CURIOSITA’

ZIO E NIPOTE SULLA STESSA STRADA DELLA SANTITÀ

S. Giuseppe Cafasso, zio del nostro Fondatore, è stato scelto protettore speciale dei Missionari e delle Missionarie della Consolata per l’anno 2005. Riteniamo di fare cosa utile ai nostri amici pubblicando due brevi articoli, apparsi sulla rivista ‘La Consolata’ dei mesi di maggio e giugno del 1925, ancora vivente l’Allamano, in occasione della beatificazione del Cafasso, avvenuta il 3 maggio, nella basilica di S. Pietro. Sono di una spontaneità sorprendente e dimostrano che cosa avevano compreso i nostri primi confratelli e consorelle del rapporto spirituale che esisteva tra zio e nipote, e che l’Allamano aveva cercato di trasmettere ai suoi due Istituti missionari. Indipendentemente dallo stile, che risente di un certo romanticismo, il contenuto di questi due articoli ci sembra molto positivo e merita di essere riproposto, quale omaggio a questi due campioni della santità, che sono anche oggi stupendi modelli di vita.

GIUSEPPE CAFASSO E I MISSIONARI DELLA CONSOLATA

Nel fascicolo n. 5, maggio 1925, della rivista ‘La Consolata’, alle pagine 69 – 70, dopo la narrazione della beatificazione del Cafasso e dei due miracoli approvati in vista della beatificazione, è ospitato un breve articolo non firmato, dal significativo titolo: “Il beato Giuseppe Cafasso e i Missionari della Consolata”. In esso viene descritta l’identità apostolica del Cafasso, e la convinzione che l’Allamano ha avuto la vocazione di continuarne la missione fino agli estremi confini della terra. In pratica, l’autore sostiene che l’Allamano, e quindi anche i suoi due Istituti missionari, sono la “continuazione missionaria” del Cafasso.

"All’esultanza comune di popolo e di Clero, per la Beatificazione del Servo di Dio Giuseppe Cafasso, partecipano in modo tutto speciale i Missionari della Consolata, per essere il Cafasso lo zio del loro Fondatore e Superiore Generale, Canonico Giuseppe Allamano; e per essere quindi il loro Istituto come una continuazione, una manifestazione concreta dello spirito apostolico del Beato G. Cafasso, trasfuso e operante nel degno Nipote.

Poiché se è vero che lo zelo apostolico del Cafasso, per la traccia profonda e gloriosa lasciata nella Chiesa, primeggiò nel Convitto Ecclesiastico, ove per 24 anni lavorò a formare i novelli leviti alla scienza e alle virtù sacerdotali; se è vero che ebbe vasto campo d’azione nel confessionale a cui ogni giorno accorreva “una turba” di penitenti; se è vero che abbracciò la formazione religiosa della gioventù per mezzo delle scuole di catechismo; se è vero che raggiunse un alto grado di eroismo nell’assistenza ai carcerati e ai condannati a morte, ch’Egli tutti riconciliò con Dio prima del passo fatale; è vero altresì che in queste molteplici e grandiose opere non si esaurì; ma, non sazio mai, si estese ancora alla conversione dei poveri infedeli.

Non avendo potuto come era suo desiderio, recarsi fra i pagani a predicare la fede e far avvampare anche in quelle lontane contrade il fuoco che N. S. Gesù Cristo portò sulla terra, il B. G. Cafasso non solo si “rifece” con un laborioso apostolato in patria; non solo ogni anno dava generosamente per l’Opera della Propagazione della Fede; ma ogni giorno ancora, ai piedi dell’altare, alzava fervide preghiere al Signore per la conversione degli infedeli, supplicando il Padrone della vigna a mandare molti operai fra la messe abbondante e biondeggiante, ma purtroppo dimenticata.

Ed il Signore esaudì le preghiere del suo Servo fedele, facendo sì che la fiamma apostolica che gli ardeva in cuore si comunicasse al nipote, Giuseppe Allamano, e diventasse in lui così possente, da obbligarlo a por mano alla fondazione di un Istituto per le Missioni Estere, che tanto bene ha già compiuto e più compirà in avvenire per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

Il Beato Giuseppe Cafasso che oggi sale all’onor degli altari, è dunque come l’antenato glorioso che ritorna fra i suoi a rallegrarsi con loro, ad applaudire alla fedeltà con cui seguono i suoi esempi di zelo apostolico, a benedirli, e ad assicurare loro la sua speciale protezione presso il trono della SS. Consolata".


ESULTA, O PADRE
Nel fascicolo n. 6, giugno 1925, della rivista ‘La Consolata’, alla pagina 86, è ospitato un breve articolo dal titolo “Esulta, o Padre!”. Si deve riconoscere che e il titolo e il contenuto lodativo dell’articolo sono coraggiosi, in quanto si riferiscono esplicitamente all’Allamano, il quale, in passato, evitava sempre di apparire troppo sulle pagine della rivista. Si vede che l’entusiasmo e la gioia dei “figli”, per la beatificazione del Cafasso, questa volta hanno avuto il sopravvento sulla modestia del “padre”; oppure, che l’Allamano non abbia visto lo scritto che dopo la stampa. Oltre tutto, a noi pare che questa pagina contenga il minimo che si possa dire su quanto l’Allamano ha fatto per far conoscere la santità del Cafasso, per viverla personalmente e per trasmetterla ai suoi figli e figlie.

«I cattolici di Torino e del Piemonte sono in esultanza per la beatificazione del Servo di Dio Giuseppe Cafasso: fulgidissima gemma che viene ad arricchire la corona di gloria della Chiesa subalpina. Ma chi più d’ogni altro esulta, perché più di ogni altro ha diritto e motivo d’esultare, è il Rev.mo Can. Giuseppe Allamano.

Egli, il nipote del novello Beato, da cui ereditò, insieme con una notevole rassomiglianza fisica, anche il dono di una scienza rara, accoppiata alle più elette virtù; e quello spirito apostolico che, a suo tempo, doveva estrinsecarsi nella fondazione di una opera imperitura: l’Istituto della Consolata per le Missioni Estere.

Egli, il successore del Beato Giuseppe Cafasso nella Direzione del Convitto Ecclesia-stico di Torino, dove da più di quarant’anni attende alla formazione dei novelli leviti, insegnando ad essi “bonitatem, disciplinam et scientiam” [bontà, disciplina e scienza], dopo aver spuntate e per sempre le ultime armi del giansenismo.

Egli ancora che iniziò la causa di beatificazione del suo venerato zio: causa che gli costò trent’anni di cure assidue e di sacrifici noti solo a Dio, ma che oggi vede coronati da splendido successo.

Ecco perché il S. Padre Pio XI, quando gli venne presentato il Can. Allamano recatosi a Roma per assistere alla Beatificazione dello Zio, potè esclamare: “E chi non conosce il Can. Allamano?”. Lusinghiero elogio se si pensa che il pio sacerdote lavorò sempre nel nascondimento di se stesso, pauroso di far apparire la mano che erigeva quelle opere che oggi, per altro, lo tradiscono, meritandogli l’ammirazione e l’elogio della stesso Sommo Pontefice.

Esulta dunque, o Padre! Noi, Missionari della Consolata, che ci gloriamo di averti a Fondatore e Superiore Generale, non solo partecipiamo a tutta la tua esultanza, non solo avremo il Beato Giuseppe Cafasso fra i nostri Protettori speciali, ma la devozione al Beato Giuseppe Cafasso porteremo ancora in tutte le Missioni d’Africa, e ovunque saremo chiamati da Dio a lavorare per la dilatazione del regno di Gesù Cristo e per il trionfo della sua Chiesa.

Prostrati ai piedi del novello Beato, uniti nella comune letizia, noi facciamo la promessa solenne di voler seguire le sue e le tue orme nel procurare la santificazione di noi stessi, e nello zelare la salvezza delle anime fino, se il Signore ci giudicherà degni, al sacrificio cruento della nostra vita; come deponiamo il voto, avvalorato dalle nostre quotidiane e fervide preghiere, che tu possa vedere il giorno, più bello e più glorioso ancora, quando Giuseppe Cafasso sarà dichiarato “santo”!».