Ricevuti i giovani nell'istituto al postulandato, alla prova,
è necessario subito da principio compenetrarli dello spirito
religioso e proprio della casa: necesse est, ut statim ab initio eorum animum spiritus reli-giosus et Ordinis totum
pervadat (Decr. cit.).
Questo
è dovere dei superiori che devono porti sotto la guida di un padre o
maestro di provata vita ed esperienza. I postulanti che non si danno subito con diligenza alla disciplina, difficilmente
dopo vi si applicheranno e difficilmente dopo deporranno la forma imperfetta ricevuta prima (S.
Bon.).
E quale sarà questa
educazione? Il Decreto dice: saepe
ab ipsa civili educatione initium ducendum est. Bisogna incominciare dal galateo o buona creanza. Non si tratta
di romiti o cenobiti che come S. Paolo eremita vivano isolati, ai quali sta
bene il non cercare pulizia nelle vesti;
ma viviamo in
società, dove l'educazione civile,
la carità e la stessa educazione
dell'animo richiedono che si osservino le regole dell'urbanità.
Il Decreto: Corporis, habitusque mundities, comite semper modestia ac simplicitate, erit summopere
curanda.- Sordidi habitus, quos rudis negligentia foedavit non olent spiritum Christi.- Inurbanitas, quae ex studio sui
commodi procedit cum aliorum neglectu, non potest quia molestiam aliis inferat, detque occasionem, patientiae.
Invece, Externe haec si habendi compositio viam sternet animo plenius educando, iis scilicet nobilibus
sensibus infundendis, quibus mens trahitur ad aliorum levem quacumque offensionem vitandam, desideria praevenienda,
gratum animum facile demonstrandum, alios sibi praeferendos. Esempio il Monastero della Visitazione e le Suore della
Misericordia di Savona ed i Cappuccini... L'urbanità è mezzo
a conservare la carità nelle
Case religiose; e questa poi informa, regge e nobilita
l'urbanità.
E qui il Decreto nota che tanto più a
queste cose devono por mente i religiosi sacerdoti e che
vi aspirano per essere di esempio ai laici. Quindi, soggiunge il Decreto: Inurbanitas in agendi modis, in responsionibus dandis, in incessu, in ipsa corporis sumenda
refectione, erit paulatim, sed omnino tollenda. V. Conc. di Trento e pred. sulla Modestia del Ven.
Cafasso.
E non sarà diffìcile ottenere
l'emendazione rudiorum in urbanos et amabiles convertere
mores ac modos, monitis, hortamentis, patientia ac praesertim exemplo; sicché dopo breve
tempo di religione possa dirsi di loro con S.
Bernardo: induerunt... (V. Decreto) sibi faciem disciplinatam, et bonam totius corporis compositionem;
sermo rarior, vultus hilarior, aspectus verecundior, incessus maturior. Questo si vede in tutte quelle Congregazioni
in cui si dà la dovuta importanza all'urbanità;
così nelle famiglie...
Si dovrà
però continuare sempre questo studio per non ritornare alle grossolanezze di prima. S.
Bernardo soggiunse: verum quia haec noviter coepere, ipsa sui novitate flores censenda sunt et spes fructuum,
magis quam fructus.
(V. Il
Coadiutore perfetto.)
Il Decreto passa agli studii ed istruzioni da darsi ai laici; e poi parla delle principali
virtù loro necessarie, e ne indica quattro:
l'umiltà, l'ob-bedienza, lo spirito d'orazione
e la santificazione del lavoro. Parliamone, che
a tutti sono necessarie, specialmente come missionarii.
P.P. Albertone, quad. V, 221-226
1° Marzo 1914
Ritiro Mensile. Fatelo proprio bene, fa subito prendere la mira per tutto il mese. Il tempo passa. Ecce nunc tempus acceptabile, ecce nunc dies salutis.
Il tempo che siete qui è accettevole.
Continuando su quel decreto, ci sono tante belle cose che servono benissimo per noi. Il decreto del
1° Gennaio 1911 esige soprattutto nel fine rettitudine. E quando siamo entrati necesse est ut statini ab initio
eorum animum spiritus religiosus et particularis totum pervadat, e addirittura lo trasformi. Tutto il tempo che siamo qui è tempo di riempirci di spirito religioso. «Qui ab initio disciplinam
negligit postea ad eam difficile applicatur» (S. Bern.). Bisogna darsi interamente, e chi non ha cominciato, cominci
subito; e dice non solamente che è difficile che lo pigli dopo, ma che è difficile che lo deponga:
formarsi allo spirito religioso dell'Istituto, e sapete che tutto quello che si
fa e si dice è per quello.
Dove cominciare? Spesso, dice il
Decreto, dalla stessa educazione civile, come noi in Africa, vix ab ipsa civili
educatione. L'inurbanità nei modi e risposte, nel camminare, nel mangiare, poco per volta bisogna
assolutamente toglierla. La Chiesa, vedete, va al particolare.
Dunque,
quei modi inurbani tagliarli completamente nel modo di operare ecc.
2) In responsionibus dandis; non: sì, no, ma sissignore, nossignore, poi una
risposta umile, e non insistere in modo inurbano.
3) In incessu, non troppo in fretta e non troppo adagio.
4) In ipsa corporis refectione sumenda. - A questo si sta appunto dappertutto, tutti guardano se uno
è educato: tenere la forchetta, non tenere i gomiti sul banco; e D. Cafasso,
come insegnava ai convittori a fare il segno della croce, così insegnava a stare a tavola ecc...
Non sono tanti anni fa, un missionario non sapeva mangiare, e faceva cattiva
figura. Ma io non posso venire a questo, ci sarà il galateo anche per voi, io non posso venire a questi particolari
che s'insegnano dai superiori.
Un
abito sporco non dà odore dello spirito del Signore. Povero, rattoppato, va; ma la povertà è una cosa e la sordidezza è un'altra. Una veste ad uno ci dura, un altro invece
dopo poche settimane non è più da vedersi. La roba della comunità pare di nessuno. Anche per
lavorare, anche per dieci minuti, anche per poco tempo, l'abblouse (sic); è
contro lo spirito di povertà e sta male veder macchie. La pulizia bisogna
amarla, come dicono tutti i libri. Cominciando dal collo: certi seminaristi, diceva un galateo, pare che escano
dall'officina tutte le mattine; questo bravo teologo che scrisse questo galateo parla di tutto. E questo farlo
perché è regola di civiltà, se fossimo, come S. Paolo, nel
deserto, ammetto, ma ora questo impedisce molto il fare il bene.
Un
sacerdote che non tenga tutta quella civiltà non resta stimato. Certa gente
non vanno alla Comunione in quella Chiesa perché il Sacerdote non ha tutta la pulizia. Tagliarsi le unghie ecc...
per civiltà, ed anche per carità fraterna. In comunità ci
vogliono dei riguardi. Certuni non pensano che alla loro comodità.
A carnevale, in mezzo a voi, c'era uno che teneva la carta di musica tutta per sé, cantando, e non faceva
attenzione al compagno che si sforzava di vedere. E lo avvertirò in particolare; l'altro allungava il collo
per vedere, e lui l'aveva in permanenza: non ci ha badato, ma bisogna badarci, e se fate attenzione, è
egoismo. La Chiesa non crede di perder tempo a venire a queste cose. I
superiori paiono pedanti: pure, bonum ex integra causa. Ebbene, quando capita
qualche cosa, il compagno l'avverta, e se si offende, avvertire ancora di più. Più le correzioni sono di
cose piccole, e più non vogliono essere corretti. Non dire: «Devo solo andare in Africa». Anche gli
africani, come vedono la diversità tra chi ha la barba e chi non l'ha, così pure per il
resto.
La modestia è una vera virtù, anche per la
castità. Diamo anche uno sguardo a noi, se proprio non abbiamo niente di
riprovevole. Se dovesse uno stare davanti al papa, al cardinale: e queste cose esteriori, queste esteriorità fanno
strada ad educare il cuore completamente. Questa delicatezza di sentire ci prepara la strada a pensare più
umilmente di noi, a non fare offese agli altri, ad essere grati, ed a preferire gli altri a noi. Quella comunità
dove sono così civili, è dove sanno amarsi di più. Dove si comincia con una parola grossolana, e
poi si finisce col mancare alla carità. Una volta, fuori di Torino ho veduto
una suora che sbadigliava forte in chiesa, e, ho da dirlo? ruttava fortemente. C'era uno che voleva andarsi a fare frate
in un convento, e gli ho detto: non avrà la forza di sopportare perché lei è troppo fino. Fino con
fino, e grossolano con grossolano. E tutto abbia per fondamento la carità.
Dopo un po' di tempo, diceva S. Bernardo, che i monaci sono qui, hanno presa una faccia disciplinata, ed una buona composizione di tutto
il corpo:
parlano meno, hanno volto più ilare, l'aspetto
più verecondo, camminano con passo grave: ecco, definisce ciò che deve essere una comunità. E dove
queste cose si sono imparate è facile a prenderle, sono solo fuori (sic), i frutti veri dovrà portarli
la cultura spirituale.
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Questo è che abbiate un'idea di quello che vuole
la Chiesa: e non ha creduto di perdere tempo, così i Superiori. Si faceva
da qualche cattivo qualche appunto alla memoria del Can. Soldati, che diceva che fare due gradini per volta era segno di
non vocazione: ed è morto sacrificato. Noi prima di entrare in
Seminario dovevamo guardarci se eravamo puliti, guardava tutto: se il collare
era per traverso, se mancava un bottone, e diceva: «farebbe ben più comodo per me lasciarli andare, ma
no, è mio dovere, e capiranno poi loro in avvenire, quando saranno vicecurati ed avranno poi dei dispiaceri
per aver parlato forte in canonica: e noi siamo proprio riconoscenti. Dunque, desiderio di riformarci. Non bisogna
essere gente che si studiano, diceva quel D. Baricco nelle regole dei chierici; certa
gente mettono mezz'ora ad alzarsi, — essere lindi. Un forestiero vede subito la comunità. Quando viene
un Superiore guardarlo subito da testa ai piedi...
Certe
comunità che mettono la mantellina sulle spalle.
Ed il Signore
ci benedirà, e sarebbe ben impiegato questo tempo se ciascuno desse a se
stesso uno sguardo: «ho niente che dia angustia agli altri?».
Così farà pure effetto in noi, e così verrà una comunità
disciplinata.