LO SPIRITO DELL'ISTITUTO

18 ottobre 1908
P.U. Costa, quad. II, 92- 94
18 Ottobre 1908 - Rev.mo Sig. Rettore
Oggi avrei parecchie cose da dirvi: è la Purità di Maria SS., il Mese dell'Angelo Custode, S. Luca Evangelista.
Riguardo all'angelo ricordate le parole di S. Bernardo: all'Angelo Custo­de dobbiamo rendere reverentiam pro praesentia, devotio pro... pro custodia.
E racconta il fatto del Canonico di S. Francesco di Sales.
Indi prende l'Epistola di S. Paolo agli Efesini, c. IV, dal quale è tratta l'Epistola del giorno (Dom.XIX post Pent.): Obsecro vos ego vinctus in Do­mino, ut digne ambuletis vocatione qua vocati estis.
Bisogna corrispondere alla propria vocazione, non abbisogna mai star fermi, ma andar sempre avanti. Questo scrive S. Paolo, perché spesso avviene che sul principio della conversione o simile si sia fervorosi e poi e poi si va raf­freddandosi. Nessuno dica: ormai sono nell'Istituto è belle fatto; son nell'Africa, son Missionario! No, avanti camminiamo sempre per farci santi e poter salvare molte anime.
L'Epistola comincia qui: Renovamini spiritu mentis vestrae. Vi ha lo spi­rito cristiano per i semplici cristiani, onde vediamo fra due cristiani uno che ha il vero spirito prega, ecc. sente come un trasporto; l'altro invece che non l'ha fa, sì, ma ... manca il vero spirito cristiano. Così, pei Religiosi c'è lo spirito re­ligioso, pei Sacerdoti lo spirito ecclesiastico. Fra noi chi è sacerdote deve avere lo spirito religioso e l'ecclesiastico, gli altri lo spirito religioso e lo spirito cri­stiano.
Qui spiritum Christi non habet, hic non est eius. Lo stesso si dica di un sa­cerdote, di un religioso che non abbia lo spirito del suo stato, forse avrebbe fatto un buon secolare, ma non un sacerdote, un religioso; talora lo dice anche la gente. Quanti Cristiani defezionano perché non hanno lo spirito cristiano;
quanti Sacerdoti e Religiosi mancano ai loro doveri perché non hanno spirito. Non fa bisogno far allusioni, ma lo vedete anche voi: alcuni vengono dall'Africa e non ritornano più... non hanno lo spirito di religiosi, non son fatti per farsi religiosi...
Bisogna rivestirsi dell'uomo nuovo, di N. S. G. C., ed in qual modo? Biso­gna che, come diceva il Ven. Cafasso, facciamo ogni azione come la farebbe Gesù. Domandiamoci spesso: Gesù penserebbe così? parlerebbe così? agireb­be in questo modo? Esaminiamoci su questo punto.
Ecco come c'insegna S. Paolo a rivestirci dell'uomo nuovo. Prima di tut­to non dir bugie: Propter quod deponentes mendacium, loquimini veritatem unusquisque cum proximo suo: quoniam sumus invicem membra. Non biso­gna mentire: Siam tante membra, come ha detto anche più sopra. Forseché il braccio mentisce, inganna il capo; forseché l'inganna il piede? No, che non l'inganna, che anzi lo difende. Così dobbiamo fare non ingannarci, e soprat­tutto non ingannare i Superiori; nessuno s'è mai pentito di essere stato aperto, schietto coi superiori. Che qui non vuol mica dire solo di non mentire; vuol di­re che si cammini con schiettezza, alla buona. Un giorno vi sarà una cosa ma­teriale, un altro una spirituale: non è mica confessione, ma talora rasenta que­sto ministero. Così facevano già i Padri dell'eremo: quando avevano qualche inquietudine andavano dal loro superiore; e il demonio a tentarli perché non andassero: il superiore ti perderà la stima, forse ti manderà via... Storie, i su­periori non hanno mai mandato via nessuno per essersi aperto a loro. E certe volte, mentre erano ancora per istrada quelle inquietudini svanivano.
Per questo vedete, voglio venire qui più sovente, benché non abbia più la mia camera, (nella casa nuova l'avrò, avrò più comodità d'andarvi e voglio esservi abitualmente): giunto, darò i miei colpi (di timpano) e chiunque senza bisogno di nessun permesso può lasciare qualunque occupazione, eccetto la scuola, per venirmi parlare, o anche per udire qualcosa da me, che talora ho qualcosa da dirvi ed aspetto l'occasione. Nessuno è obbligato, e nessuno guar­di che il tale va, il tale non va, come non lo guardo io, sono storie... In questo modo si può fare del gran bene.
Il Signore m'ha posto a capo dell'Istituto e mi da anche la grazia di dirigerlo: lo spirito dovete prenderlo da me che sono come l'anello di congiunzio­ne colla S. Sede, colla Congregazione (di P.F.). Così faceva da direttore del Seminario ove veniva da me benché fossi giovine, e taluni mi dessero del tu, e benché rimandati due o tre volte. Così faccio al Convitto, ed un Vescovo re­centemente mi diceva: "Tutto quel che sono lo devo all'essere stato in Convit­to"...
Poi S. Paolo continua: Irascimini, et nolite peccare: sol non occidat super iracundiam vestram. State sempre in pace fra di voi, ma se pur avvenisse qual­che differenza fra di voi sol non occidat super iracundiam vestram. In una lettera a quelli in Africa scrissi che, sebbene sapevo non esservi tra loro queste cose, pure anche fra i santi può nascere qualche differenza di opinioni, poi an­che forse il modo un po' spinto in sostenerli,... ebbene se avvengono di queste cose, ho scritto loro queste stesse parole di S. Paolo Sol non occidat super iracundiam vestram da aver torto ad aver ragione, riconciliatevi subito... Nolite locum dare diabolo, non fate ridere il demonio al vedervi posseduti da un po' di ira o che...
Qui finisce l'Epistola, ma S. Paolo continua: Qui furabatur, jam non furetur - questo non fa per noi, bensì quel che vien dopo magis autem laboret, operando manibus suis, quod bonum est, ut habeat unde tribuat necessitatem patienti. Lavorare non solo per mantenere se stessi, ma anche per poter fare l'elemosina; voi non potete dare, ma tutti però dovete lavorare, non solo voi (ai fratelli), ma tutti lavorano.
giuseppeallamano.consolata.org