PERFEZIONE DELL'OBBEDIENZA RELIGIOSA

15 giugno 1913
Quad. VIII, 38
15 Giu. 913
Della perfezione della obbedienza religiosa
La perfezione dell'obbedienza religiosa ha tre gradi (V. Cotel p. 68 e Rosaz p. 48). Questi tre gradi sono ben espressi nell'aurea lettera di S. Ignazio. Il primo n. 5; il secondo n. 7; il terzo a N. 9. - Questa è la vera obbedienza semplice e cieca, di cui parla S. Paolo agli Efesini: obedite in simplicitate cordis vestri. E S. Bernardo: discernere superioris est;
subditi obedire.
V. esempi nel sacrifizio di Abramo, nella vocazione di Andrea e Pietro, e di Giacomo e Giovanni (V. Scaram.).
I mezzi per ottenere questa perfezione sono tre:
1) Umiltà, senza la quale non vi sarà ubbidienza cieca...
2) Vedere Dio nel comando: Dominus est.
3) Tenere presenti gli esempi di G.C. e dei Santi. (V. Cotel e Rosaz - e Scaramelli).
P.P. Albertone, quad. V, 113-119
Domenica - 15 Giugno 1913
Completiamo quello che avevam detto dell'Ubbidienza — In quanto al voto bisogna che il Superiore comandi secondo la regola, con quelle parole, con quel tono che si fanno solo in materia grave. Il voto e la virtù. Ma una ter­za cosa vi è ed è la perfezione di questa virtù che è ciò che dice in particolare la lettera di S. Ignazio, e chi non arriva ad osservarla perfettamente non l'avrà neppure ordinaria.
Vi sono tre gradi — Il primo è l'esecuzione della cosa comandata, grado infimo: eseguire fedelmente le cose comandate e con questo mezzo si fa il sacrifizio al Signore: — ma è troppo poco.
Il secondo grado è quando uniamo la nostra volontà a quella del Superio­re ubbidendo perché egli vuole così, uniformando la nostra volontà a quella dei Superiori.
Terzo grado quando la volontà piega l'intelletto ad approvare quanto giudica il Superiore; anche che ci veda nero e il Superiore dice che è bianco, è bianco; il Superiore giudica così ed io voglio giudicare così. Questo è il più perfetto.
Deus est: è il Superiore che parla. Se Abramo fosse stato lì a ragionare e forse... Quando S. Pietro e S. Andrea furono chiamati: "Venite et faciam vos fieri piscatores hominum", e loro "relictis retibus, etc.", via!... Dovevano do­mandare secondo il capriccio: Ma, tu sei povero, che cosa ci dai da mangiare? Sicché siamo capaci noi a predicare!?! Parevano anche ragionevoli osserva­zioni. No. Il Signore ha parlato, e quando il Superiore comanda è come se Ge­sù stesso parlasse.
Così S. Giovanni "relictis retibus et patre" Poveretto! Che gli aggiustia­mo almeno le reti! Mi pare che la prudenza umana avrebbe fatto qualche os­servazione. "Ma se venisse il Signore faremmo anche così". No, lo dice il Si­gnore là al ricco Epulone. Se non ubbidiamo ai Superiori non ubbidiamo a Gesù stesso, e troveremmo un ma!... Quanti hanno dei ma. Nel mondo chi sa quanti forse perdono la vocazione per i loro ma.
Fa pena veder come si giudica del Cardinale. L'è tanto facile che ci la-sciam pigliare dal proprio io. Bisogna stare attenti su questo punto.
L'Ubbidienza è un olocausto. Discernere Superioris est, subditi obedire, dice S. Bernardo. Quid ad te? tu me sequere! Obedite in simplicitate cordis vestri (Ephesi).
Desidero che quando sentirete a leggere la lettera di S. Ignazio, distin­guiate bene i tre punti. "Ne innitaris prudentiae tuae". Per ottenere questa perfezione vi sono i mezzi che sarebbero:
L'Umiltà — Il vedere Dio nei Superiori. Il vedere gli esempi di Gesù Cri­sto e dei Santi.
L'Umiltà sa di sbagliare e non si attacca al suo giudizio. Cosa ne sai tu da giudicare i Superiori? La sorella di Mosè che mormorò contro di lui fu ca­stigata dal Signore colla lebbra nonostante le preghiere di Mosè. Era fratello ma anche superiore.
Se c'è umiltà c'è nessuna difficoltà ad ubbidire; non tocca a me a veder il meglio; se siamo umili non ci arbitreremo certo, se anche il superiore si sba­gliasse, io ho solo da ubbidire.
Alle volte in confessione si ripete: Ci penso io, tu ubbidisci! Al tribunale di Dio dirai che hai ubbidito. Voi, Signore, dovete interrogarmi se ho ubbidito e non che cosa ho fatto. Dominus est.
Se ci parlasse direttamente!... no, non è necessario, mi basta il Superiore, del Superiore sono sicuro. Vedere Iddio nel comando, nelle regole, in tutto. Dominus est.
Il Signore fu ubbidiente: "usque ad mortem, mortem autem crucis". Ap­pena venuto al mondo "Scriptum est de me ut faciam voluntatem tuam". "Cibus meus est ut faciam voluntatem ejus qui misit me". A S. Giuseppe: “erat subditus" e non li criticava.
Ubbidiva con tutto il cuore, per tanti anni, poteva dire che non era que­sto, ma quello: no: Erat subditus illis.
Tutti i Santi furono ubbidientissimi di volontà e d'intelletto; quel santo che fu mandato ad infornarsi ed andò nel forno.
Oggi proponiamo: Ubbidienza cieca non ragionare. Ubbidisco perché de­vo ubbidire, fare le cose bene col cuore.
Dell'Ubbidienza dunque ne parleremo sempre, ma tuttavia diciamo ci so­no tre cose. Il voto, la virtù, e, ciò che è più perfetto, la perfezione della virtù. Conclusione: faremo il più perfetto. Il Religioso ha l'obbligo. San Filippo di­ceva: Datemi queste due dita di testa e vi farò santi... E tutti i Santi sono pas­sati di lì. - A costui quest'impiego, a quello niente. Ubbidienza: quanti atti di virtù si riuniscono nell'ubbidienza cieca.
Bisogna essere scrupolosi: alle volte una parola: quel tale che aveva tron­cato a metà la parola, la trovò scritta in oro. Quel santo che aveva il bambino nelle braccia e suona e lui lo posa per terra e va via; e quando torna il bambino era cresciuto e gli disse: "Se non andavi via tu andavo via io".
Il Signore all'Alacoque dava degli ordini ed essa andava a domandare al­la superiora il permesso e la superiora: "no"! Ed essa ritornava dal Signore a dirglielo ed il Signore le diceva: "Ascolta la Superiora", e rinunziava a se stes­sa. La Superiora rappresentava il Signore. - Se state attenti nella vita di S. Al­fonso uno disobbedisce e lui lo manda a spasso, eppure era teologo benigno. Diceva ad un Vescovo: Monsignore, guardi bene che se non si appiglia al rigo­re andrà dannato come tanti altri. Egli poi ha fatto stare due Diaconi, per que­sto tutta la vita senza Messa.
Certe volte "Incumbit necessitas", ma col lasciar andare comincia la dis­soluzione, s'incomincia e si andrà giù in fretta.
Quando non c'è più ubbidienza, è come le Cerimonie, non si dà impor­tanza, si fa un po' più un po' meno, no! Si deve fare tutto, non si deve mai ra­gionare, se non per evitare il peccato, per acquistare la virtù.
Dobbiamo ubbidire perché siamo Religiosi e poi... Si gode una pace in terra, è come una nave che cammina veloce.
Facciamo un proponimento fermo, alla perfezione particolare dell'Ubbi­dienza.
Fate in modo che i Superiori debbano misurare le parole, come a S. Al­fonso Rodriguez, che domandandogli il Superiore se sarebbe andato volentieri nelle Indie, e rispondendo egli, il Superiore senza badarci gli disse che andas­se, ed egli senz'altro via... e lo trovarono poi alla spiaggia che aspettava la na­ve,... e si è fatto santo.
Fate così: l'ubbidienza contiene tutte le altre virtù, in certi Istituti si fa so­lo il voto d'ubbidienza. Finché dura questo spirito si va bene . In Africa se non si è ubbidienti, oh, quanti inconvenienti! Il Superiore qui, il superiore là, guai!...
Ubbidienza d'intelletto, se no guazzabuglio. Uno la sua strada, un altro per la sua, no! "Obedite praepositis vestris".
Pei Convittori alla fine dell'anno van via, e mi sento sollevato, prego per loro, ma non sono più responsabile; invece durante l'anno, una parola di qui, un'altra di là... incumbit necessitas! Farebbe più piacere pensare a se stesso; invece no. Li c'era uno che lavorava i capelli. Il Direttore gli ha detto che non andava bene, ma non ne fu nulla. Allora l'ho chiamato e: "O che ti tagli i ca­pelli di quest'oggi o parti". Qui non si fa questo... Ma si è subito tagliato i ca­pelli. Qualche volta è necessario.
giuseppeallamano.consolata.org