UMILTÀ

13 dicembre 1914
Quad.IX, 40
(13 Dic. 1914) Sull'umiltà. 3ª
Vista l'importanza e necessità, specialmente per noi, della virtù dell'umiltà, ed in che desso veramente consista, parliamo dei mezzi per acquistarla, conservarla e perfezionare in noi. Tenete bene a mente che in tanto diverrete santi e salverete anime in quanto sarete più umili. Di­ce lo Scupoli che la SS. Vergine fu fatta così grande perché fu la più umile creatura; e se si trovasse qualcuno umile com'Essa, il Signore lo farebbe grande come la Madonna: respexit humilitatem ancillae suae... exaltavit humiles — ecce ancilla Domini... Di regola il Signore non si serve dei superbi per fare cose grandi, specialmente nella conversione delle anime. Il Signore è geloso della sua gloria e non vuole che gliela rapiscano... Adunque veniamo ai mezzi. Questi sono generali, comuni anche alle altre virtù, e speciali per l'umiltà. Generali sono la medita­zione e l'esame del nostro nulla e meno di nulla, ma continua e profon­da, e ciò agli occhi della fede perché la grazia di Dio ci faccia amare la nostra miseria. Quindi domandarla sovente a N. Signore, specialmente nella S. Comunione: Domine non sum dignus... e nella Visita al SS. S. -Ma notate di non domandare in astratto la virtù dell'umiltà, ma questa conoscenza intima di noi medesimi, che ci porti all'affetto della virtù, dell'umiliazione. Pensiamo sovente ai detti ed esempi datici da N.S.G.C, nella sua vita mortale e tuttora,nel SS. Sacramento e nella Chiesa. Discite a me... Solamente Gesù fu veramente umile, che volon­tariamente sostenne... Virtus Christi è detta. Così leggiamo i libri asce­tici che ne trattano ex-professo, es. Rodriguez e da Bergamo, e gli esempi che ne diedero tutti i Santi. Es. S. Franc. d'Ass. che si reputava veramente un gran peccatore; S. Paolo...
Particolari. L'umiltà, dice un autore, non è una virtù infusa, e per solito, non si dona, ma si ottiene colla nostra cooperazione. I mezzi particolari si distinguono in interni ed esterni. I  primi consistono nel formare in noi con atti l'abito della virtù. Ci aiutano i detti scritturali ripetuti lungo il giorno: Substantia mea tanquam nihilum ante te. - Ego egenus et pauper sum. - Ego vir videns paupertatem meam.
Gli esterni che procedono da ciò che sentiamo internamente, che secondo S. Bern. sono effetti ed indizii dell'umiltà interna, ed anche ca­gione perché l'aumentano: humiliatio est via ad humilitatem; si virtu-tem appetis humilitatis, viam non refugias humiliationis; - Si vis hum. ama hum.
Lo dice bene S. Tomm.: ex interiori dispositione humilitatis proce-dunt quaedam exteriora signa in verbis, et factis, et gestibus, quibus id quod intrinsecus latet, manifestatur (Scar. p. 360 - 67). Paragr. il Culto int. - esterno.
P.P. Albertone, quad. VI, 25-30
13 Dicembre
Iermattina sono venuti alla Consolata tante società di giovani, vi erano 32 bandiere; è già il sesto Sabato, ed è il P. Righini che lo fa. Si fa un po' di carità verso gli altri. Un milione di morti certo si ha già. Quel bravo predicatore si è dimenticato di parlare di S. Valerico, ha parlato tanto della Madonna; e pote­va dire: «Si raccomandavano [ = si raccomandino] anche a S. Valerico, di cui si celebra la festa». Non solo alla Madonna: «In te speraverunt patres nostri», sì, ma S. Valerico è anche uno speciale patrono della città di Torino, e alla Consolata c'è l'altare.
I predicatori alle volte fanno un po' come i poeti. Ha parlato dei benefizi della guerra. Ed è così davvero. Il Signore cava il bene dal male. S. Bernardo prometteva la conquista di terra santa, e la prometteva con dei miracoli, e poi invece tutto fu perso. E allora lui si lagnava col Signore, e in quel libro delle considerazioni porta degli argomenti per scusa dicendo che tanti che morreb­bero male, e invece muoiono bene. Se fossero morti nelle loro case; molti no, non sarebbero morti troppo bene, e invece per la massima parte prima di partire ricevettero i sacramenti e poi erano assistiti da tanti sacerdoti, e da più di 8000 suore; quando c'è il pericolo la fede si ravviva. Tanti dicono: «Ma come mai N. Signore permette una cosa così...» e invece non considerano che è un vero benefizio. Il Signore li ha scossi, e se il governo non si è ancora sentito il bisogno di farsi un po' cattolico, ma il popolo si, le Chiese sono affollate. E poi tutto il bene che si fa ora qui e che non si farebbe se non ci fosse la guerra. Ci vuole uno spirito di fede. Non vuol dire che noi vogliamo la guerra, ma po­sto che la guerra è venuta, il Signore sa cavarne il nostro bene e la sua gloria; e se ne è cavato e se ne cava ancora. Oramai anche gli increduli lo capiscono che questo è un castigo di Dio. Così partecipate anche voi alle preghiere. Il S. Pa­dre desidera che almeno si faccia un po' di tregua in questo giorno di Natale, ed ha fatto domande per vedere se c'era possibilità di essere esaudito da parte dei governi: una parte sarebbe disposta, ma l'altra no. Se si facesse la tregua certo bisognerebbe che si impedisse di procurarsi mezzi maggiori per la guer­ra. Questo sia per pregare, e ringraziare il Signore che almeno ci dà la neutrali­tà; noi non siamo più buoni di quegli altri. Tuttavia cominciano ad aumentare le imposte, devono tenersi pronti: Si vis pacem; para bellum, resta una pace armata. È una faccenda seria le cose come vanno; gli inglesi hanno fermato cinque navi italiane che venivano dall'America piene di grano per paura che si mandasse in Germania. E noi quest'anno ne abbiamo bisogno perché il grano promette poco. Oh, certo, conturbatae sunt gentes et inclinata sunt regna. Preghiamo che si faccia la pace. Si è mai visto una cosa così generale; ed ora hanno cominciato anche i Turchi. Card. Gotti mi diceva: «Non sappiamo co­me mandare i denari in terra santa». Il Signore ha riguardo alla preghiera di pochi, per risparmiare tutti. Sapete di Sodoma e di Gomorra: sarebbero basta­ti pochi. Dobbiamo essere sempre più vivi nelle cose di pietà e nei nostri dove­ri. Dobbiamo scuoterci e corrisponder meglio. E chissà che qualche monachel­la non sia quella che pesi di più sulla bilancia di Dio per Ottenere la pace. Guardiamo di essere noi quella monachella che tenga lontana da noi la guerra. Perché anche noi non siamo fuori di pericolo. Così la Turchia è un po' contro l'Italia perché un Console inglese si è rifugiato nelle nostre terre nel Mar Ros­so; ed essa non può venire a prenderlo, e questo può essere un casus belli. Non ci mancherebbe che quella. Ma noi non abbiamo bisogno che di pregare stante che il Papa ci esorta tanto a farlo, e poi essere diligenti affinché il Signore vista la buona volontà ci dia la pace.
E veniamo ora a noi. Abbiamo visto che cosa sia l'umiltà; vediamo ora come fare ad ottenere l'umiltà. Certamente dobbiamo pregare, preghiera do­po la santa comunione e nella visita al SS. Sacramento. Ma non solo doman­dare l'umiltà in genere, ma domandare i costitutivi dell'umiltà. Domandare di poter penetrare in noi stessi, poter vedere ciò che siamo ed il nostro nulla; la nostra miseria per essere persuasi internamente del nostro nulla. E poi essere contenti del nostro nulla. Se non si viene a questo dettaglio non se ne conosce il bisogno ed il Signore non ci dà l'umiltà, e così siamo sempre superbi. Non dico quando si tratta solo di tentazioni; potremo avere tentazioni sino alla morte, ma ci dobbiamo vincere. S. Francesco d'Assisi si riputava il più gran peccatore; egli misurava le grazie ricevute da Dio e la sua corrispondenza, e poi qualche peccatuccio l'avrà certo commesso, almeno nella sua gioventù, e deve bastare un peccatuccio per farci abbassare la testa; perché è l'offesa di un Dio infinito, e se si trattasse anche di far salire in Paradiso tutte le anime del Purgatorio non potremmo mai dire il più piccolo peccatuccio. Non è una esa­gerazione, queste anime erano persuase del loro nulla.
Domandiamo al Signore due cose:
1° La cognizione di noi stessi, l'amore al nostro nulla ed il desiderio che venga conosciuto.
2° Meditare sulla virtù dell'umiltà e sui mezzi per combattere la superbia e specialmente sui mezzi che ci sono dati dagli esempi e i detti di N. Signore Gesù e dei santi. I santi dicono che l'umiltà è una virtù propria di N.S. Gesù Cristo. Noi per quanto facciamo non facciamo mai abbastanza. Gesù invece si è fatto il verme della terra ed a voluto essere imitato in questo da noi: Impara­te da me che sono mansueto ed umile di cuore. Quand'egli si è fatto bambino l'ha fatto di cuore per amore solamente. Oh, si, pensiamo sovente ai suoi detti ed esempi e così quando leggete le vite dei santi tenete a mente questo; e poi quando si tratta di leggere libri, leggete quelli che parlano più ex professo di questa virtù. Bisogna leggere ed amplificare e farne materia di esame. Quando non sapete su che cosa fare l'esame, non si sbaglia mai se lo fate sulla super­bia.
3° Oltre la preghiera e la meditazione, in particolare dice un autore, il Si­gnore non concede mai questa grazia senza la nostra cooperazione. Non è per solito una grazia gratis data: non si dona, si ottiene per solito colla nostra coo­perazione. Bisogna cercare di praticare questa virtù, e si acquista ex repetitis actibus, a forza di battere, di battere, con atti interni ed esterni.
Quando siamo davanti a Gesù Sacramentato, ripetiamo quelle giaculato­rie di questo genere: Substantia mea tanquam nihilum ante te. Ego servus tuus et filius ancillae tuae. Ripetere queste cose che ci aiutano ad andare avanti. Di­ciamolo al Signore: O Signore, se il mio niente servisse a darti gloria vorrei es­sere proprio niente. E ripeterlo: Sono un niente, ma sono proprio contento del mio niente. Sono il vostro schiavo. Sì, che allora il Signore ci farà la grazia di poter conoscere il nostro nulla. Così alla meditazione della Passione di N. Si-gnore alle volte si è aridi, dice un autore, alle volte invece si sente, e vuol dire che il Signore non ci dà subito la grazia per farcela domandare. Così una volta queste espressioni saranno fredde, un'altra volta invece danno tutto. Ego vir videns paupertatem meam: servus tuus sum ego, filius ancillae tuae. Questi at­ti interni ci aiutano tanto ma ci bisognano anche gli atti esterni. S. Tommaso dice che dall'interna disposizione all'umiltà ne nascono atti esterni che si esprimono nella parola nei fatti e nei gesti. È come nel culto; il culto interno di sua natura si manifesta esternamente, e il culto esterno è un complemento dell'interno, e aiuta l'interno. E cosi dice S. Bernardo gli atti esterni sono ca­gione e effetto e indizio dell'interno. Sono cagione perché l'aiutano, e sono in­dizio perché ne sono la manifestazione; e così quando qualcuno dice che ci vuole l'interno e che basta l'interno, bisogna rispondere che quando non si vuole l'esterno non c'è neppur poi più l'interno. Bisogna far cooperare a que­sta umiltà anche il corpo. Non solo nel nostro cuore, volerla, amarla, ma an­che fare atti esterni che sono conseguenza e causa dell'interna. Si vis humilitatem, ama humiliationem. Chi scappa le piccole umiliazioni vuol dire che co­stui non ama l'umiltà. Humiliatio est via ad humilitatem, si virtutem appetis humilitatis, viam non fugias humiliationis. Non deve essere l'umiltà solo esterna, come pure gli atti di culto, sarebbe una falsità ma deve stendersi an­che all'esterno; quelli che dicono basta l'interno, no; ex interno affectu procedunt quaedam externa, in verbis, factis et gestibus.
Verbis: non parlare in nostra lode; raramente dire quello che noi abbiamo fatto. E parlare in biasimo nostro anche raramente, anche poche volte. Non cercare che dicano di noi: ha ingegno, ha preso un bel voto! Parlare in nostra lode mai: e in nostra dislode poco, poco. Alle volte uno dice che è buono a nulla e poi guai se glielo dicono gli altri. Piuttosto quando ci arriva di sentire altri a dire male di noi, stare zitti. Il Signore sa quanto ho bisogno di stima, di­ceva S. Francesco di Sales. Per lo più sono scuse di superbia, e i santi stavano zitti. E invece noi quando siamo ripresi o corretti, invece di portarci col nostro pensiero al nostro nulla ci portiamo subito al modo di scusarci. Arriva qual­che cosa ed ecco il nostro pensiero subito là, al modo di difenderci invece di pigliare occasione per umiliarsi. E degli stessi peccati, noi non siamo tanto pentiti perché sono offesa del Signore, ma perché sono una macchia, e invece, posto che non ci fosse l'offesa di Dio dovremmo essere contenti di dover rico­noscere la nostra debolezza.
Nei fatti: - Non fare nulla con superbia, e soprattutto quando arriva qual­che cosa da umiliarci pigliarlo subito con spirito di umiltà; e soprattutto quan­do si è messi in un canto. Arriva, ed il Signore lo permette per provarci, ed anche i Superiori talvolta, e non bisogna dire: «Ah, io non sono amato!». Que­sta è una malinconia di superbia, e invece dobbiamo essere contenti che i supe­riori non abbiamo tutta la stima di noi.
Gesti: — Questo riguarda tutto il nostro insieme: tenere gli occhi bassi, modesti, e tutto l'esterno che sappia di persona umile. Venendo sul tram, c'erano due suore. E una guardava di qua e di là; e col cappuccio faceva una figura che non doveva. La gente dice: «Oh, che seur! ma è una seur!? È un soldato!». Questa è modestia, ma si riferisce anche alla nostra superbia. Ci so­no di quelli che vogliono sempre dominare nella voce e nel gesto gli altri. Quel­lo che è contro la modestia è contro anche all'umiltà.
Tenete a mente: se avrete umiltà e più umiltà avrete sarete santi; se no tut­to val niente. Questo è il fondamento; se non c'è, tutto l'edificio se ne va. Pre­ghiamo il Signore che ci dia umiltà: e voi coopererete per ottenere questa vir­tù.
giuseppeallamano.consolata.org