In generale ed anche
nell'ordine naturale la vocazione è quel decreto di Dio, per cui da tutta l'eternità il
Signore pensò alle creature possibili e stabilì di crearne a suo tempo alcune.
E tale divina prescienza non fu solamente in genere, ma in ispecie ed in individuo,
determinando di concedere ad ognuna le doti comuni alla specie e di più le particolari, sicché ciascuna
potrebbe dire: singulariter sum ego.
Fin dall'eternità
pensò e stabilì di dare ad ogni creatura i mezzi e le grazie per seguire la data vocazione e
così conseguire il proprio fine.
Così vediamo nell'ordine
naturale e quanto alle creature irragionevoli e quanto alle ragionevoli; quelle tirano dritto per la via loro
segnata, queste se usano della cognizione e libertà loro concessa eleggono lo stato loro da Dio segnato e vi
corrispondono.
Mirabile è l'ordine delle creature irragionevoli,
e né gli animali rubano il posto agli istinti delle piante e dei minerali, né viceversa. Anzi nelle
innumerevoli sorta di tali creature ognuna si attiene alle proprie, individuali doti avute, per cui gli uccelli volano per
l'aria e non aspirano al posto e qualità dei pesci, che guizzano nell'acqua e tra gli uccelli ciascuno canta
a suo modo e non a modo di altri uccelli di altra specie ecc.
Le creature
ragionevoli se prendono la via da Dio loro segnata troveranno per essa i mezzi di ben riuscire e compiere il loro
destino. Così l'avvocato, il medico, l'artigiano, il contadino, i quali se non indovinano la loro
vocazione non riusciranno buoni avvocati ecc. ma gente spostata, perché altra era la loro vocazione.
(Vedi Mons. Rossi Manna. Sem. cap. 6).
(1) Senza data. Da elementi interni questa trattazione fu composta
dall'Allamano tra il 1909 e il 1913.
Se
ciò è vero nell'ordine naturale, tanto più accade nell'ordine soprannaturale, quanto alla
nostra vocazione spirituale, di grazia.
In quest'ordine sebbene il Signore chiami tutti con una vocazione
generale alla santità: haec voluntas Dei sanctificatio vestra, con vocazione particolare chiama ciascuno a
conseguirla in uno stato piuttosto che in un altro. Al decreto della persona chiamata congiunge quello di conferirle i
soccorsi necessari a compierne debitamente gli uffizii: unusquisque proprium donum habet (S. Pool. I Cor. 7), idest gratia
propria unicuique statui (Corn. a Lapide). Quindi chi assume lo stato fissategli da Dio è aiutato dalla
grazia a portarne il peso anche con gioia, e solo che vi corrisponda ottiene di giungere al suo fine.
Chi invece si appiglia ad uno stato a cui non fu destinato, sconvolge
dal canto suo l'ordine stabilito dalla D.P., si oppone al volere di Dio, è membro slogato e spostato. Privo della
speciale protezione di Dio, non gli rimangono per salvarsi che le grazie comuni e sufficienti, le quali non gli basteranno
per portare oneri superiori alle sue spalle.
Vedete
l'importanza di conoscere e seguire ciascuno la nostra vocazione!
Dipende da ciò la propria felicità od infelicità temporale ed eterna.
Dice S. Greg. Naz. (Orat. 25): certum vitae genus est res tanti momenti, ut totius vitae vel recte vel male traducendae,
fundamentum in eo positum est. Alla sventatezza di prendere vocazioni non fatte da Dio si devono in gran parte
attribuire i tanti disordini che arrivano nel mondo dice un autore (La Perf. Crist. p. 222 - 4).
II
Essendo od aspirando ad essere tutti religiosi e missionari e molti
anche sacerdoti, tratteniamoci solamente di queste tre vocazioni. Vedremo di ciascuna la natura, l'eccellenza, i
segni per conoscerla, i mezzi per corrispondervi e gli ostacoli che si devono vincere; infine il male del non accettarla e
compierla bene.
1. VOCAZIONE RELIGIOSA
Natura. La
vocazione religiosa, dice il Bellarmino, è una manifestazione di elezione che Iddio fa a coloro che
corrisposero al generale invito di osservare i consigli evangelici. Il si vis esse perfectus è rivolto a
tutti (v. La perf. crist. p. 444); consilium adolescenti a Domino datum, sic est accipiendum, ac si omnibus ex ore Domini
proponeretur scrive S. Tommaso (Opusc. 17, e. 19); ma quest'invito non dà il potere immediato di
realmente praticare i consigli evangelici, perciò è necessaria una speciale vocazione (Bellarm. De Monach.
1, 2, e. 13 presso La perf. crist.), che d'ordinario si ottiene mediante la preghiera e le buone
opere.
Eccellenza. La vocazione religiosa è una
grazia che non ha prezzo e di cui solo nell'eternità si conoscerà il valore. Secondo S. Gerolamo
lo stato religioso è un martirio, anzi contiene in sè molti martirii mentre ci fa morire al mondo e ci
sacrifica a Dio (v. Avvisi e Rifless. sullo stato relig. p. 60 e seg.). È un martirio l'ubbidienza; còsi la
castità e la povertà (Ivi p. 61).
DisseN.S.G.C, a S. Teresa: guai al mondo se non vi fossero
religiosi (Iv. p. 66).
Segni per conoscerla. Non parliamo di vocazione straordinaria fatta a certe anime
predilette con segni particolari, come avvenne a S. Paolo, a S. Antonio, a S. Francesco d'Assisi ecc.
La vocazione ordinaria si manifesta in diverse maniere, che danno un morale
convincimento sufficiente per poterla abbracciare (S. Tomm. 2.2. q. 189. a. 10), senza che siano necessario prove
matematiche, e molto meno rivelazioni e miracoli.
Segni abbastanza
certi di vocazione religiosa sono: 1) di non avere vocazione positiva, particolare, per rimanere nel secolo; 2)
di possedere la conveniente capacità per lo stato religioso; 3) di sentirsi sospinto a questo stato da motivo
soprannaturale, e ciò con costanza di volontà sebbene non esente da ripugnanze e difficoltà ed anche
da qualche motivo umano secondario ed accessorio (La Perf. p. 449) (2).
(2) In margine a matita: «V. Ann. Ador.
1909, p. 370».
È poi necessaria molta preghiera e domandar consiglio da persona
idonea.
Mezzi per corrispondere alla
vocazione religiosa. Altri sono antecedenti all'entrata in religione, altri durante la prova e la vita
nella religione.
1. Conosciuta la
vocazione: 1) di regola si tenga secreta; 2) non si differisca l'adempimento senza un forte motivo: timeo Jesum
transeuntem. Es. S. Matteo e gli Apostoli: nescit tarda molimina Spiritus Sancti gratia (S. Ambr. in Luc. 1. 2); 3)
Superare le difficoltà che quasi certamente sopravvengono sia dalla malizia altrui sia per permissione di Dio, il
quale suole provare le vere e grandi vocazioni. Es. S. Giovanna Francesco di Chantal.
2. Durante la prova, ben considerando la natura e gli obblighi dello stato
religioso in genere ed in specie di quello abbracciato, deve imbeversi dello spirito dell'istituto, studiandone le regole
e procurando di osservarle scrupolosamente e cordialmente in ogni più piccola parte. A tal fine è necessaria
una costanza d'animo ed una generosità a tutte le prove. - Siccome il demonio non mancherà di
assalire con tentazioni di scoraggiamento è necessaria una intera apertura coi superiori, i quali sfateranno le
insidie del demonio.
3. Fatta la professione, adempite
con inviolabile fedeltà i doveri assunti.
La
felicità del religioso sarà a misura della fedeltà e dello zelo che avrà nel servizio di Dio.
Se sarà perfettamente fedele sarà anche perfettamente felice quanto si può essere in questo
mondo; se avrà fedeltà mediocre, sarà solo mediocremente felice; se mancherà di
fedeltà, sarà miserabile (Avv. e Rifl. p. 73). Esempi (La Perf. 475 ecc.).
Se venisse meno il primo fervore bisogna subito scuotersi (La perf. p. 472 ecc.) (D.
Caf. 2 Med.). Serve a ciò l'ad quid venisti... volo salvare animam meam.
Ostacoli da vincere. Primo ostacolo è il diniego dei parenti, i quali
o per falso affetto o per avarizia si oppongono a tale vocazione. Ma, dice S. Tommaso: non tenentur nec
servi dominis, nec filii parentibus obedire de matrimonio contrahendo, vel virginitate servando aut aliquo alio huiusmodi
(2. 2. q. 105 a. 5).
Il Conc. di Trento non volle
che il consenso dei genitori fosse impedimento dirimente del matrimonio, ma solo necessario alla liceità quando
fosse ragionevole e giusto. Così per la vocazione religiosa. - I parenti possono sincerarsi se i
figli specialmente se minori in ciò operano a caso, per leggerezza o impeto di fantasia, ma non sono essi i
veri giudici della coscienza dei figli: ciò appartiene al confessore e direttore. Infelici molti parenti che si
oppongono a vere vocazioni sotto varii pretesti, e fors'anco per distoglierli li ingolfano nel mondo! S. Bernardo
dice: saepe parentes ita se in hac re coecos exhibere, ut malint filios suos cum seipsis perire, quam salvari procul a se.
Oh durum patrem! Oh saevam matrem! (Ep. III), ed aggiunge che contemnere matrem propter Christum
piissimum est (Ep. 104), nam qui dicit: honora patrem aut matrem, ipse etiam dicit: qui amat patrem aut matrem
plusquam me, non est me dignus.
Chi quindi si sente chiamato alla
religione stia fermo contro la voce della carne e del sangue, cerchi di ammollirli in bel modo, dicendo che lontano
li amerà ancor più e li farà da Dio benedire colle sue preghiere. E quando ogni tentativo riesca
vano si consiglia a taluna anche la fuga. Esempi: S. Tommaso, S. Stanislao Kosta[= Kostka] e S. Fr. di
Chantal.
N.S.G.C, disse: qui non odit patrem aut matrem... non potest meus
esse discipulus: odio questo santo, di cui saranno poi riconoscenti gli stessi parenti.
Nota - Che male è non seguire la vocazione religiosa?
Per sé non è peccato non avendo N.S. legato a precetto la professione dei consigli evangelici. Tuttavia in
pratica, dice S. Alfonso, a cagione dei pericoli, a cui è esposta la propria eterna salvezza, scegliendo uno stato
diverso da quello cui Dio l'ha destinato, di rado si può andare esente da peccato. Il rifiuto della grazia della
vocazione religiosa suole spesso farsi ostacolo a riceverne delle ulteriori, la cui mancanza si fa occasione di rovina (La
Perf. Crist. 450 - 1). Esempio il giovane del S. Vangelo.
2. VOCAZIONE SACERDOTALE
Natura. Pel sacerdozio è necessaria una chiamata speciale di Dio. N. S.G.C, disse: non vos me elegistis,
sed ego elegi vos. E S. Paolo: nec quisquam sumit sibi honorem, sed qui vocatur a Deo tanquam Aaron. E quel
giovane del Vangelo che disse a Gesù: sequar te quaqumque[= quoqumque] ieris. Gesù che
non lo voleva alla sua speciale sequela lo rimandò.
E così naturale che nessun suddito può farsi ministro d'un re, se questi non lo vuole e chiama.
Sarebbe questa una temerità sacrilega, come scrive S. Cipriano: ita est aliquis sacrilegae temeritatis ac perditae
mentis, ut putet sine Dei judicio fieri sacerdotem (Ep. 55 ad Cornel.). E S. Bernardo: quid istud temeritatis est, imo
quid insaniae est? tu irriverenter irruis, nec vocatus nec introductus (De vita cler. 5).
Ed il S.C. di Trento: Decernit sancta Synodus eos qui sacra mini-steria propria
temeritate sibi tribuunt, omnes non Ecclesiae ministros, sed fures et latrones per ostium non ingressos habendos esse
(Sess. 25, cap. 1).
Chi entra nel sacerdozio senza
questa vocazione faticherà, ma le sue fatiche varranno nulla davanti a Dio, anzi le sue opere saranno per
lui demeriti, scrive S. Alfonso, il quale soggiunge, che senza questa vocazione è difficilissimo
soddisfare agli obblighi dello stato sacerdotale e quindi salvarsi.
Eccellenza del Sacerdozio è somma: S. Efrem.: omnium apex est sa-cerdotium. Essa si misura dai
grandi uffìzi che ha: ambasciatore di Dio, potestà sul corpo reale e sul corpo mistico di G. C. e
dispensatore delle grazie di Dio. La dignità sacerdotale supera l'Angelica e quella di Maria SS.,
è divina; S. Clemente: post Deum terrenus Deus. (S. Alf. - Selva).
Segni di vocazione ecclesiastica è: 1) una certa inclinazione o come genio al
divino servizio, con vera volontà di tutto consecrarsi alla gloria di Dio ed a salvare anime. Quindi non fini
umani.
2) Probità di vita, cioè innocenza
o vita riparata, specialmente per parte della castità. Non è fatto pel sacerdozio l'abituato se non
precedette una lunga e costante emendazione.
3)
Scienza sufficiente secondo il giudizio dei superiori.
Nota. - La Chiesa colle irregolarità esclude quelli che [per] ragion di nascita o di malattie o di indole
cattiva non sono soggetti idonei a formarsi degni ministri di Dio. N. Signore nell'Antico Testamento non accettava gli
fossero offerti (sic) vittime macchiate; e nel N. T. non volle alla sua sequela speciale l'ossesso liberato dal
demonio.
Mezzi. Ilmezzo ordinario, nel
quale si trovano tutti gli altri mezzi è ritirarsi in quelle case dove il Signore stabilì concedere le
grazie per la formazione dei suoi sacerdoti.
Pei sacerdoti secolari tali
case sono i Seminari a questo fine stabiliti dal S. Conc. di Trento (V. Reg. Sem. Tour. cap. I) - Pei sacerdoti
religiosi sono gli stessi istituti religiosi, nei quali in modo speciale è curata la educazione
ecclesiastica insieme colla religiosa.
A questo scopo com'è
necessario che queste case siano proprio giardini eletti di virtù e di scienza, così gli alunni
devono entrare con fine retto e quivi corrispondere pienamente alle cure della Chiesa e dei superiori (V. Reg. cit. e
S. Alf. Reg. dei Sem.).
Ostacoli da vincere si è di non entrare
senza i segni di probabile vocazione, non badando in ciò al desiderio dei parenti; e quando
nella prova chi credeva avere vocazione col giudizio dei superiori fosse ritenuto non chiamato, deve lasciare tale
stato e ritornare al secolo, o rendersi puro religioso. Durante l'educazione gli alunni devono essere anima e
corpo nelle mani dei superiori dipendendo da loro come da veri padri. Particolarmente sono quivi da combattere il rispetto
umano ed i non ottimi esempi: Nemo sanctus, nisi singularis (Man. del Sem. e l. cit.).
Che dire di chi chiamato non accetta? Certamente fa molto meno male di colui che
entra nel Sacerdozio senza vocazione; tuttavia costui si dimostrerebbe ingrato a Dio che vuol onorarlo
eleggendolo a suo ministro e farlo stromento delle sue misericordie e della salute delle anime. Non si lasci
l'eletto intimidire dalla grandezza del Sacerdozio, poiché se corrisponde nel prepararvisi e colla continua
corrispondenza, la grazia sacramentale gli darà forza a ben adempiere agli ardui doveri inerenti al Sacerdozio. (La
perf. crist. p. 439).
III.
VOCAZIONE APOSTOLICA
DEL MISSIONARIO
Natura. 1) La
vocazione alle missioni è un atto della provvidenza soprannaturale, con cui Dio presceglie alcuni e li
fornisce di doti convenienti per portare la fede ai poveri infedeli.
Essa non si distingue dalla vocazione sacerdotale e dalla religiosa di vita attiva,
solo esige una volontà costante e generosa a fare di se stessa sacrifizio a Dio, congiunta coll'attitudine ad
adempiere i doveri inerenti alla vita apostolica (Manna p. 74 ecc.).
2) N.S. Gesù Cristo mandò i suoi apostoli e gli uomini apostolici di tutti i tempi (Sicut
misit me...) in omnes gentes - omni creaturae - in mundum universum.
3)
La S. Chiesa depositaria di tale missione...
Eccellenza. Il missionario
è chiamato a cooperare con Dio alla salvezza di quelle anime, che ancora non lo conoscono: a prendere parte
attiva a consecrare la sua persona alla grand'opera della conversione del mondo. È questa quindi un'opera
essenzialmente divina. Dei adiu-tores sumus (S.P. a Tim.). È una cooperazione della Redenzione.
Dedit semetipsum redemptionem pro omnibus (ib.). È il missionario il ministro dell'apostolato
della Chiesa, che ebbe da Gesù ordine di andare ad ammaestrare tutte le genti (Manna. Operarii p. 182
ecc.).
Tutti i santi desiderarono di essere missionari.
S. Francesco d'Assisi, S. Romualdo, S. Alfonso Rodriguez, S. Teresa, S. M. Maddalena de' Pazzi, la quale invidiava
gli uccelli ...e desiderava di essere nell'India per istruire nella santa Fede i fanciulli indiani affinchè
Gesù avesse quelle anime, e quelle anime avessero Gesù (La perf. p. 81).
Segno di vocazione (non straordinaria, non accessoria) è una vera disposizione fondata
nel sentimento della fede e nella carità, di dedicarsi al bene delle anime ed alla
propagazione del regno di Cristo (Reg. Sem. M. Manna p. 65). Non sono necessarii segni straordinarii, ne bisogna
aspettarli. La vocazione alle Missioni è essenzialmente la vocazione di ogni santo sacerdote. Essa
non è altro che un più grande amore a N. S.G.C., per cui uno si sente spinto a farlo conoscere ed amare da
quanti non lo conoscono e non l'amano ancora. Essa è un più vivo spirito di fede e di
carità, per cui si viene a compiangere lo stato di tanti poveri infedeli, e per conseguenza si brama
vivamente di muovere in loro soccorso. Essa è perciò una disposizione d'animo pronto al sacrificio di
se stesso pei fratelli, quasi modo pratico di attestare a Gesù il proprio amore: Simon Joannis amas me? Pasce oves
meas. (Manna p. 77).
Ex Statuto Miss. Capucc. 30.
Vera vocatio dicidebet, non illa tantum qua quis positiva propensione fertur in apostolicum ministerium apud infideles,
sed etiam illa qua fratres obedientiae et virtutum studiosissimi, neque desiderium, neque repugnantiam sentiumt ad
missiones ex intimo autem parati sunt ad omnia quae Superior mandaverit.
Mezzi oltre gli enumerati per la vocazione religiosa, sono gli speciali proposti
dalle regole degli istituti di Missioni (V. Reg.).
È necessaria
maggior virtù e scienza; quella (santità speciale, eroica ed all'occasione
straordinaria) per tenersi fermi nella vocazione tra molti pericoli; per essere in mano di Dio stromenti idonei
dei miracoli della conversione degli infedeli; questa perché si resta lontani dal potere chiedere consigli nelle
cose dubbie e pel poco tempo che rimarrà per studiare. (V. Quad. IX p. 12 e 13.- Lieberman).
Particolarmente sono necessarii lo studio delle lingue e la pratica di ogni
arte e mestiere manuale; il che secondo l'esperienza costituisce vero segno di vocazione o di corrispondenza
alla stessa.
Chi colla grazia di Dio usa di questi mezzi con
volontà ferma e costante riuscirà un vero e santo missionario. Godrà la pace di aver
corrisposto alla voce di Dio, ed in Paradiso fulgebit sicut stella.
Ostacoli. La difficoltà delle difficoltà è il lasciare i parenti e lottare contro
di loro che in varii modi si oppongono alla vocazione. Già del come vincere tale ostacolo si disse
parlando della vocazione religiosa. Di regola i parenti sono contenti di allevare figli al sacerdozio perché ne
sperano aiuti materiali, al contrario per lasciarli fare religiosi e più ancora missionarii. Non
così gli uomini di fede come il padre e la sorella del Beato Teofano Venard (V. Manna). S. Francesco
Zaverio non volle passare a salutare la vecchia madre (Vita).
Ci vuole
coraggio e santa crudeltà - in his quae Patris mei sunt oportet me esse. Quante vocazioni ritardate e perdute pel
troppo sensibile attacco alla famiglia! (Manna p. 129).
Altra difficoltà esterna proviene da cattivi ed imprudenti consiglieri, i quali dicono: che
bisogno di andare nelle missioni, queste essere qui tra un mondo perverso, e qui essere necessarii buoni preti. Altri poi
diabolicamente dicono essere inutile il ministero del missionario, e perciò non da sacrificarsi tanti giovani
di sì belle speranze. Al che risponde Manna p. 143 ecc.
Venendo agli ostacoli interni o personali, essi si riducono ai sacrifici della vita del missionario,
sia pel vitto e clima, sia per l'apprendere delle lingue; come pel proprio avvenire e lo scoraggiamento che
può assalire in modo che si dovesse ritornare in patria.
A queste obbiezioni risponde Manna, e le nostre Costituzioni.