FESTA DI S. FEDELE DA SIGMARINGA DECIMO ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE MORALE DELL'ISTITUTO

24 aprile 1910
Quad. VI, 11
Premesse poche parole della ragione della festa, spiegai il Vangelo "ego sum vitis vera", ap­plicandolo alla corrispondenza alla grazia della vocazione, coi mezzi dell'umiltà ed unione con Dio.
P.U. Costa, quad. II, 113-115
24 Aprile - Decimo anniversario della fondazione morale dell'Istituto
Perché abbiamo stassera cantato il Te Deum? Per ringraziare il Signore delle grazie conceduteci in questo decennio di vita dell'Istituto; poiché la fon­dazione di un Istituto non si conta da quando comincia ad avere vita, ma da quando se ne stabilisce definitivamente la fondazione; - e sono appunto dieci anni ad oggi che si è decisa fermamente la fondazione del nostro Istituto. Que­ste cose i più anziani le sanno già, ma conviene che le ripeta qui a tutti, non per me (con grande espressione di noncuranza per sé), ma per manifestare le opere del Signore, a sua gloria. E perché lo ricordino quelli che celebreranno il 25mo anniversario, il 50mo, il centenario! alcuni celebrano il decennio; a me però pare che basti questo poco.
Dieci anni fa avevo incorso una gravissima malattia che mi portò fino alle porte del Paradiso, d'onde fui ricacciato qui in terra, perché non era ancor de­gno; il nostro Card. Arcivescovo veniva a trovarmi quasi tutte le sere, e sicco­me avevamo già parlato di questa istituzione, gli dissi: "Sicché ormai all'Isti­tuto penserà un altro", e lo diceva contento; forse per pigrizia di non sobbar-
carmi ad un tal peso. Egli però mi rispose: "No, guarirai,e lo farai tu". - E son guarito. Andai poi a fare la convalescenza a Rivoli, e là, il giorno di S. Fe­dele da Sigmaringa (di cui sono sempre divoto in modo speciale, fin dal Semi­nario) posi sull'altare una lunga lettera in cui si decideva la fondazione: cele­brai la Messa in onore del Santo, indi andai ad impostare la lettera che inviavo al Cardinale Arcivescovo. E fu decisa la fondazione: in quell'anno si licenziò la scuola normale di figlie ch'era alla Consolatina, e l'anno seguente si comin­ciò effettivamente l'Istituto con pochi: 1'8 Maggio dell'anno appresso partiva la prima spedizione composta di Mons. Perlo, P. Gays e due coadiutori: quin­di dalla prima partenza sono solo 8 anni, ma dalla fondazione sono dieci anni.
Or vedete quante grazie ci ha conceduto il Signore in questo primo decen­nio: grazie generali a tutto l'Istituto, e particolari a ciascun individuo; sicché ognuno può dire: Singulariter sum ego. I profani ed anche le persone buone sono meravigliati di tale rapido progresso, e Mons. Tasso, Vescovo d'Aosta, l'avete udito,anche a voi ha detto che quest'opera "è nata gigante". Vera­mente è nata molto piccola, ma certo il Signore l'ha ricolma di grazie straordi­narie: prima la Missione indipendente (ché prima non eravamo a casa nostra), poi, saltando il grado di prefettura, il Vicariato, e con questo il Vescovo; infi­ne l'approvazione papale dell'Istituto, la quale, d'ordinario, non si usa conce­dere sì presto.
Or di tutte queste grazie e moltissime altre dobbiamo ringraziare il Signo­re che ce le ha concedute, e pregarlo a volerle continuare in un altro decennio, anzi a darcene delle maggiori ancora, come domanda la Chiesa nell'Oremus dopo il Te Deum. Bisogna però che noi non vi mettiamo alcun impedimento: talora bastano pochi amaleciti a far cessare le grazie del Signore su di una co­munità.
Che cosa dobbiamo dunque fare perché il Signore continui a spargere su di noi le sue benedizioni? Mi pare che sia detto nel Vangelo della festa di oggi (Unius Martyris T.P.). (Lo fa leggere, e commentando le parole: Ego sum vitis vos palmites, ecc. - Sine me nihil potestis facere - dice:) N. Signore è la pianta che dà tutta la vita e la comunica alle varie suddivisioni dei rami: i tralci staccati dalla vite sono morti e non son proprio più buoni ad altro che ad esse­re bruciati. Noi quindi bisogna che stiamo attaccati al Signore che è là nel Sa­cramento, che riconosciamo che tutto viene da Lui. Nell'altra casa c'erano già, ed in questa le farò scrivere più grosse, le parole: Protegam eum quoniam cognovit nomen meum - Lo proteggerò perché ha riconosciuto il mio no­me, cioè, in linguaggio biblico, la mia virtù, la mia potenza, che sono Io che faccio tutto.
Nelle opere di Dio bisogna procedere così: pregare, per conoscere la volontà di Dio, consultare, consigliarsi, e soprattutto (ben marcato) l'ubbidien­za, la disposizione dei superiori. Perciò quando venni a Torino a prendere la risposta di quella lettera (nella quale, disse il Card., aveva accumulato più ra­gioni contro che pro il suo sobbarcarsi tale onere), dissi al Cardinale: "Dun­que - in verbo tuo laxabo rete?" - "Sì"! - Allora se l'opera facesse cifris sareb­be il Signore che mancherebbe. Ma il Signore non manca: finora ci ha sempre provveduto tutto il necessario..., ci ha fatto stentare un pochino talora, ma solo per farci toccare con mano che è da Lui solo che vien tutto.
Dunque come conclusione: Ringraziamo il Signore delle grazie conceduteci in questo decennio, che è tutta roba sua: Soli Deo honor et gloria, e procu­riamo di non impedire che il Signore ce ne conceda sempre di nuove nel prossi­mo decennio.
giuseppeallamano.consolata.org