COSTITUZIONI: I MEMBRI DELL'ISTITUTO

 18 gennaio 1914
Quad. IX, 19-21
Capo II: Sui membri dell'Istituto
(18 Genn. 1914)
L'Istituto comprende due classi di membri: sacerdoti o chierici —:
laici o coadiutori, destinati principalmente ai lavori manuali.-
Anticamente gli Ordini Religiosi costituivano una sola famiglia, senza diversità di soggetti, i quali tutti lavoravano secondo le proprie forze ai lavori manuali ed intellettuali. Così i Benedettini. Solo nel sec. XI S. Giovanni Gualberto sulla regola Benedettina divise i monaci in due classi: i dedicati all'Officio Divino, e quelli dati ai lavori manuali. Prevalse in seguito questo sistema, specialmente perché vennero una parte ordinati sacerdoti. Sono di una sola classe i fratelli delle Scuole Cr. ed i Moristi. Quindi i Religiosi professi ed i fratelli conversi, le suo­re coriste o velate e le converse o coadiutrici. - A quelli soli spetta il go­verno e la direzione. Le Suore date alla vita contemplativa si divisero per lo più in due classi, ed anche varie dedite alla vita attiva dell'inse­gnamento; mentre invece molte occupate nelle opere di carità formaro­no e formano una sola classe. Es. le figlie e Suore della Carità; le figlie di S. Giuseppe. Vi furono anche Congregazioni di tre classi e quattro, come di coriste, piccole suore e converse; ma non vennero da Roma ap­provate (V. Battandier p. 68). - Sono però ammesse alcune figlie per le commissioni nei monasteri claustrali, es. le Terriere nella Visitazione, le quali partecipano con qualche voto della comunità.
Le semplici Congregazioni di voti semplici non possono aggregarsi Terz'Ordini propriamente detti; né i loro membri ascriversi a qualche Terz'Ordine, come di S. Francesco (Normae e Decr. Congr. Ind. 25 Giugno 1837 presso Battandier).
Possono peraltro partecipare alle semplici Compagnie, come del Carmino, dell'Abitino Ceruleo, dell'Addolorata ecc.
Il nostro Istituto comprende due Classi.
1. I Sacerdoti. L'Istituto confida molto nella vocazione di sacerdo­ti; e già molti ne vennero e costituirono le prime fondazioni. Costoro terminati gli studii teologici, od anche fatte le prime prove nel S. Mini­stero, vedendo più che sufficiente il loro numero per la cura delle anime nei nostri paesi, pel desiderio di salvare maggiori anime, per cui si sono fatti sacerdoti, generosamente sacrificano l'acquistata quiete del termi­ne degli studii, e talora una già acquistata posizione per correre a salva­re tante anime che ancora giaciono nelle tenebre dell'infedeltà, per cui N.S. Gesù Cristo è pure morto... Es. Arciv. d'Alasca.
Siano essi i benvenuti, e beati i loro pedes evangelizzantium... Il Signore saprà ben ricompensarli di quanto lasciano per la di Lui gloria, in questa terra con abbondanza di frutti e poi in Paradiso colla corona degli Apostoli. - Tale fu il B. Pietro Chanel, che fu V. Curato e Parroco prima di farsi religioso- missionario.
Lo zelo che muove codesti zelanti sacerdoti a battere alle porte del nostro Istituto dia loro coraggio a sostenere i piccoli sacrifizii della vita comune per informarsi al vero spirito dell'Istituto, senza del quale sa­ranno forse buoni sacerdoti, ma non ottimi religiosi-missionarii; e non potranno assaporare le gioje di chi serve a Dio con generosità fino al to­tale sacrifizio di tutto se stesso.
2. I Chierici, lasciatemelo dire, sono la porzione eletta del nostro Istituto, e la maggior speranza; sia che vengano dal nostro Piccolo Se­minario come da altri Collegi o Seminarii. Loro sono specialmente di­rette le cure di Casa-Madre. Felici loro, se si lasceranno dai Superiori plasmare nel vero nostro spirito; spogliandosi dello spirito mondano ed umano, da ogni vizio per acquistare gli abiti delle virtù sacedotali, reli­giose ed apostoliche; ed insieme ben apprenderanno le scienze e le arti, necessarie od utili nelle Missioni. - Se corrisponderanno ogni giorno beati essi: sembreranno a quelle piante poste sulle rive delle acque che ... Beatus vir...
3. I laici o coadiutori, se sono utili in tutte le Religioni, sono indi­spensabili nelle Missioni. Eppure il loro numero è generalmente scarso per la poca conoscenza che vi ha nel mondo del loro sublime stato e del bene che possono fare. Essi sono veri ausiliari e coadiutori dei sacerdo­ti, talora li eguagliano nel fare i catechismi, dare battesimi, ed anche
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possono superarli nel fare il bene col buon esempio, perché lavorando insieme coi neri fanno amare la S. Religione che vedono risplendere nella pratica della pietà, pazienza e carità.- Dessi con minori responsa­bilità dei sacerdoti vivono una vita di pace, e si accumulano molti men­ti pel Paradiso.
Ma per ben corrispondere alle speranze dei Superiori debbono: 1) stimare ed amare lo stato di coadiutore. Es. Laynes, S. Valerico, Alano (V. Infra). 2) Buon fondo di umiltà ed obbedienza, e di amore alla fati­ca. S. Franc. d'Ass. «Frate Mosca». 3. Le Costituzioni aggiungono principalmente, perché anch'essi devono studiare quanto la Comunità vuole, di catechismi e lingue per essere più utili in Missione (Vedi II Coadiutore perfetto di P. Gonzales).
P.P. Albertone, quad. V, 199-206
18 Gennaio 1914
(Dopo la Conferenza inglese)
San Paolo è sempre San Paolo! Unum corpus, molte membra, anche a quel tempo là, è tanto difficile dare la vita per un altro.
Diciamo qualche parola sul secondo Capo [delle Costituzioni]: Membri dell'Istituto. Due classi di membri: 1° Sacerdoti e Chierici, 2° laici. I primi principalmente per gli studi, gli altri principalmente pei lavori manuali.
Anticamente si formava una sola classe, perché come nella Tebaide, non vi erano Sacerdoti, era difficile che vi fosse un Sacerdote; ma col tempo vi fu­rono di quelli che si ordinarono; ma stavano d'ordinare fino a che non c'era necessità. Come vuole il Concilio di Trento: «Nessuno si ordini senza necessi­tà». Così anticamente i veri Religiosi erano di una sola classe.
San Giovanni Garberto [ = Gualberto] stabilì la riforma in due classi: Sa­cerdoti, e laici pei lavori manuali. Dopo vennero gli Istituti con due classi o tre od anche quattro.
Le Suore coriste, converse, piccole suore..., in un altro Istituto si vollero quattro gradi, ma la Santa Sede non approvò e volle uno o due classi. I Maristi, una sola classe; i Fratelli una sola classe; e viene di natura una classe per i Sacerdoti. Nelle suore due classi; si possono aggiungere le «terriere», quasi serve. Così alla Visitazione tre classi: Coriste, Interne e Torriere. Le ultime non hanno il voto di povertà e lo fanno quando muoiono e se quando l'hanno fatto non muoiono stanno poi entro.
La Chiesa approva pure quelle di una classe. Le Giuseppine due classi:
coriste e converse. Quelle di Rivalta una sola. Più di due no! eccetto le terrie­re.
Può aversi il terzo ordine? Questo non è approvato dalla Chiesa, che di regola non lo approva per Congregazioni di voti semplici, non ne hanno il di­ritto; è riservato ai veri voti religiosi: Domenicani, Serviti, Francescani ecc. ecc.
Ora noi, o qualunque membro di Congregazione possiamo far parte ad un terzo ordine? Non si può. La Congregazione delle indulgenze ha detto: Ne­gative.
Questo poi pei terz'ordini, non per la Compagnia, Carmelo, Addolorata. Si può, non sono terzi ordini. Ecco dunque, secondo lo spirito della Chiesa due classi o una. Ora noi la prima dei Sacerdoti e Chierici.
E cominciamo dai Sacerdoti. Se non venivano Sacerdoti già fatti dove eravamo adesso? Siano i benvenuti nella nostra Congregazione. Il Beato Chanel era parroco e domandava di entrare in una Congregazione ed il suo Vesco­vo non voleva, Mons. Devy, anche un sant'uomo non voleva, cioè non voleva che andasse sparso, ma si legasse. Ed egli si preparava e si cuciva già le vesti da sé, e finalmente potè andare e si legò.
Adunque, ben venuti parroci, vicecurati, sacerdoti fatti, sono membri preziosi. Dopo che hanno studiato: «finis studiorum, finis laborum» - non vo­glio far l'elogio, ma è una prova ben forte di zelo e d'amore della salute delle anime. Se in Torino mancassero uno o due è niente, in Africa invece... Quei là pensano di non essersi fatti preti per passare tutta la settimana con le mani in mano. Qui non c'è deficienza e sono molto da lodarsi quelli che sacrificano la loro quiete per le Missioni.
Ed il Signore darà un gran premio anche qui, anche per i parenti che fan­no studiare ecc. e poi fanno il sacrifizio. - Ho già sentito, ma questo è un sacrifizio che il Signore compensa poi bene.
Ma certo essi debbono nel loro zelo avere il coraggio di ritornare in Semi­nario. Io certo dopo 14 anni di Seminario ho pianto, ma certo non tutti pensa­vano così, e per lo più si desidera... Ma ogni Istituto ha il suo carattere parti­colare. Non c'è Istituto simile all'altro, e perciò bisogna informarsi ed essere membro vivo, che non si dica: «è un buon parroco, ma non Missionario della Consolata». Alcuni quando vengono dicono: «Quanto dovrò stare? Partirò presto?» — «Ma, bisogna che c'intendiamo!», rispondo. Bisogna pigliare lo spirito. Si, può essere santo Sacerdote, ma non avere lo spirito della Casa.
Questo è pei Sacerdoti che saranno sempre una porzione particolare dell'Istituto.
Così il Massaia, che aveva già esercitato il ministero ebbe il coraggio di la­sciare tutto.
Ed i Chierici? Lasciatemelo dire: Sono la porzione eletta dell'Istituto. Sia quei che vengono dal Collegio, sia quei che vengono di fuori, sono quelli su cui si fondano le speranze dell'Istituto, e a tal fine devono essere cera nelle mani dei Superiori, lasciarsi formare, lavoro, studio ecc. ecc.; si deve arrivare ai voti, all'ordinazione, ad essere Missionari formati. Quel Chierico che dopo anni non riesce è colpevole. Ci vuole così poco!
Non essere di quelli che sono sempre gli stessi. Ma grazie a Dio non è così. Tutto serve, vedete; lasciarsi correggere, non solo col martello, ma anche coi piccoli colpi. Questo è quello che devono fare per divenire vere colonne.
Se uno è riuscito con tale misura di virtù farà del gran bene. Ci vuole vo­lontà di ferro; avere paura che ci siano pochi anni. Formarsi soprattutto a fa­miglia. In Africa si sarà pochi e ci vuole una «Lieson» membro a membro. Così non perdere tempo, così alla vigilia dell'Ordinazione, dei voti, della par­tenza essere contenti.
Ed i Coadiutori?... Mi si scrive dall'Africa: «Lei ci diceva che eravamo i suoi beniamini!». Oh, sì! Sono utili in tutti gli Istituti, indispensabili in Mis­sione. Purtroppo c'è poca conoscenza di questo stato bello nella sua umiltà. Essi sono i veri sostegni del Sacerdote ed alle volte lo uguagliano. Quanto bene possono fare con gli operai! E’ come una goccia d'olio continua; possono trat­tarli bene ecc... Mons. Perlo scrive: che l'opera del Coadiutore... è come il Medico, alle volte può fare più il medico presso gli ammalati che il Sacerdote:
pare uno sproposito, eppure si! Il medico può dire: «Eh, via la Confessione non ha mai fatto morire nessuno!». Alla volte una parola del medico vale più.
Quanti meriti si fanno i Coadiutori nella loro umiltà! San Francesco di Sales diceva che avrebbe più volentieri scopato che portato la responsabilità. Ed essi la responsabilità non l'hanno. Il Sacerdote ha la Messa, il Breviario, il Coadiutore non ha che da obbedire. Il Coadiutore deve amare e stimare lo sta­to suo. Guai se uno dicesse: «Oh, sei solo un Coadiutore!».
Una volta l'Avv.to Marchisio ha udito una Suora del Cottolengo a dire ad un'altra: «Quella è solo una Martana!» - «Come?» disse, «solo una Martana? Non siete neppure degne di baciare loro i piedi! Fanno sacrifizi tutto il dì, in cucina, intorno ai malati, ai morti, ecc.», e questo bravo avvocato dal pul­pito le ha toccate per bene.
E molto più facile per i Coadiutori farsi santi; tanti santi non han voluto celebrar la Messa! San Francesco d'Assisi, e così tanti altri.
Adunque: 1° Stimare il loro stato ed amarlo; — sentirsi felici del loro sta­to. Il Padre Lainez, teologo più insigne del Concilio di Trento ha domandato in grazia di poter essere trattato da Coadiutore.
È così il fatto di quel famoso teologo Alano, per farsi santo e fuggire è andato al Convento dei Cistercensi, e l'hanno messo a custodire i porci. Av­venne che il Generale andò a Roma a un concilio contro un eretico e fu fatta dall'eretico un'obiezione difficile e si era inquieti a rispondere. E questo Ala­no si sentì ispirato a rispondere e ha sciolto così bene l'obiezione che l'altro gli ha detto: «O che sei Alano o che sei il diavolo!». Allora egli disse: «Sì, sono Alano» e poi è tornato a fare lo stalliere fino alla fine della vita.
Dunque: 1° Essere stabili, costanti, non avere velleità nella testa: fermez­za e non lasciarsi pigliare dallo spavento.
2° Umiltà e Ubbidienza. Non è splendente il posto pure deve amarlo e amarlo nell'Ubbidienza. Questi sono i loro caratteri. Umiltà, Pietà e amore al­la fatica. Umiltà nelle cose, lavori umili; Pietà soda altrimenti nei pericoli si cade, e poi amore alla fatica. Certa gente fanno come si fa fuori: dieci minuti prima si comincia a far più niente. Non aver paura di prendere il lavoro degli altri. San Francesco d'Assisi diceva che quel Coadiutore che era un po' molle era da paragonarsi alla mosca, frate mosca, che vive a spese degli altri. Ne aveva uno che cercava di scappare la fatica e lo chiamava frate mosca. E tutti così. Essere penetrati della vocazione, amarla, essere felici e allora si sarà co­me Sant'Alfonso Rodriguez (ve ne sono due: 1° è lo scrittore ma non è neppur venerabile) e l'altro vedovo portinaio, Beato e Santo Alfonso.
Che non arrivi così: che essi siano tutti sopra di noi. E così dicevo a certe converse: Restate tranquille; ora lavorate a servire, lassù serviamo poi voi.
C'è posto per tutti, e c'è la varietà di farci santi. - Dunque: vengano voca­zioni di parroci, sacerdoti, ce n'é uno di buon spirito che vuole venire. Poi chierici dal collegio e fuori, di qua e di là, da Mondovì, scuole Apostoliche, quel buon Direttore, ma... e poi coadiutori attivi.
Desiderio di andare in Africa è buono, ma bisogna formarsi. Una Supe­riora di Religiose diceva che vi sono due vocazioni: la Vocazione e la chiama­ta... così diceva la Superiora di un Istituto claustrale ad una conversa: «Ha la vocazione ma non ha ancora la chiamata». (Vedremo poi se diceva bene!?).
Noi guardiamo se abbiamo già il fagotto preparato. Gli Angeli del Kaffa e del Kikuyu sospirano davanti a Dio che si vada, ma le cose bisogna farle con prudenza divina... ed anche umana.
giuseppeallamano.consolata.org