LA VIRTÙ DELLA PAZIENZA

17 gennaio 1915
 
            Quad. X, 5-6
Sulla virtù della pazienza
(17 Gennaio 1915)
1. Premetto che la pazienza e la mansuetudine hanno dì mira la tolleranza dei mali di questa terra, colla diversità che alla prima virtù appartiene lo sgombrare dai nostri animi la tristezza che da ogni specie di mali può suscitarsi, invece tocca alla mansuetudine comprimere l'ira e impedirne la vendetta. V. esempio di S. Liduina (Scar. tr. III, p. 299-300), e meglio N.S.G.C, nella Sua Passione, che dimostrò somma pa­zienza in ogni sorta di patimenti, e mansuetudine con Giuda, che chia­ma amico; con chi lo percuote... e scusa i crocifissori.
2. La pazienza secondo S. Agostino, è quella virtù che modera la tristezza che nasce dai mali presenti, e fa che li tolleriamo con tranquil­lità e pace. Il Schouppe: animum confirmat, moderando moerores ex illis percipi solitos (V. Th. Dogm.).
3. Di tre sorta sono i mali di quaggiù: fortunae, famae, in detrimentis corporis et vitae (Schouppe); oppure gli uni puramente esterni, come perdita di roba, parenti, calunnie ecc.; gli altri riguardano il cor­po, come malattie, freddo, ecc.; i terzi sono puramente interni, come aridità, disgusti, scrupoli, ecc. (Nepveu).
4. La pazienza è utile a tutti, peccatori, tiepidi e giusti (Scar. 226-31).
È necessaria, come scrive S. Paolo agli Ebrei: patientia vobis ne­cessaria est, ut voluntatem Dei facientes, reportetis repromissionem.
5. La virtù della pazienza ha tre gradi: 1) sine murmuratione con­tro Dio; — 2) etiam sine lamentatione et quaerimoniis apud alios; — 3) cum gaudio, imo cum desiderio plura propter Deum perferendi. Gli Apostoli: ibant gaudentes... S. Paolo.: superabundo gaudio in... S. Te­resa: patire o morire, e S. Madd. de Pazzi: patire e non morire. S. Giovanni della Croce canterà: pati et contemni pro te, (Jesu). (Schouppe).
6. Mezzi per averla: 1) avvezzarsi a vincere la tristezza nelle piccole tribulazioni per formarsi l'abito della virtù; — e moderare i desideri e gli affetti. 2) Assuefarsi a riguardare i mali venienti da Dio, non dalla malizia degli uomini o da altre cause. 3) Nelle pene guardare al Croci­fisso, e fare frequenti atti di confidenza e di abbandono in Dio (Scaram. ivi, p. 256-9).
P.P. Albertone, quad. VI, 39-44
17 Gennaio.
Un grande terremoto! faccende! Più di trenta mila morti! Hanno portato a Roma vari di questi ammalati e il Papa li ha ricevuto a S. Marta. E poi il Pa­pa è andato già a trovarli due volte; è passato di (sic) S. Pietro, poi dalla Sacrestia, ed è entrato in S. Marta, che è ancora nei fabbricati del Vaticano. Ha certo fatto piacere a quei poveri ammalati di vedere in mezzo a loro il Papa.
E poi c'è la guerra; è desolante! Bisogna pregare, il Signore la manda o in penitenza o perché ci scuotiamo. Da parte di tutti bisogna pregare... Il Cardi­nale ha invitato i Torinesi a soccorrere; e noi non possiamo soccorrere col da­naro soccorriamo colla preghiera.
Ci sono ancora dei sepolti perché non hanno ancora potuto tirarli tutti fuori; e bisogna domandare al Signore che quelli che hanno da morire muoia­no rassegnati. Preghiamo perché le cose invece di diminuire pare che aumenti­no. Qualcuno dice che pare che siamo alla fine del mondo. Guerra e terremo­to. Ma non tocca a noi a vedere il fine che ha il Signore; noi tocca a prender parte al male comune e pregare: Parce, Domine, parce populo tuo! I nostri (missionari per mare) l'hanno vista un po' brutta. Avete letto? Qui c'è un'al­tra lettera di Monsignore. Leggiamole.
(Dopo la lettura delle lettere) Vedete? Non bisogna dire: Non sono buono a scrivere! tutti sono buoni se vogliono. Vedete Giuseppe, pareva che non sa­pesse, e poi ha scritto una bellissima lettera.
Due parole utili.
La pazienza. Si avvicina molto alla mansuetudine. E si dice mansuetudi­ne ciò che è pazienza e pazienza ciò che è mansuetudine. Il Schouppe ne parla molto bene, leggerete poi. Per ora diciamo solo qualche cosa. Che differenza c'è adunque tra la mansuetudine e la pazienza? Vedete: tutte e due hanno di mira la tolleranza dei mali presenti; e questo è l'oggetto di tutte e due; ma qua­le è la loro differenza? Colla pazienza si sgombra l'animo dalla tristezza che viene per le tribolazioni; colla mansuetudine invece si modera l'ira che ci viene quando abbiamo delle tribolazioni. State attenti alla diversità per sapere a dire le cose con proprietà. Che non scambiate l'una coll'altra. L'una sgombra dall'animo la tristezza che ogni sorta di mali può suscitare, e l'altra invece cal­ma l'ira che ne viene. Si racconta che S. Liduina fu trentott'anni ammalata e si santificò nelle sue sofferenze. I suoi dolori l'hanno tribolata ed essa sopportò tutto con pazienza per trentott'anni. E questa è pazienza. Alfine poi di sua vi­ta ecco che vennero alcuni soldati che l'hanno insultata e minacciata ed essa ha sopportato tutto con calma senza irritarsi. E poi morta, ecc. I maestri di spirito dicono che né (sic) nella prima cosa, nei suoi trentott'anni di sofferenza c'è la pazienza, e nel sopportare le ingiurie senza alterarsi c'è la mansuetudine, e così quando sono venuti per maltrattarla ha dimostrato mansuetudine, non lasciò scappare la bile.
N. Signore in tutto ciò che ha sofferto ha dimostrato pazienza, ha dimo­strato invece mansuetudine nel modo di trattare la gente. Quando fu schiaf­feggiato ha risposto con mansuetudine. Così ha risposto con mansuetudine al traditore chiamandolo amico. Non so se abbiate capito, ma tenete a mente questa differenza. Secondo S. Agostino adunque la pazienza è quella virtù che modera la tristezza dei mali della vita presente. E il Schouppe dice: (vedi defi­nizione nel trattato).
I mali poi della vita presente possono essere mali di fortuna, mali di fa­ma, mali di corpo. Si hanno mali di fortuna nei rovesci dei propri interessi. Si hanno invece mali di fama quando si parla di noi o ci si calunnia. Si hanno mali di corpo quando si è ammalati. Questi sono i tre mali di questa vita. Altri poi li dividono in altro modo; gli uni interni all'uomo; gli altri mali del corpo; gli altri poi sono mali solamente esterni.
Gli esterni sono perdite di beni, calunnie, ecc... Quelli del corpo sono ma­lattie, freddo ecc. I mali interni poi sono le noie, le aridità; i disgusti, gli scru­poli. Tutti questi mali tendono a rattristare il cuore dell'uomo; e ci vuole pa­zienza per portare tutto con merito. Così una calunnia ci opprime e la pazien­za ci fa perdonare; e così con calma si pensa che tutto viene da Dio. E così tut­to il resto.
Questi sono i vari mali del mondo, e per vincerli ci vuole la pazienza che non ci lascia andar giù, e ci fa sopportare le croci. Quare tristis es anima mea, et quare conturbas me? Il Signore ha patito nell'orto ma il suo cuore non è ca­duto, e questo per insegnare a noi che non ci lasciam deprimere.
È necessaria la pazienza? Patientia vobis necessaria est ut... reportetis re-promissionem, dice S. Paolo nella lettera agli Ebrei. Gli Ebrei erano persegui­tati e spogliati e S. Paolo li confortava ad armarsi della pazienza, e li aiutava e faceva collette per questi Ebrei, e diceva loro che la pazienza era loro necessa­ria, perché facendo la volontà di Dio guadagnassero il Paradiso.
La pazienza è necessaria ai peccatori: perché patendo fanno penitenza dei loro peccati e ricevono facilmente il perdono. È una fortuna di poter fare pe­nitenza, è meglio farla in questo mondo perché si fa con merito; massime ai malati; è molto meglio perché quanto si soffre qui è niente rispetto al fuoco del purgatorio. Eodem igne quo cremantur damnati purgantur electi.
Dunque i peccatori han bisogno di pazienza.
E i tiepidi? Molto di bisogno ne hanno per scuotersi dalla loro tiepidezza. Cadono sempre in peccati veniali; ed è necessaria la prova perché siano scossi.
I giusti si perfezionano qui per mezzo delle tribolazioni ed è necessario che sappiano apprezzarle: come una S. Teresa che diceva: «O patire, o mori­re» e quell'altra che diceva: «Patire e non morire».
Tutto questo è perché conosciamo la necessità della pazienza.
Di pazienza poi ve ne sono tre gradi.
1° Chi patisce senza mormorazioni.
2° Chi patisce senza lamentazioni e querele.
3° Chi patisce con gaudio e desiderio plura perferendi.
Il primo grado è di quelli che soffrono senza mormorazioni; ma che tutta­via cercano consolazioni e vogliono essere sollevati un poco nei loro mali; ma che tuttavia non mormorano contro Dio; perché non sarebbe più pazienza, ma sarebbe peccato; se se la prendono contro il Signore peccano.
Il secondo grado è di quelli che non solo non mormorano, ma anche non cercano consolazioni e non si lamentano. Certa gente vorrebbero sempre par­lare dei loro mali per averne consolazione. Massime quelli che sono soliti a malattie un po' lunghe. E alle volte dicono persino: «Ma Nostro Signore ha sofferto solo poche ore, ed io è già tanto tempo». Ah, N. Signore è stato sulla croce 33 anni. È uno sproposito paragonare quello che ha sofferto N. Signore coi mali nostri. N. Signore aveva la divinità che lo sosteneva perché potesse soffrire di più. Dunque il secondo grado è di coloro che non si lamentano; quantunque tuttavia qualche parola...
II terzo grado è di coloro che soffrono «con gôi», con gioia, con gaudio;
con desiderio di soffrire di più. E questo è fiore di virtù. E non tutti ci arriva­no. Gli Apostoli «Ibant gaudentes a conspectu concilii, quoniam digni habiti sunt pro nomine Jesu contumeliam pati». E S. Paolo godeva dei suoi insulti e battiture; godeva in infirmitatibus. E così anche noi siamo chiamati ad essere santi.
Non solo dobbiamo sopportare senza mormorare; non solo il secondo, ma il terzo grado. Dobbiamo essere di quei santi che sono capaci di soffrire con calma. O almeno abbiamo il secondo grado; non desideriamo di essere tanto compatiti. Non lamentarci sempre che non ci curano. Ci sono dei malati che sono tranquilli, altri che sono insoffribili; e vorrebbero mettere tutta la ca­sa in aria. C'era un'ammalata che aveva una suora, due persone di servizio e un domestico, e si lamentava che non la curavano. Ed ho dovuto lavarle la zucca; ma è questo da cristiano?
Ma vedete; bisogna prepararsi prima. E quali sono i mezzi per prepararsi a sopportare bene tutto? Si riducono a tre. Primo, di assuefarci a vincere la tristezza, a moderare i nostri affetti; che non ci lasciamo andare giù, per ogni piccola cosa; e così quando vengono grosse, non ci lasceremo andare per ter­ra.
Vi sono delle cose, per esempio nelle tentazioni contro la fede, che si vin­cono fuggendo; qui invece si vince combattendo. Bisogna saper sopportare un po' di malessere senza pretendere che tutti ci compatiscano. Senza che andia­mo a suonare la tromba. Il bambino piange per essere compatito e se vede che c'è nessuno cessa di piangere. Bisogna farci forti fin da quando stiamo bene, affinché sappiamo sopportarli quando verranno sia i mali del corpo che quelli dello spirito. Aver pazienza; saper dare passaggio, per amor di Dio. Non at­taccare il cuore a niente. Se si soffre tanto si è perché si era attaccati, si era su­perbi; se invece ci distacchiamo, allora saremo pronti.
Secondo mezzo è di assuefarci a riguardare i mali nostri come mali che vengono da Dio e non come dagli uomini. No, non sono gli uomini; è il Signo­re che ce lo manda o lo permette per il nostro bene. N. Signore non vuole il male nostro, ma vuole la prova; la prova è voluta da Dio per bene nostro; e perciò è che egli ci prova nel dispiacere o nella persona. I mali bisogna pren­derli dalla mano di Dio ed allora si sopportano.
Il terzo mezzo è uno sguardo al Crocifisso; e poi nel fare atti di confiden­za in Dio.
Questi sono i mezzi per poter avere la pazienza. Uno sguardo al Crocifis­so che ha sofferto tanto per noi.
Vedete, tante volte per lo più si muore dopo una malattia che non lascia più la testa a posto. Il Signore pare, umanamente parlando, che dovrebbe la­sciarci la testa per pensare a morire, invece no; la maggior parte muore in mez­zo ai mali. Il Signore vuole perfezionarci; e benché non possiamo più pensare, possiamo tuttavia fare atti di rassegnazione alla volontà di Dio; e così possia­mo avere il merito del sacrifizio e della pazienza.
Ieri sera mi hanno chiamato per un conte. E la famiglia si raccomandava;
ma in quello stato lì non è richiesto di fare una confessione minuta come avrebbe voluto farla lui; e gli ho detto che «per adesso si confessi come le dico io»; questa mattina poi era assopito e non si poteva dire tante cose. E pensa­vo: alle volte si vorrebbe poi avere lucidità di mente; e invece niente del tutto. E i medici non vogliono più che si parli... Il Signore cerca il meglio, ed è me­glio che stiamo in mezzo ai mali. Bisogna avvezzarci per tempo a dar passag­gio; non lasciare che il cuore si rattristi; ma che si avvezzi a sopportare quando stiam bene, e così quando ne avrà poi delle più grosse le porterà con pazienza. La pazienza verrà secondo il bisogno; ma noi bisogna che cooperiamo. Vediamo adunque la necessità che abbiamo come missionari della pazien­za per non guastare le cose di Dio; e preghiamo il Signore che ci dia questa bel­la virtù e la grazia di aumentarla.
giuseppeallamano.consolata.org