COMMEMORAZIONE DEL P. FELICE CARPIGNANO

8 marzo 1914
P.P. Albertone, quad. V, 226-230
8 Marzo 1914
Oggi sono stato, prima di venir qui, all'oratorio di S. Felice, ove si è fatto una commemorazione del P. Carpignano di felice memoria. Nato a Montiglio, fu chierico qui a Torino, fu Filippino e parroco di S. Filippo; e fu 27 anni superiore dei filippini, e si può dire che fu da mettere a livello col nostro D. Cafasso; e Mons. Bertagna, parlando di lui, lo porta come uno che aveva mol­ta stima del Ven. Cafasso; e il P. Carpignano aveva suggerito a lui che offrisse il suo libro al Ven. Cafasso. Fu una persona, come si esprime ironicamente Mons. Bertagna, che è in pericolo di essere processata; era un uomo di Dio, di consiglio, di poche parole, ma bisognava fare caso, altrimenti si sbagliava. Il Card., entusiasta, ha fatto lui l'orazione funebre del P. Carpignano; e non era un «cum spiritu tuo» come si dice, ma era capace anche di dare del folle. Mi­surato in tutto. Si son fatte le esequie e si è scoperto il monumento, ed il Car­dinale ha fatto l'orazione funebre e ha detto: Tutto il clero di quel tempo, ve­scovi, arcivescovi subalpini ricorrevano a questo sacerdote. Mons. Gastaldi si confessava da lui, era fatto per tutti, dai signori più alti ai più piccoli; la Prin­cipessa della Cisterna e il Principe Amedeo volevano essere della parrocchia di S. Filippo: ed ha avuto parte a molte opere: Fu fondatore delle protette ecc... così le suore di Rivalta, fu almeno confondatore, ha aiutato il Parroco ecc... così le suore cappuccine devono chiamarlo vero padre; così le Fedeli Compa­gne ebbero sempre l'aiuto del P. Carpignano. Non c'è istituto che lui non ab­bia aiutato. Ed il Cardinale raccomandava che non si perdesse la memoria di un tanto uomo; diceva che siamo più pochi che lo conoscemmo, è lui che ha fondato l'oratorio, e quest'anno si trattava di questo, e ci siamo radunati... ed abbiamo detto: «Tutti lodano, tutti ammirano e... bisogna decidersi ».E si è fatto il comitato e si è deciso di scriverne la vita.
Quando fu ammalato, avevo un villino in Lanzo dove andavo in campa­gna e lo pregai che venisse con me, e lui ha gradito tanto e poi ha detto: «No!» — E gli ho domandato il perché ed ei mi ha detto: «Noi abbiamo una piccola campagna a S. Mauro, e se non vado io a S. Mauro chi ci deve andare? Il dovere mio ed il buon esempio vuole che io vada». Lo pregai che venisse una vol­ta a vedere le suore quand'ero superiore,... e lui mi ha detto: «No, temo che il Superiore non mi dia il permesso molto volentieri».
E dopo 27 anni che era superiore, che è che non è, non fu più eletto, ed ha fatto un effetto così disastroso, che molti son andati via, ed altri di fuori si la­mentarono; eppure lui, dopo tanti anni che era superiore, era umile, e diceva in tutto: «Bisogna che domandi al superiore». Ed aveva una debolezza fisica, le lacrime gli scendevano di continuo dagli occhi, e non le voleva, perché dice­va che gli altri credessero che fosse per quello.
Sono andato da lui e lui mi disse: «Do via roba a tutti, pigli qualcosa an­che lei», ed io ho preso le epistole di S. Gerolamo.
Era un uomo di poche parole, ma... Una volta avevo preso una decisione senza parlarne con lui, mi pareva cosa chiara. Esco di casa, ed ecco, m'incon­tro con lui, e quasi mi rincresceva, e poi gli raccontai tutto, e lui mi ha lasciato dire poche parole e poi: «No!» e fu deciso. E mi fa tanto piacere di ricordarlo, siccome ha fatto tanto bene a me, così lo farà anche a voi.
Diceva il Cardinale, che la sua caratteristica era la vita nascosta: tutti ri­correvano a lui, e lui era sempre tranquillo e faceva il catechismo ai ragazzi, andava a pigliarli; faceva tutte le cose bene. Ed era un uomo fatto alla buona. Ho sentito varie volte a dire forte: «O gran fulasa!», ma eran titoli che si rice­vevano con gusto. Valeva più una sua mano sopra una spalla che tanti ragio­namenti. Dove bastava una parola, non ne diceva due... così quando gli si fece la sepoltura, si doveva fare internamente secondo le regole dei filippini, e poi si era indecisi e all'ultimo momento si è fatta un'eccezione e si è fatta uscire.
Dunque, spirito di umiltà, dovete imitare. Cosi diceva quel decreto:
Umiltà, obbedienza e santificazione loro.
Due parole sull'umiltà: Che cos'è l'umiltà: umilitas est virtus qua homo verissima sui cognitione sibi ipsi vilescit (S. Bern.). Meditate questa definizio­ne e vedrete quanto vi gioverà. L'uomo si sente basso, avvilito: due cose ci vo­gliono: la 1ª conoscerei, e veramente conoscerei; 2ª metterci al nostro proprio luogo, luogo che ci spetta, ma di questo un'altra volta.