Con piacere portiamo a conoscenza dei nostri lettori uno scritto che ci è stato inviato
dalla signora Laura Bauducco, di Torino, che gentilmente esprime la sua reazione alle parole del nostro Fondatore, dopo
avere letto il volume “Così vi voglio”, che riporta la sua spiritualità e pedagogia
missionaria.
Nelle pagine del libro sono raccolte le considerazioni, le sollecitazioni, i consigli che il
Padre Giuseppe Allamano of-friva ai suoi missionari e alle sue missionarie durante gli incontri settimanali, organizzati
per la loro preparazione spirituale e formativa, in attesa della partenza per la missione.
Le pagine del libro,
lette con attenta meditazione, sono una miniera ricca di spiritualità e di sollecito invito a conseguire la
santità, alla quale tutti siamo chiamati. Le parole del Padre sono semplici, ma toccanti, profonde, giungono al
cuore e allo spirito, stimolano ad un ripensamento della propria esistenza e invitano ad un rinnovamento della propria
vita e ad un impegno di apostolato.
La riflessione sulle parole del Padre, i suoi inviti incoraggianti
aiutano a modificare il nostro modo di affrontare le difficoltà, a superare amarezze e angosce, a godere pienamente
(e a riconoscere) le gioie quotidiane. È partecipare intimamente alla vita di Gesù: nelle amarezze e nelle
gioie, dal Calvario alla Gloria. Il tono è sempre paterno, incoraggiante, consolante: tutto è compreso, compatito, perdonato, insieme
ad un caldo invito a migliorare, a maturare un più intenso rapporto con il Signore per poter aderire in ogni
circostanza sempre e co-munque alla sua volontà.
L’amore a Dio, l’adesione al suo volere,
l’attaccamento all’Eucari-stia, la venerazione alla Madonna, la carità (in tutte le sue forme) sono
guide sicure, strade tracciate dal Padre per giungere alla santità. Un particolare interesse hanno suscitato in me le pagine che il Padre
dedica allo “spirito di famiglia”, il suo insistere sull’amore che deve regnare tra i membri di una
comunità, sui segni della carità fraterna, sulla pazienza, sull’umiltà.
Sono
riflessioni e consigli preziosi non soltanto per una comunità religiosa, ma per ognuno di noi, in considerazione
dei rapporti quotidiani fra i membri di una coppia, di una famiglia e in ogni altro rapporto sociale: fra i parenti,
amici, ambiente di lavoro… Pecchiamo tutti di orgoglio, di superbia, sentimenti che ci impediscono di “vedere” l’altro, di
capire, di cercare il “perché” di un comportamento che ci offende e che suscita amarezza e, qualche
volta, rancore.
Un atteggiamento ostile immotivato e ostentato può nascondere un grave malessere dello
spirito; l’aggressività può essere sintomo di disperazione (assenza di speranza); la rigidità
di pensiero, il fastidioso protagonismo possono evidenziare l’insoddisfazione di una persona frustrata e infelice.
Una riflessione sulle motivazioni di determinati atteggiamenti può favorire, nel nostro intimo, motivi di
compassione, di accettazione e di rinnovato amore e anche di una serena riflessione sul nostro comportamento non conforme
a carità.
Personalmente ho un debito di riconoscenza verso il beato Giuseppe Allamano per tutto
l’amore che mi ha sempre dimostrato: ha interceduto perché avessi dei figli meravigliosi, mi protegge,
esaudisce ogni mia supplica, mi dona preziosi favori tanto nella umana quotidianità, quanto nella dimensione
spirituale.
Sono
sempre presenti nel mio cuore e nella mia mente le parole del Padre “coraggio e avanti” e il suo imperativo
“prima santi, poi missionari”. Questo breve scritto vuol essere un tributo e ancora un grazie al Padre
Fondatore, al quale continuo ad affidarmi con completa, serena, assoluta fiducia. E quando sarà il momento,
sarà ancora Lui ad accompagnarmi all’incontro con Dio.
Laura
Bauducco
“CENTRO GIUSEPPE
ALLAMANO” PER LA CURA DELL’AIDS
Le Suore Missionarie della Consolata, nel 2001, decisero di aprire un
centro nella città di Iringa - Tanzania - per aiutare le persone affette dal virus HIV che provoca l’Aids. Il
centro è intitolato al beato Giuseppe Allamano e posto sotto la sua protezione fin
dall’inizio.
Riguardo questa malattia, la situazione nell’intero paese è molto seria,
l’HIV / AIDS per le sue caratteristiche epidemiologiche ha un effetto fortemente disgregante nella società.
Colpendo soprattutto gli adulti ancora giovani, conduce ad un impoverimento economico delle famiglie, che si ripercuote
sulla loro capacità di affrontare le spese di base, quali il cibo, le medicine e l’istruzione dei figli. Gli
ammalati di AIDS sono spesso colpiti anche da altre malattie infettive/opportunistiche. A causa della generalizzata
povertà del Paese, i parenti di questi ammalati non possono sostenere le spese delle medicine e dell’ospedale
e neppure dare loro una dieta sostanziosa, come sarebbe necessario.
Le donne sono quelle che portano il peso maggiore di
questa realtà e spesso da sole. Anche quando non sono colpite direttamente dalla malattia, esse si trovano
assediate dai membri ammalati della loro famiglia e di quelle dei loro parenti.
Il numero degli orfani di
genitori morti per AIDS sta crescendo enormemente di giorno in giorno. Molti di questi vengono accolti dai nonni, i quali
spesso non hanno alcuna possibilità di assicurare loro il necessario per vivere e tanto meno per dare loro
un’istruzione di base. Le loro condizioni di vita sono quindi molto precarie.
Sovente questi bimbi vengono
sfruttati come forza di lavoro o addirittura sono abbandonati a se stessi, perché diventano un peso insopportabile
per i nonni. Purtroppo sono in aumento i bambini che risultano essere HIV positivi, perché hanno contratto il virus
alla nascita o durante l’allattamento, oppure a seguito di abusi sessuali. Per essi occorre un riguardo speciale,
perché oltre ad avere una situazione sociale precaria sono in più affetti dal virus.
Questa
emergenza convinse le Missio-narie della Consolata, che operano in Tanzania, a creare questo centro, la cui visione
generale è di ridare speranza e dignità alla gente sofferente ed emarginata a causa della malattia
dell’AIDS, alle loro famiglie e agli orfani. La missione specifica che il centro si propone di perseguire è
triplice: prevenire la malattia dell’AIDS; migliorare la qualità di vita delle persone sieropositive e
ammalate di AIDS sul piano fisico, psicologico e spirituale; prolungare la vita di adulti e bambini HIV positivi
attraverso i farmaci antiretrovirali.
I servizi che si prestano nel centro sono di tipo spirituale,
psicologico, sociale, medico, finanziario con micro-crediti, di formazione, educazione e riflessione. Gli assistiti
vengono coinvolti in varie attività con distinti incontri di terapia di gruppo per adulti, che hanno lo scopo di
ridare fiducia alle persone; e per bambini, spesso orfani, che hanno un estremo bisogno di socializzare, di sentirsi
amati, di avere fiducia in se stessi, di pregare nella consapevolezza che Dio li ama profondamente.
Ogni
anno, il 16 febbraio, festa del nostro beato Fondatore, il centro celebra il “Ricordo di Baba Allamano”, come
viene chiamato il Fondatore dai nostri assistiti. Tutti i pazienti sono invitati a partecipare, non importa la loro
religione. Si incontrano Cristiani di varie denominazioni e Musulmani per dire “grazie” all’Allamano e
alla Consolata: «Baba Yetu na Mama Yetu» (Nostro Papà e la Nostra Mamma). «Senza di loro non
saremmo qui, anzi non saremmo vivi e non potremmo vedere i nostri bambini crescere», oppure «non sapremmo a
chi affidarli...»: sono alcune delle frasi che vengono ripetute dagli assistiti del centro, umilmente e
semplicemente per dire il loro grazie alla Consolata e all’Allamano.
Ogni mattina il personale del centro si raduna per un
momento di preghiera e meditazione della Parola di Dio. Chiediamo al Signore di essere un suo strumento di pace, amore e
di essere presenza di Dio in mezzo alle persone che incontreremo nella giornata, cercando di “fare bene il
bene”, seguendo il consiglio del beato Giuseppe Allamano, serenamente e senza rumore.
Paola Viotto
TRE INCONTRI SU L’ALLAMANO E LA TORINO DI OGGI
Nel salone
della nostra Casa Madre di Torino, per tre venerdì consecutivi, si sono tenuti incontri sull’attuale
situazione sociale di Torino, intitolati: “Dialoghi con la città”. L’idea di questa iniziativa
è partita dalla constatazione che l’Allamano è stato un sacerdote molto coinvolto nella realtà
socio-ecclesiale della sua città. In ognuno di questi incontri, un nostro missionario esponeva un aspetto della
personalità sociale dell’Allamano, mentre un esperto trattava poi di un tema specificamente sociale in
relazione alla città di Torino. Presentiamo una sintesi della relazione che ci ha fornito il p. Antonio Giordano,
segretario regionale.
Primo venerdì: 31 gennaio. Relatori p. Gottardo Pasqualetti e
prof. Marco Revelli, sul tema: “Dalla città-fabbrica alla Torino post-olimpica”. «Non sta a me
dirlo, ma poiché mi è stato chiesto di introdurre questa serie di incontri in preparazione della festa
annuale del beato Giuseppe Allamano, esprimo il plauso per l'iniziativa. Plauso perché questo rientra nella
personalità e nel comportamento dell'Allamano. Egli ha trascorso quasi tutti i 75 anni della sua esistenza in
questa città di Torino».
Così p. Gottardo Pasqualetti ha introdotto la prima sera. Egli
ha ricordato gli aspetti principali dell’attività svolta dall’Allamano nel campo sociale, fino ad
introdurre, per la formazione dei giovani sacerdoti convittori, lezioni sul lavoro e sulla vita sociale, e ad organizzare
e sostenere vari gruppi di lavoratori e lavoratrici, che facevano capo al santuario della Consolata.
Il
professore Marco Revelli portò l’uditorio a una rapida considerazione su Torino, la città di ieri e la
città di oggi. Descrisse la Torino del primo ’900 come città industriale in pieno sviluppo,
città coesa dove tutto sembrava programmato. La Torino di oggi ha visto frantumarsi le grandi fabbriche in piccoli
rivoli di imprese e lavori industriali privati. La sicurezza del lavoro è scomparsa.
C’è nuova povertà, che sgorga
da mille cause concomitanti, e porta “le povertà”, che coinvolgono non solo la famiglia, ma ceti di
persone che sono rimaste fuori della certezza della vita. In questa incertezza, ingrandita dal mutare rapido del
così detto “progresso”, crescono le nuove generazioni. L’Allamano ha lavorato nella prima Torino;
noi oggi abbiamo da lavorare nella seconda. I metodi di lavoro e di avvicinamento alla gente ovviamente sono molto
diversi.
Secondo venerdì: 8 febbraio. Relatori p. Ugo Pozzoli e don Fredo Olivero, sul tema:
“Immigrati e nuovi poveri”. «L’Allamano teneva l'occhio e l'orecchio attenti e vigili a quanto
accadeva al di fuori». Padre Pozzoli, partendo da questa frase dei contemporanei dell’Allamano, volle
presentare all’uditorio un sacerdote aperto a tutti i problemi della gente di Torino del primo ’900:
«Egli aveva l’occhio aperto per vedere, capire ed agire. Si impegnò per promuovere, incoraggiare,
sostenere nuove forme, anche ardite di presenza nel contesto della città. Oggi l’Allamano non
c’è più, ma ci sono i Missionari e le Missionarie della Consolata con le loro comunità, dove lo
spirito dell’Allamano vive».
Don Fredo Olivero parlò dei “Migrantes” in Torino e
in Piemonte con referenza alla pastorale diocesana a loro favore. Gli stranieri a Torino sono oltre 100 mila regolari,
senza contare gli altri che attendono di essere regolarizzati, come pure lasciando da parte i Rom o zingari che formano un
gruppo quasi emarginato. È un mondo tuttora molto fluido, regolato da leggi non uniformi. Viene da chiederci: se
l’Allamano vivesse oggi, come si relazionerebbe con i Migrantes?
Terzo venerdì: 15 febbraio. Relatori
p. Antonio Rovelli e prof. Luciano Gallino, sul tema: “Il dramma delle morti sul lavoro”. Padre Rovelli
iniziò la terza ed ultima serata richiamando l’uditorio ai coni d’ombra, le morti sul lavoro, che
abbuiano la città. Il beato Allamano fu sempre attento ai problemi della sua Torino. Come lui i suoi missionari e
missionarie vogliono consolare e dare pace alla città dove sono nati come istituti missionari.
Il prof.
Gallino pose subito una fondamentale distinzione: morti per incidente e morti per malattia sviluppatasi a motivo di
condizioni disagevoli di lavoro. Questo è un tema mondiale ma che ha sviluppi diversi nella società
occidentale da quelli che ha negli altri paesi del mondo. Il numero di morti per malattie contratte sul lavoro è
sei volte il numero di incidenti mortali. Parlò poi del “lavoro globale” con la sua precarietà e
mancanza di sicurezza. Certo le condizioni sociali di lavoro della Torino moderna sono molto diverse da quelle del primo ’900,
quando viveva l’Allamano: sono migliorate o peggiorate? Forse non potremo mai dirlo esattamente, ma una cosa
è certa, che se l’Allamano vivesse oggigiorno, si comporterebbe ancora con la stessa carità e
attenzione verso i lavoratori che ebbe allora, all’inizio del ’900.
P. Antonio Giordano
CINQUE GIORNATE
SULLA SPIRITUALITÀ ALLAMANIANA
Nella Guinea Bissau, paese sulla costa occidentale dell’Africa
sub-sahariana, lavora un gruppo di 12 Missionarie della Consolata. Sono divise in tre comunità, impegnate
totalmente nel lavoro apostolico in altrettante parrocchie. Sono esse che animano la catechesi; seguono la preparazione al
battesimo dei catecumeni, la formazione della donna; assistono i bambini denutriti, quelli negli asili, ecc. Collaborano
con il clero e i laici locali, e con missionari di diversi istituti. Come figlie dell’Allamano, hanno sentito il
bisogno di dedicare cinque giorni di riflessione e scambi di idee sulla spiritualità del Fondatore.
Dal 16, festa liturgica del beato Allamano, al 20 febbraio scorso, si sono incontrate nel centro pastorale della
diocesi di Bissau e, con la collaborazione del Postulatore, hanno riflettuto su alcuni dei principali temi della
spiritualità allamaniana: la piena adesione alla proposta di vita del Fondatore; la spiritualità
cristologica; l’armonia tra contemplazione e azione e tra preghiera e lavoro; la spiritualità eucaristica,
ecclesiale, della missione e della consacrazione religiosa; il cammino di santità; la comunione con la Consolata;
la spiritualità dell’appartenenza ad una famiglia esclusivamente missionaria.
La dinamica di questo
incontro è stata piuttosto attiva. Dopo la presentazione del tema da parte del relatore e un tempo di riflessione
personale, ogni missionaria ha potuto esporre le proprie convinzioni e la propria esperienza sul tema trattato. Tutte sono
sempre intervenute in forma vivace. Ne è risultato così uno scambio fraterno molto ricco, vissuto come tempo
di riposo e arricchimento spirituale, che costituirà sicuramente anche una riserva di contenuti preziosi, ai quali
ricorrere per riprendere coraggio ed entusiasmo nel difficile cammino della missione.