SULL'INCONTINENZA

7 marzo 1915
Quad. X , 15- 18
Dom. III di Quar. Dell'incontinenza
(7 Marzo 1915)
S. Paolo esortando a farci santi, ci dice di astenerci dal vizio dell'incontinenza. Così nella Epistola della passata Domenica, scrive ai Tessalonicesi: ub abstineatis vos a fornicatione. In quella odierna agli Efesini: fornicatio et omnis immunditia nec nominetur in vobis. Sicut decet sanctos. Tale precetto ricorda tante altre volte.
L'animo rifugge dal parlare di questo vizio, eppure è comune nel mondo, e S. Alfonso nella sua T.M. dice: non dubito asserere: ob hoc unum impudicitiae vitium, aut saltem non sine eo omnes damnari, quicumque damnantur. Questo vizio come tentazione non eccettua condi­zione di persone specialm. giovani, e non cessa coll'età anche avanzata. È quindi un errore il ritrarsi dalla vita religiosa pel secolo per non pec­care. ..; si peccherà di più pei minori mezzi di vincere la passione della carne (D. Bosco).
Ma io parlo a voi, che questo brutto vizio non avete mai avuto, o l'avete vinto. Parlo per consolarvi ed aiutarvi a vincerne le tentazioni. Le anime pie quasi tutte sono provate in questa materia; è per loro que­sta una tribolazione che il Signore permette per tenerle in umiltà, e pu­rificarle. Né da questa battaglia furono esenti i Santi, eccetto S. Luigi e S. Tommaso d'Aquino per privilegio speciale. S. Caterina da Siena..., S. Giuseppe da Copertino,..., S. Alfonso,..., erano tentati, e lo stesso S. Paolo, il quale gemeva ed esclamava: quis me eruet de corpore mortis hujus...; e pregando il Signore di liberarnelo, gli fu risposto: sufficit tibi gratia mea, quia virtus in infirmitate perficitur.
Non inquietatevi, né scoraggiatevi se pure voi foste tentati, con pen­sieri, immaginazioni e più ancora con impressioni e stimoli nel corpo.
Tali tormenti, ci staccano dall'attacco alla vita, e ci fanno desiderare la morte perché ci toglie dal pericolo di offendere il Signore. Ogni giorno che passa è un giorno di meno di affanno e un giorno di più di merito. Così le anime pie...
Anzitutto notate bene che queste cose si producono in noi senza la nostra cooperazione, come atti primo-primi; e noi non possiamo impe­dirne la prima impressione; anzi la nostra parte sensitiva subito ne sente piacere. Fin qui nessun peccato; e anche se ce ne accorgiamo non siamo tenuti a romperci la testa per cacciarli, anzi combatterli direttamente non conviene perché più si imprimerebbero nella nostra fantasia; dob­biamo solo combatterli indirettamente col fuggirli, dimenticarli e pen­sar ad altro. Dice bene S. Filippo che in questa guerra vincono i poltro­ni. Come nelle tentazioni contro la fede, così in quelle contro la castità dobbiamo solo fuggire. Ma dicono le anime pie; e se cado? Mi sembra di goderne, di volerle, di avere acconsentito. Rispondo: se si trattasse di coloro che vivono infangati in questi peccati, c'è da presumere che ve­ramente cadano in tali distrette; ma per chi abitualmente non li vuole, stia tranquillo che non peccò. È mica come bere un po' d'acqua tifare anche questi peccati. Vedete anche per questo per far peccato ci vuole la materia, l'avvertenza ed il consenso; e per far peccato mortale, la materia deve essere grave e grave solo, secondo i moralisti in luxuria directe volita; et requiruntur semper piena advertentia et plenus consensus. Dunque tre cose; e queste non dopo la tentazione, ma in quel mo­mento, e mancando una, o non piena, non vi sarà peccato o almeno non mortale. Quindi non parlo di ciò che succede nel sonno, che è nul­la, e svegliandoci diciamo un Deo gratias e non esaminiamo; ma anche nel dormiveglia...
In tale materia non bisogna fare esami per vedere se siamo caduti, no; se lo fosse, ne saremo certi, ed il cuore ce lo direbbe senza dubbi. Finché non si è certi da giurarlo, e per gli scrupolosi non basta, andia­mo avanti... Così pure non operano bene quelli che vogliono ripetere le confessioni passate, fare nuove confessioni generali per meglio spiegare questi peccati già confessati. Ubbidite al confessore che vi dice di stare tranquilli e non più parlarne. Lo si può fare in generale, ma non in par­ticolare: peccatum meum contra me est semper, per eccitare il dolore delle confessioni presenti.
Così non esaminare e portare ad ogni confessione questi timori;
via che non è vero; e se per caso vi fosse qualche cosa, non è certo mor­tale, ed allora come di tutti i peccati veniali, basta la Comunione, un at­to di amor di Dio per purgarcene; anzi gli atti d'amor di Dio perfetti ci libererebbero anche dai mortali, se vi fossero, e non essendone certi non dovremo mai confessarcene. Insomma siamo umili e confidenti in Dio e tiriamo avanti in Domino. È bello il proponimento del nostro Ve­nerabile: non voglio neppur domandare perdono... tra amici... (Vedi proponimenti degli Eserc. Sp.).
Il Tantum Ergo contiene tanti atti di perfetto amor di Dio...
Penseranno alcuni: Chi sa se io sono ancor vergine, se questa virtù intatta portai o porterò ai S. Voti, al Suddiaconato? R. Curiosità inuti­le. Nel pronunziare i S. Voti e sulla promessa del Suddiaconato non of­friamo a Dio che la castità presente e futura, non la verginità. Certa­mente per poter promettere sinceramente e con certo fondamento di os­servarla in avvenire, e non fare poi due peccati in uno, contro la castità e la religione, bisogna che già siamo stabili nell'osservanza colla castità integra od almeno riparata prima di legarci... Consola la sentenza di S. Tommaso, che la verginità formale non si perde che volontariamente col peccato mortale, per cui certe Vergini tentate dai persecutori rispon­devano: mihi duplicabitur ad coronam. E D. Cafasso parlando dei con­fessori che per dover sentire tante miserie nel loro uffizio, affinchè non si scoraggiscano e lascino il confessionale per la propria pace, diceva che costoro erano martiri della castità.
Del resto a me fece sempre stupore, e senso di conforto il leggere le prove che Gesù diede a S. Maria Maddalena, dalla quale aveva scaccia­to sette demonii; essa la prima a cui apparisse alla risurrezione... Col fatto della integra conservazione del corpo di S. Margherita da Cortona, che tuttora esiste e non di S. Luigi. Non vorrà il Signore dirci che in via straordinaria, a noi ignota, potrà e vorrà ridonare la stessa verginità a quelli che coll'amore cancellano i peccati passati, come queste sante, e S. Agostino... Checchè sia di ciò non andiamo sindacando le opere di Dio, ed anche noi stessi più del dovere; ma stiamo umili ed abbandona­ti in Dio e nella Sua Provvidenza. Una buona Signora mi diceva un dì ch'essa era invidiosa delle suore, perché esse in Paradiso canteranno il cantico sempre nuovo, ed essa no. Le risposi: se non canterà quello, ne canterà un altro pure bello... E restò tranquilla.
Piuttosto passiamo ai mezzi per conservare la castità. Lo disse N.S.G.Cr.; hoc genus daemoniorum non eijcitur nisi in oratione et jejunio. Disceso Gesù dal monte... Stasera parliamo del pri­mo mezzo: l'orazione. Se questa è necessaria per tutte le grazie particolarmente è necessaria per vincere le tentazioni contro la castità. È scrit­to nei libri sapienzali: Ut scivi... Bisogna per ciò pregare, ma pregare molto, sempre ed in ogni luogo: oportet semper orare. Non basta dire tre Ave Maria al mattino ed alla sera, e di tanto in tanto, ma avere lo spirito e l'abito della preghiera, della mentale e vocale e delle giaculato­rie. I fervori momentanei non bastano contro tale vizio. Viene la tenta­zione si combatte fiaccamente, si tentenna e si cade; allora viene lo scoraggiamento... Quando io vedo un giovane che abitualmente prega po­co, prega svogliato volontariamente, che non fa bene tutti i giorni la S. Meditazione e la Visita al SS., io dico che questo giovane o è caduto o presto cadrà nel brutto vizio. - Prendiamo l'abitudine quando siamo tentati di subito metterci nel S. Cuore di Gesù e lasciamo a Gesù di ri­spondere; noi stiamo tranquilli, e con noi si calmerà la tentazione della mente e del corpo. S. Agostino: quando me pulsat ... tuta requies in visc. Salv.is.
Basta uno sguardo al Crocifisso, alla SS. Vergine; una giaculato­ria, come Dominus meus, et Deus meus; - Deus meus et omnia; - Gesù, Maria, Giuseppe. Il Signore farà Lui, e noi andiamo avanti tranquilli. Ma qualcuno dirà: in missione sarà più difficile sostenersi in questa vir­tù? R. non è vero, e ciò dico per esperienza fatta dai nostri buoni mis­sionarii, i quali tenendosi uniti con Dio come bambini, passano illesi tra qualsiasi pericolo esterno. E poi il Signore più abbonda di grazie per chi non ha in mira che salvargli delle anime; e potete voi pensare che Gesù non sostenga il suo Apostolo, che per Lui ha fatto e fa tanti sacrifìzii? No, non è possibile: cum ipso sum in tribulatione, eripiam eum et glorificabo eum. Esempio Daniele tra i leoni.
P.P. Albertone, quad. VI 72-83
7 Marzo 1915
Ritiro mensile eh! È già il quinto ritiro mensile dopo gli esercizi spirituali. Dunque rinnovarci, fare l'esame dell'attivo e del passivo, e poi proporre. Sia sui comandamenti che sul profitto sulle virtù. Questo lo sapete è lo scopo del ritiro mensile.
Domenica abbiamo visto che i precetti su cui insisteva S. Paolo per la no­stra santificazione, era principalmente riguardo alla carità, ma non c'era solo la carità, c'era un'altra cosa, di cui parlava solo S. Paolo, ed era sulla santa virtù della castità, Ut abstineatis a fornicatione, scriveva ai Corinti, ed ora scrivendo ai Colossesi nell'Epistola che la Chiesa ci fa leggere stamattina, ri­pete la stessa cosa e dice: ... e vediamo le parole precise, c'è appunto questo: «omnis fornicatio et omnis immunditia nec nominetur in vobis». Dice dunque che questo vizio contrario alla bella virtù nec nominetur in vobis, che non se ne parli ed io non intendo parlarvene. Ma si può parlare e deve essere sulla no­stra bocca la virtù contraria. Ah, una bella virtù questa! È la virtù del nostro cuore. Ah, le tentazioni contro questa bella virtù sono il tormento di tutta la vita, di tutti, e di tutti i tempi. Vedete che cosa dice S. Alfonso, che, tra perentesi, non avete nessun bisogno di andare a leggere, finché non sarà il vostro tempo, non bisogna essere curiosi in questa materia; e persino gli scrittori che scrivono sempre in Italiano, quando arrivano a questo punto parlano latino. Ebbene S. Alfonso dice, «non dubito asserere hoc vitio omnes damnantur quicumque damnantur, aut saltem non sine eo». Vedete dice S. Alfonso che tutti quelli che si dannano si dannano, per questo vizio, o almeno non senza questo vizio. O per quello o anche per quello. Vedete, queste tentazioni non sono ten­tazioni solo dei cattivi, ma anche dei buoni, e questo sia detto per nostra con­solazione, che anche i buoni sono in continuo timore, hanno sempre questo spavento di non conservare questa bella virtù. Questo è il tormento di tutta la vita. Per lo più si pensa, ora sono giovane, quindici, vent'anni, ma quando sa­rò più vecchio passerà, no, non passerà, durerà sempre e questo timore lo por­terete alla tomba. Alle volte si dice, se uno non si sente di conservare questa virtù pigli un altro stato, sbagliato; si può peccare contro questa virtù in tutti gli stati; perciò questo è un vero sbaglio; se nel sacerdozio, con tanti mezzi di santificazione c'è già tanti pericoli, che cosa sarà mai in un altro stato? Quindi quando qualcuno dà il consiglio di lasciare uno stato per un altro si sbaglia. Nel mondo tutto è concupiscenza. Dunque ricordatevelo che questa tentazio­ne non è solo nei cattivi, ma anche, e forse più nei buoni. Questo era il tor­mento dei santi. Tutti, tutti l'ebbero, se si fa eccezione di S. Luigi e di qualcun altro, ai quali il Signore ha fatto una grazia speciale di non sentire neppure gli stimoli della concupiscenza, tutti gli altri furono tentati; e, guardate S. Giu­seppe da Copertino faceva miracoli sopra miracoli, eppure era tentato con tentazioni terribili. E S. Alfonso quando era già vecchio ed ammalato, guai se lo toccavano, domandava subito se aveva fatto peccato. E S. Paolo, quanto era tentato! E andava dicendo: Chi mi libera da questo corpo di peccato e di morte, che vuole quello che io non voglio!
Dunque questo è per nostra consolazione, perché non bisogna che ci sco­raggiamo, non bisogna scoraggiarsi per le tentazioni, perché c'è il modo di vi­vere, di passare giorno per giorno, mese per mese, anno per anno senza cade­re. I Santi facevano così: al mattino dicevano: guardiamo di passare quest'og­gi bene, e alla sera dicevano: grazie, o Signore che quest'oggi non sono cadu­to, aiutatemi per domani; e così tutti i giorni, e in questo modo, giorno per giorno, mese per mese, anno per anno, arrivavano all'ultimo giorno della vita:
Deo gratias! che ho conservata questa bella virtù! Non scoraggiarsi per nulla, sia per pensieri che per impressioni, fantasie, non sono peccati. Ma si dice: so­no pensieri insistenti, che tormentano, ma non possiamo farci niente; certa gente invece vogliono cacciarli via, vogliono combatterli e si affannano, e non riescono a niente; non bisogna allarmarsi, non bisogna andar matto, in questo genere di cose, dice S. Filippo, come pure nei pensieri contrari alla fede, vin­cono i poltroni. Ah, se vengono pensieri contrari alla carità, sì, combatteteli, vinceteli assolutamente, ma in questa materia non bisogna stare a combattere col demonio. In questa roba scappiamo.
E vi dico ancora altro per vostra consolazione. Si dice comunemente dai teologi, che c'è sempre materia grave. Adesso ascoltate me, e non cercate i li­bri. No, anche in questa materia ci può essere peccato leggero, ex imperfectione actus ecc. Sapete che cosa ci vuole per fare peccato mortale? Ci vuole mate­ria grave, piena cognizione di quel che si fa, e piena cognizione di quel mo­mento, e pieno consenso in quello che io vedo e so che è grave. Ora, ci son sempre tutte queste condizioni? In tutte le miseriette che ci passano per la testa c'è sempre tutto questo? Io spero che mai! Ma anche supposto che la materia è grave, non sempre ci sono le due altre condizioni necessarie: la piena cognizio­ne di un male grave e la perfetta avvertenza di compiere quel male grave. Non sempre c'è tutto, e mancasse anche una sola condizione, non c'è più peccato grave. Bisogna chiedere la grazia di Dio, ma poi non bisogna mettere più male di quel che c'è.
Ma si dice: Ma chi va a sapere in quel momento? Ebbene chi usa i mezzi che dirò io adesso, quello lo sa. Vedete, quando uno beve l'iniquità come bere un po' d'acqua, il giudizio in questi casi è un po' sfavorevole. Ma quando abi­tualmente non li vogliamo, e li fuggiamo, la cosa è in nostro favore, e si può stare tranquilli che non si è acconsentito. Se si ha il dubbio è perché non si ha offeso il Signore; quando si ha offeso il Signore in questa materia non si ha nessun dubbio. La tentazione è nulla. Lasciamo che il cane abbaii, cerchiamo di distrarci, ma non inquietiamoci, e poi succeda quel che vuole. Nel sonno niente è peccato, uccidessi anche una persona. Così nel dormiveglia, si è lì, né su né giù. Non andiamo dietro, neppure questo non è peccato. Quello che non farei in pieno giorno, perché l'avrei fatto nella semiveglia? Questo adunque spero che abbiate capito, ed è per nostra consolazione. Questa è una miseria e non bisogna turbarci, alcuni il demonio li inquieta perché non può farli cadere in peccato, vuole almeno tormentarli. Certo è il Signore che li vuole umili, ma tuttavia non bisogna essere scrupolosi, perché allora potremmo andare a na­sconderci; certo non abusarci, ma appunto per far vedere che vogliamo bene a Nostro Signore non bisogna che ci tormentiamo. Il Ven. Cafasso diceva che non voleva andare dietro a tutte le bagatelle, e diceva che non è necessario di essere sempre lì a chiamare perdono a tutte le minuzie a nostro Signore, non voglio andar dietro, eh, il Signore lo sa che gli voglio bene, e fra amici si va al­la buona, e non tutte le volte che l'ho toccato domando perdono. Vedete come è bello questo! Che bell'atto di confidenza in Dio! E poi su questa materia non bisogna star lì a fare esami, che tanto dopo tutti gli esami se ne sa sempre co­me prima. E dopo di aver fatto tanti esami credono poi di aver acconsentito. Finché poi sono stanchi e quasi disperati, e il demonio vuole solo questo. Cer­te anime pie che vorrebbero piuttosto di avere questo tormento vorrebbero piuttosto morire, che avere questa noia. E anche S. Paolo diceva così, e sup­plicava il Signore che gli togliesse tutti questi pensieri, eppure il Signore gli ri­spondeva: sufficit tibi gratia mea, nam virtus in infirmitate perficitur. In que­ste tentazioni si rinforza la virtù.
Ma vi sono alcuni che dicono: Ma io vorrei essere sicuro di offrire a Dio la mia verginità; sia quando si fa il voto pel diaconato, sia per i voti di religio­ne; questo è un po' curioso. E alle volte invece di offrire a Dio la verginità gli offrono soltanto la castità futura. E vi furono tanti santi: S. Agostino, ed altri santoni. Questo è un po' curioso, e noi dobbiamo offrire a Dio quello che ab­biamo ed avere la volontà di non fare peccati in futuro.
E poi c'è ancora un'altra cosa; che la verginità non si perde che col solo peccato mortale, dice S. Tommaso e perciò ci bisogna la volontà. E quando non c'è la volontà non si perde la verginità. Ad ogni modo offriamo a Dio la castità futura; sicuramente che pel diaconato, ci vuole almeno una castità ben riparata, altrimenti niente; per poter ricevere gli ordini ci vuole una castità che provi che la conserverà anche in futuro, bisogna che non sia abituato a certe colpe. Ma quanto a noi avessi proprio da dire, come mai si spiega che N. Si­gnore ha voluto tanto bene a S. Maria Maddalena, come va che il corpo di S. Margherita da Cortona è ancora integro, se non per fare vedere che il Signore alle volte per un miracolo straordinario forse ridonò la castità perduta? Biso­gna mettersi nelle mani del Signore che per un miracolo straordinario la rido­ni. E poi ad ogni modo, in paradiso ci sono dei vergini e dei non vergini. Ma quello che è certo è che S. Luigi che fu sempre vergine, è morto ed è stato con­sunto del tutto, e ormai non ci sono più reliquie; mentre Santa Margherita che ha commesso tanti peccati, e appunto di questi peccati, ha il suo corpo inte­gro; il Signore è capace di fare quello che vuole, come da peccatore, può ren­derci puri; ci vuole solo umiltà da parte nostra.
Una signora mi diceva che tutte le volte che vedeva una suora le veniva l'invidia, perché, diceva, quelle sono vergini, ed andranno a cantare l'inno ed io invece no. Eh, via; c'è anche stata S. Francesca di Chantal che era vedova, e certamente in paradiso ci sarà un compenso. E se non canta quell'inno lì, ne canterà un altro. Guardiamo di amare questa bella virtù, e per il passato, quel­lo che è stato è stato, e mettiamo una pietra sopra. E stato confessato come mi pareva allora, e adesso basta. Ci sono certuni che vorrebbero sempre ritornare indietro; è impossibile che adesso possiate saperne di più: basta stiamo tran­quilli che tutto è perdonato. Ci sarebbe solo il caso di un peccato grave, certo, chiaro, allora ci sarebbe l'obbligo, se dimenticato. Negli altri casi una volta confessati, si mette una pietra sopra, non parlarne più, non confessare più niente, in generale, sì; ma confessare proprio di nuovo, no; ritornare lì, no; è più scrupolo che altro. C'è un po' di amor proprio in questo voler vedere.
Questo è solo per sapere come comportarci quando venisse, ma quando è passato, non bisogna aggiungere legna al fuoco. Se non facciamo che richia­mare, e queste cose gonfiano, e ci facciamo del male a noi stessi. Siamo umili, e poi stiam sicuri che queste cose, questi disturbi, questi timori non sono da Dio. Non in commotione Dominus. Peccatum meum centra me est semper, sì, ma in genere, e così dopo la confessione una volta uniremo i peccati contro la castità; un'altra volta contro l'ubbidienza, ecc. E poi stiamo tranquilli. Questi disturbi vengono dal diavolo che vuole tormentarci. Facciamo un atto di amor di Dio e si cancella tutto. Bisogna saper trarre profitto da tutto, e un atto di amor di Dio si fa presto per fare un atto di amor di Dio, basta poco; l'atto di amor di Dio, non si pesa, per vedere se c'è o se non c'è. Se con un sospiro fac­cio un atto di amor di Dio, un sospiro basta. Mons. Bertagna diceva che ogni frase del Pater è un atto di amor di Dio. Oh, quando si dice proprio col cuore: «Adveniat regnum tuum!» desiderare che venga il regno di Dio. Sanctificetur nomen tuum! O che bell'atto di amor di Dio. Dobbiamo amare il Signore, non perché rende, ma perché lo merita.
Veduto questo vediamo ora i mezzi per acquistare questa virtù, e per vin­cere questa roba. Prima di tutto s'intende bisogna vincere le cattive inclinazio­ni ed abitudine. Se uno bevesse l'iniquità come l'acqua allora certo il giudizio su queste cose sarebbe a suo sfavore; ma può essere che uno per disgrazia cada una volta lungo l'anno, e allora si mette a posto e poi avanti. E allora dovreb­be appunto sopportare le tentazioni per scontare i suoi peccati. Ma quando non ci sono più le abitudini, può avvenire che cadiamo, il Signore può permet­terlo per umiliarci, cioè siamo noi che siamo cattivi, e che cadiamo, ma allora uno si mette a posto.
Sapete quali sono i mezzi. «Hoc genus demoniorum non ejicitur nisi in oratione et jejunio». Sapete che cosa c'è nella S. Scrittura; quando il Signore venne giù dal monte, e vide gli apostoli che non potevano scacciare un demo­nio, e dicevano: «ma come va? Ne abbiamo scacciati tanti altri e questo non c'è verso di scacciarlo». E pregavano e scongiuravano, ma tutto inutilmente. E N. Signore venne e ha detto: «questo demonio non si scaccia che coll'orazione e il digiuno». Vedete era un demonio dell'impurità, e della incontinenza. Ecco i mezzi dunque: orazione e digiuno. Preghiera, giaculatorie, e poi pel di­giuno qualunque sorta di mortificazione.
E parliamo dell'orazione, un'altra volta parleremo della mortificazione.
Uno che sia distaccato abitualmente nella sua orazione, nella sua preghie-ra, meditazione svogliati, rosarii svogliati, non fanno mai nessun proponimen­to, non prega e non pregando, non so col tempo dove andrà. Una persona che sia abitualmente svogliata, alle visite, che stia avanti al SS. Sacramento, ma svogliato; ma intendiamoci, che non sia una prova del Signore, ma che vera­mente sia sempre freddo, che va in chiesa come trascinato, certo gli altri non se ne accorgono, ma lui lo sa, o che è già caduto o che cadrà certamente. Pre­sto o tardi questo individuo, verrà il demonio, e non so...
Come si deve adunque pregare? Semper et in omni loco. Uno che sta sempre lì, e che non si scuote, che è la tiepidezza personificata, o che è caduto o che cadrà presto. E questo lo dico a tutti: il demonio manda pensieri, senti­menti cattivi, e se non si prega, se non si sta all'erta, se si è fiacchi, quasi senza accorgersene, sine sensu, cadrà. Si sono visti a cadere dei cedri, perché erano fiacchi. Se uno invece è vivo, state tranquilli che anche nelle più terribili lotte il Signore lo sostiene, questo è un freno. Ma poi c'è un mezzo molto buono, diceS. Agostino, e mi ricordo di averlo consigliato anche ad altri che si trovarono contenti. S. Agostino nelle sue meditazioni dice: «Quando pulsat turpis cogitatio, recurro ad vulnera Christi, massime al Cuore, e dice, tuta requies in visceribus Salvatoris». Mi ricordo da giovane leggendo le meditazioni di S. Ago­stino di aver preso queste parole. Senza scompaginarvi, mettetevi nel Cuore di Gesù, e lì non può più succedere niente. Altri poi in queste tentazioni dicono una giaculatoria, Dominus meus et Deus meus! Altri stringono il crocifisso; e con quell'atto lì resta tutto inteso, e non bisogna più combattere. Come dice il Savio: Appena ho saputo che non potevo essere continente senza l'aiuto di Dio, lo domandai a lui. È un dono di Dio; dal mattino alla sera e poi tutta la notte, pregare sempre.
N.B.: A questo punto il quaderno del P. Albertone risulta mancante di quat­tro pagine.
Della presente conferenza però si possiede la trascrizione in fogli allegati al quaderno. Questa sarebbe la conclusione:
Senza un buon pensiero lungo la giornata, l'anima nostra resta come una piazza, guai all'ozio! guai all'indifferenza: il diavolo viene subito quando ve­de che abbiamo niente da fare, è una piazza; dobbiamo tenerci vivi con un buon pensiero lungo la giornata, e pensate che anche quando avrete trenta, quaranta, ottant'anni e sentirete ancora questi tormenti. Alle volte si dice: O Signore, perché mi lasciate vivere? È una pena continua. Certi momenti! Ma chi è avvezzato a non volerli questi pensieri, questo momento non fa paura, è un memento chiaro. E anche in Africa non c'è da temere. C'erano qui persone che erano tentate e tribolate, e giunte in Africa furono invece tranquilli. Così mi scriveva un padre, che voi tuttavia non saprete mai chi è. Pure là, questo è vestito e questo non è vestito. Ma niente, perché si usano i mezzi, e non c'è pe­ricolo. Preghiera e unione con Dio: valgono anche lì. Dio aiuta. Volete che uno che si espone a maggior pericoli per salvare delle anime, potete credere che il Signore non moltiplichi le sue grazie, per tenerlo fermo? Son certo che in Africa sarete più sicuri, perciò non dovete aver paura di essere missionari. Il Signore dà maggior grazia.
Il Venerabile Cafasso diceva che vi sono molti sacerdoti che sono veri martiri della castità. E tutti quelli che pel loro ministero, ovvero per aiuto del prossimo si mettono nel pericolo; un medico deve vedere, per curare, e può es­sere un martire della castità. Quella santa che volevano a tutti i costi far cadere ed essa diceva, se non c'è la volontà, duplicabitur ad coronam. Alle volte un confessore deve sentirne tante, e volentieri non le sentirebbe, e resta quasi ten­tato: «mai, devo lasciare il ministero per quello?». Certo che vi sono dei con­fessori che sono veri martiri della castità. Vi ho detto questo perché possiate averne un'idea generale per sapere come comportarvi, e poi il Signore aiuta. Ma noi bisogna che siamo vivi. Et si consistant adversum me castra non timebit cor meum. Non solo: ma se anche il demonio andrà a prenderne altri sette nequiores se, come nel vangelo di stamattina, neppure allora non ci vincerà, perché gratia Dei mecum. Come S. Paolo che aveva chiamato di esserne libe­rato, ma il Signore gli rispose: Sufficit tibi gratia mea, nam virtus in infirmitate perficitur. La virtù nelle tentazioni si rafforza, diventa più buona. Non vi sono cose inutili davanti a Dio. Dunque viviamo uniti a lui, e usate questi mez­zi, è impossibile che uno che vuole amarlo, il Signore non lo aiuti. State tran­quilli. E del jejunium parleremo un'altra volta.
giuseppeallamano.consolata.org