PREGHIERA E PENITENZA PER LA PACE

23 dicembre 1915
P.P. Albertone, quad. VII, 46-47
Conferenza del 23 Dicembre 1915
Per gli auguri di Natale
Bene! Vedete, questi auguri sono veramente graditi, veramente grati, non come quelli del mondo che sono solo di parole, ma sono veramente cordiali, vengono veramente dal cuore. E sento proprio che mi fanno veramente piace­re, e mi vanno veramente al cuore. E non solo i vostri, ma anche quelli dell'Africa. Sono arrivati due plichi di auguri, quasi tutti diretti al Sig. Vice Rettore ed a me. Proprio in questa settimana che è avvenuto uno sconquasso in mare. Sono gli auguri di tutti i missionari e missionarie e neri. Ed io ne fac­cio parte a voi. Così quelli lontani da noi, e che certo soffrono in questo gior­no più che ogni altro della loro lontananza. E fanno tutti i loro sacrifizi per la prosperità dell'Istituto. Il coro è completo sia verso di me che del Sig. Vice Rettore. E noi vi ringraziamo, e preghiamo che venga la pace, come voi avete promesso di pregare.
Tutti, vedete, la supplicano, tutti la vogliono, ma non tutti usano i mezzi necessari per ottenerla. S. Em. il Card. ricevendo gli auguri di quelli del con­vitto, una volta sessanta o settanta, ed ora solo più sei o sette, sono distrutti più che i nostri, più che la nostra famiglia, c'è qualche invalido, e cinque pro­fughi, del Tirolo, ma più verso Trieste, perché sono stati internati tutti anche i parroci in Piemonte, perché hanno timore che tengano per uno o per l'altro, e invece sono brava gente che tengono per la pace. Tengono per niente, per la pace e per la giustizia. Ebbene, S. Em. diceva che questa pace non si ottiene che come tutte le grazie straordinarie, colla preghiera e colla penitenza. Le grazie insigni si possono paragonare a quelle degli Apostoli; sapete quella vol­ta che gli apostoli andavano a cacciare i demoni, e ne cacciavan tanti, e facevan tanti miracoli, e un giorno arrivò che vollero cacciare un demonio, e non voleva andare via; e per quanto pregassero e scongiurassero, e esorcizzassero non ottenevan nulla. E quando discese N. Signore andarono da lui, un po' mortificati e gli dissero: eppure ci hai data potestà di «ejicere demonia», ed erano un po' mortificati contro di lui, «e tutte le altre volte li cacciavamo e questa volta non siamo riusciti, questa volta non ci è possibile». E il Signore che cosa ha risposto? «Hoc genus demoniorum non ejicitur nisi in oratione et jejunio. Questo genere di demoni non si caccia che con l'orazione e col digiu­no». Vedete? solo con la preghiera, col digiuno e colla mortificazione. Il de­monio dell'impurità, diceva il Card., è grande, e perciò si richiede una grande grazia, una grazia un po' straordinaria, quando si impossessa di un'anima. Questo possiamo paragonarlo alla grazia della pace che noi ora desideriamo. C'è ancora niente di chiaro; sempre si combatte, sempre distruzione, e perciò ci vuole una grazia insigne per potere avere la pace. Ci vuole una forza straor­dinaria. E per questo ci sono due mezzi: hoc genus, nisi in oratione et jejunio. In quanto alla preghiera vedete, quanti sono quelli che pregano! Madri, spose, sorelle, figli e figlie, quanti sono là a pregare e a disperarsi! e a piangere! Si prega da tutti in comune ed in privato! In fatto invece di mortificazione, la co­sa cambia: finché è pregare, via! ma il più è fare mortificazioni, penitenza, questo non si fa. I cinematografi sono pieni, tutti vogliono godersela ancora. Eppure hoc genus, nisi in oratione et jejunio, non ejicitur. E rivolgendosi a quei buoni profughi, diceva: voi la fate già penitenza, perché siete stati svelti di là, e in un colpo solo siete stati privi di tutto, per voi questa è già una gran penitenza. Per noi in generale non si bada tanto. Eppure il Signore ha sempre detto: pentitevi, ci vuol penitenza! Nelle carestie, nei flagelli, il Signore ha sempre chiamato penitenza. Ebbene, quello che non fanno gli altri facciamolo noi nell'istituto. Noi, gli istituti pii, non hanno buon tempo, non hanno tempo a sollazzarsi! Bisogna che noi facciamo la nostra parte, e il Signore forse com­patendo a quegli infelici che fanno ancora peccati, li perdonerà. Ecco quello che desidero che facciate in questo tempo.
Gli auguri li accetto, ma abbiamo bisogno che ritornino i nostri cari, e co­sì ci sia nuovamente la famiglia completa, preghiamo un po' più insistente­mente. Oportet semper orare, si può sempre pregare, vedete, si può. Si può pregare col cuore, con le aspirazioni frequenti, Gesù mio, misericordia! - Mi­sericordia del mondo, e misericordia di noi! Per la seconda parte poi, non è necessario che facciate digiuno più di quello che fate già, ma è necessario che facciate quelle piccole mortificazioni che potete fare. Moderare l'appetito, con un piccolo sacrifizio, che io voglio, è quello; che non fa male. E per non ripetere sempre la stessa palinodia, se ne può fare un cinquanta o cento tutti i dì di questi sacrifizi. Raccolti tutti insieme è un vero digiuno tutti i giorni. As­sieme hanno molto valore. I piccoli sacrifizi costano come quei grossi. Così vogliamo passare questo tempo proprio in oratione et jejunio, proprio per ot­tenere la pace. Questo è il più bel regalo che potete fare a me che sospiro per i nostri, e per tanti altri. Come Rettore sento le spalle gravate da tutti i sospiri, e tutte le preghiere. Certa gente vengono proprio a raccomandarsi come se po­tessi fare, ed io posso solo fare come gli apostoli.
Un caso di questi dì non ve l'ho ancora detto: Un ingegnere che fin da bambino è sempre stato lì, sempre stato divoto della Consolata, sempre a ser­vire la Messa, e portar la torcia, e a qualcuno pareva quasi che si abbassasse troppo. E fu chiamato soldato subito da principio, e subito fu mandato al fronte, e paventava... È venuto a pigliare la benedizione della Consolata, e mi scriveva poi di tanto in tanto, e diceva: la Consolata che mi ha salvato, confi­do che mi aiuterà; e si raccomandava alle mie preghiere. E allora mi rivolgo al­la Consolata, e: «non fatemi questo, di lasciarlo cadere, altrimenti perdo il mio credito, e anche voi, il vostro...». Perché era sempre alla Consolata.Ma ec­co che un dì fu ferito. Ed io subito mi son lamentato con la Madonna: Che bella figura facciamo! Suo fratello va a trovarlo, e dice che era gravemente fe­rito. Fu trasportato al S. Giovanni, e l'unico rincrescimento era di non potere andare a trovare la Madonna. E diceva: Poteva rompermi la gamba, e invece mi ha solo ferito il polpaccio. E vedete, diceva, che era una fortuna. Doveva andare in Albania e allora la Madonna avrà detto: Bisogna che lo tocchi un tantino, e intanto lo ritiro indietro! E perciò è ammalato. E così lui è più con­tento che se fosse rimasto là. E perciò naturalmente questo fu permesso per una grazia della Madonna. Una grazia, e lui protesta che questa è una grazia.
Ma torniamo a noi. Abbiamo bisogno di preghiera e di sacrifici, per la pace. Bisogna pregare e soffrire, fatelo per noi, e fatelo anche per tutti i divoti della Consolata; chiamatela con un po' di prepotenza, ma usiamo anche i mezzi necessari per ottenerlo. Credo che gli apostoli erano anche già un po' superbetti, e il diavolo non dava più ascolto.
Preghiamo e mettiamo tutto ai piedi di Gesù Bambino. E per ottenere facciamo molti sacrifici, bisogna fare più, più! Sacrifizi anche spirituali e così otterremo.
L'altro giorno in una radunanza dei Signori della Consolata, hanno visto che i fondi erano aumentati, erano molti, non si aveva mai avuto tanto in cas­sa, e hanno detto: «oh! come va? siamo sempre stati indietro e adesso siamo ricchi!» — Si spiega, ho detto. — Sono due anni che non si fa più la processio­ne. Promettiamo che se si farà la pace spenderemo tutto per fare più grande la festa, per onorare ecc. Ed ho approvato. Promettiamo pure che esauriremo l'erario. Gesù Bambino si lascia prendere le grazie dalle mani. Deus parvulus, amabilis nimis.
Non c'è nessun spiraglio per la pace, ma le cose possono cambiare da un momento all'altro. Certo nessuno basterebbe a fermare le cose. Eppure biso­gna fare di ottenere, in certo qual modo bisogna pretendere. Tutti uniti e d'accordo ai piedi di Gesù Bambino.
Ah! quel giorno là, canterete un Te Deum!! Non solo qui, ma anche alla Consolata, una festa proprio solennissima!!!
giuseppeallamano.consolata.org