FESTA DEL MIRACOLO — DEVOZIONE ALL'EUCARESTIA — LA COMUNIONE

6 giugno 1915
Quad. X, 29-30
(6 Giugno)
Festa del Miracolo e Dom. fra l'Ottava
Oggi la Chiesa torinese festeggia il Miracolo accaduto l'anno 1453 (Storia dalle lez. del Breviario). Noi stimiamo fortunati i torinesi di quel tempo, i quali poterono... Se fossimo vissuti allora, come saremo accorsi... Ebbene S. Luigi re di Francia, avvisato che nelle mani d'un sacerdote.., non volle andarvi, e disse quelle parole di gran fede (Scaram. tr. I, 334).
Già N.S. aveva detto all'Apostolo S. Tommaso: quia vidisti me, Thoma, credidisti; beati qui non viderunt et crediderunt. E veramente noi siamo certi che Gesù è nel SS. Sacramento, in modo più certo che se lo vedessimo co' nostri occhi. La Fede e la parola di Dio ce ne assicura­no più che ogni altro mezzo: Quod non capis, quod non vides, animosa firmai fides: — visus, gustus et tactus in te fallitur, sed auditu solo luto creditur, credo quidquid dixit Dei Filius, — Praestet fides supplementum sensuum defectui.
È tale la nostra fede in Gesù Sacramentato? Così intima, viva e continua. Eppure Gesù è veramente con noi là nel S. Tabernacolo; e vi sta giorno e notte, e vi dimora solo per noi, come padre, padrone, ami­co... Pensa continuamente a noi per ajutarci... Lo crediamo? Sì, ed operiamo secondo questa verità, vivendo sempre sotto i suoi occhi, e tutto per Lui? Noi siamo più felici di quelli che vissero al tempo di Gesù in terra, perché essi lo possedevano in istato di infermità, noi di gloria;
essi lo avevano solo ad intervalli, noi continuamente. Noi felici come i beati, perché non differenza sostanziale fra loro e noi. Quindi tanti in­namorati del SS. amano fare il paradiso p. [presso] il Tabern.
Gesù vi è come vittima, cibo ed amico; vittima nella S. Messa, Cibo nella S. Comunione, ed amico nelle Visite al SS. - Oggi (infra Oct. Corp. Dom.) la S. Chiesa ce lo fa considerare come Cibo, e ci fa leggere nel Vangelo la parabola del Signore che ... Gesù ci volle dimostrare il Suo gran desiderio che andiamo a comunicarci, e la S. Chiesa fa obbli­go ai religiosi di leggere in quest'ottava un decreto riguardante l'obbli­go e le disposizioni della S. Comunione. Fermiamoci su queste (Vedi Decreto e le spiegazioni del Manuale dei Seminaristi di Mons. Rossi).
P.P. Albertone, quad. X, 143-151
6 Giugno 1915 (anche i giovani)
Ritiro mensile eh? Vi ricordate ancora dei proponimenti? Quei piccoli bi­glietti, andateli poi a vedere. Ad ogni modo, si ricomincia, e volontà di ferro, e si dice: Nunc coepi. Incominciare! Coepi, coepisti: che cosa vuol dire? Lo sai? Non lo sai? È preterito, ma è anche presente. Vuol dire anche incomincio. Sempre ritornare, sempre insistere: ma diciamo almeno qualche cosa.
Vedete quest'oggi gran festa a Torino. Tu che sei Torinese sai perché? do­vresti saperne qualcosa più degli altri! Ve lo dico io. È per il Miracolo del SS. Sacramento. Vedete, la chiesa che è vicino al Palazzo di città, la chiesa del Mi­racolo. Perché li è avvenuto il miracolo. Verso l'anno 453 (sic) dei ladri aveva­no rubato roba di Chiesa, nel Delfinato; in Francia. E avevano rubato anche l'ostia santa, l'ostensorio coll'Ostia. E poi ne hanno fatto un mucchio di tutto e l'hanno messo addosso al mulo; poi discesero in Italia, a Torino, giunti a questo luogo si trovarono presso la chiesa dello Spirito Santo. Ecco che questo mulo è caduto e né parole né bastonate, nec verberibus, non poterono più muoverlo. E intanto ecco che si slega il fagotto, e l'Ostia santa con l'Ostenso­rio va in alto, e risplendeva come il sole; immaginate! Tutti sono corsi a vedere e è anche corso il vescovo coi canonici; e prima è venuto giù l'ostensorio, e l'Ostia è rimasta là, e allora il vescovo e gli altri hanno continuato a pregare, e hanno preso il calice che si usa ora il Giovedì santo, e genibus provolutus, do­mandava al Signore che discendesse. E il Signore è disceso; e fu portato al Duomo, e poi conservato lungo tempo, finché fu consumato perché non si corrompesse. C'è ancora il Tabernacolo nel quale fu riposta, nel duomo di Chieri, e allora si è fabbricata la Chiesa che si dice del Corpus Domini. E se andate trovate entro una piccola cancellatina, dove appunto discese. E oggi si fa una grande funzione e alle cinque pomeridiane, tutte le campane di Torino suonano a festa. Voi non avete sentito, ma suonano a festa tutte. Vennero poi messi là i Canonici del Corpus Domini, e poi l'ufficio, ecc. ecco il miracolo.
Foste un po' stati là voi? Quando si sentiva dire che si vedeva N. Signore, sareste stati a casa? E ... la curiosità... anche un po' per devozione sareste an­dati a vedere; ... avreste fatto come S. Luigi di Francia? Vengono a dirgli una volta che al posto dell'Ostia si vedeva un bambino, vengono ad avvertire il re, che venga a vedere, e così il prete ha dovuto fermarsi e aspettare, ma avvertito il re ha detto: «Oh, io lo so che nell'Ostia c'è il Bambino, e non vado, non vo­glio perdere il merito della mia fede, non ho bisogno di vedere». Ah, se fossi­mo stati noi, la curiosità ci avrebbe spinti... è mica male, avremmo poi più fe­de, ma S. Luigi ha detto: il prete continui pure la Messa, ed io l'ho sempre cre­duto; ad ogni modo il fatto è cosi.
Ecco perché si chiama la Chiesa del Sacramento, e Torino si chiama la città del Sacramento, la città del S. Sudario, la città della Consolata; questi so­no i titoli di Torino. E è tanto certo questo miracolo che sotto i portici del pa­lazzo di città, c'è una lapide che lo descrive, ed è stata fabbricata la Chiesa, af­finchè si continuasse la divozione al SS. Sacramento. E questo bisogna che lo sappiate, perché vivete in Torino, e godete dei benefizi. Alle volte si dice: Ah, se vedessi, mi pare che avrei più fede... no, no. Sepete quel fatto del Vangelo, del ricco epulone, che era andato all'inferno e diceva ad Abramo che mandas­se almeno ad avvertire i parenti, ma Abramo ha detto: no, hanno Mosè e la legge; se non credono a Mosè non crederanno neppure se un morto risuscitas­se. E se domani avvenisse di nuovo il miracolo molti crederebbero e molti non crederebbero. Sapere che c'è, e basta. È là vivo come me, nel corpo, sangue, anima e divinità. Lo crediamo più che se lo vedessimo, se lo vedessimo potreb­be essere un'illusione, e invece lo sapete per fede. (Ho) qui quella bella pre­ghiera di S. Tommaso, etsi sensus deficit, sola fides sufficit. Dunque vedete:
Visus, gustus... nel bell'inno dell'Adoro Te devote. Cosa dice: sed auditu solo tuto creditur. Credo quidquid dixit Dei Filius, Nil hoc verbo veritatis verius. Credo che potete fare anche questo. Ecco: il viso, gusto, tatto, si sbagliano nel vedere, vedono solo le specie, ma si crede solo audito, dico, solo coll'udito, il Signore l'ha detto, l'ha stabilito lui, credo. Nil, niente di più vero, che queste parole, nil hoc verbo veritatis verius. E altrove dice: Quod non capis, nel Lau­da Sion, quod non vides, animosa firmat fides. Fede animata lo conferma; lo dice; m'attesta che c'è Nostro Signore più che se avessimo da vedere. Potrem­mo desiderare di essere vissuti ai tempi degli Apostoli, eppure N. Signore ha detto: Beati qui non viderunt, e hanno creduto. Ha detto a S. Tommaso. Non si crede perché si vede, ma si crede perché si sa che c'è. La parola di Dio non sbaglia mai. E perché Egli in via ordinaria è con noi, noi non diamo più tanta importanza a questo. Il Signore si lamenta come ai Giudei, che la regina dell'Austro si è mossa per andare a vedere la sapienza di Salomone, eppure plus quam Salomon hic. Eppure i Giudei non si davano per inteso. «Io son di più», dice, e invece noi non vogliamo faticarci, perché N. Signore è là, con noi, noi lo lasciamo là; non dico che lo trascuriamo, ma non palpita il cuore. Guardate noi siamo più felici che non quelli che vissero al tempo di N. Signo­re. E questo per due motivi dice un autore: 1° perché essi possedevano N. Si­gnore in istato di infermità; possibile ancora di patire, qui invece possediamo N. Signore in istato di gloria, impassibile come in cielo, dunque noi abbiamo N. Signore meglio, potrei dire, in quanto che è glorioso.
2° motivo poi, N. Signore allora, era in alcuni luoghi, era visibile ad alcu­ni, e per vederlo correvano di qua e di là, e per poterlo vedere quel poveretto Zaccheo ha dovuto montare sul sicomoro; faceva caldo vederlo tutti; e noi in­vece, sempre con noi, quando vogliamo, dal mattino alla sera e dalla sera al mattino. E noi abbiamo solo da andare in cappella, da pensare alla cappella, Egli dà udienza; vedete che importanza piglia nostro Signore nel Tabernacolo. È maggiore, più importante, più eccellente che la sua presenza corporale ri­spetto a noi. Non c'è diversità di sostanza tra i beati, tra loro e noi, perché N. Signore nel SS. Sacramento è tale e quale. Ecco perché tante anime desiderano di fare il Paradiso nel SS.; nel Tabernacolo, finché N. Signore ci sarà nel Ta­bernacolo. Una signora che ha fatto fare tutto l'interno del Tabernacolo, che l'ha fatto foderare di tela finissima d'oro, di primissima qualità, d'argento e d'oro; e si direbbe: che peccato, non si vede! Essa ha risposto: lo vede N. Si­gnore! lo faccio perché lo veda lui, e poi lo faccio anche un poco per me, per avere il privilegio di venire dopo morte nel Tabernacolo, cogli angeli che fan­no la corte a N. Signore nel Tabernacolo. Gli angeli fanno corteggio a N. Si­gnore nel SS. Sacramento, e se stanno gli angeli possiamo stare anche noi, gli angeli stanno là quando noi andiamo a girare, il Paradiso non è fisso, è dove vuole il Signore e difatti l'angelo custode non lascia il paradiso per venirci ac­canto. Perciò si può fare il Paradiso, si può avere il privilegio di fare il Paradi­so nel Tabernacolo, ma per avere questo privilegio, bisogna andare volentieri in Chiesa, se ci stanchiamo adesso eh!: non venivi quando potevi, stavi là sen­za fede, distratto, ah, mai più! Prendo solo quelli che sono pieni di Gesù Sa­cramentato.
Ci sono, sapete, quelli che sono desiderosi di questo privilegio, hanno buona volontà, ne ho conosciuti, che capiscono, hanno fede, la ravvivano, ma non c'è bisogno che il Signore faccia un miracolo; siamo più sicuri ancora, etsi sensus deficit, sola fides sufficit. Tu andresti a vedere? No, non andrei. Una volta che dicevano che c'era un bambino che metteva sangue, e tutta Torino correva, e non sono andato, è impossibile, e poi non sta a noi giudicare, a de­cretare, e poi c'è poi venuto l'ordine di non andare, e non era poi vero vedete? Possiamo sbagliarla qualche volta. Noi non siamo giudici; eppure dicevano che si vedeva proprio il sangue attorno il capo, basta, fatto sta ed è che non si è andati, e c'è venuto l'ordine di non andare e non era poi tutto vero. Vedete? e se si fosse andati?
Che vedere! Sola fides sufficit. Nil hoc verbo veritatis verius. Credo a quello che ha detto nostro Signore. E N. Signore ha detto: Questo è il mio cor­po, questo è il mio sangue. Ed io vorrei che quest'oggi e in tutta questa ottava meditaste maggiormente questo mistero, e aveste un amore in modo particola­re, maggiormente amore verso Gesù Sacramentato. Gesù, dice un autore, si trattiene nel SS. Sacramento come vittima, come cibo, come amico. Come vit­tima nella S. Messa. Come cibo comunicandosi a noi nella S. Comunione. Ca­ro mea vere est cibus, et sanguis meus vere est potus. E in terzo luogo come amico e si va a trovare. Tre modi con cui N. Signore resta nel SS. Sacramento, nella SS. Messa, nella S. Comunione, e poi terzo modo come amico.
Non posso trattenermi quest'oggi, tuttavia qualche parola sulla S. Comu­nione. Il Vangelo di questa mattina dice che c'era un gran signore che ha fatto una gran cena e andò a invitare a destra e a sinistra. E uno comincia a dire: ho comperato una villa e devo andarla a vedere, scusami; l'altro juga boum emi quinque, ho comperato cinque gioghi di buoi, cinque coppie di buoi, et ideo... vanno invitare gli altri, e dice: uxorem duxi, ho fatto matrimonio, mi sono sposato, non posso venire. Indegnato sapete, ah, cosi! si rifiutano? potevano andare un altro momento a vedere la villa... l'altro il matrimonio, non so ... Va a cercare tutti quelli che stan fuori, ciechi, storpi, zoppi, falli venire, affin­chè sia piena la mia mensa. E poi il servo si presenta di nuovo: ho fatto; ma c'è ancora posto! E allora va di nuovo un'altra volta e falli venire, perché nemo virorum illorum qui vocati sunt gustabit coenam meam.
E voleva riferirsi appunto a questo N. Signore, a questo cibo, a questo convivio.
Ora sulle disposizioni necessarie per accostarsi alla Comunione. Sapete che c'è il preparamento remoto, e prossimo; Non parlo per ora delle disposi­zioni remote; solo delle prossime. Due disposizioni sono assolutamente neces­sarie: e in quel decreto della Tridentina Sinodus, a cui si riferisce il Papa, dice:
parla della frequenza e cita così bene il Tridentino, e dice: (Vedi decreto); il confessore non può negare la comunione se non a chi non ha la grazia di Dio, e non ha retta intenzione. Ossia a chi è in peccato mortale, e se poi uno per di­sgrazia cade, va a confessarsi. Dunque: la condizione è lo stato di grazia, la se­conda è la retta e pia intenzione. E vedete come dice: la retta intenzione consi­ste (Vedi decreto Com. Frequente). E questo vuol dire che non deve andare per farsi vedere, o per rispetto umano come se uno di voi andasse perché van­no tutti. Si va fossi anche solo, e non si va fossero anche tutti che vanno. Sic­ché i superiori guardano! nessuno andrà a vedere andasse anche solo alla Co­munione alla Domenica. Si ha piena libertà, si è solo obbligati a Pasqua. Non dire: ah, se non vado dicono che ho un peccato mortale sull'anima! — no, nessuno deve guardare gli altri. È libero! E invece si deve pensare: È tanto umile che si sente indegno, fa un atto di umiltà. E meglio andare per amore, basta, insomma, l'amore vince l'umiltà. Ma, sia come si vuole, forse eh! al mattino ha bevuto, non solo lì così, ma ha bevuto ecc.; oppure ha la testa cari­ca, e non può raccogliersi, e crede bene di non andare. La retta intenzione ri­chiesta per la Comunione è questa dunque che non si deve andare per uso co­me si va a colazione, eh, si va da tutti, no, non bisogna andare per usanza; non per vanità, per farsi vedere, non andare per altri umani riguardi ecc. (vedi De­creto). Dobbiamo cercare di essere senza peccato veniale deliberato, ma tutta­via non è necessario astenersi dalla Comunione, anzi la Comunione è il rime­dio, è l'antidotum, dice così il Concilio, quo culpis quotidianis liberatur, et a mortalibus praeservatur. È l'antidoto per cui siamo liberati dai peccati giorna­lieri, e preservati dal cadere nei peccati mortali. Ci libera dai diffettucci; e pre­serva dai mortali. Ci dà la grazia. Dunque state attenti a quello che c'è qui, che non è necessario di essere santi bisogna essere santi o volersi far santi. O lo sia o vuole farsi. Non che un dica: Guarda! ha fatto questo e va ancora alla comunione! È mortale? — O no! — Dunque?! È ... peccato mortale... credo che mai nessuno di voi, ah, mai tutto l'anno, mai che uno cada in peccato mortale!
Si va alla Comunione sempre liberamente, fosse venerdì o sabato o do- menica. Dicano gli altri quel che vogliono non devono dire niente! Anima tua, borsa tua, dicono. Non cacciarsi in questo col compagno. Non andare per questi motivi, e neppure lasciarla. Impediscono i peccati veniali? No! ecco: Benché ... (vedi Decreto). Basta. Ecco è sufficiente, e se non c'è il peccato mortale deve operare, perché la Comunione dà le grazie, e aiuta ad emendarci dai difetti, ma bisogna andare naturalmente con divozione, ma se uno va con un peccato veniale e si intesta, vuol vendicarsi, e N. Signore chiama dentro, la­scia stare, lascia stare, e lui, no! non fa piacere a N. Signore, ma siccome non è peccato mortale, può andare lo stesso, non resterà cancellato, ma se lascia e dice: non voglio vendicarmi, allora la Comunione lo libera.
Tutto per amor di Dio. Studio con impegno, scuotere l'accidia, l'indolen­za. Poi prepararsi bene alla Comunione non solo evitando i peccati mortali, ma anche i veniali deliberati. Stare attenti a diminuirli, specialmente i delibe­rati. Questo è quello che è pratico dal miracolo del Corpus Domini. Comunio­ni fervorose! Con buona intenzione, quando si va ad attingere, se vado ad at­tingere e porto solo un bicchiere, si empie il bicchiere, e se invece porto lì un secchiello, un bel secchio, empio un secchio. Così per la Comunione; se vado solo lì lì, e porto poco! ma se mi preparo bene, ne porto via, se mi scuoto, por­to fuori un secchio, un tino di grazia di Dio.
Come va, diceva Mons. Ressia, che una volta in certi seminari, non c'era neppure il Sacramento, e la Comunione si faceva solo la Domenica, e quando c'ero io sapete quanto? Alla Domenica tutti, al lunedì la massima parte, al martedì metà, al mercoledì si contavano sulla mano, al giovedì e venerdì uno o due. E qualche volta fino al Direttore rincresceva, e pigliava poi in disparte: «e perché non vai alla Comunione?» — e... sì, pure, non vanno gli altri, crede di essere più santo di noi? fino il direttore non sapeva... - Ora, dice, tutti van­no, quel vescovo dice, adesso si va tanto, e quando giungono al sacerdozio so­no più buoni? sono più santi? Dovrebbe essere così, tante Comunioni! tante grazie! Eppure non è così, perché? In collegio, negligente, per la lingua tale il primo giorno, tale alla vigilia dell'ordinazione. Pure fa la Comunione tutti i giorni. E non la fanno mica male, come va? tante comunioni devono fortifica­re! E invece hanno tutto e per tutto le miserie di prima; non in cibo, è la causa, sed in sumente. Ed è per questo che vi sono sempre le stesse miserie, fa delle promesse, e poi non le mantiene, se le fa; che arriverà? Si infervoreranno do­po? No, e chi non è infervorato nella Comunione, non lo sarà nella Messa; il primo giorno qualche cosa, e poi è tutto lì. E dice, sono Comunioni cattive? No. Non ci sono peccati, ma imperfetto sempre; non ottiene niente di consola­zione da Nostro Signore; niente è tanto stringato con Lui, e va bene questo? Nostro Signore era comparso a quel santo, quando vide uno che andava alla Comunione, e c'era nostro Signore che si dimenava: e non voleva entrare in una bocca, perché in quell'anima c'era il peccato mortale; nostro Signore è obbligato ad andare, ma va per forza. Ma lasciamo pure questo, ma quando nostro Signore è obbligato ad andare in un'anima fredda, è come entrare in una casa tutta brutta e disordinata. Dunque è inteso, la comunione è sempre libera, e ci vogliono solo due cose anche per farla tutti i giorni, ma per farla fervorosa, bisogna scuoterci, via quella tiepidezza, farla con impegno, questo piace a nostro Signore. Tutti i giorni, due volte maligno, una volta un atto di disubbidienza, di superbia, ma ... oggi mi metto, e allora il Signore ci perdo­na, e ci aiuta.
Abbiamo alcune notizie dai nostri infelici... non so neppure come chia­marli... cari soldati; certo che la prima impressione di essere vestiti a quel mo­do... ma quando ritorneranno strapperemo quella roba lì e riprenderanno la veste. Per grazia di Dio sono tutti in sanità. E sapete che cosa vuole dire? Vuol dire che non combattono, non hanno mica dato loro il fucile; sono solo infer­mieri, aiutanti, tutti, cominciando da Savino. Così avevano studiato inglese, francese, e i corsi regolari di medicina e così sono passati tutti dal primo all'ul­timo come studenti, nessuno ha da combattere. Due poi sono riformati: D. Bolla e Ch. Calandri; e così grazie a Dio, canteranno in Exitu Israel de Egipto. Scrivono ma dicono tutti la stessa cosa. Ringraziamo il Signore che anche in mezzo alle disgrazie ci aiuta. Ci tiene lontani dal pericolo. Saranno quelli che andranno a curare i malati negli ospedali, quelli che potranno essere più tran­quilli, non hanno da tirare. E invece quelli che sono obbligati a fare il cappel­lano, pare che siano tranquilli e invece quelli che sono più in pericolo. Così per i sergenti, tenenti e quelli che sono a capo, devono stare là in mezzo. Fatto è che resteranno negli ospedali e non andranno a combattere e quando verranno sapranno di ginnastica quanto voi. Ringraziamo il Signore che non abbiano da essere proprio in mezzo alle disgrazie.
Sapete, adesso hanno messo un vescovo castrense, così tutti i cappellani militari non dipendono più dai loro vescovi, ma dipendono tutti dal vescovo castrense che è Mons. Bartolomasi. Per tutta la milizia sia di terra che di mare. È andato a Roma, e speriamo che resti poi anche dopo.
Naturalmente si sono intesi col Governo. Ma adesso tutti i preti sotto le armi si indirizzano là. Vedete il Papa pensa a tutti. E così adesso nell'esercito ci sono i cappellani, e l'episcopo castrense. E noi preghiamo. Vedete, bisogna essere disposti, ma i nostri non vanno mica là col fucile, speriamo che possano fare veramente da Apostoli. I preti poi possono dare assoluzioni, ma soprat­tutto preghiamo perché si finiscano queste storie, perché si faccia la pace, pre­ghiamo.
giuseppeallamano.consolata.org