SPIRITUALITA’

L’EUCARISTIA È IL “PANE DELLA VITA”

Nel discorso sull’Eucaristia, riportato dall’evangelista Giovanni, Gesù si auto-definisce: "il pane della vita" (Gv. 6,35) e spiega: "il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6, 51). In sostanza, Gesù promette e illustra il mistero che realizzerà nell’ultima cena: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo…" (Mt 26,26.27), che a sua volta anticipa il mistero della morte e risurrezione del Signore. Ecco perché la Messa non è solo “sacrificio”, ma anche “banchetto” e “comunione”.

Il significato e l’importanza della comunione eucaristica, collegata con il sacrificio eucaristico, sono illustrati dall’indimenticabile Sommo Pontefice Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica “Mane Nobiscum Domine”, che ha accompagnato la Chiesa durante l’Anno dell’Eucaristia: «Alla richiesta dei discepoli di Emmaus che Egli rimanesse “con” loro, Gesù rispose con un dono molto più grande: mediante il sacramento dell’Eucaristia trovò il modo di rimanere “in” loro. Ricevere l’Eucaristia è entrare in comunione profonda con Gesù. “Rimanete in me e io in voi” (Gv 15,4)».

NUTRIMENTO INDISPENSABILE

L’Eucaristia è un pane del quale non si può fare a meno: "Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita" (Gv 6, 53). Sull’Eucaristia come cibo, cioè nutrimento e forza per la vita spirituale, come pure sulla sua necessità per la vita, l’Allamano è molto esplicito. Non guarda tanto alla dignità della persona che riceve l’Eucaristia, quanto alla forza vitale che promana dall’Eucaristia in favore della persona.

Sentiamo un suo intervento caratteristico. Il 6 dicembre 1912, inaugurando la cappella della prima casa madre provvisoria delle suore missionarie, così si espresse: “Ma Gesù si pose stamane in questo S. Ciborio anche per farsi cibo delle anime vostre; anzi questo è il fine principale della sua dimora. Da quest'altare Egli vi ripete: […] venite e mangiate il mio pane, che è pane di vita".

L’incontro con Gesù nella comunione eucaristica è un momento importante. L’Allamano insegna a desiderarlo ardentemente ed a prepararsi, perché sia realizzato nel modo più fervoroso possibile. I suoi suggerimenti sono semplici, pratici, e sicuramente risentono della sua esperienza personale: «Se ci svegliamo di notte, ed al mattino appena alzati, immaginarci che il Signore ci dica, come a Zaccheo: “Festinans discende, […] (Scendi presto, perché oggi devo fermarmi nella tua casa)”; e discesi in Cappella, al più presto possibile, dire al Signore: “[…] stamane starò e ti vedrò, ti conoscerò, o Signore”. Queste sembrano piccolezze, ma servono molto; siamo tanto materiali che abbiamo bisogno di queste cose».

«Tre atti servono ad eccitarci […]. L'atto di fede: pensare che proprio là c'è Gesù. Proprio Gesù in corpo, sangue, anima e divinità, proprio vivo com'è in cielo. Avere questo pensiero di fede. Poi umiltà: “Domine non sum dignus (Signore, non sono degno)”, le parole del centurione, ed esamino le mie miserie […]. E poi desiderio, amore, “Veni, Domine […] (vieni Signore, non tardare)”, desiderarlo di cuore, il Signore vuole amore. Questi tre atti si potrebbero cominciare dalla sera, facendo la preparazione remota alla Comunione. […] Questi tre atti ci aiutano a fare la comunione con più devozione».

NUTRIMENTO QUOTIDIANO CHE CREA UNITÀ

Per l’Allamano l’Eucaristia è “pane da mangiare ogni giorno”. La santa comunione è parte della celebrazione eucaristica. Di per sé, è più conforme allo spirito liturgico che si riceva la comunione durante la santa messa, pur rimanendo liberi di riceverla anche al di fuori della santa messa.

Sentiamo le parole dell’Allamano pronunciate nella conferenza del 21 settembre 1919 in cui spiegava alle suore missionarie il significato della S. Messa: «La S. Messa è ordinata alla S. Comunione. Il celebrante si comunica sempre nella S. Messa; senza questa Comunione il Sacrificio non sarebbe completo. E voi che vi comunicate infra Missam (durante la Messa) ringraziate il Signore, perché prendete più parte al Sacrificio. Non è necessario questo, ma uno si unisce di più».

Ciò che merita sottolineare è il fatto che l’Allamano era fautore convinto della comunione frequente, giornaliera, pur vivendo in un periodo in cui ciò era poco o quasi nulla attuato anche negli ambienti religiosi.

Secondo le testimonianze dei sacerdoti che erano stati in seminario con lui, l’Allamano era tra i pochi seminaristi che frequentavano la comunione ogni giorno. Questa sua esperienza l’ha trasmessa ai suoi missionari e missionarie, pur lasciando ovviamente piena libertà.

Nella conferenza alle suore del 14 novembre 1915 su “Come assistere alla S. Messa”, c’è un testo significativo al riguardo: «Giunti alla Comunione si fa o reale o spirituale. Messe se ne possono sentir tante, ma Comunioni sacramentali se ne può fare una sola! Eppure non mangiate mica una volta sola! Ma pazienza! Le facciamo spirituali…».

Un pensiero simile è ripetuto ai missionari il 22 giugno 1916, festa del Corpus Domini: «Certi santi, come S. Luigi, andavano (alla comunione) una volta alla settimana, e ne impiegavano mezza per la preparazione e mezza per il ringraziamento […]. Per me vorrei che la faceste anche di più: se il Papa mi manda una facoltà speciale, di lasciarvi fare la Comunione due volte al giorno…!».

L’Eucaristia non solo nutre per la vita, ma crea unità. Anche questo aspetto è sviluppato nella già citata Lettera Apostolica “Mane nobiscum Domine”: «Ma questa speciale intimità (con Gesù) che si realizza nella “comunione” eucaristica non può essere adeguatamente compresa né pienamente vissuta al di fuori della comunione ecclesiale. […] In effetti, è proprio l’unico pane eucaristico che ci rende un corpo solo. Lo afferma l’apostolo Paolo: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1Cor 10,17). Nel mistero eucaristico Gesù edifica la Chiesa come comunione, secondo il supremo modello evocato nella preghiera sacerdotale: “Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). Se l’Eucaristia è sorgente dell’unità ecclesiale, essa ne è anche la massima manifestazione. L’Eucaristia è epifania di comunione»

L’Allamano, a sua volta, immagina l’Eucaristia come centro di unità, all’interno dell’Istituto, specialmente in due modi. L’Eucaristia (il tabernacolo vivo) è centro della casa, a cui tutto tende. Ovviamente per casa intende non i muri, ma la comunità. Questo aspetto merita un approfondimento, che proporrò in altra occasione, parlando dell’Eucaristia come “presenza reale” di Cristo in mezzo a noi.

Inoltre, l’Eucaristia crea e garantisce l’unità perché è Gesù che dal tabernacolo forma i missionari e dà loro una fisionomia unica secondo l’ispirazione originaria. Nella conferenza del 21 dicembre 1919, l’Allamano afferma: «Non dovete accontentarvi di divenire religiosi, sacerdoti, missionari solo per metà; ci vuole proprio il superlativo. E per questo dobbiamo pregare molto Gesù nel tabernacolo; è Lui che deve formarci. I superiori sono solo delle paline che indicano il viaggio per andare a Lui; è Gesù che deve poi fare. […] Egli ci formerà".

COMUNIONI SPIRITUALI

Merita segnalare un ultimo aspetto molto presente nella pedagogia del-l’Allamano, anche se di carattere piuttosto devozionale, con il quale concludo queste riflessioni.

L’Allamano insegnava a prolungare, in certo senso, l’effetto della Comunione sacramentale attraverso le comunioni spirituali. Ripensare all’incontro con Gesù nella comunione, riviverlo interiormente come se fosse attuale, è segno di amicizia ed infonde energia spirituale.

Ecco alcune sue parole al riguardo: «Il frutto sensibile o fervore della S. Comunione sovente non si sente più lungo il giorno, e bisogna supplirvi colle visite e comunioni spirituali. Egli (Gesù) è nostro amico, quindi trattiamolo come amico; egli ci vuol bene e anche noi vogliamo bene a lui. Aver fede, pensare che è lì presente. Fare bene le genuflessioni, mandar via tutto quello che può distrarre, non perdere tempo a guardare in aria; poi quando salite le scale o siete in laboratorio o in qualsiasi altro posto, fate tante comunioni spirituali: dovreste farne a centinaia. Quando si fugge una persona non si è amici; tra amici ci vuole unione. Quando andate via di chiesa dite al Signore che venga con voi, e non fate neanche un solo passo che non siate alla sua presenza».

Al termine di queste riflessioni sulla scia del pensiero dell’Allamano, è logico porsi almeno una domanda: con quale consapevolezza vivo la “comunione” eucaristica? Per un cristiano non è facile accostarsi quotidianamente alla comunione eucaristica, ma ogni giorno è possibile mantenersi con il cuore in comunione spirituale con il “pane di vita” che si riceve la domenica.
 
P. Francesco Pavese imc

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