S. AGOSTINO - CARITA' E PIETA'

31 agosto 1919

 

XIV. 38-39

S. Agostino fondatore d'un Ordine Religioso che da lui prese il nome radunati in morte in suoi discepoli, raccomandò tutte le virtú, ma particolarmente la carità e la pietà. La stessa raccomandazione fecero tanti altri fondatori di Religiosi. Ciò mentre prova che purtroppo viventi gli stessi fondatori talvolta già vien meno la carità fraterna e lo spirito di pietà, nelle Comunità, dimostra quanto stiano a cuore ai Santi queste due virtù, che dopo inculcate motto in vita, le lasciano come testamento prima di morire. Somma è l'importanza delle due virtù, senza delle quali nessuna Congregazione può reggersi, e affievolendosi scema e si spegne la vita religiosa. Che cosa è infatti una Comunità senza carità fraterna? Un purgatorio o peggio un inferno anticipato. .E’ meglio essere in una prigione, dove si soffrirà materialmente, ma non spiritualmente, od almeno non offesi da chi ci è caro e con cui si deve passare tutta la vita. Si entra in Religione per godere pace, ed avere maggiori aiuti a santificarsi; invece la mancanza di carità rende penosa la vita al corpo ed allo spirito; ed espone le persone a tante tentazioni, che neppure vi sono nel mondo. E’ brutto il falso detto che in Religione entrano senza conoscersi, vivono senza amarsi, e muoiono senza piangersi. Eppure l'esperienza dice che in certe Comunità non c'è carità nel trattare tra loro, nel parlare dei compagni, nel compatirsi e correggersi dei difetti. Cagione di tutto ciò è il non occuparsi di se stessi, ma mormorare degli altri; certe invidiuzze e gelosie per gli uffizi e preminenze che portano a divisioni ed a soppiantamenti. Guai a chi mette male in Comunità con certe parole, con certi segni... 0 se ognuno considerasse i proprii difetti e non quelli degli altri! Non vedesse la festuca negli occhi altrui, dimenticando il trave che si ha nei proprii occhi. Chi ha il vizio di metter male si emendi, altrimenti sarà causa di ruina dell'intiera Comunità. Ascoltiamo l'Apostolo: Amorem fraternitatis habueritis ad invicem. In particolare fa ben male chi dà della spia a chi vedendo gravi inconvenienti in Comunità, ne riferisce, come di dovere, ai Superiori, che soli possono rimediarvi. Purtroppo nelle Comunità si parla troppo e non si bada al danno che proviene dalle critiche e disapprovazioni

 

Ma S. Agostino raccomandò ai suoi figli come seconda virtù la pietà, cioè lo spirito di preghiera. Parrebbe che un Dottore della Chiesa, il più eccellente filosofo e teologo che sia mai esistito, avrebbe pensato di raccomandare ai discepoli lo studio per acquistare molta scienza. Invece nulla di ciò, ma la pietà. Come i Santi apprezzano la divozione e la preferiscono a tutto, ben sapendo che pietas, ad omnia utilis est. Che il molto pregare non detrae dallo studio, anzi aiuta questo. S. Tommaso imparò dal Crocífisso più che dai libri. Perciò Mons. Gastaldí di s.m. a coloro che dicevano che faceva pregare troppo i suoi Seminaristi a pregiudizio degli studi, diceva ch'erano stolti..., non si prega mai abbastanza... questa sarà tutta la nostra occupazione nella eternità.

Impariamo da questi grandi santi l'importanza delle cose.

 

 

SR. CARMELA FORNERIS

S. Agostino fondò gli Agostiniani i quali esistono tuttora. Egli quando morì lasciò come ricordo ai suoi religiosi di esercitare tutte le virtù, ma specialmente la carità e la pietà. Tutti i fondatori generalmente, quando muoiono, raccomandano queste due cose. Bisogna che siano ben necessarie. Eh! già, vedono che sono il fondamento principale.

 

In certe comunità un momento pare che ci sia tutta la carità ed un altro momento, per un niente, cosette che non si perdonano subito... minussie, minussie [minuzie, minuzie] ... ; si può dire che è una miseria generale delle comunità. Quando c'è la carità c'è tutto; invece certe volte incomincia a regnare un po' di malumore... e questo è un male. Si potrebbe vivere come in un paradiso terrestre, ed invece... con tutte quelle minuzie... Capita proprio così in certe co- munità; per un po' si passa su tutto, e questo va bene, un altro momento invece, o per invidia o per... che so io?... si manca di carità. Avrà dei difetti quella là, e se ne ha correggila, dillo ai Superiori; non è mai far la spia parlar di queste cose ai Superiori, è un dovere.

 

Prima di tutto bisogna pensare che se hanno dei difetti corporali o morali, io ne ho molti di più; perché noi vediamo il pelo, la pagliuzza che c'è negli altri e non vediamo il trave che abbiamo in noi. Non siamo capaci di sopportare qualche cosa negli altri. Se una compagna ha quel fare, quell'altra cosa che non piace, diciamoglielo, usiamole quella carità; se non basta, diciamolo ai Superiori, ma non stare lì; bisogna vincerle quelle ripugnanze. Alle volte ci son delle miseriucce che non si voglion vincere. Bisogna dire: io ho più difetti della tale; ed allora, pensando così, sì che staremo zitti. Se non posso sopportare questo, come farò a sopportare poi tutto quello che ci sarà là traverso? (in Africa). Ci sarà una non tanto fine, un'altra avrà un altro difetto, e non se ne accorgeranno neppure; e noi, correggiamole. « Non la prende bene ». Ma, correggiamola lo stesso, e se poi non si emenda, pazienza, sopportiamola. Questo è importante.

 

S. Giovanni Evangelista, quand'era vecchio gli portavano il seggiolone nell'adunanza ed aspettavano poi di sentire qualche cosa di nuovo; ma egli diceva sempre: « Miei cari figliuoli, amatevi l'un l'altro, amatevi ». Gli uditori stanchi di sentir sempre la stessa cosa dicevano: Ha sempre visto il Signore, ha persin messo la testa sul suo cuore; sa tante cose e non ci dice mai niente; ci dica qualche cosa di nuovo. E S. Giovanni rispondeva: Questo basta; se lo osservate, tutto andrà bene; amatevi, amatevi.

Carità! Carità! Alle volte sembra di parlare in bene, ma in realtà è l'amor proprio che ci fa parlare; è l'amor proprio che non ci lascia sopportare quelle piccole cose.

 

Dire tutto ai Superiori, essi hanno il diritto di saper tutto, e voi il dovere di parlare, ma poi basta, non ci pensate più; altrimenti, quando non ci sia più carità, non sarà più comunità, sarà una galera. S. Agostino ha raccomandato la pietà e la carità vicendevole. Egli che era un dottore della Chiesa, che aveva scritto volumi (la teologia è proprio stata formata da S. Agostino), ebbene, invece di dire: « Studiate, fate molto », ha detto: « Pregate molto, state uniti con Dio ». Lui era così dotto e non li ha esortati a diventar dotti come lui, perché vedete, la pietà è utile a tutti; se c'è la pietà, c'è l'unione con Dio e tutto il resto vien poi perché, quando si prega bene, il Signore ci dà tutte le grazie che ci abbisognano; Egli ci benedice, ci fa emendare dei nostri difetti; ed è per questo che S. Agostino raccomanda in secondo luogo la pietà.

 

Mons. Gastaldi raccomandava sempre non lo studio, ma la pietà, e diceva: « Ci son di quelli che vi dicono che io vi faccio pregare troppo. Come, vi faccio pregare troppo? Oh! stolti, io vorrei che pregaste di più, perché è lì la nostra vita; perché la vita di Paradiso sarà una continua preghiera. Pregate, pregate miei cari chierici ». Egli celebrava la S. Messa con grande devozione; raccomandava sempre la preghiera, non misurava il tempo che stavano in chiesa.

 

Ho detto queste cose a quelli che sono a S. Ignazio ed ora le dico anche a voi. S. Agostino era un santone e raccomandava la carità e la pietà. Nelle Comunità, senza la carità non si fa niente; e bisogna andare nei particolari, non dire facilmente: io non ho niente; quelle minuzie.... quelle piccole ripugnanze! Teniamole per noi senza pale- sarle; quelle piccole parole che possono essere tra voi... Se io ho visto un difetto nella tal compagna, perché vado a dirlo ad un'altra compagna, che non ci pensava neanche? Dopo, è certo che lo vede anche quella là il difetto. Bisogna stare attenti alla lingua; questa benedetta lingua! Si incomincia col dire una cosa dubitativa, e poi si ripete con sicurezza. Ah! la lingua! ah! la lingua! stare attenti. Non saremo mai pentiti di aver parlato meno, ma di aver parlato troppo, sì. Noi andiamo sempre a vedere i difetti degli altri e mai i nostri.

S. Agostino in punto di morte disse queste parole: Carità e pietà. E sapete che le parole dette in quel momento sono sacre, sono il testamento.

 

L'Ufficio della Madonna voi non potete dirlo sempre, ma direte il Rosario intero e bene. Ricordate, l'Ufficio è l'ossequio che piace di più alla Madonna. Ricordate il fatto dei Religiosi di S. Brunone? La Madonna diede stabilità al loro monastero purché dicessero tutti i giorni il suo Ufficio.

E le Adoratrici del SS. Sacramento? Se volevano ottenere grazie, ricorrevano alla recita dell'Ufficio.

 

SR. EMILIA TEMPO

[ questo sunto è uguale al precedente; solo, verso la fine del terzo paragrafo, dove parla della correzione fraterna, aggiunge:

... si può correggere, ma non mormorare...

 

SR. MARIA DEGLI ANGELI VASSALLO

I fondatori di Ordini Religiosi prima di morire raccomandavano sempre in modo particolare la carità e la pietà. Un momento sembra che ci sia tutta, un altro momento invece saltan fuori ripugnanze, cosette che non si perdonano subito: minussie, minussie - invidia, gelosia - avrà dei difetti quella lì, ebbene aiutiamola a correggersi - se quella ha dei difetti, io ne ho tanto più. Non stare con quella ripugnanza - bisogna vincersi - se non son buona a sopportare i difetti di quella compagna, come farò a sopportare i neri là attraverso! - correggiamola - ma non la prende bene - ma che! diciamolo ai Superiori e se non basta, sopportiamola! Carità! carità! Alle volte sembra di parlare in bene, ma in realtà è l'amor proprio che fa parlare - Parlate però coi Superiori; essi hanno il diritto di sapere e voi il dovere di parlare, ma poi basta, non ci pensate più. Non è fare la spia parlare coi Superiori. Bisogna andare ai particolari: non dire facilmente: io non ho niente... certe piccole ripugnanze... teniamole per noi senza parlarne colle compagne.