INIZIO DELL'ANNO SCOLASTICO - SPIRITO DI PARSIMONIA

4 ottobre 1914
Quad.IX, 31
Incominciando l'anno scolastico
Abbiam detto essere necessaria la santità, e doversi con impegno attendervi subito, rimovendone gli ostacoli; ma per missionari essa non basta, è ancora necessaria la scienza, e questa secondo il fine nostro: di filosofia e Teologia, di lingue... e delle arti e mestieri. I Chierici primie­ramente quella e secondariamente questa; i coadiutori prima questa senza trascurare la prima, collo studio della dottrina cristiana ecc. Anch'essi saranno parrochi, e poi i neri poco distinguono tra sacerdoti e coadiutori, portando la stessa veste... Fine (S. Bern.) ordine e modo (V. Altrove).
P.P. Albertone, quad. VI, 1-4
4 Ottobre 1914
Un bel numero fa sempre piacere. Bene. Cominciamo l'anno proprio col proposito di farci santi; ma anche dotti, bisogna sapere. S. Francesco di Sales diceva che la Germania s'era pervertita per mancanza di scienza nei Sacerdoti. E non solo sapere quanto ai libri, ma anche pratica, arti e mestieri. I chierici prima la S. Scrittura e la Teologia, e secondariamente i lavori manuali, ed i coadiutori prima i lavori ma poi anche lo studio. Spero che sarete il meno pos­sibile disturbati e potrete impiegarlo bene; soprattutto la religione. Là in Afri­ca avrete tutti, anche voi coadiutori, una parrocchia, e vanno alla Domenica a fare il catechismo, e Carlino dice che è un bravo parroco, ora dice che ha pre­so le pulci e non ha potuto visitare la sua parrocchia, dunque vedete. L'impor­tanza di sapere anche per voi coadiutori, quando non avete da fare, studiate il catechismo; là bisogna poi saper rispondere alle obbiezioni, e ce n'è per tutti: voi avrete una parrocchia più modesta, ma pure grande importanza, non solo pel dilettevole, ma anche per l'utile. Voi siete più a mano di loro coi neri; essi non sanno se uno dice Messa o no, dunque studiare.
E parlando ai chierici: l'anno scorso qualche Professore s'è lamentato di qualche rallentamento nello studio, e avevate meno lavori manuali. Vedete, più c'è sacrifizio da fare e più si fa. In tempo di studio fare silenzio, gli studen­ti dicono: Ma i chierici parlano! State attenti in tutto. Se si potesse passare senza essere visti, ma siccome hanno occhi da lince e sentono bene, dare buon esempio; affinché non dicano: ora non possiamo parlare, ma parleremo. Ah, se si potesse avere una muraglia di separazione coi giovani, avviene qualche cosetta, qualche bisticcio, essi vedono, applicano... dunque io desidero che in tutti i giorni e in tutte le ore studio e lavoro. E poi dovete procurare proprio che l'insegnamento deve essere educativo; sempre qualche buon pensiero; in­segnare i poeti latini cristianamente: se Tacito ha detto così, che cosa avrebbe detto un cristiano? S. Giuseppe Calassanzio diceva ai suoi di non fare mai una scuola neppure di matematica senza farci entrare qualche cosa di Dio, senza farci entrare almeno un buon pensiero. Bisogna insegnare i pagani cristianiz­zandoli. Questo per chi insegna; e come in missione, e bisogna farlo con scru­polo.
Come si deve studiare e lavorare? Bisogna considerare il fine, l'ordine e il modo.
Per che fine studio? S. Bernardo diceva: Ci sono di quelli che studiano per sapere. Sunt qui student ut sciant. C'è una damigella che mi diceva che era andata all'Università e poi non aveva preso la laurea, ma aveva studiato mate­matica, e poi medicina, e altro e diceva: studio così, per sapere. Avrebbe potu­to studiare anche per mangiare perché ne aveva bisogno. E turpe curiosità. Turpis curiositas.
Altri per darsi d'importanza. Ah, è un buon teologo! Quasi che la laurea infondesse la scienza. Sunt qui student ut sciantur ipsi, et vanitas est.
Altri studiano per guadagnare, per vendere la scienza, et turpis quaestus est.
Altri, ut aedificent, et charitas est; è una bella carità, lo studiare per fare del bene.
Altri poi non solo per fare del bene agli altri, ma per se stessi, per edifica­re se stessi, per farsi santi. Uniamo insieme i due ultimi fini: per edificarci e per edificare. È lo scopo dei nostri studi e lavori, serve per fare del bene. In su­dore vultus tui vesceris panem; l'obbligo che c'è di lavorare, e perciò anche i trappisti ecc. hanno i lavori manuali. Prima per santificare dunque noi e poi per santificare gli altri. E voi coadiutori anche. Sapete come scriveva P. Bene­detto, lui si credeva di andare là a predicare e battezzare e avanti; e poi invece ha veduto che si fa poco per volta e non bisogna credere che sia tanto facile. Istruzione adunque, e poi il fine per cui lavoriamo che sia di santificarci e di santificare gli altri.
Che cosa dobbiamo studiare?
L'ordine che vi danno i superiori. Vi sono di quelli che vogliono sempre studiare altro. Basta studiare ciò che l'ubbidienza ci dà da studiare: e appro­fondire bene la questione quando si tratta di morale. C'è poco tempo, bisogna che impariamo subito con vera profondità. Lì non si sbaglia, in fare ciò che i Superiori ci ordinano. Il Superiore Gen. dei Giuseppini, P. Reffo, un uomo... tanti schiarimenti li piglio di lì; ebbene loro non danno la Messa che a 26 anni. Prima tre anni di filosofia e poi tre di scolastica e poi teologia, e questa va fino ai 25 anni e poi la Messa. E ci sono di quelli di voi che vogliono andare tanto presto in Africa. Non dico che sia cattivo il desiderio, ma prima bisogna stu­diare e studiare secondo che il superiore vuole.
Modo. - Bisogna studiare alla presenza di Dio. Il Signore poi benedice tutte le altre cosette e l'anno comincerà bene. Il Signore mette un Cherubino per la scienza, e un Serafino per la carità: che siano i protettori di questa casa. Come alla Consolata, un Serafino per il Santuario e un Cherubino pel Convitto. Siamo nel mese degli Angeli Custodi. Tutte le comunità hanno un Ange­lo particolare, ed io dico che noi ne abbiamo due, uno per la pietà e l'altro per lo studio. Dunque, dobbiamo essere divoti dell'Angelo Custode, per noi e per tutti quelli che non si curano dell'Angelo Custode. Un moribondo, lo confida­vo a sperare e a confidare nella protezione del suo Angelo Custode, e mi dice­va: «Ma ... l'ho sempre dimenticato...». Quel poveretto sarebbe stato conten­to di poter dire: «sono sempre stato divoto...».
Adesso sentiamo una lettera... (Una lettera d'Africa che diede agio alle considerazioni che seguono).
Ubbidienza tanquam Domino. E facile ubbidire al Papa, al Vescovo, ma ubbidire al Parroco...
Una cosa poi, è quello spirito di interesse e della casa e di parsimonia; vi­vendo della carità pubblica bisogna essere contenti del puro necessario e in questi tempi poi ci sono tanti disoccupati. Non c'è più lavoro e con questa guerra tutto aumenta e non aumentano i soldi.
Le offerte del periodico è un miracolo! e temo sempre che le offerte un giorno o l'altro non diminuiscano. Solo poco tempo fa due parroci vengono a lamentarsi che non possono più tenere il Vicecurato che non han più offerte. E un vescovo che mi diceva che non c'è più denaro. Non dico mica che non man­giate, ma la cura, quelle piccole attenzioni. A S. Ignazio s'è rotta molta roba. Sono le suore per lo più, e l'ho già detto anche a loro, ma quelle piccole cosette, quelle piccole attenzioni in tutto come se fosse roba mia... vorrei che si fa­cesse un po' di esame.
I provveditori ecc... state attenti per risparmiare, certa gente portano così male scarpe, e vesti, vorrei che ci fosse un po' più di attenzione: in necessariis, il Signore non deest, lo sapete, ma in superfluis non abundat. Se sapeste quan­te spese bisogna fare! Un pezzettino di carta, ecc., è lo studio di tutti che vor­rei. Meglio che si può per non logorare, se una volta, tanto più adesso. D. Dolza può dirlo quanti mila lire per pagare le note! Una volta bastava il pro­vento del mio canonicato, poi quello del Vice Rettore, ora non basta neppure pel pane! Ciò che è necessario sì, ma ciò che si può risparmiare, si procuri...
giuseppeallamano.consolata.org