La S. Chiesa celebra tre Feste della
S. Croce: la prima nel Venerdì Santo, scoprendo con tutta solennità la Croce coperta nella vigilia
della Domenica di Passione, e facendone speciale adorazione: Ecce lignum Crucis... venite adoremus. La
seconda in Maggio nell'Invenzione. Per ispirazione di S. Elena l'anno 326 (V. Brev.). - La terza oggi,
14 Settembre, dell'Esaltazione, in ricordo dell'Apparizione della Croce a Costantino, festa divenuta più
solenne quando Eraclio (V. Brev.).— Lezioni della Chiesa.
Culto ed
Imitazione: 1. Culto: I) Preziosità della vera Croce perché vera reliquia di
N.S.G. ratione conjunctionis (V. Peyretti de Incarnatione). Alla vera Croce esposta si fa genuflessione, e
s'incensa con tre tiri, come il SS. Sacramento, ma in piedi (V. A Carpo).
2) Il Crocifisso è immagine di Gesù Crocifisso, e come tale è degno della nostra
venerazione, ratione similitudinis (V. Peyretti), e gli si fa inchino. Da Costantino venne posto in onore
pubblico; e dovunque deve venire esaltato; non solo in Chiesa a tutti gli altari, ma nelle scuole, nei tribunali e
nel primo posto di tutte le famiglie: In hoc signo vinces; — Ecce signum Crucis; fugite partes adversas.
Fatto nel Kykuju dell'amore al Crocefisso.
3) Il Segno della
Croce su di noi e su tante cose; farlo sempre come indica la rubrica della Messa ed il Catechismo. Fatto
di S. Benedetto sul bicchiere d'acqua.
2. Imitazione. Non basta
venerare la Croce ed il Crocifisso; ma bisogna fare come diceva il Ven. Lazzaro bresciano: nolo Crucem
sine Crucifìxo; patire con pazienza, anzi amare le croci fisiche e spirituali. La vita di N.S.G. C. fu
una croce e dolore continuo: Tota vita J.C. crux et martyrium (Imit. 1. 2 cap. X e XI). S.
Paolo scrisse: Christo confìxus sum cruci. Volere o no, la nostra vita è seminata di
dolori e patimenti, da cui nessuno va libero. Gesù disse a' suoi seguaci: Tollat crucem suam et sequatur me.
Non c'è altra strada per arrivare alla gloria che l'imitazione di Gesù paziente. Chi però lo fa
seguendo Gesù avrà pace ed anche gioia in questo mondo ed un bel Paradiso. Il
soffrire per amor di Dio, come scrive S. Paolo, è un dono eletto di Dio, e felice chi lo desidera ed ottiene.
Ecco il perché S. Teresa diceva: patire o morire; e S. M. Maddalena de' Pazzi: patire e non morire. Siamo
ignoranti nelle cose di Dio; domandiamo lume soprannaturale ed amore (V. Imit. l.c.).