UN "PRIMO PIANO" RIUSCITO A METÀ

Esiste una fotografia storica, scattata al santuario di S. Ignazio, il 17 agosto 1911, con l’Allamano attorniato dagli allievi missionari, sullo sfondo del pilone della Consolata, fatto costruire da lui all’ingresso del parco. A dire il vero le foto sono due e c’è un perché. Ecco la relazione scritta, nell’agosto del 1981, dal P. Vittorio Merlo Pich, il ragazzino che sta seduto ai piedi dell’Allamano, alla destra nella prima foto.
«Nella prima fotografia, attorno al Fondatore, sono raggruppati, si può dire, tutti i membri dell’Istituto missionario presenti in Italia nel 1911, dai pochi sacerdoti ai piccoli studenti del ginnasio.
I fotografi erano il P. Luigi Perlo, economo, e, credo, il chierico Pietro Benedetto. Suppongo che abbiano usato qualche buon ragionamento per indurre il Servo di Dio a posare, vincendo la sua ritrosia. La macchina da presa, come tutte quelle del tempo, era voluminosa. Il fotografo operava da sotto un grande velo nero, misurava a passi la distanza e il campo di presa, faceva calcoli complicati sulla luce, l’apertura del diaframma, i minuti di posa. Poi raccomandava di non muovere, di non prendere atteggiamenti affettati dal momento dell’ordine del “pronto” e dall’apertura dell’obiettivo. Tutti erano in ansia, convinti di partecipare ad un evento storico.
Prima di rompere le fila, il fotografo si era proposto uno stratagemma per cogliere l’Allamano in primo piano. Così, spostò in avanti macchina e cavalletto e fece disporre in altra posizione i ragazzi che erano troppo vicini all’Allamano. Ma questi si accorse della mossa e, senza darlo a vedere e senza proteste, con gesto spontaneo attirò a sé alcuni ragazzi. Così, assieme al prefetto don Luigi Borio e al chierico Costanzo Cagnolo in piedi, fummo fotografati con lui anche Enrico Manfredi, morto nel 1977, Luigi Garrone, il coadiutore Eugenio Marinaro, che fu poi missionario in Kenya, e il sottoscritto, gli unici due ancora viventi di tutto il gruppo [il P. V. Merlo Pich morì nel 1982]. I fotografi furono soddisfatti della riuscita dello stratagemma ma, sviluppata la lastra, si accorsero che quel frugolo di Merlo Pich aveva rovinato tutto, sfiorando, nientedimeno, con il capo una falda della talare del sig. Rettore. E così ricevetti con umile compunzione il meritato rabbuffo».


«IL SUO SORRISO INCORAGGIANTE MI DISGELÒ»

Don Cesare Robione, della diocesi di Casale Monferrato (AL), non ha più dimenticato l’Allamano dopo un solo incontro con lui. Nel 1921, alla vigilia della vestizione clericale, fu assalito da mille dubbi sulla vocazione, al punto che non sapeva più cosa fare. Le esortazioni del padre spirituale del seminario, confidò: «mi cadevano addosso come un cataplasma su una gamba di legno». Mentre era a Torino, qualcuno gli ha suggerito: «Hai a due passi un Santo, al quale ricorrocono tanti sacerdoti, perché non ci vai anche tu?».
Ecco il suo racconto: «Andai a trovare l’Allamano nel suo studio. Ero impacciato, ma il suo sorriso incoraggiante mi disgelò. Allora aprii il sacco e parlai a lungo di tante cose… Debbo aver detto anche delle sciocchezze, perché tratto tratto lo vidi sorridere divertito. Quando il ciclone delle mie parole si esaurì, egli non si scompose: rimase impassibile come una quercia dopo un temporale. Frattanto la campanella del Convitto squillò per chiamare i superiori a pranzo. Si alzò lentamente, uscì nel corridoio, lo percorse tutto senza fiatare e io…dietro. Scese le scale, si avviò verso il refettorio ed io dietro come un cagnolino in attesa di qualche briciola che cadesse dal suo cuore. Alla porta del refettorio si fermò; mi guardò fisso nel profondo dell’anima, e mi chiese all’improvviso: “Ma tu saresti contento di avere la vocazione?”. Risposi con tutta l’anima: “Oh! Sì che sarei contento! Purché fossi sicuro che il Signore mi vuole”.
Allora il suo volto si illuminò di un largo sorriso di compiacenza e, ponendomi una mano sulla spalla, mi rivolse queste deliziose parole: “Ebbene, va, figliolo, va tranquillo e continua pure…Farai del bene” Quelle parole scesero nel fondo dell’anima portandomi pace e serenità».
Don Robione proseguì i suoi studi, divenne sacerdote e “fece molto bene” come parroco a Lu, diocesi di Casale Monferrato, incoraggiando e accompagnando la maturazione di una marea di vocazioni al sacerdozio, alle missioni e alla vita religiosa, tanto che la sua parrocchia era famosa per essere una tra le più ricche di vocazioni sacre, in tutta l’Italia.

giuseppeallamano.consolata.org