Bene! Vedete, questi auguri sono
veramente graditi, veramente grati, non come quelli del mondo che sono solo di parole, ma sono veramente cordiali, vengono
veramente dal cuore. E sento proprio che mi fanno veramente piacere, e mi vanno veramente al cuore. E non solo i
vostri, ma anche quelli dell'Africa. Sono arrivati due plichi di auguri, quasi tutti diretti al Sig. Vice Rettore ed a
me. Proprio in questa settimana che è avvenuto uno sconquasso in mare. Sono gli auguri di tutti i
missionari e missionarie e neri. Ed io ne faccio parte a voi. Così quelli
lontani da noi, e che certo soffrono in questo giorno più che ogni altro della loro lontananza. E fanno tutti
i loro sacrifizi per la prosperità dell'Istituto. Il coro è completo
sia verso di me che del Sig. Vice Rettore. E noi vi ringraziamo, e preghiamo che venga la pace, come voi avete promesso di
pregare.
Tutti, vedete, la supplicano, tutti la vogliono, ma non tutti
usano i mezzi necessari per ottenerla. S. Em. il Card. ricevendo gli auguri di quelli del convitto, una volta sessanta o settanta, ed ora solo più sei o sette, sono distrutti più
che i nostri, più che la nostra famiglia, c'è qualche invalido, e cinque profughi, del Tirolo, ma
più verso Trieste, perché sono stati internati tutti anche i parroci in Piemonte, perché hanno timore
che tengano per uno o per l'altro, e invece sono brava gente che tengono per la pace. Tengono per niente, per la pace e
per la giustizia. Ebbene, S. Em. diceva che questa pace non si ottiene che come tutte le grazie straordinarie, colla
preghiera e colla penitenza. Le grazie insigni si possono paragonare a quelle degli
Apostoli; sapete quella volta che gli apostoli andavano a cacciare i demoni, e ne cacciavan tanti, e facevan tanti
miracoli, e un giorno arrivò che vollero cacciare un demonio, e non voleva
andare via; e per quanto pregassero e scongiurassero, e esorcizzassero non ottenevan nulla. E quando discese N. Signore
andarono da lui, un po' mortificati e gli dissero: eppure ci hai data potestà di «ejicere demonia», ed
erano un po' mortificati contro di lui, «e tutte le altre volte li cacciavamo e questa volta non siamo riusciti,
questa volta non ci è possibile». E il Signore che cosa ha risposto? «Hoc genus demoniorum non ejicitur
nisi in oratione et jejunio. Questo genere di demoni non si caccia che con l'orazione e col digiuno». Vedete?
solo con la preghiera, col digiuno e colla mortificazione. Il demonio dell'impurità, diceva il Card., è
grande, e perciò si richiede una grande grazia, una grazia un po' straordinaria, quando si impossessa di
un'anima. Questo possiamo paragonarlo alla grazia della pace che noi ora desideriamo. C'è ancora niente di
chiaro; sempre si combatte, sempre distruzione, e perciò ci vuole una grazia insigne per potere avere la pace. Ci
vuole una forza straordinaria. E per questo ci sono due mezzi: hoc genus, nisi in oratione et jejunio. In quanto alla
preghiera vedete, quanti sono quelli che pregano! Madri, spose, sorelle, figli e figlie, quanti sono là a pregare e
a disperarsi! e a piangere! Si prega da tutti in comune ed in privato! In fatto invece di mortificazione, la cosa
cambia: finché è pregare, via! ma il più è fare mortificazioni, penitenza, questo non si fa. I
cinematografi sono pieni, tutti vogliono godersela ancora. Eppure hoc genus, nisi in oratione et jejunio, non ejicitur. E
rivolgendosi a quei buoni profughi, diceva: voi la fate già penitenza, perché siete stati svelti di
là, e in un colpo solo siete stati privi di tutto, per voi questa è già una gran penitenza. Per noi
in generale non si bada tanto. Eppure il Signore ha sempre detto: pentitevi, ci vuol penitenza! Nelle carestie, nei
flagelli, il Signore ha sempre chiamato penitenza. Ebbene, quello che non fanno gli altri facciamolo noi nell'istituto.
Noi, gli istituti pii, non hanno buon tempo, non hanno tempo a sollazzarsi! Bisogna
che noi facciamo la nostra parte, e il Signore forse compatendo a quegli infelici che fanno ancora peccati, li
perdonerà. Ecco quello che desidero che facciate in questo tempo.
Gli auguri li accetto, ma abbiamo bisogno che ritornino i nostri cari, e
così ci sia nuovamente la famiglia completa, preghiamo un po' più insistentemente. Oportet semper
orare, si può sempre pregare, vedete, si può. Si può pregare col cuore, con le aspirazioni frequenti,
Gesù mio, misericordia! - Misericordia del mondo, e misericordia di noi! Per la seconda parte poi, non
è necessario che facciate digiuno più di quello che fate già, ma è necessario che facciate
quelle piccole mortificazioni che potete fare. Moderare l'appetito, con un piccolo sacrifizio, che io voglio, è
quello; che non fa male. E per non ripetere sempre la stessa palinodia, se ne può fare un cinquanta o cento tutti i
dì di questi sacrifizi. Raccolti tutti insieme è un vero digiuno tutti i giorni. Assieme hanno molto
valore. I piccoli sacrifizi costano come quei grossi. Così vogliamo passare questo tempo proprio in oratione et jejunio, proprio per ottenere la pace. Questo è il più bel regalo
che potete fare a me che sospiro per i nostri, e per tanti altri. Come Rettore sento le spalle gravate da tutti i sospiri,
e tutte le preghiere. Certa gente vengono proprio a raccomandarsi come se potessi fare, ed io posso solo fare come
gli apostoli.
Un caso di questi dì non ve l'ho ancora detto: Un
ingegnere che fin da bambino è sempre stato lì, sempre stato divoto della Consolata, sempre a servire la Messa, e portar la torcia, e a qualcuno pareva quasi che si abbassasse
troppo. E fu chiamato soldato subito da principio, e subito fu mandato al fronte, e paventava... È venuto a
pigliare la benedizione della Consolata, e mi scriveva poi di tanto in tanto, e diceva: la Consolata che mi ha salvato,
confido che mi aiuterà; e si raccomandava alle mie preghiere. E allora mi rivolgo alla Consolata, e:
«non fatemi questo, di lasciarlo cadere, altrimenti perdo il mio credito, e anche voi, il vostro...».
Perché era sempre alla Consolata.Ma ecco che un dì fu ferito. Ed io subito mi son lamentato con la
Madonna: Che bella figura facciamo! Suo fratello va a trovarlo, e dice che era gravemente ferito. Fu trasportato al
S. Giovanni, e l'unico rincrescimento era di non potere andare a trovare la Madonna. E diceva: Poteva rompermi la gamba,
e invece mi ha solo ferito il polpaccio. E vedete, diceva, che era una fortuna. Doveva andare in Albania e allora la
Madonna avrà detto: Bisogna che lo tocchi un tantino, e intanto lo ritiro indietro! E perciò è
ammalato. E così lui è più contento che se fosse rimasto là. E perciò naturalmente
questo fu permesso per una grazia della Madonna. Una grazia, e lui protesta che questa è una grazia.
Ma torniamo a noi. Abbiamo bisogno di preghiera e di sacrifici, per la pace. Bisogna pregare e soffrire, fatelo per noi, e fatelo anche per tutti i divoti della
Consolata; chiamatela con un po' di prepotenza, ma usiamo anche i mezzi necessari
per ottenerlo. Credo che gli apostoli erano anche già un po' superbetti, e il diavolo non dava più
ascolto.
Preghiamo e mettiamo tutto ai piedi di Gesù Bambino. E
per ottenere facciamo molti sacrifici, bisogna fare più, più! Sacrifizi anche spirituali e così
otterremo.
L'altro giorno in una radunanza dei Signori della
Consolata, hanno visto che i fondi erano aumentati, erano molti, non si aveva mai
avuto tanto in cassa, e hanno detto: «oh! come va? siamo sempre stati indietro e adesso siamo ricchi!»
— Si spiega, ho detto. — Sono due anni che non si fa più la processione. Promettiamo che se si
farà la pace spenderemo tutto per fare più grande la festa, per onorare ecc. Ed ho approvato. Promettiamo
pure che esauriremo l'erario. Gesù Bambino si lascia prendere le grazie dalle mani. Deus parvulus, amabilis nimis.
Non c'è nessun spiraglio
per la pace, ma le cose possono cambiare da un momento all'altro. Certo nessuno basterebbe a fermare le cose. Eppure
bisogna fare di ottenere, in certo qual modo bisogna pretendere. Tutti uniti e d'accordo ai piedi di Gesù
Bambino.
Ah! quel giorno là, canterete
un Te Deum!! Non solo qui, ma anche alla Consolata, una festa proprio
solennissima!!!