FESTE DI S. FRANCESCO DI SALES E DEL B. SEBASTIANO VALFRE'

31 gennaio 1915
Quad. X, 8-9
(31 Genn. 1915)
Feste di S. Francesco di S. e del B.S. Valfré
Sono due Santi Torinesi, almeno piemontesi o degli antichi Stati Sardi. S. Francesco è di più nostro speciale Protettore, perché anch'Egli fu missionario presso gli Eretici, e ne convertì circa 72.000. Ora S. Massimo scrisse che se tutti i Santi sono da venerare... (V. Lez. SS. Martiri).
La memoria dei due Santi ci ricorda tutte le virtù, ma specialmente
lo zelo per la salute delle anime. L'orazione che come caratteristica più propria ci fa dire la Chiesa di ciascuno, contiene questo zelo: Ad ani-marum salutem... omnibus omnia factus: Pro animarum subsidio...;
Come di S. Carlo: Pastoralis sollicitudo gloriosum reddidit...
Oggi nullameno ve li propongo non sotto questo aspetto: ma come tipi e maestri d'umiltà. Questi Santi ebbero ben profonda la virtù dell'umiltà come fondamento di tutte le loro virtù.
S. Francesco scrivendo a S. Fr. di Chantal, diceva: N.S. è tanto in­namorato di questa virtù, che l'antepone a tutte le altre, e per conser­varla permise che nella Sua Provvidenza alcuni perdessero la castità...
il Santo fu umile nei pensieri, nelle parole e nelle opere. 1) Attestò la Chantal: umilissima era l'opinione che aveva di se stesso...; amava la propria abbiezione; non potendo ignorare la stima di cui godeva arros­siva in se stesso. V. Fatto succeduto in Avignone (Vita del Curato di S. Sulpizio — Umiltà). 2) Era nemico di lodarsi e delle lodi altrui. Parago­nava i suoi scritti e le sue prediche alle insegne d'albergo, al liuto, ad un uffiziolo trinciante (Modello). Ebbe grandi lodi e critiche per la Filotea, ed egli senza fare conto delle une e delle altre scriveva nell'introduzione
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al trattato dell'Amor di Dio: Se vi sono in questo mondo delle cose per­fette non si hanno a cercare in casa mia. Parlando della sua Diocesi dis­se ad un ecclesiastico: se questa diocesi avesse un Ilario, un Agostino, un Ambrogio: oh! questi soli dissiperebbero un po' meglio le tenebre dell'errore. Ed alla Chantal: meriterebbero troppo un altro Pastore. Di ritorno da Milano alle Suore disse: Io sono ombra e fantasma di Vesco­vo, indegno di baciare la terra dove S. Carlo ha posato il piede.
3) Quanto alle opere e fatti, basti considerare le difficoltà poste al­la sua elevazione a Vescovo, e come non volle farsi consacrare per non andare a Parigi già vestito come tale. Elettogli a coadiutore il fratello, senza ch'egli vi avesse contributo gli prestò ogni onore e preferenza, di- cendo che il medesimo avrebbe ben riparato gli errori da lui commessi. Ordinò di essere seppellito in mezzo della Chiesa perché tutti lo calpe­stassero (S. Franc. Modello dei Sacerdoti).
Ma direte: Egli era un santo, non provava tentazioni contro questa virtù? Risponde la Chantal nella sua deposizione: mi disse una volta che aveva lavorato tre anni per acquistare l'umiltà, e sommamente l'amava e stimava. Vedi due tentazioni: Vita del Curato di S.S. p. 418.
Beato Sebastiano Valfrè. Le lezioni del S. Breviario: ita de se demisse humiliterque sentiebat, ut ex firma animi persuasione crederet, se mortalium omnium infimum, in Oratorii Congregatione retineri aliorum indulgentia et caritate... Plus nimis augendo ac prope inculcando... Rifiutò l'Arcivescovado di Torino (V. Come) e di conti­nuare a confessare il Duca (V. Vita Capello).
P.P. Albertone, quad. VI, 50-55
31 Gennaio
Sapete che il S. Padre ha indetto una solennità per domenica di Sessagesi­ma per noi qui in Italia, per gli altri in America ecc., un altro giorno per le dif­ficoltà di comunicazione, perché vuole che tutto il cattolicismo si metta d'ac­cordo per ottenere la pace. Sarà un giorno di adorazione a N. Signore, dopo Messa solenne si fa l'esposizione del SS. Sacramento, poi si recita la preghiera qui, che vi darò, fatta dal S. Padre, per questo fine, poi si continua fino alla sera; ha composto lui stesso una bella preghiera. Speriamo che la Misericordia di Dio ci calmi, perché non c'è niente di nuovo, si danno botte da orbo, con un tempo brutto. Speriamo che il Signore voglia darci presto la pace, e noi fare­mo un po' di adorazione. Passerete di seguito per tutto il giorno, e spero che tra tutti otterremo questa grazia. Certo ci sono dei demeriti da parte di tutte le nazioni, nell'una e nell'altra. Il Papa fa di tutto per ridirli (sic), ma è impossi­bile. È stato persino calunniato un poco dicendo che non è neutrale; e invece il Papa dice che è e vuole essere e deve essere assolutamente neutrale come Papa, come padre perché dei cattolici ce ne sono in tutti i luoghi; ma certamente ho dimostrato più verso il Belgio, ma il Belgio oltre essere il più cattolico ha an­che avuto per me delle speciali dimostrazioni. Siccome tutti gli anni raccoglie­vano per l'obolo di S. Pietro, hanno voluto raccogliere anche quest'anno nonostante la guerra; e il Papa certo ha ammirato, e ha detto: raccogliete pure, ma poi terrete voi, per i vostri bisogni presenti. Card. Mercier dicono che ha scritto una pastorale in cui ha fatto vedere tante cose e che ha fatto più male alla Germania che la guerra stessa. Come si diceva delle «Mie Prigioni» di Sil­vio Pellico, che avevano fatto più male all'Austria che le armi stesse. Si tratta di un Card., e certo la Germania non può toccarlo, dicono che la Germania ha proibito la pastorale, ma ...e poi non voleva lasciarlo girare e lo teneva prigio­niero; la Germania ha protestato che non era vero che lo tenesse prigioniero, ed egli fa vedere come sia lo stesso che tenerlo prigioniero il modo con cui è trattato fa la rassegna degli ragione (sic), purtroppo in guerra queste cose suc­cedono. È una pastorale bella, bella. L'hanno mandata in Inghilterra e tutti i Vescovi l'hanno fatta leggere come se fosse loro. Si capisce che un po' di amor patrio l'hanno anche loro, ma tuttavia dice delle belle cose.
Bene. C'è bisogno di aiutare il Papa e guardare di ottenere. Dobbiamo fare in modo come se l'ottenere questa grazia dipendesse solo da noi. Passare il giorno in preghiera, ciascuno proprio come se dovessi io ottenere questa gra­zia. E se il Signore crederà bene per noi nella sua provvidenza ce la farà; e se invece crederà bene di dare ancora un po' di lezione, almeno che si converta­no. C'è da temere che dopo la guerra non siano tali e quali. Perciò preghiamo anche per questo; perché sono sempre i peccati che attirano questi castighi da Dio, e massime i peccati pubblici. Preghiamo che cessino i peccati. Finora noi abbiamo la pace ma non so fino a quando durerà. Già aumentano le spese e le imposte; e guai se venisse anche da noi la guerra. Facciamo dunque volentieri e bene questa giornata eucaristica. Forse è mai succeduto uno sterminio tale.
Ieri era la festa del B. Sebastiano Valfrè, e l'altro ieri S. Francesco di Sales. Non ve ne siete neppure accorti; cioè di S. Francesco di Sales avete fatto un filo. Il B. Sebastiano Valfrè non c'è nel nostro calendario; ma c'è in Dioce­si, e perciò dovete esserne divoti. S. Massimo dice che bisogna onorare tutti i santi, ma specialmente quelli che furono in mezzo a noi, che hanno santificato questi luoghi e di cui abbiamo le reliquie. S. Francesco di Sales è dei nostri, perché stette in Savoia, e la Savoia era unita al Piemonte, e sua madre venne a Torino molte volte, così anche lui era divoto della Consolata. Beato Sebastia­no Valfrè si può dire che passò tutta la vita qui in Torino, perché è venuto da chierico, fu l'apostolo di Torino. Ed il suo corpo è qui. Perciò voi dovete esse­re anche divoti di questo santo, perché egli guarda in modo speciale i suoi tar­di nipoti spirituali.
Il loro carattere speciale è lo zelo. L'oremus che è l'essenza della loro vita lo dice. Quello di S. Francesco di Sales dice: «Deus qui ad animarum salutem B. F. confessorem tuum atque pontificem omnibus omnia factum esse voluisti», vedete: «omnibus omnia» e tutto per salvare le anime. Questo è il caratte­re speciale di S. Francesco di Sales: la salute delle anime. Egli convertì ben 72 mila calvinisti ecc. Fu un vero missionario e sarà sempre un protettore del no­stro Istituto. Non è necessario per essere missionari di andare solo in mezzo agli infedeli; e lui benché non fosse in mezzo degli infedeli ha fatto una vera missione. Voi quando sarete in Africa, se troverete un protestante lo convertite bene? E dunque... e ce ne saranno, si fa tutto il bene che si può. Si, è un ve­ro nostro protettore, e il suo carattere è lo zelo.
E l'oremus del B. Sebastiano Valfrè dice: «Pro animarum subsidio». O Signore che per l’aiuto delle anime hai suscitato un sacerdote fedele; vedete lo zelo per la salute delle anime.
Ma sapete che quest'anno dobbiamo parlare sovente dell'umiltà; e così vedremo ora come questa virtù fu molto profonda in questi due santi. Ed è questa virtù che ha prodotto tanto zelo per la salute delle anime. S. Francesco diceva, sono sue parole, che l'umiltà è il fondamento di tutte le virtù dei Santi. E S. Francesco non sarebbe stato tanto santo, dice la Chantal, non sarebbe stato tanto dolce, se non fosse stato tanto umile. Se fosse stato superbo si sa­rebbe talvolta inasprito. S. Francesco stesso dice che il Signore ha amato tanto l'umiltà, da anteporla a tutte le altre virtù; e per fare conservare l'umiltà ha permesso che tanti perdessero la bella virtù della castità. Quando uno è super­bo alle volte il Signore umilia in quella maniera. Si dice che il Signore umilia nella carne chi si esalta nello spirito; perché così l'uomo resta come abbrutito. E così S. Francesco di Sales dice che il Signore ha permesso che qualcuno per­desse la castità affinchè imparasse l'umiltà.
Ma direte voi; lui era santo, e forse non sentiva gli stimoli della superbia. No; mi disse, dice la Chantal, che aveva lavorato ben tre anni per acquistare l'umiltà; e nella sua vita si legge di alcuna tentazione che lui ha avuto di super­bia. Un dì sentiva a lodare un vescovo, e c'è venuto in mente una tentazione di invidia e di superbia, e quasi ci rincresceva; ma quando si è accorto della ten­tazione, e si è accorto che ciò era tutta superbia, dice lui stesso che «il rospo l'ho preso e l'ho schiacciato». Un'altra volta poi, dice «m'ero mai pentito d'essere sacerdote finché un dì mi chiamarono se avrei preferito essere duca o sacerdote; subito risposi che certo preferivo essere sacerdote, ma ecco che poi cominciò a venirmi la tentazione, e un desiderio occulto, e non potevo cacciar­la, finché mi sono accorto che era una vera tentazione ed allora ho schiacciato il rospo. Vedete questo consola un poco noi. Non si inquietava della tentazio­ne, ma la mandava via, sono storie. Questo è per nostro conforto. Si fanno santi a forza di industrie e di scuotersi.
Ma diciamo qualche cosa sui pensieri, parole ed azioni umili di tutti e due.
In quanto ai pensieri di S. Francesco di Sales. Dice la Chantal «era nell'opinione di se stesso umilissimo, amava la propria abbiezione; non pote­va credere alla stima di cui godeva e rideva di se stesso». Si racconta che tutta la volta che fu in Avignone tutta la città fu in aria per fargli onore. «Mi è ve­nuto, dice lui stesso, l'idea di far il ciarlatano e l'avrei fatto; ma temevo di dar scandalo, e non sapevo come fare sono entrato in una bottega di libri, ho aspettato, ma poi dovetti uscire e allora ho offerto tutto al Signore dicendo: «Vanitas vanitatum et omnia vanitas! Et stultorum infinitus est numerus!».
Era un uomo vedete che sapeva passar sopra. Questo era il conoscimento che aveva di se stesso, ma non basta; bisogna avvilirsi, abbassarsi, essere con­tenti di essere disprezzati; lui era intimamente persuaso. Nelle parole: era ne­mico di lodarsi o di umiliarsi; era semplice; diceva che il volersi umiliare in pa­role equivale a tirarsi le lodi; sapeva quello che era davanti a Dio. Pigliava le umiliazioni e delle lodi non faceva caso. Quando scrisse la Filotea vennero le lodi da tutte le parti; è un bel libro; faceva vedere come anche i secolari posso­no fare molto; e meditazione e comunione, e non solo i religiosi. E poi venne­ro pure molte critiche, un diavolio. Lui non si è curato né delle lodi, né dei bia­simi. Solo nel trattato dell'amor di Dio che scrisse dopo, dice nell'esordio che in questo mondo vi sono molte cose perfette, ma che non bisogna cercarle in casa mia. Ritornando da Milano, come S. Antonio da S. Paolo nel deserto, di­ceva che lui era in paragone un'ombra, un fantasma di vescovo; e che non era degno di baciare la terra. Ed diceva: se questa diocesi avesse un Ilario o un Agostino, sì che dissiperebbero gli errori!». E ritornando da una visita pasto­rale diceva: «Meriterebbero un altro vescovo, un altro pastore».
Opere: Ce ne andò a farlo vescovo! Ce n'è andato per farlo consacrare prima di andare a Parigi, e poi non volle assolutamente e andò a Parigi sem­plice sacerdote; non voleva comparire, e voleva fuggire tutto. E quando gli fu eletto suo fratello come coadiutore, egli dice che non ci entrò per nulla nel far­lo eleggere; ma poi dopo lo tenne sempre come superiore, e lo ubbidiva e dice­va che suo fratello riparava i suoi sbagli. Un dì di Natale, si trovava in una parrocchia, ma perché c'era già un altro prete preparato, non volle e restò ad assistere le tre messe e poi disse poi lui le sue. Vedete faceva tutto quello che poteva senza degradarsi, ma faceva tutto quello che poteva, non era di quei là che hanno sempre la dignità davanti. Quando era ancora col suo aio, egli con­tinuava a comandargli anche da vescovo.
Vedete dunque l'umiltà nei pensieri, nelle parole e nelle azioni. Si potreb­be di ogni virtù fare un panegirico.
Il B. Sebastiano Valfrè era talmente persuaso di essere nulla, talis cum es-set, dopo di aver fatto tanto, ita de se humiliter sentiebat ut ex firma animi persuasione, crederet se mortalium omnium infimum, in oratorium retineri congregationis aliorum indulgentia et charitate. Lo aveva tirato su lui l'orato­rio eppure credeva di essere l'ultimo dei mortali, e che gli altri avessero carità; questa è umiltà di spirito. Se noi avessimo lavorato come lui, avremmo questa interna persuasione?
Sapete che ha rifiutato l'arcivescovato... volevano farlo arcivescovo di Torino, e allora lui ha mandato a chiamare in campagna un suo fratello che lavorava nei campi e così com'era gli ha fatto premura di venire subito a Tori­no: e lì vestito da buon «paisanot» e ha fatto venire la carrozza del Duca, e poi l'ha condotto in carrozza per via Nuova (?) ora via Roma; e ha mostrato suo fratello al Duca dicendo se era il caso di fare arcivescovo uno con un tal fratel­lo. Se fossimo noi, quando abbiamo dei parenti un po' peisan, non osiamo più dire niente, guardate un po' se non viene un po' di rossore!... non dico cose che non succedono. Alle volte si vergognerebbe a presentarlo. E lui invece ha presentato quel suo fratello al Duca; e poi era il confessore del re e non ha vo­luto più esserlo. Queste sono opere di uomini umili. Un bel dì c'era da portare un grosso quadro, e lui l'ha portato traversando mezza Torino: non per fare il balordo, ma non si vergognava di essere basso. E così anche noi; quando vi fanno tirare il carretto. Si faceva uno studio di far vedere che era un buono a niente; non per farsi lodare, ma ex intima animi persuasione.
E così noi all'esempio di questi due santi guardiamo di fondarci bene e non solo per tre anni, ma se è necessario anche tutta la vita: così se avrete que­sta virtù avrete zelo; perché il Signore non si serve di chi non è umile; il Signo­re è geloso della sua gloria. La conversione delle anime è un'opera tutta di Dio e il Signore non da questa grazia a chi non è umile. Certamente altro è la tenta­zione, altro è il consenso; ma se qualche volta anche ci fosse il consenso, ci in­nalziamo su; avanti, cominciamo di nuovo.
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