L'ANDAMENTO DELLA COMUNITÀ

2 aprile 1911
Quad. VII, 11-12
Domenica di Passione
(esclusi gli studenti)
Gli antichi veri padri di famiglia, così i patriarchi, solevano di tan­to in tanto radunare i figli maggiori, più giudiziosi, e conferivano con loro delle cose della famiglia. Parlavano del passato, del presente e del futuro; come andassero gli interessi, quali miglioramenti da farsi; in quali cose correggere l'andamento della casa. Ne conobbi io uno di questi saggi padri..., e come procedevano bene le cose di quella casa! come era comune accordo ed impegno pel buon andamento della fami­glia! Così penso di fare anch'io con voi, specialmente stassera. E vi in­terrogo così: va bene la nostra comunità, - potrebbe andar meglio -; e quali i mezzi da prendere; - quali gli scogli da evitare...
Stavolta parlo io per tutti; e distinguo nell'andamento della Comu­nità la materialità dallo spirito, che vivifica il materiale. E dico che rin­graziando il Signore la materialità va bene. Passato il tempo dei tra­sporti, dellaposa a luogo di ogni cosa..., fissate le incombenze a ciascu­no, la casa ormai cammina come un buon orologio. Se venisse qualche estraneo tra noi sarebbe obbligato a dire: che casa ordinata! Tutto puli­to; ogni individuo che va, viene compreso nell'adempimento del suo uf­fizio, senza imbattersi in altri... tutti attivi, nessun ozioso... E mi pare che direbbe la verità. Eppure non c'è ancora tutta la materialità richie­sta, o forse c'è troppa materialità... Mi spiego: questa sistemazione e divisione d'incarichi anche minimi temo che uccida la spontaneità e la cura generale della casa come cosa che tocca a tutti. Da ciò che ognuno ha propria, speciale incombenza non si cura di ogni altra cosa, e quindi col non tocca a me, inciampasse in una sedia fuori posto non pensa a metterla a suo luogo, trovasse per terra un pezzo di carta non lo coglie, una finestra ecc... E di più ognuno prende l'abitudine di non fare di più di ciò ch' è strettamente obbligato, e non gli viene pure in testa, finito il suo lavoro, di dar mano ad ajutare il fratello che non ha ancor finito il proprio. - Bisogna che vi sia amore di corpo, che ognuno si senta mem­bro vivo dello stesso corpo. Es. le membra del corpo umano a bene di tutto il corpo. Tutti abbiamo lo stesso fine ed unico desiderio, che la ca­sa, l'istituto proceda bene, prosperi, e compia bene la sua missione.
Parlando poi dello spirito, c'è da modificare ed aumentare. Non basta, diceva il nostro Venerabile fare il bene, ma questo bisogna farlo bene. -E secondo la nostra vocazione religiosa bisogna farlo ogni gior­no meglio: è ciò che esige il conatus in dies proficiendi. Iddio formato il corpo di Adamo, spiravit in eum spiraculum vitae: ed è ciò che dobbia­mo fare noi di tutti gli esercizi della comunità: vivificarli collo spirito di fede, spirito di Dio. Esaminiamo 1) le nostre pratiche di pietà: preghie­re, S. Messa, Meditazione, SS. Rosario ecc...; le facciamo ogni giorno con vero spirito e fervore? con piacere, sì da non lasciarli quando non possiamo essere in comunità cogli altri? Ma procurare di supplirvi dopo od anche per via ecc.
2) Quale importanza diamo alle cose piccole: inchini, genuflessio­ni, tanto raccomandate, e che ci attirerebbero tante grazie, e daremo sì buon esempio ai giovanotti, che forse li fanno meglio di noi...
3) Domandiamo di cuore e sempre le piccole licenze, che tanto ser­vono ad acquistare lo spirito d'ubbidienza? Facciamo uso delle vive raccomandazioni di tenere discorsi pii ed utili nelle ricreazioni? Siamo pronti a vincere le mancanze di carità e di vivacità nei giuochi, e tosto calmarsi e chiederne scusa? Perché si cercano da taluni piccole comodi­tà ed ambizioni; e si fanno con qualche sforzo i comandi più umili e bassi? Perché tanta ripugnanza a chiedere scusa in pubblico nella prati­ca santa del venerdì; alla quale forse si viene come spaventati di essere estratti a sorte, mentre come facevano i Santi, bisognerebbe essere un desiderio ed una gara di umiliarsi con dire non cose generali, ma parti­colari e minute, sia pure involontarie?
Potrei ancora farvi molte altre applicazioni, in cui si vede chi ha spirito e cerca di perfezionarsi, ma lascio a voi il più considerare, piut­tosto vi dirò del frutto di tale spirito: 1) Consolazioni interne, che Dio concede a chi attende veramente ad ogni mezzo per santificarsi. 2) Quante grazie per corrispondere alla santa vocazione, ed ajuti per fare molto bene in avvenire nelle Missioni…3) Chi si risolve a tutti questi mezzi non sente più la fatica…anzi cresce la sete di patire e di piacere a Dio. Es. Curato d’Ars che diceva le penitenze costare solo in principio, ma dopo si gode e si brama farne sempre maggiori.
       Ecco, miei cari, come deve essere la nostra Comunità: ordinata nel materiale, vivificata dal buon spirito. Felici voi, se mi ascoltate. Verrà tempo in cui direte, avessi data l’importanza…
 
 
 
                 &n bsp;                   &nbs p;                                         &n bsp;   P.U. Costa, quad. II, 9-13
 
 
Domenica – 2 Aprile 1911
 
        Una volta i padri di famiglia usavano di tanto in tanto trattare coi figli maggiori delle cose della famiglia: i guadagni, ecc.,quel che c’era da fare nella settimana, il modo di accrescere i beni, ecc., e ciò, dicevano essi, per interessarli.
        Così dobbiamo fare noi, e questo è il motivo per cui io godo tanto di parlare con voi; stassera ho già parlato ai giovani restituendo loro le lettere (di S, Giuseppe), ed ora li lasciamo in istudio: certe cose non son da dire avanti ai giovani, dobbiamo intenderci fra noi intimAMENTE.
        Ebbene, oggi che è Ritiro mensile, domandiamoci un po’: Va bene la nostra Comunità? (intendo questa qui). Questa domanda io me la faccio sovente, specialmente alla sera dopo cena, prima del riposo, ora soprattutto che sono generalmente solo; mi esamino per qui e per l’Africa, prendo il mio taccuino e passo in rivista questo e quello, quello, quell’altro. Questo è appunto il motivo per cui il Vice Rettore ha fatto il sacrificio di andar nell’Africa: è andato là per parlar coi Missionari, prima in privato, nelle singole missioni e poi durante gli esercizi spirituali ed anche dopo, per intendersi con loro sulle Costituzioni, sul Regolamento, sulle preghiere, ecc., tutte cose che furono scritte e se ne fece come un formulario: così si avranno i consigli di tutti e si osserveranno più volentieri le regole fatte da loro stessi.
        Ora, tornando a noi qui, come va l’Istituto, la nostra casa qui? Vedete, possiamo distinguere due cose nella Comunità: il lato materiale ed il lato spirituale.
Lato materiale - Per questo si potrebbe intendere il denaro, ma a questo, per vostra fortuna, voi non avete da pensare, avete un fastidio di meno: la Provvidenza ci penserà e ci pensa; e strumenti nelle mani della Provvidenza sono io, sono i superiori.
L'altra parte è l'ordine esterno, la regolarità della Comunità: ed a questo riguardo debbo proprio rallegrarmi con voi che questo c'è e va bene. Non è più come 2 o 3 anni fa nell'altra casa dove ci urtavamo l'un col l'altro: qui sia­mo in locale ampio, e, passato finalmente il trambusto ed il disordine del tra­sloco, ogni cosa ha ricevuto il suo posto (non ancora definitivamente, perché abbiamo ancora da andare dall'altra parte, ma va già bene); i vostri superiori vi hanno fatto quelle tavole in cui segnate le cose minute: il tale fa questo o quello, fa il portinaio alla tal ora, ecc., e ciò è costato loro molto studio; han­no già sistemato molto e sistemeranno ancora. E ciò va molto bene, c'è l'ordi­ne, la regolarità, sì che un estraneo venendo qui, a veder tutto pulito, ognuno che va viene e si vede che ha un ideale, e tutti sanno cosa fare, e non sono lì in aria aspettando disposizioni. Io però temo una cosa, ed è che, trovando tutto così sistemato, qualcuno si stringa talmente in sé, che, compiuto il suo uffizio, non si curi più del resto; e p. es. quello che è incaricato dell'orto attenda al suo orto, ma poi anche se la casa bruciasse, non si dia pena; il calzolaio dica: "io penso alle scarpe, il resto non tocca a me"; il sacrestano: "io penso alla sacrestia',' e basta; ecc. E quindi avvenga che uno trovi p. es. un gas aperto... "oh, non tocca a me” - un pezzo di carta per terra (quel che ho già detto tante volte)... "la pulizia di questo luogo non tocca a me ecc... e poi ne succedono inconvenienti...
Non così fanno i figli di famiglia di cui ho detto sopra, ma se uno va nella stalla e vede una bestia che sta male, benché non sia lui incaricato delle bestie, va ad avvertire. Così dobbiamo fare noi: dobbiamo essere tutti uniti fra noi e colla casa, interessarci di tutto, come se ogni palmo della casa fosse roba no­stra. Non intendo con questo che uno s'immischi negli affari altrui, ma quan­do si vede un inconveniente, si può avvertirne il superiore o l'incaricato; certe cose poi si possono fare da tutti, p. es. un pezzetto di carta lo si raccoglie e lo si mette in scarsella... Bisogna prima far le cose di cui siamo incaricati, farle bene, compiute, e con spirito (come spiegheremo dopo), e poi aver a cuore tut­to il resto della casa.
Lato spirituale - L'ordine materiale va bene, ma tutte quelle cose bisogna farle con spirito, per amor di Dio, con fede. P. es. far l'obbedienza con fede, cioè ubbidire ai Superiori, senza badare a chi comanda, ne come; domandar volentieri i permessi, quando si ha bisogno di qualche cosa, sarà una purga, domandarla: taluni piuttosto che domandarla stan senza; ed invece doman­dandola si fa un atto di umiltà e d'obbedienza. E non solo eseguire i comandi, ma anche stare attenti a ciò che sappiamo esser desiderio dei Superiori.
E la meditazione la facciamo proprio; l'esame generale e particolare, che è così importante, lo facciamo sul serio? La Visita al SS. Sacramento la faccia­mo con amore con slancio; La lettura spirituale... bisognerebbe che fossimo talmente affezionati a queste cose che soffrissimo quando non le possiamo fa­re... come il Ven. Cafasso il quale, una sera che, avendo l'aspetto melanconico, glie ne fu chiesto il perché, rispose: Oggi non ho potuto fare la visita al SS. Sacramento (Egli se ne ripagò poi forse, al solito, stando in Chiesa fino a mez­zanotte)...
Qualche volta capiterà di non poterla proprio fare, ma d'ordinario che non avvenga, perché uno non ha potuto farle con la Comunità, non le faccia, anche più brevi...
E poi, facciamo noi quelle piccole mortificazioni di cui ho parlato tante volte... certe volte non si è capaci a tavola di far sacrifizio di un po' di sale.
Coi compagni sono pronto, quando è accaduta qualche cosa, anche leg­gera, a domandar scusa? (di certe cosette talvolta non è neanche necessario)... E se non la domanda colui che ha torto la domandi chi ha ragione, cosi mette­rà a posto l'altro...
E consegnarsi quando si rompe qualche cosa. Le conversazioni poi... non intendo, p. es. che andando a Rivoli si parli sempre di pietà, si può parlare di studio, di cose anche indifferenti, del più e del meno, ma a fine buono... altri­menti... de omni verbo otioso... Si può dire: non mi ricordo più bene della meditazione di questa mattina, favorisca ripetermela..., e: Che bella lettura spirituale... ecc. oppure un bel fatto. Questo si farebbe, ma non c'è chi osi fa­re il primo,... "son più giovane, sembra che voglia far il singolare, il dottore.'.', talvolta sarà per umiltà, ma è più umiltà parlare...
E le lingue straniere, vedrete poi quanto è importante saperle bene... e quindi occupar bene il tempo in cui sono prescritte...
(Aggiunge molte altre belle e sante cose, ma mi è impossibile ben ricor­darle)...
In questo, ben inteso, ci saranno sempre deficienze, siano uomini... ma bisogna che ci mettiamo... che tendiamo sempre alla perfezione; non siamo qui perché siamo perfetti, ma per divenirlo.
Insomma: siamo generosi col Signore, e siccome non abbiamo cose grandi... siamo generosi nelle cose piccole - ricordatevi di quel [detto] dell'Imita­zione: In quibus me resignabo? ... In omnibus.
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