SULLA CARITA’ E SPIRITO DI CRITICA

29 giugno 1919

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

(Il nostro Ven. Padre entrando in laboratorio guarda una postulante entrata da poco e dice:) Ebbene? hai pianto? Non è mica male sai; piangi, piangi pure, io ti do il permesso. Anche N. Signore ha pianto; si legge che ha pianto tre volte, mentre in nessun posto risulta che abbia riso. Piangi; ma vedi, è meglio piangere sui peccati, sulla Passione di N. Signore, allora questo sì che è pianto; sì che si piange bene su quelle cose lì...

Ebbene. che cosa fate? Quest'oggi è la festa dei Santi Pietro e Paolo; grandi Santi! grandi Santi! S. Paolo era arrivato tardi, non aveva neppur visto il Signore, eppure l'han proprio messo vicino a S. Pietro: e che cosa vuoi dire? Vuoi dire che se anche qualche missionaria viene in ritardo può farsi santa più presto delle altre e partire anche prima per le Missioni. Non è il tempo che fa i santi. S. Paolo non vide N. Signore, eppure lo misero vicino a S. Pietro e li festeggiamo assieme. Questa è una cosa che fa pensare.

 

Certe suore che son sempre là in un angolo, che stan sempre nascoste, che han tanto buon spirito, fanno tanto bene; sembra che non faccian mai niente, ma alla fine si vede poi quel che han fatto. Dunque, dicevo che molte verranno e ci passeranno davanti. Ed allora fatevi sante in regola. Ma io oggi non voglio parlarvi di questo, voglio invece leggervi due righe della Superiora d'Africa, di sr. Margherita.

(Il nostro Ven. Padre ci legge parte d'una lettera della Superiora, nella quale essa fa cenno degli Esercizi Spirituali avuti nel- l'Aprile u.s., e poi parla di due cose: una da aumentare. l'altra da abbattere, tanto necessarie alla vita di Missione, e sono: amore alla carità, della quale non ne avremo mai troppa; e lo spirito di critica e mormorazione, che dobbiamo mortificare e combattere, affinché non abbiamo a trovarci poi delle sorprese).

 

Ecco vedete, sebbene tra di noi non ci sia lo spirito di mormorazione e di critica, è una cosa da abbattere più di ogni altra; eh! la carità dobbiamo rassodarla, aumentarla in noi, perché, per quanta ne abbiamo, non ne avremo mai abbastanza.

 

Ce n'è di carità, ma non c'è proprio sempre in tutto e con tutti; non c'è proprio sempre quell'amore vicendevole l'una con l'altra; poi magari, qualche volta scappa una parola riguardo alle disposizioni dei superiori. Quindi non è mai troppo il battere sulla carità. Ciascuna di voi forse crede di averne tanta, ma esamini tutte le sue compagne, veda se proprio vuoi bene non solo a quattro, a cinque, ma a tutte. Se ci son ripugnanze, vincerle; a questo bisogna star attenti. E poi, guai, guai, mormorare sulle disposizioni dei superiori. Queste son proprio le due cose che mi raccomanda di dire alle sorelle di Casa Madre.

 

Io vi ho sempre parlato di carità e ve ne parlerò sempre. S. Giovanni non faceva altro che dire: « Amatevi l'un l'altro ». Di modo che i suoi discepoli eran già persin stanchi di sentir quello e talvolta dicevano: Con tanto che ha scritto e detto non sa più dire che: amatevi; ma ci dica qualche bella cosa, è stato sempre con N. Signore, ha persin messo il capo sul suo cuore, ha detto che di Lui non si potrebbe dire tutto anche scrivendo tanti libri quanti ne può conte- nere la terra, e non ci dice niente. E lo portavano in mezzo all'adunanza perché dicesse qualche altra cosa, ma S. Giovanni ripeteva: « Amatevi l'un l'altro »; e giunto che era al suo solito punto, non riuscivano più a farlo proseguire. Il Santo aggiungeva poi: « Dico questo perché se osservate questo, basta ». Questo amore vero basta per 'tutto. Se c'è un amore vero del prossimo, non solo simpatia, abbiamo tutto, poiché il Signore ci tiene quasi di più che abbiamo amore al prossimo che verso Lui stesso. Hoc est praeceptum meum ut dili- gatis inviceni. Questo è il mio precetto: che vi amiate vicendevolmente. E’ il mio precetto - disse - come se non ce ne fossero altri. Vedete l'importanza dell'amore fraterno!

 

Certe dicono che amano i moretti, e credono di amarli veramente; ma bisogna prima amare quelli che abbiamo al fianco adesso. Non aver antipatie, no; non saper sopportare l'una perché è un po' grossolana, l'altra perché ha un altro difetto; non crediamoci d'essere fini noi. Diceva un tale: lo non posso sentir parlare quello là, perché ha una voce tanto alta. Ma che cosa ne può lui se ha quel tono? Il Signore gliel'ha dato così.

Stare attente a quest'amore, a questa carità: non ne avrete mai abbastanza. Simpatizzare non è virtù. Star volentieri con chi vuole l'ubbidienza; sia fine o grossolana, fa lo stesso. Perché vedete, facilmente c'entra poi la gelosia e il disprezzo. La carità è tanto impor tante e nessuno creda di averne abbastanza. Vengono quei momenti, quelle miserie che non si sanno sopportare. Il diavolo lavora, ci fa vedere le cose come non sono, e noi allora giù lettere ai superiori, perché ci cambino quella compagna o ci tolgano quell'altra. Ma che cambiare?! Cambiate voi, e tutto resta a posto.

 

Un parroco una volta andò dal Ven. Cafasso per avere un vice- curato, ma lo voleva in punto e virgola, mentre non se lo meritava. Il Venerabile stette a sentire tutte quelle belle qualità di cui quel parroco voleva fosse dotato il vice-curato richiesto e poi gli disse: « Guardi, Sig. Prevosto, esca di qui, lì in faccia a noi sta un fabbricante di statue, vada e se ne faccia fare uno, e vedrà che vice-curato di suo gusto ». Ma vi pare? Bisogna prenderlo come c'è e poi, se uno ha qualche difetto non può più stare in nessun posto? Sta al parroco tirarselo su, formarselo.

 

Se una suora fosse con una compagna in una stazione e volesse che si facesse tutto a suo gusto, è più che certo che non andrebbe d'accordo. Bisogna aver pazienza.

lo conoscevo pure un parroco: quello lì era fatto per prendere tutti i ratatui [avanzi]; ed aveva sempre buoni vice-curati. Egli a tutti drizzava le gambe, li prendeva e poi se li formava come voleva. Gliene diedero poi uno buono quasi come premio; uno ogni tanto va bene, ma sempre...

 

Dunque, veniamo al particolare. La carità per i religiosi è essenziale; senza di essa non può esistere una vera comunità. In comunità, in certo modo, son tutti uguali. Un autore dice che i primi cristiani erano un cuore ed un'anima sola: cor unum et anima una. Quando si dividevano i beni degli Apostoli, non si dava mica tanto a ciascuno; no no, se ne dava secondo il bisogno. Se questo ne ha più bisogno di quello se ne dà di più, ed a quello che ne abbisogna di meno se ne dà di meno. A chi ne abbisognava un chilo se ne dava un chilo; a chi ne abbisognava mezzo, se ne dava mezzo. Anche facendo così c'era l'uguaglianza. Vedete, voler pretendere l'uguaglianza in senso assoluto è sbagliato; non si può far così; il re non può essere come il suddito. E Signore non l'ha fatta quella legge lì. L'uguaglianza mal interpretata genera mormorazioni, critiche, sospetti. Chi ha carità non va a cercar queste cose.

 

Sapeste che impressione fa, per esempio, quando si distribuiscono gli impieghi e si sente mormorare! A qualcuna magari, rincrescerà persino di cambiare il letto. Ah! se si fa così!... in Missione si guarderà poi sempre di prendere il posto più comodo; sicuro, bisogna aggiustarsi, farsi un nido. Allora andrebbe bene che, quando il nido è preparato, le mandassero in un altro posto, così il nido resterà fatto per un'altra.

E poi, occuparsi degli altri ... ; ma che importa?!... lascia fare, non giudicare, non tocca mica a te! A questo riguardo si può mancare di mente, di lingua, di cuore, di opere.

 

Si manca di mente con fare giudizi temerari. Direte: vengono. Sì, vengono, ma mandateli via. Dite: che importa a me? - Questo proprio non va; non bisogna giudicare, perché invece di veder bene, ci avvezzeremo a veder poi sempre male. Non va bene, al vedere una compagna fare una cosa, pensar subito: lo fa solo per farsi vedere, per farsi prendere in grazia dai superiori. Io capisco: vengono tutte queste cose, ma rigettiamole: vade retro Satana [va' indietro, Satana]; non dire: questa non è sincera, quella non è semplice. Questo non è amor del prossimo. S. Antonio girava per tutti i deserti per cercarvi i frati, e non andava a guardare: questo fa poca penitenza, quello là tratta male; no, andava a cercare in ciascuno una virtù da poter imitare. Così dobbiamo pure fare noi, non guardare i difetti, ma copiare in ognuna una virtù: quella lì amerà il silenzio, quell'altra avrà tanto buon spirito ... ; se non si fa così, si prende l'abitudine di pensar sempre male; mandar via quelle storie...

 

Alle volte c'è una persona che parla; e noi, urtati forse dal modo che ha di parlare, si vorrebbe venir via, e si incomincia a borbottare: Uh! parla sempre quella lì ... ; invece no, non bisogna andar via, anzi star attenti, sentir bene quel che dice; star lì... a far mostarda [rinnegarsi]... - Ah, se ci esaminiamo su questo lato! S. Antonio non faceva così. Si pensa magari che uno operi per superbía o per malignità ed invece non è così; son tutte cose della nostra testa. Avvezzarci a mandarle via queste tentazioni, pensare che un bel giorno tutti questi nostri giudizi salteranno fuori, ed allora gli altri diranno di noi: guarda, quella lì pensava sempre male di tutti. Ah! i giudizi! i giudizi! Se uno si abituasse a mandarle via, queste tentazioni, col dire sovente: Devo giudicare me stesso...

Dunque, bisogna per prima cosa amare il prossimo: amarlo colla mente, cioè giudicandolo sempre bene, e poi, se ha dei difetti, se dice degli spropositi, si scusa pensando che è più semplice di noi. Io non lo direi, perché ho paura, perché son superba ... ; trovare qualche cosa di buono anche negli stessi difetti. Non approvare il difetto, ma rico- noscere qualche cosa di buono.

 

E riguardo alla lingua? Ah, la lingua! Il vizio di mormorare è il vizio più comune e non se ne fa caso. E’ una cosa tanto importante. Ve l'ho già raccontato il fatto di S. Filippo Neri: ricordate? ... quella signora che per le vie di Roma spennacchiava la gallina?! ... Vedete dunque che cosa fanno le mormorazioni! E dire che questo vizio è comune nel religiosi e nelle religiose.

Col cuore: tanti dicono: Io perdono, ma non dimentico ... ; Perdono, ma non vedrò mai più quella persona... - Ma è perdono questo? No, non è perdono.

 

Colle opere: vedete, alle volte in comunità si potrebbe incoraggiare un'anima che è ammalata spiritualmente; si farebbe tanto bene a dire una parola. Aiutarci, prendere parte alle pene degli altri come se fossero nostre. Aiutarci anche a correggere i difetti. In certe comunità sembran proprio statue; non dicono, non si aiutano in niente. Ma allora stiano chiuse nella loro cella. Una missionaria deve imparare a correggere le compagne. In Missione poi come si fa se non si correggono? C'è sempre paura di offendere. Ma che offendere! Fatela bene la correzione e non si offenderanno.

 

In Africa una suora arrivava a casa tutta stanca, eppure andava subito in cucina a vedere se c'era qualche cosa da fare. Al posto suo un'altra forse si sarebbe seduta ed avrebbe detto: Questo non tocca a me. - Questo non tocca a te? Ma mangi poi ben anche tu... Vedete, in comunità c'è tanto questo: schivare un po' il peso. Aver amore spirituale ed anche materiale, cioè aiutarci vicendevolmente nei lavori, dividere le fatiche, prenderci i lavori di mano, certo non contro l'ubbidienza, ma... Amorem fraternitatis habueritis ad invicem. Bisogna avere amore di fratellanza. Riguardo a questo argomento è necessario esaminarci: vedere se si amano tutte le sorelle, ed anche quelle passate e quelle future.

Ci vuole un amore pratico: domandate questa grazia!

 

SR. EMILIA TEMPO

[La prima parte di questo sunto è uguale al precedente, poi: ] Certe volte qualcuna ci urta solo pel modo che ha di parlare, e si vorrebbe cercare di schivarla o se si è assieme, d'andar via... uh, parla sempre quella lì (vien da dire); invece no, non bisogna andar via, anzi star attenti, sentire bene quel che dice, star lì a far mustarda... non parlo di tentazioni... ma se ci abituiamo a mandarle via col dire sovente: devo giudicare me stessa...

Dunque bisogna per prima cosa amare il prossimo: amarlo colla mente, cioè giudicandolo sempre bene, e poi, se ha dei difetti, se dice degli spropositi, si scusa pensando che è più semplice di noi: « io non lo direi perché ho paura, perché son superba »; trovare qualche cosa di buono anche nei difetti. Non approvarli, ma cercare sempre il lato buono per scusarli.

 

E riguardo alla lingua? Ah! la lingua! Il vizio del mormorare è il più comune tra le religiose e non se ne fa caso. E’ una cosa tanto importante!... Ricordate S. Filippo che fece spennacchiare la gallina a quella signora che mormorava.

Col cuore. Tanti dicono: Io perdono ma non dimentico; non vedrò mai più quella persona... - Ma è perdono questo? No, non lo è.

Colle opere. Aiutare anche moralmente; vedete, alle volte in comunità si potrebbe incoraggiare un'anima che è ammalata spiritualmente; si farebbe tanto bene a dire una parola... aiutarci, prendere parte alle pene degli altri come se fossero nostre. Aiutarci anche a correggere i difetti. In certe comunità sembran proprio statue, non dicono, non si aiutano in niente... Come è brutto quando son gelide, indifferenti!... Una missionaria deve imparare a correggere le compagne. In Missione, poi, come si fa se non si correggono?... C'è sempre paura di offendere. Ma che offendere... fatela bene la correzione e non si offenderanno.

Aiutare materialmente. In Africa una suora arrivava a casa tutta stanca, eppure andava subito in cucina a vedere se c'era qualche cosa da fare... Al posto suo, un'altra invece si sarebbe seduta ed avrebbe detto: questo non tocca a me. - Questo non tocca a te? ma mangi poi ben anche tu!

 

Vedete, in comunità c'è troppo questo: schivare un po' il peso. Ciascuna pensa a sé... sta lì... Bisogna avere amore spirituale ed anche materiale; aiutarci vicendevolmente nei lavori, dividere le fatiche, prenderci i lavori di mano, certo non contro l'ubbidienza, ma... Bisogna aver amore di sorelle. Su questo riguardo bisogna esaminarci... vedere se si amano tutte le sorelle. Ci vuole un amore pratico; domandate questa grazia.

giuseppeallamano.consolata.org