Vista l'importanza e necessità, specialmente per noi, della virtù
dell'umiltà, ed in che desso veramente consista, parliamo dei mezzi
per acquistarla, conservarla e perfezionare in noi. Tenete bene a mente che in tanto diverrete santi e salverete anime in
quanto sarete più umili. Dice lo Scupoli che la SS. Vergine fu fatta così grande perché fu la
più umile creatura; e se si trovasse qualcuno umile com'Essa, il Signore lo farebbe grande come la
Madonna: respexit humilitatem ancillae suae... exaltavit humiles — ecce
ancilla Domini... Di regola il Signore non si serve dei superbi per fare cose grandi, specialmente nella conversione
delle anime. Il Signore è geloso della sua gloria e non vuole che gliela rapiscano... Adunque veniamo ai mezzi.
Questi sono generali, comuni anche alle altre virtù, e speciali per l'umiltà. Generali sono la
meditazione e l'esame del nostro nulla e meno di nulla, ma continua e
profonda, e ciò agli occhi della fede perché la grazia di
Dio ci faccia amare la nostra miseria. Quindi domandarla sovente a N. Signore, specialmente nella S.
Comunione: Domine non sum dignus... e nella Visita al SS. S. -Ma notate di
non domandare in astratto la virtù dell'umiltà, ma questa conoscenza intima di noi medesimi, che ci porti
all'affetto della virtù, dell'umiliazione. Pensiamo sovente ai detti ed esempi datici da N.S.G.C, nella sua vita
mortale e tuttora,nel SS. Sacramento e nella Chiesa. Discite a me... Solamente Gesù fu veramente umile,
che volontariamente sostenne... Virtus Christi è detta. Così leggiamo i libri ascetici
che ne trattano ex-professo, es. Rodriguez e da Bergamo, e gli esempi che ne diedero tutti i Santi. Es. S. Franc. d'Ass.
che si reputava veramente un gran peccatore; S. Paolo...
Particolari.
L'umiltà, dice un autore, non è una virtù infusa,
e persolito, non si dona, ma si ottiene colla nostra cooperazione. I mezzi
particolari si distinguono in interni ed esterni. I primi consistono nel formare in noi
con atti l'abito della virtù. Ci aiutano i detti scritturali ripetuti lungo il giorno: Substantia mea tanquam
nihilum ante te. - Ego egenus et pauper sum. - Ego vir videns paupertatem meam.
Gli esterni che procedono da ciò che
sentiamo internamente, che secondo S. Bern. sono effetti ed indizii dell'umiltà interna, ed anche cagione perché l'aumentano: humiliatio est via ad humilitatem; si virtu-tem appetis humilitatis, viam non refugias
humiliationis; - Si vis hum. ama hum.
Lo dice bene S. Tomm.: ex interiori dispositione humilitatis proce-dunt quaedam exteriora signa in verbis, et factis, et gestibus, quibus
id quod intrinsecus latet, manifestatur (Scar. p. 360 - 67). Paragr. il Culto int. -
esterno.
P.P. Albertone,
quad. VI, 25-30
13 Dicembre
Iermattina sono venuti alla Consolata tante società di giovani, vi erano 32 bandiere;
è già il sesto Sabato, ed è il P. Righini che lo fa. Si fa un po' di carità verso gli altri. Un milione di morti certo si ha già. Quel bravo predicatore si è
dimenticato di parlare di S. Valerico, ha parlato tanto della Madonna; e poteva dire: «Si raccomandavano [ = si
raccomandino] anche a S. Valerico, di cui si celebra la festa». Non solo alla Madonna: «In te speraverunt
patres nostri», sì, ma S. Valerico è anche uno speciale patrono della città di Torino, e alla
Consolata c'è l'altare.
I predicatori alle volte fanno un po'
come i poeti. Ha parlato dei benefizi della guerra. Ed è così davvero.
Il Signore cava il bene dal male. S. Bernardo prometteva la conquista di terra santa,
e la prometteva con dei miracoli, e poi invece tutto fu perso. E allora lui si lagnava col Signore, e in quel libro delle
considerazioni porta degli argomenti per scusa dicendo che tanti che morrebbero male, e invece muoiono bene. Se
fossero morti nelle loro case; molti no, non sarebbero morti troppo bene, e invece per la massima parte prima di partire
ricevettero i sacramenti e poi erano assistiti da tanti sacerdoti, e da più di 8000 suore; quando c'è il
pericolo la fede si ravviva. Tanti dicono: «Ma come mai N. Signore permette una
cosa così...» e invece non considerano che è un vero benefizio. Il Signore li ha scossi, e se il
governo non si è ancora sentito il bisogno di farsi un po' cattolico, ma il popolo si, le Chiese sono affollate. E
poi tutto il bene che si fa ora qui e che non si farebbe se non ci fosse la guerra.
Ci vuole uno spirito di fede. Non vuol dire che noi vogliamo la guerra, ma posto che la guerra è venuta, il
Signore sa cavarne il nostro bene e la sua gloria; e se ne è cavato e se ne cava ancora. Oramai anche gli increduli
lo capiscono che questo è un castigo di Dio. Così partecipate anche voi alle preghiere. Il S. Padre
desidera che almeno si faccia un po' di tregua in questo giorno di Natale, ed ha
fatto domande per vedere se c'era possibilità di essere esaudito da parte dei governi: una parte sarebbe disposta,
ma l'altra no. Se si facesse la tregua certo bisognerebbe che si impedisse di procurarsi mezzi maggiori per la
guerra. Questo sia per pregare, e ringraziare il Signore che almeno ci dà
la neutralità; noi non siamo più buoni di quegli altri. Tuttavia cominciano ad aumentare le imposte,
devono tenersi pronti: Si vis pacem; para bellum, resta una pace armata. È una faccenda seria le cose come vanno;
gli inglesi hanno fermato cinque navi italiane che venivano dall'America piene di grano per paura che si mandasse in
Germania. E noi quest'anno ne abbiamo bisogno perché il grano promette poco.
Oh, certo, conturbatae sunt gentes et inclinata sunt regna. Preghiamo che si faccia la pace. Si è mai visto una
cosa così generale; ed ora hanno cominciato anche i Turchi. Card. Gotti mi
diceva: «Non sappiamo come mandare i denari in terra santa». Il Signore ha riguardo alla
preghiera di pochi, per risparmiare tutti. Sapete di Sodoma e di Gomorra: sarebbero
bastati pochi. Dobbiamo essere sempre più vivi nelle cose di pietà e nei nostri doveri. Dobbiamo
scuoterci e corrisponder meglio. E chissà che qualche monachella non sia quella che pesi di più sulla
bilancia di Dio per Ottenere la pace. Guardiamo di essere noi quella monachella che tenga lontana da noi la guerra.
Perché anche noi non siamo fuori di pericolo. Così la Turchia è un po' contro l'Italia
perché un Console inglese si è rifugiato nelle nostre terre nel Mar Rosso; ed essa non può
venire a prenderlo, e questo può essere un casus belli. Non ci mancherebbe che quella. Ma noi non abbiamo bisogno
che di pregare stante che il Papa ci esorta tanto a farlo, e poi essere diligenti
affinché il Signore vista la buona volontà ci dia la
pace.
E veniamo ora a noi. Abbiamo visto che cosa sia
l'umiltà; vediamo ora come fare ad ottenere l'umiltà. Certamente
dobbiamo pregare, preghiera dopo la santa comunione e nella visita al SS.
Sacramento. Ma non solo domandare l'umiltà in genere, ma domandare i costitutivi dell'umiltà.
Domandare di poter penetrare in noi stessi, poter vedere ciò che siamo ed il nostro nulla; la nostra miseria per
essere persuasi internamente del nostro nulla. E poi essere contenti del nostro nulla. Se non si viene a questo dettaglio
non se ne conosce il bisogno ed il Signore non ci dà l'umiltà, e
così siamo sempre superbi. Non dico quando si tratta solo di tentazioni; potremo avere tentazioni sino alla
morte, ma ci dobbiamo vincere. S. Francesco d'Assisi si riputava il più gran peccatore; egli misurava le grazie ricevute da Dio e la sua corrispondenza, e poi
qualche peccatuccio l'avrà certo commesso, almeno nella sua gioventù, e deve bastare un peccatuccio per
farci abbassare la testa; perché è l'offesa di un Dio infinito, e se si trattasse anche di far salire in
Paradiso tutte le anime del Purgatorio non
potremmo mai dire il più piccolo peccatuccio. Non è una esagerazione, queste anime erano persuase del
loro nulla.
Domandiamo al Signore due cose:
1° La cognizione di noi stessi, l'amore al nostro nulla ed il desiderio che venga
conosciuto.
2° Meditare sulla virtù
dell'umiltà e sui mezzi per combattere la superbia e specialmente sui mezzi che ci sono dati dagli esempi e i detti di N. Signore Gesù e dei santi. I
santi dicono che l'umiltà è una virtù propria di N.S. Gesù Cristo. Noi per quanto facciamo
non facciamo mai abbastanza. Gesù invece si è fatto il verme della terra ed a voluto essere imitato in
questo da noi: Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore. Quand'egli si è fatto bambino l'ha fatto
di cuore per amore solamente. Oh, si, pensiamo sovente ai suoi detti ed esempi e così quando leggete le vite dei
santi tenete a mente questo; e poi quando si tratta di leggere libri, leggete quelli che parlano più ex professo di
questa virtù. Bisogna leggere ed amplificare e farne materia di esame. Quando non sapete su che cosa fare l'esame,
non si sbaglia mai se lo fate sulla superbia.
3° Oltre la preghiera e la meditazione, in particolare dice un autore, il Signore non concede mai questa grazia senza la nostra
cooperazione. Non è per solito una grazia gratis data: non si dona, si ottiene per solito colla nostra
cooperazione. Bisogna cercare di praticare questa virtù, e si acquista ex repetitis actibus, a forza di
battere, di battere, con atti interni ed esterni.
Quando siamo davanti
a Gesù Sacramentato, ripetiamo quelle giaculatorie di questo genere: Substantia mea tanquam nihilum ante te.
Ego servus tuus et filius ancillae tuae. Ripetere queste cose che ci aiutano ad andare avanti. Diciamolo al Signore: O Signore, se il mio niente
servisse a darti gloria vorrei essere proprio niente. E ripeterlo: Sono un niente, ma sono proprio contento del mio
niente. Sono il vostro schiavo. Sì, che allora il Signore ci farà la grazia di poter conoscere il nostro
nulla. Così alla meditazione della Passione di N. Si-gnore alle volte si
è aridi, dice un autore, alle volte invece si sente, e vuol dire che il Signore non ci dà subito la grazia
per farcela domandare. Così una volta queste espressioni saranno fredde, un'altra volta invece danno tutto.
Ego vir videns paupertatem meam: servus tuus sum ego, filius ancillae tuae.
Questi atti interni ci aiutano tanto ma ci bisognano anche gli atti esterni. S.
Tommaso dice che dall'interna disposizione all'umiltà ne nascono atti
esterni che si esprimono nella parola nei fatti e nei gesti. È come nel culto; il culto interno di sua natura si
manifesta esternamente, e il culto esterno è un complemento dell'interno, e aiuta l'interno. E cosi dice S.
Bernardo gli atti esterni sono cagione e effetto e indizio dell'interno. Sono
cagione perché l'aiutano, e sono indizio perché ne sono la manifestazione; e così quando
qualcuno dice che ci vuole l'interno e che basta l'interno, bisogna rispondere che quando non si vuole l'esterno non
c'è neppur poi più l'interno. Bisogna far cooperare a questa umiltà anche il corpo. Non solo
nel nostro cuore, volerla, amarla, ma anche fare atti esterni che sono conseguenza e causa dell'interna. Si vis
humilitatem, ama humiliationem. Chi scappa le piccole umiliazioni vuol dire che costui non ama l'umiltà.
Humiliatio est via ad humilitatem, si virtutem appetis humilitatis, viam non fugias humiliationis. Non deve essere
l'umiltà solo esterna, come pure gli atti di culto, sarebbe una falsità ma deve stendersi anche
all'esterno; quelli che dicono basta l'interno, no; ex interno affectu procedunt quaedam externa, in verbis, factis et
gestibus.
Verbis: non parlare in nostra
lode; raramente dire quello che noi abbiamo fatto. E parlare in biasimo nostro anche raramente, anche poche volte. Non
cercare che dicano di noi: ha ingegno, ha preso un bel voto! Parlare in nostra lode mai: e in nostra dislode poco, poco.
Alle volte uno dice che è buono a nulla e poi guai se glielo dicono gli altri. Piuttosto quando ci arriva di
sentire altri a dire male di noi, stare zitti. Il Signore sa quanto ho bisogno di stima, diceva S. Francesco di
Sales. Per lo più sono scuse di superbia,
e i santi stavano zitti. E invece noi quando siamo ripresi o corretti, invece di portarci col nostro pensiero al nostro
nulla ci portiamo subito al modo di scusarci. Arriva qualche cosa ed ecco il nostro pensiero subito là, al
modo di difenderci invece di pigliare occasione per umiliarsi. E degli stessi peccati, noi non siamo tanto pentiti
perché sono offesa del Signore, ma perché sono una macchia, e invece, posto che non ci fosse l'offesa di
Dio dovremmo essere contenti di dover riconoscere la nostra debolezza.
Nei fatti: - Non fare nulla con superbia, e soprattutto quando arriva
qualche cosa da umiliarci pigliarlo subito con spirito di umiltà; e
soprattutto quando si è messi in un canto. Arriva, ed il Signore lo permette per provarci, ed anche i
Superiori talvolta, e non bisogna dire: «Ah, io non sono amato!». Questa è una malinconia di
superbia, e invece dobbiamo essere contenti che i superiori non abbiamo tutta la stima di noi.
Gesti:
— Questo riguarda tutto il nostro insieme: tenere gli occhi bassi, modesti, e tutto l'esterno che sappia di persona
umile. Venendo sul tram, c'erano due suore. E una guardava di qua e di là; e col cappuccio faceva una figura che
non doveva. La gente dice: «Oh, che seur! ma è una seur!? È un soldato!». Questa è
modestia, ma si riferisce anche alla nostra superbia. Ci sono di quelli che
vogliono sempre dominare nella voce e nel gesto gli altri. Quello che è contro la modestia è contro
anche all'umiltà.
Tenete a
mente: se avrete umiltà e più umiltà avrete sarete santi; se no
tutto val niente. Questo è il fondamento; se non c'è, tutto l'edificio se ne va. Preghiamo il
Signore che ci dia umiltà: e voi coopererete per ottenere questa virtù.