Sappiamo quanto l’Allamano abbia raccomandato la recita del rosario, fino
a dire ai suoi missionari e missionarie: «Il rosario naturalmente deve essere la vostra preghiera quotidiana di
tutta la vita».
Da persona matura e realistica, l’Allamano si rendeva conto che la
ripetizione delle “Ave Maria” poteva creare qualche difficoltà nella preghiera. Sono frequenti i suoi
inviti a pregare il rosario con attenzione e amore, senza lasciarsi vincere dalla noia. Sentiamone qualcuno:
«Prendete amore, stima, affezione al santo rosario, non credetelo un peso, ma un peso soave»; «Che non
venga in testa che il rosario sia una ripetizione noiosa. E’ noioso dire alla Madonna che le vogliamo bene? E’
noioso dire al Signore che gli vogliamo bene?»; «Il Padre Lacordaire diceva: “L’amore non ha che
una parola, più si ripete, più è dolce, ed è sempre nuova»”; «La Madonna
sente volentieri ripetersi sempre questa preghiera»; «Mai stancarsi di ripetere: Ave Maria. La Madonna non si
annoia a sentirla». Sapendo che i suoi figli l’avrebbe compreso, l’Allamano fa forza sulla propria
esperienza personale: «Quando io dico che voglio bene alla Consolata, cosa devo dire? Dirò sempre
quello».
C’è un Missionario della Consolata, p. Tarcisio Crestani, che ha accolto alla
lettera gli inviti del Fondatore e ha fatto del rosario uno dei principali mezzi del suo apostolato in Congo. Non si
vergogna di far sapere che ha costruito con le proprie mani non meno di trentamila corone e le ha distribuite tutte
personalmente. Durante un suo breve soggiorno in Italia, ha parlato delle persone che costituiscono la porzione
privilegiata del suo ministero a Kinshasa, che sono l’infanzia abbandonata, gli anziani, gli infermi e i
carcerati.
Ecco alcune sue parole: «Faccio la mia pastorale non con mezzi straordinari o
finanziari (che pure sono necessari dove la povertà è divenuta micidiale), ma con la corona del rosario,
cioè con il sorriso materno della nostra Consolata. Le persone a cui mi rivolgo amano molto il rosario e mi
chiedono sempre corone. Se le mettono al collo per avere la protezione della Madonna. In tutte le loro stanze
c’è l’immagine della Consolata che io stesso ho portato. In questi anni ho potuto fare esperienza
concreta di come la pastorale del rosario abbia profondamente inciso nell’animo dei nostri cristiani congolesi,
soprattutto degli ammalati, che nell’invocazione della Madonna trovano sollievo al loro dolore. Ritornando in terra
congolese, che sento come mia seconda patria, continuerò a camminare nelle misteriose vie della sofferenza con il
rosario che riannoda l’uomo a Dio con la benedizione di Maria, fonte di ogni consolazione».