UMILTÀ : SEGUE COMMENTO AL DECRETO

15 marzo 1914
Quad. IX, 24- 25
Dell'Umiltà
Il Decreto vuole umiltà esterna ed interna del cuore. L'esterna è propria dei religiosi che rinunciarono al mondo ed alle sue vanità per vestire i poveri abiti della religione, ed essere come ludibrio dei figli del secolo, ad imitazione di Gesù. Ma principale è l'interna, senza cui la esterna non sarebbe virtù, ma apparenza e forse vanità.
L'umiltà è il fondamento delle virtù, e prima di tutte in quanto ex-pellit superbiam, cui Deus resistit, et reddit hominem atto a ricevere l'influsso della grazia divina (S. Tomm.).
Il B. Alberto Magno: Quum ad veram humilitatem inducat frequens in despectis exercitatio, numquam ad eam perveniet qui opera humilitatis refugit.
Fortunati quindi i missionarii e specialmente i laici, i quali hanno continua opportunità di esercitarla ed accrescerla in se stessi.
P.P. Albertone, quad. V, 230-235
15 Marzo 1914
(Dopo la conferenza inglese)
Sono epistole d'oro! bisognerebbe saperle tutte a memoria; e bisognereb­be sapere tutti i libri sapienziali, sono molto belli...
Quest'oggi avevamo interrotto quell'argomento sull'umiltà, e nella mes­sa diceva: Vota humilium respice! Humilium, degli umili, non dei superbi, e certamente sono solo le preghiere degli umili che penetrano le nubi, quelle dei superbi non vanno in Paradiso. Vedete la preghiera del fariseo, e del pubblica­no. Uno ritornò giustificato, e l'altro ritornò con un peccato di più.
Se uno si crede ricco, si crede di non aver bisogno, certo non ottiene nul­la; il tono stesso indispone. Il Signore invece che non ha bisogno guarda se c'è dell'umiltà nella preghiera. Ma non è il caso di fermarsi; piuttosto esaminia­mo se abbiamo quest'umiltà. E certo la superbia muore solo con noi. E quan­do pensiamo di essere umili, ahi! io temo! non lo siamo ancora. Ma vediamo l'umiltà praticata da N. Signore, nei pensieri, nelle parole, nelle opere ecc...
Nelle parole. - Quando aveva finito di spiegare la sua dottrina e tutte le turbe meravigliate, diceva forse: questa dottrina è mia? No, non est mea, sed ejus qui misit me. Poteva anche dire che era sua, e non diceva la bugia, pure no, e tuttavia non diceva la bugia se considerava se stesso in quanto uomo. Era del suo Eterno Padre ed anche sua. Pure, dicendo la verità, la diceva nel modo meno favorevole a se stesso. Quando gli dicevano: Magister bone! Ep­pure lui rivolgeva tutto al suo Eterno Padre, quantunque fosse anche lui Dio. E poi nella S. Scrittura Egli si chiama sempre Figlio dell'uomo. Quantunque fossero due verità, ed Egli fosse figlio dell'uomo e figlio di Dio, egli lasciava la più nobile, e, sempre nei limiti della verità pigliava la più umile. Guardiamo, alle volte noi che cerchiamo d'ingrandire, anche con un tono magistrale, e poi, massime, se ci contraddicessero; e alle volte anche persuasi di non aver ragio­ne insistiamo tanto per non cedere. E poi, quando crediamo di sapere qualche cosa che un altro non sa. Come è avvenuto a S. Tommaso, che i suoi compa­gni volevano insegnargli e lui umile accetta tutto, e poi...
Massime che molti avete fatto il proponimento sull'umiltà, perché per lo più, quando uno non sa su che cosa farlo, lo faccia sull'umiltà, che non sba­glia mai.
Dunque guardiamo le nostre parole, alle volte si vuol predominare, i San­ti non facevano così, o non parlavano di per sé per umiliarsi o ne parlavano impersonalmente. Non dobbiamo fare silenzio sempre, ma che nelle nostre parole non ci sia che carità ed umiltà.
E nei fatti? Exinanivit semetipsum. Ha sempre tenuta la vita più meschi­na, e quando Gesù faceva miracoli e guarigioni raccomandava il silenzio. L'indemoniato ai piedi del monte, Egli dopo averlo guarito ha proibito che ne parlassero fin dopo la sua morte. Non ha mai paura come uomo di umiliarsi, e non poteva fare di più. E noi? Cerchiamo di essere umili? Soli [Deo] omnis honor et gloria, mihi confusio! perché inquietarsi, perché non ho fatto bene un lavoro, non ho studiato bene la lezione? ecc.? Si è fatto come si è potuto: sia che ci sia torto, sia che non ci sia, dobbiamo consegnarci, e poi non scorag­giarci, neppure dei peccati; siamo solo capaci di fare peccati; senza N. Signore non siamo buoni a niente, neppure una parola buona, nisi in spiritu sancto. C'è da stupirci che non ne facciamo di più! e ringraziamo il Signore! Dunque la gloria di Dio, e non cercar altro: succedano bene le cose, o non succedano bene. Un missionario fa tanto bene in missione ed un altro invece lavora qui ecc. non scoraggiarsi, non avrà fatto tante cose, ma avrà fatto la volontà di Dio: essere contenti di non essere tanto amati dai superiori, anche fosse vero, tanto quanto un altro, di non avere tanto ingegno... Quando sarete in Africa e vedrete che mettono quel tale superiore e voi... che disdoro! che figura! alle volte si perde la bussola, ed il superiore deve poi avere mille riguardi, mentre io vorrei che si cambiasse anche senza motivo. S. Pietro Claver aveva già stu­diato teologia, e poi ha domandato di fare il fratello coadiutore, rinunciava e faceva istanze per rinunziare anche alla gloria del Sacerdozio. Non hanno ade­rito i superiori, ma il Signore che ha veduto tanta umiltà l'ha sollevato talmen­te che è diventato apostolo.
Bisogna proprio che facciamo al contrario del mondo che cerca d'innal­zarsi; non lasciare il bene per paura di essere lodati, non guastare la predica perché è bella, ma fare come S. Bernardo: quando c'era il diavolo che gli dice­va: «Ah! come predichi bene!» — «Sì, predicherò ancor meglio, ma non per te». Ma sono gli umili che fanno le cose grandi; esaminate la volontà di Dio e poi avanti! E lui che fa. S. Francesco di Sales desiderava di morire per mano del carnefice e di essere calunniato, e che lo stesso carnefice si vergognasse di lui. Andava a quel punto: direte: «sono esagerazioni!». No, non sono esagera­zioni: discite a me quia mitis sum et humulis corde. Era come uomo intima­mente persuaso di essere basso davanti al suo Eterno Padre.
Amore, affezione all'umiltà, e quando c'è qualche ripugnanza, vincerla;
se non viene dal cuore non è più umiltà. Preghiamo il Signore che ascolta la preghiera di noi che vogliamo essere umili, e, quando ci arriva l'occasione, vinciamola; in particolare, dice quel decreto, è la prima virtù, che dopo la ci­viltà e la carità è necessaria ai coadiutori. Ah, quel Papa che diceva: «Se fossi stato portinaio di un convento non avrei tanta responsabilità». E S. Francesco da Paola diceva: «Se avessi saputo non mi sarei mai fatto Sacerdote». Vedete quanti santi coadiutori.
Il Rodriguez, non il sapiente scrittore, ma il portinaio. In punto di morte si è più tranquilli. Preghiamo N.S. massime nella Via Crucis: come si è umilia­to: usque ad mortem crucis; mai aver paura di perdere la stima.
Il predicatore di S. Giovanni parlava del rispetto umano, e diceva: «Vi sono della gente, metteteli al Club e non hanno più il coraggio di mostrarsi, e pensano tutto diverso da casa nell'albergo. A casa è vigilia, e là invece comin­ciano a guardare se fanno vigilia gli altri, se ci fosse qualcuno ma c'è il dome­stico, guardano ancora e poi comandano due bistecche. Alle volte la gente non bada neppure a lui. Avesse il coraggio, sarebbe più lodato. Ci facciamo delle impressioni, e invero nessuno si occupa di noi, chi si occupasse ci loderebbe. Tommaso Moro, Garcia Moreno, ebbene, niente mogli, figli, niente e ha det­to: «Vuoi che io cambi un'eternità con pochi giorni di vita?». Vedete, faccia­mo così. Mettiamola in pratica nelle parole e nelle azioni, ma sia di cuore, e così il Signore ci benedirà.
giuseppeallamano.consolata.org