Il P. Sales andando in Africa ha lasciato qui tutte le grazie, e tutte le grazie le ha prese il nostro
bravo D. Ferrero, e perciò spero che avrete trasportato in lui tutta la confidenza che avevate in P. Sales.
L'Ufficio di maestro dei novizi è uno dei più difficili, perché non si deve soltanto sgrossare
le statue, ma si deve andare a quelle finezze, alla perfezione delle statue. E in
pratica esso è più importante di qualunque altro in una comunità, perfino di quello di Superiore
generale. Perché tutto dipende dal Noviziato: quali si formano Novizi
tali saranno professi, e così per tutta la vita. Perciò voialtri in questo tempo dovete formarvi e stabilirvi bene nella virtù. E da questo Noviziato se uno è
entrato già buono deve uscirne migliore e se uno è entrato con molti difetti, deve togliere tutti
questi difetti, e farsi buono, ed avanzarsi per quanto più può nella santità a cui uno è chiamato. Poiché ognuno è chiamato a un grado di
santità particolare; tutti siamo però chiamati ad essere perfetti
come il Padre che è nei cieli.
Perciò dovete avere col
vostro maestro quell'intimità... egli deve cono-scervi; anzi qui dentro dovreste dir tutto tra di voi, conoscervi
per potervi aiutare, sempre tutto segreto, sicuro, il segreto del noviziato; ma dovreste conoscervi; e
così dovete anche prendere in bene le osservazioni e metterle in pratica.
Vedete: qualche tempo fa i Barnabiti
hanno tolto dalla Parrocchia di S. Dalmazzo (questo avvenne un 10 o 12 anni fa) hanno tolto un santo parroco che faceva
molto bene e i parrocchiani si sono lamentati. Ed io che ho dovuto parlare allora con uno dei Superiori, ho anche parlato
di questo, e lui mi disse: «Ah, ma il maestro dei novizi è prima di tutto. Quando noi abbiamo da
scegliere un Maestro dei Novizi, non guardiamo a nessun'altra cosa».
Così quando ero direttore del Seminario, Mons. Gastaldi diceva nel
Regolamento del Direttore: (regolamento proprio adatto che ha fatto stampare) diceva: «Cuius judicium maxime
faciendum est». E infatti quando si trattava di promuovere qualcuno agli ordini sacri, e radunava a consulta tutti i
Superiori, il giudizio che aveva più importanza era quello del Direttore, e si faceva poi secondo esso: anzi
talvolta consultava nemmeno i professori, ma unicamente il Direttore.
Perciò confidatevi nel vostro Maestro, fatevi conoscere bene da lui, e siate contenti che vi avvisi e
che venga anche al particolare ed alle piccole cose. Così dovete anche conoscervi tra di voi ed aiutarvi a
perfezionarvi. Son contento che quotidianamente ci sia sempre qualcuno che dice in pubblico le sue miserie, come mi
riferisce il vostro maestro, (di quelle pratiche più importanti mi riferisce sempre); e va bene, non bisogna
lasciarla perdere questa bella pratica, farla con spirito, venire poco per volta a farla con soavità. Non dico
che non ci sia ripugnanza, questa c'è sempre ed ha più merito, ma bisogna venire a farla con una certa
soavità, per propria umiliazione, e a edificazione di coloro che sentono.
Così potete conoscervi a vicenda e badare ognuno anche al bene di tutti i compagni. Purtroppo che la
pratica della correzione fraterna si fa un po' troppo poco, perché, finché si è qui il
Superiore, costi o non costi, (perché costa sempre al Superiore di avvertire, e prima di dire una parola ad uno si
prega e si pensa: chissà come prenderà la correzione) ma, costi o non costi fa la correzione. Ma usciti
dall'Istitutoquando sarete in Africa che non ci sarà più il
Superiore, se uno vede che l'altro sbaglia qualche cosa dicendo la Messa, o qualche altra piccola Cerimonia vorrebbe
avvertirlo, ma dice: «oh! se lo avverto di qualche cosa guai, salta...». Invece bisogna abituarci a prendere
bene la correzione fin di qui. Ma di questo parleremo un'altra volta.
.... Bisogna che procuriate di essere tutti della terza classe di quelli che ho detto domenica, poiché quello
che ho detto domenica scorsa, mi veniva proprio dal cuore, l'avevo meditato prima, e ho creduto di dire il
vero, ed è vero. E ho avuto di mira di dirlo a voi, novizi in particolare; ma poi, via, ho voluto dirlo a tutti.
Tuttavia non voglio lasciar di dirvelo.. Ma là non potevo mica dire a ciascuno: tu sei della prima, e tu della
seconda. Quantunque a coloro che me lo chiamano lo dico, perché il Superiore è illuminato da
Dio.
Certamente ce ne sono anche qui della terza classe (fervorosi), di
coloro che danno tutto per Dio, ricevono in bene gli avvisi dei Superiori e li mettono in pratica, poiché non
bisogna solo riceverli bene, ma bisogna anche praticarli.
Ci sono
taluni, vedete, che ricevono sì in bene la correzione, gli avvisi, stanno lì in silenzio quando sono avvertiti, ma poi fanno di nuovo come prima, e obbligano il Superiore ad
avvertire sempre sulla stessa cosa. No! bisogna sforzarsi di metterli in pratica, prendere i mezzi.Come dico, bisogna
sforzarsi di essere tutti della terza classe: e per questo ci vuole prima di tutto una volontà ferrea; e poi ci vuole costanza nello sforzarsi giorno per giorno per
riuscirvi.
...Tra voi dovete avere una carità più intima che non cogli altri, che non con tutta la Comunità, e non portare
gelosia l'un coll'altro. Ah! questa gelosia bisogna stare attenti: c'è in tutti un poco. Generalmente non
si ha gelosia con quelli superiori a noi, (adesso parlo del clero fuori) non si ha
gelosia con quelli più anziani e neppure cogli inferiori, ma si ha gelosia cogli uguali, con quelli dello stesso
corso. Così, se a uno più anziano viene dato una carica più onorifica, vien fatto canonico o Vescovo,
«ma bene, bene!». Anche se un 'inferiore, un po' d'amor proprio in principio magari, ma poi anche:
«bene!». Ma se è un uguale, uno del medesimo corso ehhh! quella gelosia, quell'invidia salta su: «quel tale in seminario era più indietro di me, era uno degli
ultimi...» e così via.
Così voi, per esempio, se a
uno danno un ufficio meno onorifico che ad un'altro, p.e. l'ufficio di gasista, subito: «Oh, potevan darmi
l'ufficio che ha quel tale o tal altro». Oppure uno gode di qualche sbaglio di un altro, p.e. la
lettura in refettorio... uno gode perché l'altro sbaglia e vien corretto. La
correzione a tavola, vedete, raccomando sempre che si faccia, non solo per l'utilità pratica, ma per
esercizio di umiltà in colui che legge e di carità negli altri.
Esaminatevi dunque bene su questo
punto, perché tutti o quasi tutti, (o meglio, diciamo pure tutti) siete gelosi, sicuro! ... e se qualcuno dice di
non esserlo, ma dice: «sì, si io son d'accordo con tutti, voglio bene a tutti» non dice la
verità, non è vero. Esaminatevi dunque bene su questo punto; fatene oggetto dei vostri esami. Con
questo non voglio che lasciate da parte i proponimenti che avete fatto negli esercizi e nel ritiro mensile; ma potete esaminarvi anche un poco su questo punto.
Prima esaminatevi di qualcuno con cui incontrate un po' di ripugnanza ad andare insieme, che invidiate di
più, e poi passerete anche a tutti gli altri. E poi come fare? Prima di tutto pregate per lui, che il Signore lo
benedica, andategli insieme, aiutatelo anche a far bella figura: come sarà aiutarlo a prendere un bel voto ad
un esame, a far bene qualcosa che ha da fare, come un discorso, e così via. E poi bisogna anzitutto pregare il
Signore che ci faccia conoscere che siamo gelosi ed in che punto. Perché noi abbiamo certe volte una specie di
pigrizia di non voler andare a fondo nei nostri esami di coscienza, per paura di conoscerci troppo e poi doverci emendare:
come diceva quel sant'uomo di Mons. Gastaldi di santa memoria — che certe volte non abbiamo voglia di andar a
far visita a Gesù Sacramentato e stare davanti a Lui, perché abbiamo paura che il Signore ci rimproveri la
nostra freddezza, e che ci chiami un sacrifizio che noi non vogliamo fare.
In secondo luogo bisogna aiutarci a vicenda a fare un lavoro o che so io,
usarsi ogni tanto qualche piccola gentilezza, certe industrie che la carità sa
trovare. Non siamo mica tante statue qui dentro che ognuna non tocchi l'altra, ma se ne stiano tutte a sé al
loro posto. Oh come è brutto in una comunità l'essere come tante statue! Voi avete già fatto il
sacrifizio di lasciare il paese, i parenti, che è un sacrifizio che
costa, e infatti alcuni non han voluto venire, appunto per questo distacco... non ci sono più
vacanze, ecc.; quindi bisogna anche rinunziare a quelle piccole ripugnanze che
ci possono essere. Altrimenti in Africa come sarete pronti a dare la vita uno per l'altro di cui: «majorem
dilectionem nemo habet» se uno non comincia di qui a fare quei piccoli servizi, a praticare la carità nelle
piccole cose, laggiù, quando un confratello sarà in pericolo, invece di dare la vita per lui,
scapperà. E perciò bisogna cercare di vincere quelle piccole gelosie, e prego anche il Maestro che vi
corregga anche in pubblico quando vede in qualcuno di voi qualche atto che riveli un po' di gelosia. Questo è
piuttosto un sentimento interno, ma tuttavia qualche volta può manifestarsi anche all'esterno... Così
facendo otterrete anche il fine del Noviziato.