L'EUCARESTIA: VISITA E COMUNIONE

13 giugno 1915
Quad. X, 31
(13 Giugno 1915)
Sul SS. Sacramento
Ho meditato di questi giorni (Hamon, mart, infra oct.) che il S. Patriarca Giobbe si lamentava dei suoi amici venuti per consolarlo, e li chiamava consolatores onerosi (Job. XVI. 2). Infatti i tre amici dopo essere stati in silenzio... presero a parlare dicendolo colpito da Dio perché doveva avere peccato... (V. Testo). Tali sono tutti i consolatori umani, se non s'inspirano ai sentimenti di Fede: sono tutti consolatori pesanti, prezzolati, interessati o senza cuore. Così il medico..., l'avvo­cato..., l'amico... Quindi succede che dopo avere confidato a costoro le nostre pene, non ne riceviamo che spese, parole vane e sovente penti­mento di aver parlato. Non così con Gesù Sacramentato. Egli (Hamon l.c.).
La nostra dovrebbe essere una vita Eucaristica; la nostra mente ed il nostro cuore dovrebbero essere continuamente occupati del SS. Sa­cramento, non solo prima e dopo la Comunione, e nelle visite al SS., ma anche lungo il giorno durante lo studio, il lavoro... E non è il SS. il centro verso cui come raggi noi tendiamo? E Gesù dal tabernacolo che regge questa Casa, come tutte le Stazioni delle nostre Missioni. È un er­rore dei modernisti che dicono i tempi moderni esigere opere esterne e non tante preghiere; vita attiva e non contemplativa. Il contrario ci in­dica il Signore colla fioritura di opere encaustiche come l'Ora di Ado­razione che tanto si diffonde e colle moderne istituzioni dei Sacramentini e delle Sacramentine.
Voi, miei cari, fondatevi nella continua presenza di Gesù Sacra­mentato i [= in o tra] voi e nei S. Tabernacoli. Quanta forza e consola­zione ne ritrarrete in Missione nelle vostre difficoltà e pene...
A questo fine vi ricordo un metodo già spiegatevi altre volte, che un nostro missionario mi chiedeva dall'Africa di ricordarglielo per iscritto. Esso consiste nel rinnovare lungo tutta la giornata i sentimenti che dobbiamo fare nella preparazione e nel ringraziamento della S. Co­munione (V. Anno 1912 p. 28).
Provate anche voi e lo troverete facile e naturale...
P.P. Albertone, quad. VI, 154-159
13 Giugno 1915
(Comincia il discorso rivolgendosi ad un chierico soldato). Quando ritor­nerete vi svestirò poi io ... Quel là è stato un macacû.... Ma i missionari non si pigliano spavento per poco. Ma ... è venuto improvviso (allude alla guerra) avessimo pensato per tempo avremmo fatto partire qualcun altro per tempo (li avremmo mandati in Africa prima). Ma là... potrete dire: ho servito la patria, e se prendono anche quelli della quarta? non sono tutti fortunati come D. Bol­la. Ma...
Stamattina D. Bosio ha scritto, è stato alla battaglia di Montenero, cap­pellano, e dice: non ho il necessario per dire la S. Messa, e si raccomanda, son proprio stato in mezzo alla morte. Pure, dice, che in quei momenti è sempre stato tranquillo, uno si raccomanda al Signore. Dice che ha assistito uno che è morto così bene, e dice che è proprio all'estremità, dov'era Carlo, dov'eri? (ri­volgendosi al Coad. Carlo). Pare che le cose precipiteranno, può mica andare avanti tanto tempo, pare che abbiano già preso tutti i punti principali, e per gli altri, ce n'è ancora qualcuno, gli gireranno attorno. Ma lasciamo che si sfo­ghino, l'essenziale vanno ai centri, non dovrà durare tanto... durerà forse poi l'acquisto minuto, ma la battaglia vera... un po' di guerriglia, speriamo che... cosa mai...
Stamattina avete visto alla Consolata, c'era non il Sindaco, ma l'assesso­re, il prefetto, i capi di magistrature, Principesse, Duchessa di Genova, sono andati a riceverli alla porta. È stato solenne... ecco... il Cardinale non aveva ieri sera troppa voglia di fare questa funzione, ma poi ieri... vede, dappertutto i vescovi vanno, e allora ha detto: vado. Anche per tenersi con questa gente. (Parla della funzione fatta al mattino alla Consolata per il felice esito della guerra)... e là... cosa mai ... Poi c'è stata la funzione dei così detti gregorianti, e c'era tutto il presbiterio pieno, e poi il Santuario, un mare ... non pare vero che a Torion ci siano tanti ragazzi. Pure sanno radunare tutti questi bambini, li attirano, li elettrizzano, fanno recitare il rosario, cantava­no.
Bisogna che preghiamo per il Can. Alassia, che è morto stamattina, ed aveva 55 anni. Era di quelli che correggevano i lavori del Concorso di Castelnuovo. L'ha fatto morire Mons. Pisetta (ridendo); già, è venuto lui ammala­to, e allora c'è venuto Can. Alassia per correggere i lavori. E adesso dicono che tocca a me; ma toccava a me già prima di loro. Era un santo sacerdote, sa­pete, pregate per lui. Si occupava in curia di tutte le cose dei sacerdoti di Tori­no. Era tutto lì... posa piano; eppure era tenace nel bene. Faceva un po' da cancelliere in curia.
Un giorno Mons. Gastaldi desiderava farne un sostituto dell'avvocato fi­scale, poi l'hanno messo in curia e l'hanno sempre tenuto lì. Vedete, così si muore, et opera eorum sequuntur illos. Il clero lo amava. Faceva tutto con calma, nelle questioni stava attento ed era di piuttosto di difficile percezione. Finché non era persuaso della verità di una cosa... , e, non procedeva. Stava lì... : mi diceva che alle volte stava persino una settimana senza andare di cor­po... anche in questo bisogna evitare i due eccessi. Mangiava come un canari­no. Quando uno è così stitico abituale si formano poi così dei depositi che so­no poi dei veri cancri. Bisogna pigliare di tanto in tanto una purga, per potere liberarsi. C'era il dott. Battistino (?) gli dicevo che il caffè e latte al mattino mi faceva da purga; e lui diceva: Deo gratias! Se fa già non c'è più bisogno di prenderla. Non è un male, anzi.
Fatto è che tutte le cose hanno il loro motivo, e ogni morto la sua scusa. Quando è la nostra ora... e quando non l'è, per quanto male si abbia non si parte. C'era la Damigella Boccasso; doveva morire cinquanta volte, e adesso sta bene. Questo per far vedere che la nostra vita è nelle mani di Dio.
Del resto?... preparatevi per la festa della Madonna. Ci dovrebbe essere la processione, ma non ci sarà. Così anche l'illuminazione, per paura dei Te­deschi. Ma non spaventatevi, sicché vengono di lassù, è troppo lontano! Può darsi che facciamo una prova di notte, ed allora spengono tutto. E voi potete chiudere la luce, ma poi non si vede di fuori, quello lì (la luce della vieilleuse) fa mica niente. Se lo vedete spento, chiudere. Ditelo anche all'Assistente dei giovani che se vede spento il lume chiuda. Ma poi anche non chiudendo, ne esce così poco che fa mica male. Ma... speriamo anche questo passerà, il Si­gnore provvede. Fanno anche questo (le prove cogli areoplani) per guardare se verrà un altro, può darsi che tirino anche per vedere se spuntino altri, se si pre­senta qualcuno di queilà (tedeschi).
Quanti milioni vanno sotto nel mare! bastimenti che costano! E il Signore che non sa cosa farne! del loro denaro. Facesse almeno questo del bene solo a qualcuno ma per fare così del male!... ma, cosa mai, cosa mai...
Continuate, avanti sempre, e non dovete contentarvi solo dell'ottava per la divozione al SS. Sacramento, ma tutti i giorni, incominciando ora che sia­mo nell'ottava. In questi giorni meditavo il fatto di Giobbe, meditando sul SS. Sacramento. E diceva Giobbe, che i suoi amici erano consolatori onerosi. L'avete letto? chiamava i suoi amici consolatori pesanti, onerosi, noiosi. E in­vece N. Signore non è un amico pesante. Quei tré amici sapete, sono venuti a trovarlo quando lui era ammalato, ed era là per terra sullo sterquilinio, e sono rimasti lì un poco di tempo in silenzio, a vedere tanto dolore. Poi hanno co­minciato a parlare, con lunghi discorsi. Ma invece di consolarlo lo incolpava­no e gli dicevano che ne aveva fatte delle grosse. E lui nel rispondere li dice consolatori onerosi, ben descritto! Per consolarlo pesavano. E così sono tanti consolatori in questo mondo. Sono poco piacevoli. Un avvocato consola il cliente, ma tormenta. E poi si fa pagare. Ma lasciamo stare queilì che sono pa­gati. Molti non sono buoni a dare la vera consolazione. Solo N. Signore sa da­re la vera consolazione, affinchè si vada a cercarla da lui, od almeno mentre si va a cercare da tutti si vada anche da lui. E N. Signore dice: andate a cercarla da tutti, ed io sono sempre l'ultimo! E si lamenta che andiamo di qua e di là, e ci dimentichiamo di lui. Ci dimentichiamo di andare nel suo Cuore che è vero consolatore. Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis... Gesù Sacra­mentato è particolarmente fonte unica e vera consolazione. E anche in Africa, quando verranno i giorni neri. Gesù è là nella capanna. Invece di stare lì a «magunè» si ha il Signore a due passi, ma ci vuole fede pratica, viva. E il Si­gnore ci piace e uno si sente subito sollevato. Ma se non lo fate già qui, come lo farete là? S. Alfonso era divoto del SS. Sacramento e tutti i Santi che ebbe­ro la fortuna di vivere presso di Lui, erano innamorati, e non erano mai con­tenti abbastanza. Questa pratica di fede è come tanti raggi che partono di là da Gesù, e ritornano là. Un piccolo sacrificio, un piccolo pensiero a Gesù, aiuta, e sta tutto lì, saper vivere praticamente di fede. Gesù è nel SS. Sacramento solo per noi. Gesù è là. Queste visite a Gesù quando si può sono quelle che man­tengono la vita di fede. E per averla questa vita di fede bisogna lungo il dì usa­re la pratica del ringraziamento remoto. Il preparamento richiesto alla Comu­nione l'abbiamo già detto, consiste nell'essere esenti dal peccato mortale e nell'avere rettitudine di intenzione. Ma per ricevere proprio bene la Comunio­ne bisogna avere maggiore disposizione, più fede, più amore, più umiltà, un vaso più largo prende di più. E il Signore ha rivelato a S. Maria Maddalena de' Pazzi che una Comunione proprio ben fatta basta per fare un santo. Così trovo tanto comodo per tenerci un poco raccolti fare per preparamento tre at­ti, di fede, di umiltà e di amore. Questi tre atti servono ad eccitarci, perché ci accostiamo con più fervore. L'atto di fede: pensare che proprio là c'è Gesù. Proprio Gesù in corpo, sangue, anima e divinità, proprio vivo com'è in cielo. Avere questo pensiero di fede. Poi umiltà: Domine non sum dignus, le parole del centurione, esamino le mie miserie; grazie a Dio peccati... sono tranquillo, ma ho delle miseriette. Sono maligno, sono disubbidiente, sono negligente... umiliarci insomma. E poi desiderio, amore, Veni, Domine, et noli tardare, de­siderarlo di cuore, il Signore vuole amore. Questi tre atti si potrebbero comin­ciare dalla sera, facendo la preparazione remota alla Comunione. Le parole di Ester: Cras cum rege pransurus sum! Quel ministro era felice di pranzare col re, ed anch'io, il Signore ci fa realmente partecipi di se stesso, lui sarà nostro cibo, bello questo pensiero! E noi serviamocene: Cras cum rege pransurus sum. Fin dalla sera pensare ai sospiri dei Patriarchi: Utinam dirumperes coelos et descenderes! Veni, Domine, et noli tardare! Tutte queste espressioni ser­vono, tutte per desiderare nostro Signore...-sentire nostro Signore nel Taber­nacolo. N. Signore è discreto, ci lascia dormire, ma almeno appena svegliati pensare a lui, Festinans descende, ci dice. Coraggio! fa presto, festina! Su, su! discendi presto! discendi subito! oportet, conviene, voglio andare nella tua ca­sa. N. Signore si fa sentire: Festinans descende. Su! Ecco, perché oportet! Oportet che stiamo a lui uniti: ecco il desiderio che ha N. Signore, ma noi dob­biamo sospirarlo, desiderarlo. Facendo questi tre atti, è più facile essere rac­colti, così questi tre atti ci aiutano a fare la comunione con più divozione. Questa è la preparazione prossima e remota. (Poi parla del ringraziamento re­moto, che, come già trattato più volte, tralascio. Solo noto che nel quinto atto del ringraziamento remoto ha aggiunto: «Benedicite tutto il creato il Signore, tutti, anche gli areoplani, tutto). Non è mica difficile, è semplice, e così si vive di Gesù Sacramentato. S. Luigi che faceva la Comunione una o due volte la settimana, divideva il tempo del preparamento e del ringraziamento, e così an­che noi dividiamo il tempo e così facciamo tutto quello che fanno gli altri. E così si vive di fede; bisogna che ci imbibiamo di fede, che ci spiritualizziamo.
Così saremo spiritualizzati; provate: gustate et videte quam suavis est Dominus. E anche i nostri semi-soldati (rivolgendosi ad un chierico soldato) anche in mezzo al quartiere lo possono fare questo. Il Signore c'è anche, ha la vista buona il Signore. E poi andarlo a ricevere tutti i dì quando si può, e se fosse possibile anche due volte al dì. C'era un prete che mi scriveva che aveva dovu­to celebrare tre messe. Finora avevo sentito di quelli che ne celebravano due, ma tre... Eppure ha detto che ne celebrava tre al giorno. Resta sempre come a Natale. Una volta s'era domandato alla S. Sede di poter celebrare più messe il giorno dei morti.
Vedete, desidero tanto che vi incarniate di nostro Signore. Il Ven. Olier diceva che tutto il nostro compito era di fare dei sacerdoti divoti di Gesù Sa­cramentato. Come anche i Sacramentini: pareva ora il tempo di agire quasi che il tempo che si impiega a pregare fosse tempo perduto. E invece N. Signo­re suscitò altri contemplativi che passano la vita nel pregare, e stare davanti a Gesù Sacramentato. Hanno tre ore al giorno di adorazione, senza contare le altre preghiere comuni. Non è tempo perso: c'è bisogno che preghino, che fac­ciano del bene. Tempo non pare quello, e invece è quello. E noi pratica di lì, ecco, di pregare e di fare del bene. Facciamo così. Il Signore ci aiuti e la Ma­donna ci dia delle grazie.
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