Nello scorso mese di febbraio, un
nostro confratello, p. Matthew Kasinzi, si trovava al Cairo per un corso di lingua araba, in vista del suo apostolato a
Djibuti. Siccome il 16 febbraio era la festa del Beato Giuseppe Allamano, p. Matthew non ha voluto privarsi della gioia di
rendere onore al nostro Padre. Ed ecco quanto ci ha scritto.
Fin dall'inizio della novena del Beato G.
Allamano, considerando la mia situazione in Egitto, un posto dove non ci sono comunità della Consolata, ho provato
molta nostalgia per il nostro modo di celebrare il 16 febbraio, segno del nostro amore e dello spirito della nostra
Famiglia trasmesso dall’Allamano. Pensavo molto a come avrei passato questo giorno così intimo e
significativo per noi Missionari della Consolata. Spesse volte mi sono venute nel cuore e nella mente le parole del
salmista: «Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia
destra. Mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo…» (Salmo 136, 4-
6). Come celebrare la
Festa del nostro amatissimo Padre Allamano in questa terra d'Egitto, per non lasciare cadere il ricordo di colui il cui
cuore era pieno di spirito missionario? È vero, un missionario non è mai straniero in mezzo a nessun popolo.
Nessuna terra per lui è “straniera”, specialmente quando si tratta di un Missionario della Consolata,
figlio del Beato Allamano. Perciò, consapevole della dimensione missionaria del grande cuore del Fondatore, ho
portato avanti l’iniziativa e il mio dovere di celebrare la festa del “Padre amatissimo” in questa
terra, che sembra straniera ma che in realtà non lo è.
Un primo contatto è stato con la
scuola “Dar Comboni” dove studio la lingua araba. Insieme ai colleghi studenti e ai professori, abbiamo avuto
un bel momento di fraternità con domande interessanti fatte dai professori musulmani sul Beato Allamano, sul motivo
della celebrazione odierna e sulla nostra famiglia religiosa e missionaria. La parte conclusiva della festa è stata
il pranzo solenne con la comunità dei Missionari Comboniani a Zamalek dove vivo. Sono sentitamente riconoscente a
tutti per l'amicizia e la fraternità.
LA CONSOLATA E
L’ALLAMANO INSIEME NELLA FORESTA
Padre Angelo Casadei, che lavora nella parrocchia, da poco fondata, di
Remolino del Caguán, paesino sperso nella foresta amazzonica della Colombia, racconta le vicende connesse con il
suo apostolato. Al termine dà questa notizia: «Concludo con un accenno alla Consolata: da decenni lavoriamo
portando il suo nome in questa terra e da tanto tempo p. Giacinto Franzoi, il primo parroco di Remolino, accarezza il
sogno di dedicarle un monumento. Ora questo sogno si è avverato e la Consolata è qui, in piena selva
amazzonica, mentre accompagna i suoi missionari nell’annuncio del Vangelo tra problemi, difficoltà, gioie e
speranze…
Il monumento si trova nella nostra chiesa parrocchiale: al centro c’è la statua
della Consolata, appoggiata su due forti mani che salgono dal mondo, per indicare che con Maria offriamo a tutti
Gesù, unico Salvatore. Alla base vi sono le bandiere delle nazioni in cui siamo presenti. Dietro, due pannelli
mostrano Maria nella storia della Salvezza, i Missionari della Consolata nella figura del loro Fondatore, Giuseppe
Allamano, che è inseparabile dalla Conso-lata, il santuario di Torino, le missioni in Africa e in America Latina,
quindi il fiume Caguán dove è forte la nostra presenza, e una frase che riassume la nostra identità:
“Os traigo mi consuelo” (Vi porto la mia consolazione)».
L’ALLAMANO “SI MOLTIPLICA” IN MOZAMBICO
Bisogna riconoscere che i nostri
confratelli in Mozambico vogliono che i segni della presenza del Fondatore nella loro missione siano evidenti per se
stessi e per la gente. Tre anni fa, avevano fatto coniare 25 mila medaglie con l’effigie della Consolata e
dell’Allamano rispettivamente sulle due facce, per offrire ai catecumeni come loro speciale distintivo e segno
dell’ingresso nella comunità ecclesiale. Nello stesso periodo, fu richiesta una statua del-l’Allamano,
quale titolare di una nuova cappella succursale, facente parte della parrocchia di Massinga.
Lo scorso
anno, il superiore regionale, p. Artur Marques, con atto di filiale delicatezza, ha voluto che la statua del Fondatore
fosse collocata in alcune tra le principali case dei Missionari della Consolata in Mozambico. Così i missionari che
vi abitavano, come pure la gente, entrando, avrebbero incontrato lui e si sarebbero sentiti affabilmente accolti dal suo
gesto paterno.
Le case ove la statua dell’Allamano è stata collocata sono quattro: anzitutto
quella centrale, nella capitale Maputo, ove ha sede la direzione regionale. La statua è stata posta
nell’atrio. Questa è la casa in cui tutti i 58 Missionari della Consolata che attualmente operano in
Mozambico, ogni tanto fanno ritorno e vi trovano sempre cordiale accoglienza. È come la casa comune, di tutti.
È giusto che sia il loro padre ad accoglierli per primo. In questa sede regionale passano, ogni anno, molti ospiti: gente del posto,
sacerdoti, religiosi e laici, e amici da oltre oceano, che vengono in Mozambico per visitare le missioni o anche per
offrire una loro temporanea collaborazione. A tutti l’Allamano dà il “benvenuto”.
Poi la statua del Fondatore è stata inviata a tre centri di formazione. Il primo è il
“Seminario propedeutico” di Nampula, al nord del paese, dove sono accolti i giovani per un primo discernimento
vocazionale, mentre hanno l’opportunità di completare le scuole superiori e soprattutto di frequentare corsi
introduttivi agli studi filosofici e teologici. È il primo contatto formativo, della durata di tre anni, in un
nostro ambiente, con educatori che li accompagnano in questo delicato e impegnativo cammino per scoprire il piano di Dio
nella loro vita.
Un’altra statua è stata donata al Noviziato, situato alla periferia di Maputo.
Durante questo anno speciale, i giovani che intendono diventare Missionari della Consolata si impegnano a conoscere
più in profondità il Fondatore, il suo spirito, assieme al fine proprio dell’Istituto e alla nostra
identità di consacrati per la missione. Chi meglio dell’Allamano può essere l’ispiratore e il
sostegno spirituale per questo importantissimo compito?
L’ultima statua è stata offerta al
seminario filosofico di Matola, a sud della capitale. Qui i giovani che hanno deciso di diventare Missionari della
Consolata, compiono il corso filosofico triennale. È una fase formativa per essi molto importante, perché li
aiuta a maturare umanamente e li abilita a sapere leggere con intelligenza e realismo la realtà che li circonda. In
più, una buona preparazione filosofica è un’indispensabile propedeutica allo studio della teologia. A
questi giovani la presenza visiva del Fondatore diventa un valido incoraggiamento a proseguire con coerenza il cammino
intrapreso, a coglierne i valori fondanti e a superare le immancabili difficoltà di cui esso è
costellato.
L’ALLAMANO E L’ANIMAZIONE VOCAZIONALE DEI
GIOVANI
Dal 16 al 23 aprile 2007, nella nostra Casa Madre di Torino, c’è stato un
“Incontro di formazione per animatori e animatrici missionari” dei nostri Istituti che operano in Europa. I
partecipanti erano 33, di cui: 4 Missionari della Consolata dalla Spagna, 6 dal Portogallo, 8 dall’Italia; 8
Missionarie della Consolata, di cui due che lavorano in Portogallo; 7 Laici Missionari della Consolata: 4
dall’Italia e 3 dal Portogallo.
Qui vogliamo sottolineare l’importanza che ha assunto il secondo
giorno dell’incontro, intitolato: “L’Allamano formatore di missionari e missionarie”.
In esso sono stati
offerti alla riflessione dei partecipanti diversi elementi educativi dedotti dall’esperienza e
dall’insegnamento del Fondatore, con l’obiettivo di offrire degli orientamenti per un corretto contatto con
quei giovani che si interrogano sulla propria vocazione. Le reazioni dei partecipanti sono state molto positive, sia in aula, che nei
gruppi. Può essere interessante sentirne qualcuna tra le tante.
La reazione di due laici: «Il
Fondatore è una persona che non cessa di stupire. Ogni volta che ne senti parlare, ne scopri un aspetto nuovo e
originale. È una persona fortemente carismatica e poliedrica. Sentire parlare di lui, del suo modo di essere, dei
suoi atteggiamenti e dei suoi insegnamenti è fare l’esperienza dei discepoli di Emmaus, “senti che il
cuore si scalda”; la gioia e il desiderio di conoscerlo di più e meglio aumenta».
Una suora
confessa: «Ho letto, riflettuto e sentito parlare molto del Fondatore, ma l’aspetto presentato oggi,
cioè quello di educatore e formatore di giovani missionari e missionarie, la sua “pedagogia”
nell’accoglierli, nell’educarli e formarli, per me, è un aspetto davvero nuovo e molto interessante.
Stiamo vivendo un cambiamento epocale un po’ a tutti i livelli e noi moltiplichiamo corsi per trovare modi e
metodologie adeguate e valide per i nostri giovani; e scopriamo che l’Allamano ha qualcosa di molto valido ed
attuale da dirci proprio riguardo al nostro modo di porci davanti a loro».
Un altro partecipante
riflette: «Si dice che l’Allamano non aveva una pedagogia propria, e può anche essere vero, nel senso
che non ha mai scritto libri su questo argomento, ma la sua vita di formatore, i suoi atteggiamenti, la sua persona, la
sua spiritualità sono una testimonianza e un insegnamento pedagogico molto valido anche per noi e per i nostri
giovani oggi».
Un missionario sintetizza così la sua meraviglia: «Ho scoperto oggi un grande
animatore missionario vocazionale: l’Al-lamano. Ho ammirato la sua capacità di accoglienza, di ascolto, di
donazione di sé e del proprio tempo, di attenzione alla persona, di rispetto, stima, e ricerca del vero bene
dell’altro. Un Allamano vero modello per noi animatori missionari vocazionali».