IL VOTO DI POVERTÀ

2 marzo 1913
Quad. VIII, 25-27
2 Febbraio (sic) 1913 Sul voto di povertà
Le nostre Costituzioni dicono: Del voto e della virtù della povertà. Il voto e la virtù sono due cose distinte, o meglio il voto aggiunge un pregio di più alla virtù. Così se colla osservanza della povertà semplice si acquista il merito della virtù della povertà, coll'osservanza della me­desima come voto si ha doppio merito: della virtù e della religione. Pa­timenti trasgredendo colla sola prima si peccherebbe come i cristiani contro la sola povertà e si commetterebbe un solo peccato, mancando al voto vi sarebbero due peccati. Peccherebbe contro la giustizia nel vo­to solenne; non nel semplice (Vaulet p. 5).
Ecco l'importanza di esaminare ciò che appartiene al voto religio­so e ciò che spetta alla sola virtù della povertà.
Nelle Congregazioni si dà troppo poca importanza nella pratica al­la povertà religiosa; vi si passa sopra l'osservanza con troppa leggerez­za, e non si ha idea chiara di quanto tocca il voto di povertà.
In che consiste il voto di povertà? Premetto collo Sporer(vol. 2 p. 569): Paupertas religiosa non consistit in eo quod reddat hominem incapacem dominii radicalis, sed quod privet potestate retinendi et utendi. In hoc consistit votum simplex paupertatis. Votum solemne privat insuper, - più probabilmente - ex jure ecclesiastico non naturali, o divi­no, dominio radicali et in actu primo rerum. Hinc magna differentia inter votum solemne et v. simplex. Quindi gli atti di proprietà nel voto so­lenne sono invalidi, nel semplice validi, ma illeciti.
Nota. Se il voto solenne escludesse ogni proprietà non solo degli individui, ma anche dell'Ordine, si ha l'Ordine dei Mendicanti.
Il voto semplice quindi "consiste essenzialmente nella rinunzia al diritto di usare e disporre a proprio arbitrio delle cose temporali senza la licenza del Superiore" (V. Talento II, 198). Sia della Comunità, co­me dei portati dagli individui. Spieghiamo questa definizione:
   1° Consiste essenzialmente... e l'abbiam già detto collo Sporer.
2. Delle cose temporali, non delle spirituali, perché i religiosi riten­gono l'uso ed anche il dominio delle cose puramente spirituali, come pregare per gli amici, predicare e celebrare gratis nei limiti delle proprie Costituzioni, dare reliquie, immagini, medaglie e simili di niun valore, (non, se ne hanno), non i ricami o tessuti ecc. lavori vendibili (Mons. Marozio aggiunge: rinunzia per amor di G.C. che è il motivo specifico del voto, cioè ispirato dalla Religione. Non così Crate, Diogene... ecc. (Pred. p. 389) ); come pure della propria fama ed onore secondo S. Tommaso. Quanto ai proprii manoscritti si disputa, che S. Alfonso di­ce piuttosto spirituali, come parto della mente. Quanto al peculio v. Talento p. 199.
3. Abbiamo detto temporali, quindi il religioso nullam rem tempo-ralem pretio aestimabilem 1) può ricevere, dare, imprestare, cambiare, consumare, distruggere absque Superioris licentia.- 2) Item dei beni della Comunità. 3) Neppure domandare per fare a proprio arbitrio opere di carità; in questo caso Rosaz dice che non peccherebbe contro la povertà, ma solo l'obbedienza. 4) Non usare diversamente dal con­cesso sebbene uso onesto; tanto meno se uso vano o cattivo.- 5) Non occultare le cose avute in uso, es. libri, vesti ecc., perché il Superiore non le tolga e dia ad altri.- 6) Trattare la roba concessa juxta mentem superioris et modo religiosae paupertatis congrue. 7) Gli officiali non possono res suae administrationi commissas ad arbitrium dispensare, ma solo ad mentem (ut supra).
4. Ho detto: senza la licenza del Sup. Questa è necessaria, non tut­tavia sempre espressa, ma è sufficiente la tacita, e probabilmente la pre­sunta, come dice S. Tommaso, cioè tale che dalle circostanze, o segni si presume esservi, o che sarebbe data se domandata. (Nota: per noi (v. Cost.) in cui non è detto bene; ma già avvertiti sulla licenza richiesta an­che pei beni proprii).
Avvertine i Superiori di andare adagio a dare le licenze e non gene­rali (Vaulet p. 67). Fatto Suor Teresa Testa (La perf. p. 157). Da ciò la decadenza. Es. Non i Certosini (Vaulet p. 27). E se il superiore negasse ingiustamente la licenza? Non è scusato il religioso, eccetto il caso di vera necessità urgente, tale che scusi dall'adempimento del voto.
Il confessore può dare questa licenza? No, e la di lui dispensa non sarebbe valida perché non a lui, ma al Superiore i religiosi si sono ob­bligati a dipendere nelle cose temporali; e solo presso del medesimo è la facoltà di dispensare (Scaram. p. 208).
Quanto alla quantità richiesta a far peccato mortale trasgredendo il voto di povertà, i Teologi non sono d'accordo. Comunemente dicono essere necessaria maggior quantità, che negli altri furti. Del resto la co­sa è da giudicarsi dalla maggiore o minore ingiuria, che si fa al Mona­stero, e dalle altre circostanze, a giudizio di uomo prudente (Talento p. 200).
Esempio dei Padri dell'Eremo e di S. Gregario M. (V. Rodr. p. 225 e 245).
P.P. Albertone, quad. V, 38-43
Domenica - 2 Marzo 1913
a) Parlarvi del Voto e Virtù di Povertà. Le Costituzioni dicono: Del voto e virtù di Castità, Povertà ed Obbedienza. In che cosa consiste il voto e la vir­tù? Vedete: se si pratica la virtù si ha un merito, se il voto 2 meriti, perché vi si aggiunge il merito di religione.
b) Del voto di Povertà:
Le Costituzioni hanno: Del voto e virtù di Povertà. Non tutto appartiene al voto, parte anche è solo della virtù; cosi vi è doppio male e chi non osserva il voto fa doppio peccato.
Secondo il consenso dei Teologi sul voto di povertà, e virtù di Povertà, in religione si va poco pel sottile, non si bada che si può peccare sia riguardo alla virtù che al voto.
c) Consiste essenzialmente nella rinunzia al diritto di usare e disporre a proprio arbitrio degli averi temporali senza licenza del superiore; questo è il voto semplice, quale abbiamo noi e tutte le Congregazioni moderne. Il voto solenne di più comprende la rinunzia al dominio radicale, e proprietà dei beni temporali. Nel semplice si rinunzia al disporre ed usare; nel solenne si rinunzia alla proprietà della cosa, quello che era suo non è più suo.
Magna differentia intercedit inter votum simplex paupertatis et votum paupertatis solemne; nam votum solemne privat dominio radicali et insuper dominio actuali utendi et disponendi pro libitu; simplex autem tantummodo usu actuali et disponendi pro libitu sine consensu Superiorum.
d) Ma perché si fa sol più il voto semplice, c'è diversità dalla proprietà ed uso? Ve n'è di due sorta? Ratio est che la povertà non consiste nello spropriarsi di tutto, ma nel non potersene servire senza permesso.
Lo spogliarsene completamente poi è solo in forza della Chiesa che l'ha stabilito.
Nel nostro Istituto (Const.ni C. VIII) "I Missionari professi, dice, si ten­gono sempre il dominio radicale dei loro beni e di quanto loro provenisse do­po la professione dai parenti fino al 4° grado, per atti tra vivi e di morte, e di tutto ritengono la libera amministrazione". Pare adunque che si accenni che ritengono la proprietà e la libera amministrazione: ma in ciò non vi può essere voto assolutamente, perché uno non ne può disporre senza licenza dei Supe­riori. Questa osservazione mi è già stata fatta quando hanno approvato le Co­stituzioni. Ne scrissi subito in Africa: Ricordatevi che non vi può essere voto se si dispone liberamente dei beni". E forse ci metteranno poi questa condizio­ne: non si può concepire il voto se non c'è il permesso, e specialmente per voi che siete qui, che non si abbia poi a dire che non si sapeva e che hanno cambia­ta la regola!
Per disporre di tutte le cose ci vuole il permesso, altrimenti non è più vo­to.
e) Materia del voto sono le cose temporali; e le spirituali? Delle spirituali si ritiene l'uso e il dominio. Per esempio: il pregare, è proprio di ognuno.
Reliquie, immagini e medaglie di poco valore non cadono sotto il voto;
così l'onore, la fama non li rinunzia col voto di povertà.
Dei manoscritti S. Alfonso inclina a credere che se ne abbia la proprietà. In qualche Istituto poi c'è ancora un qualche peculio, pare che ne abbiano la proprietà, ma ci vuole la licenza in quanto all'uso. f) E riguardo alle cose temporali adunque come si applica il voto?
Niun Religioso una cosa di qualche valore, rem praetio existimabilem, non può ricevere, dare, chiamare ad imprestito, imprestare, tenere, cambia­re, consumare o distruggere, senza licenza.
Non si possono fare alcun di questi atti perché si riferiscono all'uso e richiedesi la licenza. Così dei beni comuni della Comunità, è lo stesso, non si possono dare ... etc.
...E per opere di carità. Ci vuole la licenza, senza permesso non si può. Non si può ancora usare una cosa ad un uso diverso da quello per cui si ha la licenza. Si dà, per esempio, una cosa della Comunità e la si nasconde per pau­ra che il Superiore ce la cambi ecc... non può perché ne ha solo l'uso e non può nasconderla.
Inoltre bisogna trattare le cose della Comunità con diligenza, secondo la mente del Superiore, e la povertà religiosa.
Siamo poveri e dobbiamo vivere da poveri.
E gli ufficiales possono usare ad libitum? No, sed ad mentem e conforme allo spirito di povertà. Tutto questo importa il nostro voto di povertà.
g) E la licenza?
Può essere o espressa, cioè data volta per volta; ma basta anche la tacita, e, secondo S. Tommaso, anche la presunta, cioè si presume che vi sia chi me la darebbe o me l'abbia data.
E se il Superiore non vuol darmela? Se la piglia per ciò? Non può scusarsi da peccato, e si pecca contro il voto.
E se il Superiore fosse ingiusto...? Bisogna andare adagio a pensare e dire ciò, perché uno può avere solo una fissazione. Ma se anche fosse ingiusto, neppure allora, eccetto urgesse vera necessità.
E per fare peccato mortale?
Per il mortale ci vuole la quantità: non convengono i moralisti. Conven­gono però che questa cifra è maggiore alla cifra del furto, di più considerando la maggiore o minore ingiuria alla Congregazione.
Ma se si appropria una certa quantità grossa il peccato è mortale. P. es., 20 lire, nessuno ne dubita è mortale.
h) Il Confessore può dispensare dal voto? No, il Confessore non può di­spensare da queste cose, e questa dispensa non avrebbe alcun valore, perché il voto fu fatto: coram superioribus, e perciò dipende dal Superiore anche il di­spensare.
Sono cose un po' difficili... molte volte non appartengono più al voto ma alla virtù. Trasgredendo alle volte si trasgredisce al voto, altre solo alla virtù, ecc...
i) Questo è molto importante - Non si deve far nulla senza permesso: al­meno praesunto. Se si osserva la povertà lo spirito di povertà e la virtù, la Co­munità andrà avanti. Ma guai se non si osserva! È morti proxima!... Se ne va lo spirito!
Tra i fatti dell'eremo si racconta che un frate venne a morte, e trovarono sotto il suo letto una somma di danaro. Allora si radunarono tutti per stabilire che cosa dovessero farne di quel danaro, ed i più furono di parere che si doves­sero seppellire con lui dicendo: Pecunia tua sit tibi in perditionem!
L'importanza che davanvi i SS. PP.!...
Perché dicono quei due furono castigati tanto come si narra negli Atti de­gli Apostoli, perché, dicono, ne avevano fatto veramente un vero voto di po­vertà e perciò peccato.
Dobbiamo perciò dare molta importanza, tenerci fissi a questo punto.
I Frati, i vecchi, mi ricordo c'era un prefetto di Sacrestia dei Minori, eb­bene non toccava mai denari, ma usava una gamba di gatto. Noi ridevamo co­sì, ma lui diceva che i vecchi, i frati anziani avevano un orrore pel danaro, noi ci hanno proprio vestiti di questo abbominio.
Pare esagerazione, ma, bisogna distaccare il cuore. Pregare il Signore che ci faccia conoscere il voto. Vedremo poi... non bisogna non voler sentire il vo­to... Che andiate a tavola un giorno o l'altro, che non troviate niente... ma, bisogna andare più avanti ancora...
Il voto di povertà è uno dei mezzi principali per la santificazione! Pre­ghiamo e continuate il ritiro mensile. Proponimenti? Battiamo sulla superbia, può servire pel mese futuro, massimamente ora... in quaresima...
Preghiamo... e il Signore ci aiuta...
giuseppeallamano.consolata.org