LA VIRTÙ DELLA POVERTÀ

9 marzo 1913
Quad. VIII, 27-29
9 Marzo
Sulla virtù e perfezione della povertà
I religiosi non devono solamente evitare quanto è contrario al voto di povertà, ma avendo grave obbligo di tendere alla perfezione religiosa bisogna che s'impegnino inoltre ad osservare la povertà in tutta la sua perfezione.
Nota. Mons. Marozio così distingue il voto dalla virtù: il voto ri­guarda direttamente la proprietà esterna, la virtù mira direttamente all'affetto della proprietà; il voto spoglia dei beni esteriori; la virtù re­scinde ogni disordine dal cuore; il voto ha ragione di mezzo, la virtù di fine (Pred.).
Se si trattasse dei secolari procureremo che non pecchino nell'uso delle loro ricchezze e più che ne stacchino il cuore: Si divitiae affluunt, nolite cor apponere. Beati pauperes... Ai relilgiosi S. Bernardo dice:
non paupertas virtus reputator, sed paupertatis amor. E S. Teresa: i re­ligiosi che tali non sono di spirito, ingannano il mondo e se stessi. Ora per ottenere questa perfezione della povertà sono necessarie tre cose: 1. Resecare tutto ciò che è vano e superfluo; - 2. Soffrire con pazienza e più con allegrezza la mancanza del necessario; - 3. Mantenere un pieno distacco dalle cose necessarie o convenienti che sono concesse ad uso;
tenendole (S. Ignazio) come non proprie (Scaram. p. 206).
Spieghiamo queste tre cose:
1. Tagliare... Ciò è chiaro: nulla che sappia di vanità deve trovarsi nel religioso, che contrasterebbe apertamente al suo stato, quindi si proibiscono l'oro ed ogni ricercatezza nelle vesti, nella cella ed in tutto (Parole illeggibili S.S. Giuseppe) S. Franc. di Sales alle Visitandone proibì anche l'argento, eccetto per pulizia nelle posate di tavola.
Parimenti si ha da resecare ogni cosa superflua. S. Paolo: habentes alimenta (a sufficienza di qualunque sorta) et quibus tegamur (appena coperto questo misero corpo): his contenti simus. Per convenienza del vivere sociale non potremo andar vestiti di un abito di foglie di palme e non mai cambiarlo come S. Paolo primo eremita; ma ci basterà una ve­ste pulita e semplice anche rattoppata, e vecchia. S. Francesco Caracciolo (La perf. C. p. 159) - S. Teresa esaminava spesso la cella (Scaram. p. 207). Così fanno i religiosi ferventi nelle comunità, ed essi sono come la regola di ciò che è superfluo nella propria Comunità (Id. p.c.).
Le nostre Costituzioni prescrivono: Num. 23.
La S. Crongr. di Prop. 8 sett. 1869 dice: curent expensas pro victu atque itineribus minimas fieri. -(V. Epist. Levaneras p. 32). Ivi il Beato Gabriele Dufresse prescriveva nel Sinodo ai suoi sacerdoti: "parca et frugali mensa contenti sint; alimentum sit simplex, quod ad vivendum, non ad lautitias, deliciasque aptum sit... Mensa sit brevis et naturae sufficiens...; non modo supervacanearum rerum usibus abstinentes, sed etiam quae ad victum, aut vestitum minus sunt necessaria defraudantes" l.c.
Auctor Epist. addit: missionarii ad ultramarinam alimoniam nonnisi adstante vera necessitate recurrant..., experientia constat pauca vel nulla necessaria fieri (l.c. p. 29). Esaminiamoci.
2. Soffrire ecc. è la paupertas necessariorum. Esempio di N.S.G.C. da Betlemme alla Croce. I poveri nel mondo mancano talora del necessario, a tempo; e noi invece al suono della campana... S. Bernardo: sunt qui pauperes esse volunt eo pacto, ut nil eis desit. Si non es satis, momento paupertatis.
3. Mantenere: Qui sta il sugo della povertà di spirito. Ogni attacco anche piccolo ritarda la perfezione; es. l'uccello legato con filo, della statua di S. Ignavo, del Card. Baronio nel comando di bruciare i libri, e la regola della Visitazione del mutar cella con tutto (V. Rodriguez, ecc.).
Conchiudiamo con S. Bernardo: miserabiliores sumus, si pro tam exiguis tanta patimur detrimenta.
Nota. Vantaggi temporali e spirituali di questa virtù (Marozio p. 392).
Nota. Mons. Marozio riduce a tre i gradi della perfezione della vir­tù: 1) abbandono col cuore di tutto ciò che si abbandonò col corpo; 2) rinuncia delle cose superflue; 3) abnegazione delle cose necessarie (V. Spieg. pred. p. 390).
Finora abbiamo parlato della povertà, direi negativa che consiste nella privazione delle cose temporali, ma lo stato di povertà importa anche altra parte positiva, cioè il lavorare come devono fare i poveri. Siamo tutti tenuti a faticare come uomini: l'uomo è nato per la fatica, specialmente dopo il peccato di Adamo; in sudore vultus tui vesceris pane.
Tanto più come cristiani, ed ancor più come religiosi per la mag­gior perfezione dei comandi di Dio.
Il lavoro è virtù contro la pigrizia; perciò lavorarono i padri dell'eremo e gli Ordini Benedettini e Trappisti. È anche necessità da Dio impostaci per avere di che vivere. Ce ne diede l'esempio Gesù, che lavorò materialmente nella bottega di Nazaret sino a trent'anni: Pauper sum ego in laboribus a juventute mea. Lavorò S. Paolo per procurare il vitto a se stesso ed ai compagni. Così tanti Santi, come S. Chiara ed il Card. Baronio: coquus perpetuus.
In tutte le Religioni si lavora, e quando una parte deve tutta dedi­carsi agli studii ed alla predicazione, vi suppliscono i fratelli coadiutori;
tuttavia anche ai lavori compossibili, come nei servizi di tavola, pure i sacerdoti attendono.
Noi come missionari dobbiamo tutti lavorare materialmente e quindi ai lavori prepararci fin da Casa Madre con imparare bene i prin­cipali mestieri. Le Costituzioni n. 26 e 27. Questo è raccomandato da S. Propaganda.
Spetta anche alla povertà il tenere in gran conto la roba della Co­munità, e servirsene con parsimonia e rispetto. Invece succede talora che si ha cura speciale delle cose proprie e di quelle della Comunità non. Questo è ingiusto, poiché se non possiamo sperperare il nostro, per più ragione non dobbiamo dilapidare la roba della Comunità! Vi
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vuole amore di corpo e di famiglia, tutti impegnati pel bene dell'Istitu­to.
P.P. Albertone, quad. V, 44-50
Domenica 9 Marzo 1913
a) Continuiamo la nostra ... riguardo alla povertà... questo è un argo­mento inesauribile.
L'altra volta abbiamo parlato del voto, ma c'è la virtù. E’ diversa nei Reli­giosi e nei secolari.
Il Signore ha parlato in generale: Beati pauperes spiritu, quoniam ipso-rum est regnum coelorum. Insomma non essere avari. Sappiamo quello che disse il Signore: Vaeh! vobis divitibus!... perché è più facile che un camelo (sic), una grossa fune passi per la cruna di un ago che i ricchi vadano in Para­diso.
Anche i secolari vi sono perciò come anche per la perfezione cristiana. Ma noi Religiosi in modo speciale dobbiamo avere il cuore molto più distacca­to dai beni di questa terra. Si divitiae affluunt nolite cor apponere.
Veniamo al particolare: Non paupertas virtus est sed paupertatis amor. Non stoicismo come gli antichi filosofi - Diogene... ma amore vero alla po­vertà.
Un povero può non aver denaro e non aver la virtù. Diceva S. Teresa: I religiosi non poveri di spirito ingannano se stessi e ingannano gli altri, il mon­do.
b) Mezzi per ottenerla: 3 mezzi.
3°. Mantenere un pieno distacco dalle cose necessarie o convenienti con­cesse all'uso.
2°. Soffrire con pazienza e più con allegrezza la mancanza del necessario.
1° Tagliare tutto ciò che è vano e superfluo.
Ben pochi sono osservanti di queste cose. Una suora comparve dopo morte ad una sua compagna e le disse che era in Purgatorio da 8 anni per aver concesso troppe licenze.
I superiori hanno da render conto stretto di questo: pare alle volte che non vogliano darlo, ma... non vogliono andare poi in Purgatorio per gli altri. I Certosini non hanno mai avuto bisogno di riforma perché si sono sempre te­nuti al puro necessario.
c) Queste tre cose sono tre esami da farsi, e ben fatti ed osservati ci aiuta­no a farci veramente perfetti in questa virtù.
1° Quello che è vano: - Nel mondo si fa tanto sfarzo d'oro, argento. - S. Francesco di Sales non permetteva niente di argento, eccetto che le sole posate per pulizia. Noi neppure le posate. Cerchiamo e troveremo all'atto pratico un po' di vanità.
2° Superfluo: Esaminiamoci: se abbiamo il cuore attaccato a tante cosette. S. Teresa ogni tanto visitava la cella, esaminava tutto quello che le era ne­cessario. Una volta lasciò qualche cosa e di poi non poteva raccogliersi nella preghiera.
Cerchiamo "alimenta non ablectationes", dice S. Ignazio; e S. Paolo:
habentes alimenta et quibus tegamur his contenti simus.
E ancora non tanti vestimenti: fossimo nel deserto, potessimo coprirci di foglie. Quando sarete in Africa, non attaccarsi ad un abito nuovo quando se ne ha ancora uno vecchio. C'è chi sa tenere e conservare, ed altri invece non fanno che logorare. Questa è mancanza di Povertà e dobbiamo farne l'esame.
Quando si va a lavorare c'è l'ordine di mettersi l'ablouse (sic) per non macchiarvi, far attenzione al superfluo. Alle volte non si bada e basterebbe una cosa, invece non basta. Quel tanto che c'è abbiamo solo l'uso secondo l'ubbidienza.
C'era un Missionario che dopo anni aveva ancor la prima veste... e forse l'ho vestito io. Stare attenti a fare questo esame.
La S. Propaganda aveva in un decreto che i Missionari: curent expensas de victu et vestitu minimas fieri, non recurrant ad ultramarina alimonia, alle cipolle d'Egitto: per un po' di male non bisogna subito... ricordare il vino:
Ah! quel vino di Torino! Se il Signore non ha dato il vino è segno che si può vivere senza.
d) Così le nostre Costituzioni: Quantunque l'Istituto... tuttavia il missio­nario deve essere disposto a contentarsi abitualmente del necessario, ed a mancare qualche volta anche del necessario, soffrirlo con pazienza ed alle­grezza: paupertas missionariorum.
Il Signore aveva bisogno di caldo nella culla - Erano cose necessarie. Dice S. Bernardo: Sunt qui pauperes esse volunt, eo tamen pacto ut nihil illis desit.
Neppure i poveri del mondo non sono così, vanno a dormire anche ince­nati. Succede di non avere il necessario... Appunto, noi vogliamo essere poveri,
II Beato Gabriele Duprés dice che i poveri: modo pauca et frugali mensa contenti sunt defraudantes quae ad victum aut vestitum minus sunt necessa­ria.
Lo strettissimo necessario. Aver tanti missionari da mantenere: e come si fa...! Si fa così quando non ce n'é più. Non par vero qualche volta ci manca qualche cosa, a pranzo una sola pietanza... se manca il sale, si mangia senza sale. Bisogna avvezzarci a vivere nel mondo. Ci dimentichiamo che tanti nel mondo non hanno tanto. Nelle nostre case forse mangiamo polenta...
3°) Adunque distacco dal necessario. Si è lasciato tanto e poi ci attacchia­mo a qualche coltellino, un taccuino... le suore della Visitazione escono dalla cella senza portar via nulla e pigliano tutto quello che si trova nella nuova cel­la.
Cominciamo già fin di qui, da adesso, non è la cosa grossa o piccola che conta, fa lo stesso; un uccello legato fa lo stesso sia legato con una fune picco­la o grossa. S. Ignazio dice che siamo statue: ci vestano da re o altro, non ci dobbiamo muovere.
S. Doroteo aveva un alunno Dositeo che aveva bisogno d'un coltello, ed egli glielo provvide, ed egli ne fu contentissimo. Allora S. Doroteo glielo tolse subito.
Si racconta di S. Filippo Neri che il Baronio avevagli presentato la sua storia Ecclesiastica e S. Filippo vistala gli disse di pigliarla ed usarla ad accen­dere il fuoco. E così fece il Baronio e dovette poi ricominciare da principio i suoi Annali. Ecco i Santi che cosa pensano... Gli ha fatto bruciare tutto...
Dice S. Bernardo: Miserabilissimi noi se per certe minuzie ci priviamo di tanti beni. Quegli attacchi portano via la pace... l'ubbidienza... quelle Comu­nità nelle quali si concede sempre vanno in aria. Il più bel modo per andare in aria è mancare contro il voto di povertà. Si dice: "hanno bisogno"... che biso­gno! Alle volte... Una suora diceva che dopo gli Esercizi chiamava i permessi di tutto l'anno. Questi permessi la Superiora concedeva tutto... cioè... forse aveva desiderio di essere eletta...
Abbiamo detto della povertà qualche cosa, ce ne sarebbe per tutto l'an­no.
4°) Ma poi c'è ancora un'altra cosa. Il lavoro! Bisogna lavorare. S. Pao­lo, il Signore, S. Giuseppe, la Madonna hanno tutti lavorato! ci vuole il la­voro! Manus istae! perdere il tempo, mai! Ricordiamoci del Signore a Naza-ret. Egli si prepara lavorando. Non dobbiamo stare ad aspettare la Provviden­za. Un povero che può lavorare e non lavora dicono che un "plandrun "! S. Chiara, già vecchia, per non essere oziosa si faceva appoggiare al muro per lavorare. E quando il S. Padre le volle dare qualche cosa non l'accettò.
Ecco che cosa dicono le Costituzioni: Ad imitazione dell'Apostolo S. Paolo che si procacciava il vitto col lavoro delle sue mani, i Missionari atten­deranno anche all'esercizio dei lavori manuali; e per ben riuscirvi si faranno un impegno di abilitarsi nelle arti e mestieri utili per i luoghi di Missione. Sia chierici che sacerdoti farlo con vero spirito perché siamo poveri. Sempre quando sarà possibile... (Vedi Cost.ni N. 27).
Il Signore non è obbligato a fare un miracolo. Alcuni dicono: Uh! si va là per lavorare!?... Sì, per lavorare; si fa anche lo spirituale, ma anche il mate­riale. Le spese sono immense!...
Il Santo Padre lo dice: che stessimo attenti alle spese... Habeant hortu-lum ut...
La povertà è negativa: questa è povertà positiva. Sì, certo, anche il mate­riale! C'è la fattoria ecc... il pane, bisogna seminare... Tutto per poter vivere, le case, ecc. Così i Coadiutori devono farlo con vero spirito... La squadra vo­lante!
Dice S. Alfonso Rodriguez: Il povero deve lavorare: in sudore vultus tui vesceris panem!
Istruirsi sul modo di fare... fare con spirito! fare qualche piccolo sacrifizio!
Tutte le virtù si confondono: colla povertà... l'ubbidienza, ecc.
Là, preghiamo ed il Signore ci aiuterà...
giuseppeallamano.consolata.org