SULLA VOCAZIONE RELIGIOSA — SACERDOTALE — APOSTOLICA (1)

 I.
In generale ed anche nell'ordine naturale la vocazione è quel decre­to di Dio, per cui da tutta l'eternità il Signore pensò alle creature possi­bili e stabilì di crearne a suo tempo alcune.
E tale divina prescienza non fu solamente in genere, ma in ispecie ed in individuo, determinando di concedere ad ognuna le doti comuni alla specie e di più le particolari, sicché ciascuna potrebbe dire: singulariter sum ego.
Fin dall'eternità pensò e stabilì di dare ad ogni creatura i mezzi e le grazie per seguire la data vocazione e così conseguire il proprio fine.
Così vediamo nell'ordine naturale e quanto alle creature irragione­voli e quanto alle ragionevoli; quelle tirano dritto per la via loro segna­ta, queste se usano della cognizione e libertà loro concessa eleggono lo stato loro da Dio segnato e vi corrispondono.
Mirabile è l'ordine delle creature irragionevoli, e né gli animali ru­bano il posto agli istinti delle piante e dei minerali, né viceversa. Anzi nelle innumerevoli sorta di tali creature ognuna si attiene alle proprie, individuali doti avute, per cui gli uccelli volano per l'aria e non aspira­no al posto e qualità dei pesci, che guizzano nell'acqua e tra gli uccelli ciascuno canta a suo modo e non a modo di altri uccelli di altra specie ecc.
Le creature ragionevoli se prendono la via da Dio loro segnata tro­veranno per essa i mezzi di ben riuscire e compiere il loro destino. Così l'avvocato, il medico, l'artigiano, il contadino, i quali se non indovina­no la loro vocazione non riusciranno buoni avvocati ecc. ma gente spo­stata, perché altra era la loro vocazione. (Vedi Mons. Rossi Manna. Sem. cap. 6).
(1) Senza data. Da elementi interni questa trattazione fu composta dall'Allamano tra il 1909 e il 1913.
Se ciò è vero nell'ordine naturale, tanto più accade nell'ordine so­prannaturale, quanto alla nostra vocazione spirituale, di grazia.
In quest'ordine sebbene il Signore chiami tutti con una vocazione generale alla santità: haec voluntas Dei sanctificatio vestra, con voca­zione particolare chiama ciascuno a conseguirla in uno stato piuttosto che in un altro. Al decreto della persona chiamata congiunge quello di conferirle i soccorsi necessari a compierne debitamente gli uffizii: unusquisque proprium donum habet (S. Pool. I Cor. 7), idest gratia pro­pria unicuique statui (Corn. a Lapide). Quindi chi assume lo stato fissa­tegli da Dio è aiutato dalla grazia a portarne il peso anche con gioia, e solo che vi corrisponda ottiene di giungere al suo fine.
Chi invece si appiglia ad uno stato a cui non fu destinato, sconvol­ge dal canto suo l'ordine stabilito dalla D.P., si oppone al volere di Dio, è membro slogato e spostato. Privo della speciale protezione di Dio, non gli rimangono per salvarsi che le grazie comuni e sufficienti, le quali non gli basteranno per portare oneri superiori alle sue spalle.
Vedete l'importanza di conoscere e seguire ciascuno la nostra vo­cazione!
Dipende da ciò la propria felicità od infelicità temporale ed eterna. Dice S. Greg. Naz. (Orat. 25): certum vitae genus est res tanti momenti, ut totius vitae vel recte vel male traducendae, fundamentum in eo positum est. Alla sventatezza di prendere vocazioni non fatte da Dio si de­vono in gran parte attribuire i tanti disordini che arrivano nel mondo dice un autore (La Perf. Crist. p. 222 - 4).
II
Essendo od aspirando ad essere tutti religiosi e missionari e molti anche sacerdoti, tratteniamoci solamente di queste tre vocazioni. Ve­dremo di ciascuna la natura, l'eccellenza, i segni per conoscerla, i mezzi per corrispondervi e gli ostacoli che si devono vincere; infine il male del non accettarla e compierla bene.
 
1. VOCAZIONE RELIGIOSA
Natura. La vocazione religiosa, dice il Bellarmino, è una manife­stazione di elezione che Iddio fa a coloro che corrisposero al generale invito di osservare i consigli evangelici. Il si vis esse perfectus è rivolto a tutti (v. La perf. crist. p. 444); consilium adolescenti a Domino datum, sic est accipiendum, ac si omnibus ex ore Domini proponeretur scrive S. Tommaso (Opusc. 17, e. 19); ma quest'invito non dà il potere imme­diato di realmente praticare i consigli evangelici, perciò è necessaria una speciale vocazione (Bellarm. De Monach. 1, 2, e. 13 presso La perf. crist.), che d'ordinario si ottiene mediante la preghiera e le buone ope­re.
Eccellenza. La vocazione religiosa è una grazia che non ha prezzo e di cui solo nell'eternità si conoscerà il valore. Secondo S. Gerolamo lo stato religioso è un martirio, anzi contiene in sè molti martirii mentre ci fa morire al mondo e ci sacrifica a Dio (v. Avvisi e Rifless. sullo stato relig. p. 60 e seg.). È un martirio l'ubbidienza; còsi la castità e la pover­tà (Ivi p. 61).
DisseN.S.G.C, a S. Teresa: guai al mondo se non vi fossero reli­giosi (Iv. p. 66).
Segni per conoscerla. Non parliamo di vocazione straordinaria fat­ta a certe anime predilette con segni particolari, come avvenne a S. Paolo, a S. Antonio, a S. Francesco d'Assisi ecc.
La vocazione ordinaria si manifesta in diverse maniere, che danno un morale convincimento sufficiente per poterla abbracciare (S. Tomm. 2.2. q. 189. a. 10), senza che siano necessario prove matemati­che, e molto meno rivelazioni e miracoli.
Segni abbastanza certi di vocazione religiosa sono: 1) di non avere vocazione positiva, particolare, per rimanere nel secolo; 2) di possedere la conveniente capacità per lo stato religioso; 3) di sentirsi sospinto a questo stato da motivo soprannaturale, e ciò con costanza di volontà sebbene non esente da ripugnanze e difficoltà ed anche da qualche mo­tivo umano secondario ed accessorio (La Perf. p. 449) (2).
(2) In margine a matita: «V. Ann. Ador. 1909, p. 370».
 
È poi necessaria molta preghiera e domandar consiglio da persona idonea.
Mezzi per corrispondere alla vocazione religiosa. Altri sono ante­cedenti all'entrata in religione, altri durante la prova e la vita nella reli­gione.
1. Conosciuta la vocazione: 1) di regola si tenga secreta; 2) non si differisca l'adempimento senza un forte motivo: timeo Jesum transeuntem. Es. S. Matteo e gli Apostoli: nescit tarda molimina Spiritus Sancti gratia (S. Ambr. in Luc. 1. 2); 3) Superare le difficoltà che quasi certamente sopravvengono sia dalla malizia altrui sia per permissione di Dio, il quale suole provare le vere e grandi vocazioni. Es. S. Giovanna Francesco di Chantal.
2. Durante la prova, ben considerando la natura e gli obblighi del­lo stato religioso in genere ed in specie di quello abbracciato, deve imbeversi dello spirito dell'istituto, studiandone le regole e procurando di osservarle scrupolosamente e cordialmente in ogni più piccola parte. A tal fine è necessaria una costanza d'animo ed una generosità a tutte le prove. - Siccome il demonio non mancherà di assalire con tentazioni di scoraggiamento è necessaria una intera apertura coi superiori, i quali sfateranno le insidie del demonio.
3. Fatta la professione, adempite con inviolabile fedeltà i doveri assunti.
La felicità del religioso sarà a misura della fedeltà e dello zelo che avrà nel servizio di Dio. Se sarà perfettamente fedele sarà anche perfet­tamente felice quanto si può essere in questo mondo; se avrà fedeltà mediocre, sarà solo mediocremente felice; se mancherà di fedeltà, sarà miserabile (Avv. e Rifl. p. 73). Esempi (La Perf. 475 ecc.).
Se venisse meno il primo fervore bisogna subito scuotersi (La perf. p. 472 ecc.) (D. Caf. 2 Med.). Serve a ciò l'ad quid venisti... volo salva­re animam meam.
Ostacoli da vincere. Primo ostacolo è il diniego dei parenti, i quali o per falso affetto o per avarizia si oppongono a tale vocazione. Ma, di­ce S. Tommaso: non tenentur nec servi dominis, nec filii parentibus obedire de matrimonio contrahendo, vel virginitate servando aut aliquo alio huiusmodi (2. 2. q. 105 a. 5).
Il Conc. di Trento non volle che il consenso dei genitori fosse impedimento dirimente del matrimonio, ma solo necessario alla liceità quando fosse ragionevole e giusto. Così per la vocazione religiosa. - I parenti possono sincerarsi se i figli specialmente se minori in ciò opera­no a caso, per leggerezza o impeto di fantasia, ma non sono essi i veri giudici della coscienza dei figli: ciò appartiene al confessore e direttore. Infelici molti parenti che si oppongono a vere vocazioni sotto varii pre­testi, e fors'anco per distoglierli li ingolfano nel mondo! S. Bernardo dice: saepe parentes ita se in hac re coecos exhibere, ut malint filios suos cum seipsis perire, quam salvari procul a se. Oh durum patrem! Oh saevam matrem! (Ep. III), ed aggiunge che contemnere matrem propter Christum piissimum est (Ep. 104), nam qui dicit: honora pa­trem aut matrem, ipse etiam dicit: qui amat patrem aut matrem plusquam me, non est me dignus.
Chi quindi si sente chiamato alla religione stia fermo contro la vo­ce della carne e del sangue, cerchi di ammollirli in bel modo, dicendo che lontano li amerà ancor più e li farà da Dio benedire colle sue pre­ghiere. E quando ogni tentativo riesca vano si consiglia a taluna anche la fuga. Esempi: S. Tommaso, S. Stanislao Kosta [= Kostka] e S. Fr. di Chantal.
N.S.G.C, disse: qui non odit patrem aut matrem... non potest meus esse discipulus: odio questo santo, di cui saranno poi riconoscenti gli stessi parenti.
Nota - Che male è non seguire la vocazione religiosa? Per sé non è peccato non avendo N.S. legato a precetto la professione dei consigli evangelici. Tuttavia in pratica, dice S. Alfonso, a cagione dei pericoli, a cui è esposta la propria eterna salvezza, scegliendo uno stato diverso da quello cui Dio l'ha destinato, di rado si può andare esente da peccato. Il rifiuto della grazia della vocazione religiosa suole spesso farsi ostacolo a riceverne delle ulteriori, la cui mancanza si fa occasione di rovina (La Perf. Crist. 450 - 1). Esempio il giovane del S. Vangelo.
2. VOCAZIONE SACERDOTALE
Natura. Pel sacerdozio è necessaria una chiamata speciale di Dio. N. S.G.C, disse: non vos me elegistis, sed ego elegi vos. E S. Paolo: nec quisquam sumit sibi honorem, sed qui vocatur a Deo tanquam Aaron. E quel giovane del Vangelo che disse a Gesù: sequar te quaqumque [= quoqumque] ieris. Gesù che non lo voleva alla sua speciale sequela lo rimandò.
E così naturale che nessun suddito può farsi ministro d'un re, se questi non lo vuole e chiama. Sarebbe questa una temerità sacrilega, come scrive S. Cipriano: ita est aliquis sacrilegae temeritatis ac perditae mentis, ut putet sine Dei judicio fieri sacerdotem (Ep. 55 ad Cornel.). E S. Bernardo: quid istud temeritatis est, imo quid insaniae est? tu irriverenter irruis, nec vocatus nec introductus (De vita cler. 5).
Ed il S.C. di Trento: Decernit sancta Synodus eos qui sacra mini-steria propria temeritate sibi tribuunt, omnes non Ecclesiae ministros, sed fures et latrones per ostium non ingressos habendos esse (Sess. 25, cap. 1).
Chi entra nel sacerdozio senza questa vocazione faticherà, ma le sue fatiche varranno nulla davanti a Dio, anzi le sue opere saranno per lui demeriti, scrive S. Alfonso, il quale soggiunge, che senza questa vo­cazione è difficilissimo soddisfare agli obblighi dello stato sacerdotale e quindi salvarsi.
Eccellenza del Sacerdozio è somma: S. Efrem.: omnium apex est sa-cerdotium. Essa si misura dai grandi uffìzi che ha: ambasciatore di Dio, potestà sul corpo reale e sul corpo mistico di G. C. e dispensatore delle grazie di Dio. La dignità sacerdotale supera l'Angelica e quella di Maria SS., è divina; S. Clemente: post Deum terrenus Deus. (S. Alf. - Selva).
Segni di vocazione ecclesiastica è: 1) una certa inclinazione o come genio al divino servizio, con vera volontà di tutto consecrarsi alla gloria di Dio ed a salvare anime. Quindi non fini umani.
2) Probità di vita, cioè innocenza o vita riparata, specialmente per parte della castità. Non è fatto pel sacerdozio l'abituato se non prece­dette una lunga e costante emendazione.
3) Scienza sufficiente secondo il giudizio dei superiori.
Nota. - La Chiesa colle irregolarità esclude quelli che [per] ragion di nascita o di malattie o di indole cattiva non sono soggetti idonei a formarsi degni ministri di Dio. N. Signore nell'Antico Testamento non accettava gli fossero offerti (sic) vittime macchiate; e nel N. T. non volle alla sua sequela speciale l'ossesso liberato dal demonio.
Mezzi. Il mezzo ordinario, nel quale si trovano tutti gli altri mezzi è ritirarsi in quelle case dove il Signore stabilì concedere le grazie per la formazione dei suoi sacerdoti.
Pei sacerdoti secolari tali case sono i Seminari a questo fine stabili­ti dal S. Conc. di Trento (V. Reg. Sem. Tour. cap. I) - Pei sacerdoti reli­giosi sono gli stessi istituti religiosi, nei quali in modo speciale è curata la educazione ecclesiastica insieme colla religiosa.
A questo scopo com'è necessario che queste case siano proprio giardini eletti di virtù e di scienza, così gli alunni devono entrare con fi­ne retto e quivi corrispondere pienamente alle cure della Chiesa e dei superiori (V. Reg. cit. e S. Alf. Reg. dei Sem.).
Ostacoli da vincere si è di non entrare senza i segni di probabile vo­cazione, non badando in ciò al desiderio dei parenti; e quando nella prova chi credeva avere vocazione col giudizio dei superiori fosse rite­nuto non chiamato, deve lasciare tale stato e ritornare al secolo, o ren­dersi puro religioso. Durante l'educazione gli alunni devono essere ani­ma e corpo nelle mani dei superiori dipendendo da loro come da veri padri. Particolarmente sono quivi da combattere il rispetto umano ed i non ottimi esempi: Nemo sanctus, nisi singularis (Man. del Sem. e l. cit.).
Che dire di chi chiamato non accetta? Certamente fa molto meno male di colui che entra nel Sacerdozio senza vocazione; tuttavia costui si dimostrerebbe ingrato a Dio che vuol onorarlo eleggendolo a suo mi­nistro e farlo stromento delle sue misericordie e della salute delle ani­me. Non si lasci l'eletto intimidire dalla grandezza del Sacerdozio, poi­ché se corrisponde nel prepararvisi e colla continua corrispondenza, la grazia sacramentale gli darà forza a ben adempiere agli ardui doveri inerenti al Sacerdozio. (La perf. crist. p. 439).
 
III.
VOCAZIONE APOSTOLICA DEL MISSIONARIO
Natura. 1) La vocazione alle missioni è un atto della provvidenza soprannaturale, con cui Dio presceglie alcuni e li fornisce di doti conve­nienti per portare la fede ai poveri infedeli.
Essa non si distingue dalla vocazione sacerdotale e dalla religiosa di vita attiva, solo esige una volontà costante e generosa a fare di se stessa sacrifizio a Dio, congiunta coll'attitudine ad adempiere i doveri inerenti alla vita apostolica (Manna p. 74 ecc.).
2) N.S. Gesù Cristo mandò i suoi apostoli e gli uomini apostolici di tutti i tempi (Sicut misit me...) in omnes gentes - omni creaturae - in mundum universum.
3) La S. Chiesa depositaria di tale missione...
Eccellenza. Il missionario è chiamato a cooperare con Dio alla sal­vezza di quelle anime, che ancora non lo conoscono: a prendere parte attiva a consecrare la sua persona alla grand'opera della conversione del mondo. È questa quindi un'opera essenzialmente divina. Dei adiu-tores sumus (S.P. a Tim.). È una cooperazione della Redenzione. Dedit semetipsum redemptionem pro omnibus (ib.). È il missionario il mini­stro dell'apostolato della Chiesa, che ebbe da Gesù ordine di andare ad ammaestrare tutte le genti (Manna. Operarii p. 182 ecc.).
Tutti i santi desiderarono di essere missionari. S. Francesco d'As­sisi, S. Romualdo, S. Alfonso Rodriguez, S. Teresa, S. M. Maddalena de' Pazzi, la quale invidiava gli uccelli ...e desiderava di essere nell'In­dia per istruire nella santa Fede i fanciulli indiani affinchè Gesù avesse quelle anime, e quelle anime avessero Gesù (La perf. p. 81).
Segno di vocazione (non straordinaria, non accessoria) è una vera disposizione fondata nel sentimento della fede e nella carità, di dedicar­si al bene delle anime ed alla propagazione del regno di Cristo (Reg. Sem. M. Manna p. 65). Non sono necessarii segni straordinarii, ne bi­sogna aspettarli. La vocazione alle Missioni è essenzialmente la voca­zione di ogni santo sacerdote. Essa non è altro che un più grande amore a N. S.G.C., per cui uno si sente spinto a farlo conoscere ed amare da quanti non lo conoscono e non l'amano ancora. Essa è un più vivo spirito di fede e di carità, per cui si viene a compiangere lo stato di tanti poveri infedeli, e per conseguenza si brama vivamente di muovere in lo­ro soccorso. Essa è perciò una disposizione d'animo pronto al sacrificio di se stesso pei fratelli, quasi modo pratico di attestare a Gesù il proprio amore: Simon Joannis amas me? Pasce oves meas. (Manna p. 77).
Ex Statuto Miss. Capucc. 30. Vera vocatio dicidebet, non illa tantum qua quis positiva propensione fertur in apostolicum ministerium apud infideles, sed etiam illa qua fratres obedientiae et virtutum studio­sissimi, neque desiderium, neque repugnantiam sentiumt ad missiones ex intimo autem parati sunt ad omnia quae Superior mandaverit.
Mezzi oltre gli enumerati per la vocazione religiosa, sono gli spe­ciali proposti dalle regole degli istituti di Missioni (V. Reg.).
È necessaria maggior virtù e scienza; quella (santità speciale, eroi­ca ed all'occasione straordinaria) per tenersi fermi nella vocazione tra molti pericoli; per essere in mano di Dio stromenti idonei dei miracoli della conversione degli infedeli; questa perché si resta lontani dal potere chiedere consigli nelle cose dubbie e pel poco tempo che rimarrà per studiare. (V. Quad. IX p. 12 e 13.- Lieberman).
Particolarmente sono necessarii lo studio delle lingue e la pratica di ogni arte e mestiere manuale; il che secondo l'esperienza costituisce vero segno di vocazione o di corrispondenza alla stessa.
Chi colla grazia di Dio usa di questi mezzi con volontà ferma e co­stante riuscirà un vero e santo missionario. Godrà la pace di aver corri­sposto alla voce di Dio, ed in Paradiso fulgebit sicut stella.
Ostacoli. La difficoltà delle difficoltà è il lasciare i parenti e lottare contro di loro che in varii modi si oppongono alla vocazione. Già del come vincere tale ostacolo si disse parlando della vocazione religiosa. Di regola i parenti sono contenti di allevare figli al sacerdozio perché ne sperano aiuti materiali, al contrario per lasciarli fare religiosi e più an­cora missionarii. Non così gli uomini di fede come il padre e la sorella del Beato Teofano Venard (V. Manna). S. Francesco Zaverio non volle passare a salutare la vecchia madre (Vita).
Ci vuole coraggio e santa crudeltà - in his quae Patris mei sunt oportet me esse. Quante vocazioni ritardate e perdute pel troppo sensibile attacco alla famiglia! (Manna p. 129).
Altra difficoltà esterna proviene da cattivi ed imprudenti consiglie­ri, i quali dicono: che bisogno di andare nelle missioni, queste essere qui tra un mondo perverso, e qui essere necessarii buoni preti. Altri poi diabolicamente dicono essere inutile il ministero del missionario, e per­ciò non da sacrificarsi tanti giovani di sì belle speranze. Al che risponde Manna p. 143 ecc.
Venendo agli ostacoli interni o personali, essi si riducono ai sacrifi­ci della vita del missionario, sia pel vitto e clima, sia per l'apprendere delle lingue; come pel proprio avvenire e lo scoraggiamento che può as­salire in modo che si dovesse ritornare in patria.
A queste obbiezioni risponde Manna, e le nostre Costituzioni.
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