FESTA DELLA PURIFICAZIONE DI MARIA SS. E DELLA PRESENTAZIONE DI GESÙ AL TEMPIO

2 febbraio 1908
Quad. IV, 22-23
(1908) Festa della Purificazione e Pres. di Gesù al Tempio
La duplice festa d'oggi - Presentazione di Gesù al tempio e Purifi­cazione di Maria SS. ci è di esempio di ubbidienza e d'umiltà. (V. Chai-gnon voi. 3). Parliamo della 2.
1. S. Agostino interrogato da certo Dioscoro (Pred. Sem) - S. Pier Damiani (ib.).
Discite a me (Comm. S. Ag. ib.). L'autore del Comb. Spir. dice di Maria SS. (ib.).
2. S. Bernardo definisce l'umiltà: virtus, qua homo verissima sui cognitione sibi ipsi vilescit (Chouppe vol. 2). Vedi spiegaz. La perfez. cristiana p. 355. La cognizione di noi stessi è condizione e predisposi­zione per avere l'umiltà. Per questa non si richiede di pensare falsamen­te di noi, peggio di ciò che siamo: ma solamente ciò che veramente sia­mo, altrimenti non sarebbe virtù, che si fonda sulla verità. Quando il B. Sebastiano Vaf/rè si stimava (v. off.) pensava non peggio di sé, ma con verità: verissime. Infatti se diamo uno sguardo a noi, che siamo noi, che abbiamo di nostro? Quid habes quod non accepisti? et si accepisti quid gloriaris quasi non acceperis? Esaminiamo noi stessi, e quan­to all'ordine della natura e nell'ordine della grazia (Pred. Sem. 1). Es. S. Tommaso d'Aquino.
3. Mezzi per acquistare la virtù dell'umiltà: 1) pregare e doman­darla sempre al Signore, che c'invita ad imitarlo, quindi dopo la S. Co­munione e la visita al SS. S. 2) Considerare sovente il nostro nulla e peggio... substantia mea tanquam nihilum ante te. Es. S. Vincenzo de Paoli (La Cr. Perf. p. 355).
3) Si vis humilitatem ama humiliationem (S. Bern.). È una virtù, quindi un abito che non si acquista se non con ripetuti atti di essa. Quindi internamente quando sorge la superbia, subito rintuzziamola con dire: Dio solo. Dio solo; Tibi soli honor et gloria; poniamo bene e male nel Cuore di Gesù, e basta, e non ricordare nel nostro interno per scusare le umiliazioni che ci accadono, e per sminuirle... Esternamente accettare le pratiche d'umiltà che ci vengono offerte, ed anche farne delle spontanee. Qui la bella pratica delle umiliazioni di Comunità, che anche suppliscono tra noi le mortificazioni corporali che ogni religione deve avere. Amiamo tale pratica ed osserviamola con spirito di fede. A tal fine in Cappella dopo le Orazioni di tanto in tanto, specialmente nei Venerdì per soffrire qualche cosa in onore di Gesù paziente, dietro invi­to del Superiore, o estratto a sorte o chiesta licenza, umiliamoci in pub­blico di qualche difetto, e se invitati dopo pochi minuti non ricordiamo cose particolari, confessiamo la nostra superbia, di cui abbiamo tutti buona dose. Tali umiliazioni esterne, se fatte con spirito, aiutano molto all'acquisto della virtù dell'umiltà, come il culto esterno per l'interno. Notate di fare dopo assoluto silenzio, e neppure ricordarle; es. i Filippi­ni.
P.U. Costa, quad. II, 89-92
Rev.mo Sig. Rettore - 2 Febbraio 1908 - Torino
Traendo argomento dalla Festa della Purificazione di Maria SS. nella qual occasione si Gesù che la V. SS. si umiliarono per obbedire alla legge a cui non erano obbligati, viene a parlare dell'umiltà:
È tanto tempo che parliamo sempre dell'obbedienza: ora dicono i Santi che chi non è umile non può essere vero obbediente. C'intratterremo dunque brevemente sull'Umiltà.
Sapete già quel che rispose S. Agostino ad un certo Dioscoro che lo ri­chiedeva quale fosse la prima virtù. La prima virtù, ei rispose, è l'Umiltà, la 2ª l'Umiltà, la 3ª l'Umiltà; e per quanto mi chiamassi risponderei sempre:
l'umiltà.
S. Girolamo poi dice che l'umiltà è la virtù dei cristiani: Quanto più dun­que dei religiosi. Virtus Christianorum.
Bellissima è poi l'espressione del Combattimento Spirituale: "La Madon­na fu tanto grande, perché fu tanto umile: e se mai vi fosse un'altra creatura umile come la Madonna, il Signore la innalzerebbe quanto ha innalzato lei."
A noi però basta N.S.G.C., il quale, come dice S. Agostino, non ci disse:
imparate da me a fabbricare il mondo, a far miracoli, od altro... ma: discite a Me, quia mitis sum et humilis corde.
L'umiltà è assolutamente necessaria per salvarsi: in Cielo, dice S. Ag., si trovano santi che non hanno fatto elemosina, perché non avevano che dare;
altri che non hanno conservato la verginità, perché hanno abbracciato un al­tro stato; altri che non ha fatto penitenze, perché non aveva salute; ma santo senza umiltà non se ne trova nessuno.
Se dunque l'umiltà è tanto necessaria, come fare ad acquistarla? Prima di tutto, come per altre virtù, bisogna domandarla a Dio, pregare. Bisogna do­mandarla ogni giorno; vi sono anche altre virtù da domandare ogni giorno: la santa castità, ed altre, ma sempre l'umiltà.
Poi bisogna meditare su noi stessi, per conoscerci per quel che siamo ve­ramente. L'umiltà è virtù della volontà, ma si fonda sulla cognizione dell'in­telletto.
S. Bernardo la definisce: Virtus, qua homo, verissima sui ipsius cognitione, sibi ipsi vilescit.
L'umiltà è una virtù, quindi è verità; perciò non posso umiliarmi per cose non vere, per peccati che non ho commesso. Uno che fosse innocente, Dio lo voglia, uno tra voi che non avesse mai commesso alcun peccato mortale non potrebbe, per umiltà, dire d'aver commesso peccatacci. Il fondamento dell'umiltà dev'essere una verissima cognizione di se stesso. Ora osserviamo un po' i nostri doni naturali e soprannaturali.
1°. Tanto tempo fa io non esistevo: chi mi ha dato l'essere. Lo stesso di­ciamo di tutti gli altri doni naturali: ingegno, bellezza... o che so io. Se uno adunque mi dice: o come hai saputo bene la lezione, come ti sei cavato bene!... Non è mica roba mia, è roba del Signore: dunque a Lui la gloria. Così quando uno sa parlare un po' bene l'inglese, si toglie bene nei lavori, ecc.: Quid habes quod non accepisti?
2°. Nei doni della grazia che cosa abbiamo di nostro? Se siamo cristiani è per grazia di Dio: quando ci hanno battezzati non sapevamo neanche che cosa ci facevamo. E poi l'essere chiamati in questa santa casa, è forse dovuto ai no­stri meriti? Niente affatto: è il Signore che con fili misteriosi ci ha qui condot­ti. Dunque che cosa abbiamo di nostro? Una cosa: il peccato: questo è proprio nostro. Ma chi si vuol gloriare dei suoi peccati? I peccati ci umiliano, ci avvili­scono. Dunque, quando ci lodano, tutto il Signore: se non ho niente di mio... Di qui comprendiamo come i Santi pur operando tante meraviglie potessero essere sì umili. Come S. Gerardo Maiella che non faceva altro che operare mi­racoli; egli però diceva: Cose tanto grandi è impossibile che siano mie; se fa­cessi qualche cosa da poco, potrei sospettare che fosse mia, ma questo è im­possibile. Così il B. Sebastiano Valfré che era proprio convinto d'essere tenu­to nella Congregazione dei Filippini per pura carità: eppure vedeva che era al­tamente stimato da tutta Torino. Ma egli non considerava come suo altro che i suoi difetti, sia d'anima che di corpo (e chi è che non ne ha?).
Quando lodano, sono sciocchezze... Fondatore, fondatore... alla Conso­lata tanti lavori...: O Signore, siete voi che avete fatto tutto! Non voglio mica essere ladro... Se ci fosse un altro al mio luogo avrebbe fatto quanto me e me­glio di me.
Oltre al pregare il Signore e procurare di conoscerci, bisogna ancora fare atti di umiltà: Si vis humilitatem, ama humiliationem (S. Bern.). L'umiltà è una virtù e perciò un abito, il quale si acquista a forza di atti ripetuti. Bisogna quindi prima accettare volentieri quelle umiliazioni che il Signore ci manda:
ex. gr. a metà della predica essere costretti a tirar fuori il libro, fare una topica all'esame, essere sgridati un po' aspramente anche solo per prova. Che impor­ta che mi si stimi quale non sono; purché non lo sia. In tutto ciò che non è pec­cato (ex. gr. rompere qualcosa, anche dopo usata tutta l'attenzione) godere della propria umiliazione. Anche nei peccati o difetti, esser dolenti sì dell'offe­sa di Dio, ma in quanto riguarda solo la nostra umiliazione godere. Ma per amare l'umiliazione, non basta riceverla quando viene, bisogna anche cercar­la, almeno un poco. Domandare al Confessore, al Superiore che ci impongano qualche umiliazione. Ogni Comunità ha le proprie umiliazioni in pubblico, e noi bisogna pure che l'abbiamo almeno una volta alla settimana, ed al Venerdì in memoria della Passione di N.S.G.C, che si umiliò usque ad mortem et mortem Crucis. Noi non abbiamo ancora fatto tanto: nondum usque ad sanguinem restitistis.
Non basta però che accettiamo questa umiliazione quando il Sig. Prefetto ce la propone, ma qualche volta chiamarla noi stessi. Non andiamo a dire in pubblico i nostri peccati (i peccati si dicono al Confessore), bensì quelle picco­le mancanze e trasgressioni: credetemi c'è sempre qualche cosa (dietro l'ap­provazione si intende del Sig. Prefetto), e se non trovate niente dite: sono su­perbo; di questa cattiva radice n'abbiamo tutti un poco. Alla Visitazione fan­no più di noi: una suora in refettorio prega una compagna a dire in pubblico tutto quel che sa di lei, e l'altra è obbligata a farlo. Un giorno o l'altro dirò al
Sig. Prefetto che tiri a sorte qualcuno di voi e vi mandi a chiamare perdono di qualche cosa avvenuta nel giorno o nella settimana.
Sol quelli che sono senza spirito disprezzano queste cose: Non è questo che conta... è l'interno... Sì, questo senza l'interno non vale nulla, ma aiuta assai l'interno; come il culto esterno è d'aiuto all'interno; il bene risulta dal complesso. Sono piccole cose, ma avanti al Signore non sono piccole.
Il latrocinio di gloriarsi di quanto non ci appartiene si fa, come dissi, con Dio, ma si fa più ancora coi compagni: certe invidiuzze, preferenze, modi alte­ri, stimarsi superiori agli altri, ecc. Ora bisogna togliere tutte queste cose.
Bisogna però evitare i due eccessi: non gloriarsi di quanto abbiamo di be­ne, o, se pur ce ne gloriamo, dar la lode a Dio. Ma neppur per umiltà abbas­sarsi troppo. Certi uni si disprezzano tanto a parole per farsi lodare. Altri di­cono di non essere buoni a niente per non imprendere un lavoro in cui temono di far topica.
Si vis humilitatem, ama humiliationem - e per amarla davvero bisogna cercarla anche un poco. Ricordatevi sempre: Domandar a Dio sempre l'umiltà - meditare sulle nostre miserie - accettare le umiliazioni che Iddio ci manda, e cercarle anche noi.
giuseppeallamano.consolata.org