I SEGNI DELLA VOCAZIONE

29 giugno 1909
P.U. Costa, quad. II, 104- 106
Martedì - 29-6-1909
(Dopo aver per altre due volte insistito colla lettura di vari tratti di un li­bro recentissimo, sulla difficoltà delle difficoltà che sono i parenti, il loro af­fetto e spesso la loro opposizione, ed il modo di vincerla, cioè le parole e l'esempio di N.S.G.C. e dei Santi, il bene che verrà ai figli ed ai parenti obbe­dendo alla divina chiamata, ed i gravi danni in caso contrario; - oggi finisce di­cendo):
Parliamo ancora dei segni per conoscere la nostra vocazione; e prima in generale. I segni comuni per conoscere la vocazione, sono:
1°. Una propensione od inclinazione, non sensibile ma della volontà, co­stante per un tale stato: la quale inclinazione però ammette talora qualche ri­pugnanza, ma non costante, che tutte le cose buone costano. Così chi si sentis­se l'inclinazione a farsi Trappista, potrebbe forse sentirsi ritrarre al pensiero delle penitenze. Chi per contrario avesse una ripugnanza costante per un sta­to, non è certamente chiamato a quello: così non può farsi ingegnere chi ha ri­pugnanza per la matematica; né medico chi ha ripugnanza al sangue, ecc.
2°. Una volontà costante e ferma di seguire la propria vocazione e servirsi dei mezzi allo scopo.
Per la vocazione allo stato religioso in particolare, non si richiede altro che il sopraddetto.
Per lo stato sacerdotale invece si richiede oltracciò: Probità di vita inno­cente o bene emendata, specialmente riguardo alle abitudini contrarie alla bel­la virtù; chi fosse ancora dominato da una simile abitudine, non può ne deve farsi sacerdote, né il confessore potrebbe assolverlo in caso ei volesse, ciò nonostante, ricevere il Suddiaconato.
Scienza sufficiente: cioè capacità ad acquistarla. Quegli a cui entrasse niente in testa non deve farsi sacerdote, che invece di salvare le anime le dan­nerebbe: Labia sacerdotis custodient scientiam; et populi requirent de ore eius. Ma in quanto a questo ci sono gli esami ed i Superiori che decidono essi:
Nessun ostacolo canonico: come epilessia, e mali consimili. Chi p. es. sapesse di essere di famiglia, per parte di padre o madre, in cui vi siano tali difet­ti, deve dirlo.
Così non ci vuole un fine cattivo od anche solo umano... (Il che non es­servi neppure per farsi Missionario... Per ora non costa nulla, ...poi...). Cosi (questo è difficile che accada oggidì, ne qui è il caso di parlarne, che succede piuttosto il contrario), così non avvenga che uno sia costretto dai parenti a farsi prete.
Infine per un Missionario, l'ho già detto, se è religioso o prete, non si ri­chiede che un po' più d'amar di Dio, di zelo della propria santificazione e di quella delle anime.
E per ottenere tutto questo, cioè conoscere la propria vocazione, e corrispondervi, (per voi, specialmente si tratta più di corrispondenza, una volta che siete entrati avendoci pensato prima, in generale dovete tenere d'aver la voca­zione), per questo bisogna pregare ed appigliarsi ai mezzi; questi voi avete qui abbondanti. Se vengono dubbi consultarsi coi confessori e coi superiori, ed una volta che han deciso, è fatto. Che non si richiede mica certezza assoluta, come se un Angelo venisse a dirci: "Sei chiamato per quello"; basta una cer­tezza morale.
Sia chi non ha vocazione, come chi non vi corrisponde deve andar via; ma per quello è un affare, non ha vocazione, pazienza; ma chi avendola se n'esce, come ho già detto, si mette su d'una cattiva strada, mentre il Signore avevagli su un'altra, preparate le grazie speciali.
giuseppeallamano.consolata.org