta di costante impegno. Scriveva: “Non badate al frutto delle fatiche, forse verrà più tardi. L’orazione, l’esempio, la parola, lasceranno qua e là scintille e segni che a suo tempo germoglieranno”.
Oggi come ieri, siamo presenti nei grandi continenti (Africa-America-Asia- Europa) e cerchiamo di essere fermenti di trasformazione per una cultura di pace, di vita, di giustizia, sensibili a tutte le nuove povertà e cercando nuovi cammini e risposte. Come figli e figlie dell’Allamano e in forza del nostro carisma, siamo chiamati ad essere come Gesù, Figlio Missionario del Padre, come Lui “inviati” per rivelare a tutti il vero volto di Dio che è amore e che vuole tutti partecipi della sua vita in pienezza: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.

Vorrei concludere con una semplice invocazione al beato Giuseppe Allamno, padre e guida della nostra speranza, affinché ci aiuti in questi tempi difficili a radicarci nella fiducia in Dio: “Ti chiediamo, o Padre Allamano, di ottenerci una profonda vita interiore ancorata nel Signore, una grande dinamicità, un coraggio forte, silenzioso e umile come il tuo, che sa intravedere cose nuove e si adopera finché si realizzano. Ottienici la capacità e la serenità di inoltrarci su nuove strade di evangelizzazione che non indeboliscano il forte mandato di Gesù:”Come il Padre ha mandato me, così io mando voi, e ci renda aperti al ”nuovo di Dio” per il nostro, “Oggi di salvezza”».


CELEBRAZIONE LITURGICA

Il 16 febbraio, giorno della festa liturgica dell’Allamano, nella chiesa dedicata al nostro Fondatore, vi è stata una solenne concelebrazione presieduta da mons. Giacomo Lanzetti, vescovo ausiliare di Torino, accompagnato da molti con celebranti. Ai lati vi erano mons. Mario Epifanio Ngulunde, arcivescovo di Tabora, Tanzania (deceduto improvvisamente il 14 marzo 2006) e da mons. Aldo Mongiano, vescovo emerito di Roraima. Inoltre, molti nostri confratelli e vari sacerdoti diocesani, tra i quali va segnalato don Marino Basso, ottavo successore dell’Allamano come rettore del santuario della Consolata.
Mons. Lanzetti, nella sua omelia, prendendo lo spunto dalle letture, ha parlato dell’Allamano come “servo del Signore” che si è aperto ai fratelli con atteggiamenti di attesa, di pazienza e di rispetto. Come gli apostoli, anch’egli ha ricevuto da Gesù il mandato di predicare il vangelo a tutti gli uomini. Egli si si è assunto questa responsabilità fondando due istituti missionari e inviando i suoi figli e figlie in tutto il mondo. Il suo coraggio e la sua forza sono nati dal colloquio quotidiano con l’Eucaristia e la Madonna. «L’Allamano – ha concluso il celebrante - ha affidato il suo progetto di fondazione a Maria Consolata di cui imitava la dolcezza materna e alla cui presenza s’infervorava di passione per l’annuncio del Vangelo a tutte le genti».


FESTA DELL’ALLAMANO IN COSTA D’AVORIO

Domenica, 5 febbraio, ci siamo ritrovati con i cristiani per la celebrazione della festa del Fondatore. La gente fin dal mattino ha iniziato ad arrivare accolta dai canti della corale che diffondevano un clima di allegria nell’ambiente. La Chiesa, grande e bella, è degna di una cattedrale. La celebrazione si è svolta nella gioia e nel canto, aiutati da tre lingue veicolari: francese, godié e moré. Credo che il Fondatore, dal cielo, fosse contento di sapere che la Consolata è conosciuta ed amata anche in questa terra. Un particolare toccante mi è rimasto impresso: alla fine della celebrazione, un bambino è venuto a salutarmi. Con fatica, a causa della lingua, abbiamo scambiato qualche parola e la sorpresa è stata il sapere che si chiama “Allamano”! Quale segno di speranza, la catena missionaria continua in questo bambino... Dieci anni di presenza stanno dando dei frutti...
giuseppeallamano.consolata.org