RICONOSCENZA AI BENEFATTORI — CONFIDENZA IN DIO OBBEDIENZA

29 agosto 1915
Quad. VII, 34
29 Ag. 1915
Eccoci ritornati al caro nido dopo le vacanze di S. Ignazio. Sebbe­ne colà non vi siate dissipati, ma solo ristorati, nullameno vi sta bene l'avviso dello Spirito Santo: redi anima mea in requiem tuam: ritorna anima mia nella tua tranquillità. È questa la casa della vostra pace, do­ve avete già passati tanti mesi ed anni vivendo alla presenza di Dio, sot­to il manto della nostra cara Consolata. Dato il tributo necessario alle forze corporali, ripigliate le vostre occupazioni di studio e di lavoro, e lavorate intensamente a formarvi missionarii santi ed istruiti. Questo sia il vostro comune intento.
Il nostro Istituto deve tirar dritto per la sua via, qualsiasi ostacolo venga a disturbarci. Certamente ci addolora il vuoto di molti nostri ca­ri, partiti per la milizia; ma non dobbiamo perciò disanimarci; dobbia­mo invece supplire alla loro mancanza con raddoppiare le nostre opere ed il nostro fervore. Forse domani il Signore permetterà altri sacrifizii.... Coraggio, avanti a vivere da buoni missionarii sino all'ora da Dio fissata. Pensiamo a noi, e non tocca a voi sapere notizie esterne, ed a che prò? Capillus de capite vestro, disse N.S. non peribit. Il Van­gelo odierno parla dell'abbandono che dobbiamo avere nella Divina Provvidenza quanto alle cose materiali; la stessa si deve avere quanto a tutte le disposizioni di Dio a nostro riguardo (V. Chaignon Dom. XIV).
Due cose: riconoscere praticamente che Dio interviene in tutte le cose anche minime e le governa a nostro bene; sottomettersi alle sue di­sposizioni dirette o permesse. Dominus est. Ita Pater quoniam sic fuit pi. ante te. Fiat.
P.P. Albertone, quad. VII, 3-3
29 Agosto 1915
Mi raccomando di pregare per la signora De Luca, madre del Sig. De Lu­ca, santa donna, benefattrice del nostro Istituto. È sempre stata essa a provve­dere i dolci all'Epifania. E i missionari devono pregare per quella santa donna benefattrice del nostro Istituto, e insigne benefattrice. L'ho vista mercoledì a Cavoretto, era già disperata dai medici, è poi morta il dì stesso della sua nasci­ta. Aveva avuta una disgrazia l'anno scorso, il figlio aveva fatto cattivi affari, ma prima aveva sempre fatto del gran bene. E il campanone che abbiamo a S. Giovanni è suo, del papà, e così le due colonne della Consolata. Il papà ed es­sa furon generosi sempre troppo. Questa brava donna era sorella del Can. Sol­dati, una piissima famiglia, ed il Signore l'ha provata; una famiglia che è sem­pre stata particolare benefattrice del nostro Istituto. Alla sepoltura che si farà in Cavoretto manderemo una rappresentanza. E voi nella Comunione preghe­rete per questa insigne benefattrice dell'Istituto.
Vedete... al principio dell'Istituto si faceva che andare lì, ora, l'è come per la Signora Precerutti ogni tanto... così il Sig. Precerutti dà un tanto dei suoi proventi. E poi per l'Istituto fa tutto gratis.
I figli sono tanto addolorati. Preghiamo, massime che stamattina ha mandate messe per i missionari. Il Cardinale diceva: ha la mia età. Anzi dice­vo, ha la mia. Comunque sia è una santa famiglia. Ella fu tanto tempo tribulata e le fece tanto pena questo disastro finanziario. Essa aveva la dote senza ipoteche ed ha perso tutto. Ed io le ho detto: Lei è fortunata, il Signore l'ha distaccata da tutto. Aveva paura di morire, e allora io le ho detto: «Non mori­rà ancora». E difatti giovedì le ho domandato, e mi ha detto: Ora sono tran­quilla, sia fatta la volontà di Dio. Le ho domandato se aveva fatto l'atto del Venerabile, e mi ha detto di sì e le ho detto che lo facesse di nuovo bene. È una famiglia di quelle antiche. È nostro dovere di raccomandarla, come tutti i be­nefattori, non solo coll'oremus, ma sempre: Retribuere dignare, Domine, omnibus nobis bona facientibus, propter nomen tuum, vitam aeternam. Amen. Per tutti quelli che fanno del bene a noi nel nome e per amore del Si­gnore. E così noi raccomandiamoli nella visita e nella Comunione. E certo vi­vete di carità; è un vero miracolo che mese per mese vi siano tutte quelle offer­te. Alle volte vedo quelle mille lire due o tre volte di seguito nelle offerte del bollettino,e allora vado giù (in sacrestia) a vedere.«Ma ditemi un po' ho paura che ripetiate, chi è questo N.N. lire mille; bisogna che io lo sappia». E allo­ra mi dicono che non è ripetuto... vedete? Bisogna che siate riconoscenti che queste cose avvengano ancora in questo tempo che va tutto per la guerra, che va tutto per la guerra.
Tale è la nostra corrispondenza e tale è l'aiuto che dà il Signore. Solo per cominciare la spedizione del Kaffa ci sono andati più di 15 mila lire, ed ora scrive che i cammelli sono tutti morti. E lì... con niente; — quello che costa a mantenere un missionario! Ma se noi lo meritiamo N. Signore fa uscire ed en­trare, se no fa solo uscire. E il mio fastidio non è che entrino, ma che meritiate che entrino. Vedete, la gente... sanno contare, là alla processione (allude alla processione delle quarantore fatta nel Santuario della Consolata) dicono: quei lì sono cappellani, quei lì sono superiori della Consolata, e quei lì chi sono? Seminaristi non ce n'è, e qui piccolini? E allora restano tirati.
E venendo a noi ... Ora siete tornati dalle vacanze, chi prima e chi dopo, non vi siete divagati perché quella è un posto di santità, e quando andate voi vi sono ancora i profumi degli esercizi dei secolari, e li fanno bene! L'ultimo giorno c'era un silenzio!... difficile ad ottenersi. Sembravano frati novizi, e tutti con un contegno debito! Voi perciò avete pigliato un po' del profumo lo­ro. Perciò non è il caso di dire che siate dissipati dalle vacanze; o dalle notizie estranee; anzi, non siate curiosi di notizie di guerra, vai niente sapere. Che im­porta a voi se hanno conquistato Montenero o Montebianco? Se vincono o no? Speriamo di vincere, in fine vogliamo la pace, vogliamo quello che vuole il Papa. La pace può venire da tante cause, da una guerra andata a male, da essere tutti stucchi, o dal S. Padre. Ma per avere la pace, non bisogna che tutti vogliano aver ragione. Se la Germania vuole tutto, o un altro, come si fa? Pre­ghiamo che si faccia ciò che è meglio. Preghiamo per la pace, preghiamo per i tribolati e per i morti, e poi non occuparci, raccogliere lo spirito.
Adesso verrà la Natività, e poi comincerete l'anno scolastico, lo stesso co­me se fossero 150. Ci rincresce, ma siccome è stabilito che devo studiare, con­tinuo a fare il mio dovere fino all'ultimo, e poi viene?... Saremo preparati; sa­remo meno indegni delle grazie di Dio, e c'è niente a farci. Mettiamoci nelle mani di Dio e omnia cooperantur in bonum, anche le bastonate, dicono, etiam verbera. Anche che il Signore voglia squinternare l'Istituto, non è obbligato a fare miracoli. È già una grazia che abbiano potuto entrare tutti nella sanità, e che non abbiano almeno da andare a uccidere nessuno. E così fanno un poco di noviziato per l'Africa; vi eserciterete. E quei che debbono farlo per dispet­to? Infelici! Voi invece per nostro Signore. Fate bene il vostro dovere fino all'ultimo momento, e poi se si parte, sia fatta la volontà di Dio. Si ritornerà e si ripiglierà a vivere dell'Istituto. Più fortificati e più saldi. Non solo non por­tar della polvere, ma... Se gli altri s'indispettiscono e bestemmiano, voi pensa­te che capillus de capite vestro non peribit sine Patre vestro. Non avverrà che quello che il Signore vuole o permette. Noi cominceremo quest'anno risoluti di cominciare bene. Cooperare; chi aveva un ufficio, una scuola, ora due o tre; così i piccolini potremo tenerli a posto. Là i soldati lavorano e qui faremo tutto il possibile. Bisogna che ci sia unione tra quei là e noi. Così il pensiero di quest'oggi nel Vangelo che si deve e si può applicare a questo: Querite primum regnum Dei... E applicandolo in particolare al regno di Dio ed alla sua giusti­zia, in noi, dobbiamo cercare noi di farci santi soprattutto, e poi lasciare che faccia Lui che sa cavare del bene anche da cose che non ci piacciono. Certo che chi si va a mettere nel pericolo... ma noi che andiamo per amor di Dio, egli farà de tentatione proventum, e noi faremo di necessità virtù. Non dico quasi uno sia contento di essere vestito in quel modo, perché dovete sentirvi vergo­gnati; non dirlo là però; ma quel giorno che potrete ripigliare le vostre vesti... ah! ... vi anticipa l'apostolato futuro, in tutto. Bisogna che siamo tutti santi, ed in tutti i tempi ed in tutte le difficoltà. Faremo tutto nel nome di Dio, senza volere anticipare, studiare, fare il proprio dovere, fino all'ultimo momento. Silenzio, obbedienza con massima buona volontà.
Ante orationem praepara animam tuam, e così anche ante esercizi prae-para animam tuam. Ci vuole anche il tempo materiale per poter raccoglierci, e così poter incominciare bene quest'anno, in modo che possiamo continuare bene, in modo che passata questa tempesta noi non ne abbiamo subito tanto. Anche dei piccolini ce n'è un bel numero; il Signore muove; per il Convitto in­vece, Mons. Castrale diceva: «Non so chi ci sarà». È una cosa generale, biso­gna aver pazienza, dunque mettiamoci nelle mani di Dio. Rinunziamo a sape­re notizie, se il Signore per i nostri peccati ci ha castigati, cerchiamo di allonta­nare la collera di Dio e così sappiamo partecipare alla volontà del S. Padre;
tante creature che supplicano, in tanti monasteri si prega per ottenere la pace, e bisogna che ciascuno metta impegno per fare il proprio dovere in tutto e per tutto e di cominciare veramente bene e allora andrà bene tutto.
Ora un po' di lettera di P. Sales, è per i novizi, ma fa del bene a tutti, co­me la lettera di S. Ignazio, parla dell'obbedienza, sì... conoscerete poi nell'at­to pratico; si vuole essere alle volte ubbidienti ciechi e poi invece si fa un'obbedienza cogli occhi proprio aperti, vedrete che questa lettera fa per tutti anche per me e per te (a un giovane).
Questo mi fa venire in mente un fatto. Quel sacerdote non è più nell'Isti­tuto. Mons. Perlo un giorno ordina che della sera si vada a prendere possesso di un luogo per fondare una missione, ma della sera. E il missionario riceve la lettera, e dice: «Ah! stasera è tardi, e vado domani». E è andato il giorno do­po ed era in ritardo, c'era già stato il missionario protestante, e aveva preso lui il posto. Era una missione bellissima, chi la prendeva pel primo aveva il diritto di stare. E gli altri di altra confessione per legge, non possono più mettersi che a dieci miglia di distanza. Così vedete la disubbidienza, abbiamo perso la più bella missione che abbiamo, e abbiamo un protestante in mezzo a noi. Vedete! Bene! com'è bello ricevere dall'Africa questi esempi.
S. Francesco Zaverio diceva che ad una sola parola di S. Ignazio avrebbe lasciato tutto il gran bene che faceva e sarebbe tornato indietro. Questo fa per noi che andiamo sempre a sofisticare... E così alle volte resta compromesso non solo l'individuo ma tutto il personale, e non credete, certo ci vuole virtù. Bisogna ubbidire senza voler sapere nessuna ragione, come faceva il Ven. Cafasso, non dava mai nessuna ragione, e dicono i processi, che quando dava un consiglio ci pensava, poi se aveva bisogno di schiarimenti domandava di nuo­vo, poi diceva: «fa così», e dicono, chi ubbidiva l'indovinava, chi non faceva così la sbagliava.
giuseppeallamano.consolata.org