PRIMO GIORNO DELL'ANNO

1 gennaio 1916
Quad. XI, 18
1916
Primo giorno dell'anno
È terminato l'anno 1915, e non ritornerà mai più; che ci resta del medesimo? Il ricordo lieto o doloroso per averlo passato bene o male;
ed il rendiconto a Dio delle tante grazie ricevute lungo l'anno.
Incominciamo il 1916, come vorremmo poi averlo passato alla fi­ne? Facciamo un conto preventivo, pensando a quanto potrà accader­ci. Nell'attivo poniamo tante grazie di Dio; nell'ordine temporale, di sanità, d'ingegno ecc.; nel soprannaturale, di sacramenti, divine ispira­zioni, voci dei superiori ecc. E nel passivo che porremo? La nostra de­bolezza, le miserie, le tentazioni colle tre concupiscenze; l'incorrispon­denza, ed i peccati.
Quale previsione? ecc. ecc.
Secondo la nostra bella consuetudine vi assegno Protettore un gran Santo, che vinse tutte le difficoltà del demonio, della carne e del mondo: S. Francesco d'Assisi, e divenne un vero amante di Dio: Deus meus et omnia. Il poverello di Assisi è il Serafico S. Francesco. Pregate­lo ed imitatelo nel distacco, specialmente colle spirito di Povertà.
P.P. Albertone, quad. VII, 49-52
1 Gennaio
Avete già cominciato l'anno nuovo: l'anno vecchio è morto, e voi siete ancora vivi. Ringraziatene il Signore. L'anno 1915 non ritornerà mai più. For­tunati coloro che l'hanno passato bene. Opera illorum sequuntur illos. E chi non l'avesse passato bene? Domani avrete il Ritiro mensile, va appunto bene. Penserete a come avete passato il 1915. Son soddisfatto della mia condotta da­vanti a Dio? Se fossi morto ieri sarei stato contento? Che non vi succeda come capitò a quel tale che mentre andava alla Comunione, sapete, è caduto. Nelle antiche Chiese vi erano delle sculture, dei pozzi, veri pozzi e sopra mettevano una pietra per coprirli. Anche alla Consolata ce n'erano varie, mi ricordo di averle viste io, quando si seppellivano i morti li mettevano lì. E anticamente erano veri pozzi, sì che stavano lì a far la cassa per quei che morivano, li sot­terravano nelle loro Chiese da buoni amici.
Quando io son disceso in quei pozzi alla Consolata, c'erano ancora vari corpi, alcuni ancora con un po' di carne, altri come alla Sagra di S. Michele, voi li avete visti, erano là come in una stagera. Comunque sia, non era proibi­to sotterrare i morti in Chiesa e sopra questi pozzi si conservavano delle pietre per corpirli. Uno andava alla Comunione e passa sopra una di queste pietre. Essa si muove, questo tumbin si è piegato, e l'altro è andato dentro. Arrivato là sotto!... Si è messo a supplicare, a gridare che gli mandassero un confesso­re! Voglio confessarmi! ... Come? Sei preparato ad andare alla Comunione, sei già in grazia di Dio, e vuoi ancora confessarti un'altra volta? Che bisogno c'è ancora di confessore? Sapete che cosa ha risposto? «Altro è presentarsi al­la Comunione, altro è presentarsi al tribunale di Dio». E non è la stessa cosa? Trovava più terribile presentarsi al tribunale di Dio. Guardate, noi abbiamo una bilancia falsa. Chi è disposto ad andare alla Comunione, deve anche esse­re disposto a morire, non come quel là, che era disposto ad andare alla Comu­nione e non a morire. Guardate che idee storte. Capisco sarà stato per pulirsi di più. Se uno vuol andare alla Comunione sta attento al peccato mortale. È già bene andare con nessun peccato grave sulla coscienza, come ha detto il Pa­pa Pio X, ma se uno vuol frequentarla sovente, massime se quotidiana, ci vuo­le qualche cosa di più.
Al fin dell'anno uno fosse chiamato all'ultima sera dovrebbe essere pron­to a dire: Signore, eccomi! Uno che dicesse no, ancora un po' di penitenza per prepararmi di più!... Eppure il Signore ha detto: «Qua hora non putatis Filius hominis veniet». Se non volete morire bisogna che stiate attenti a pensare con­tinuamente alla morte. Bisogna pensare molto alla morte, ma pensare pratica­mente. Potete dire: Oh, prima che io abbia gli anni che ha il Sig. Rettore!..-. No, no, quanti muoiono giovani!... Mi ricordo che in Seminario del mio corso eravamo 32, io ero il più miserabile, eppure ora non siamo più di 7 od 8; e for­se non son io l'ultimo. Il Signore accetta la nostra risoluzione di passare bene quest'anno, ma prima bisogna che abbiamo un vero pentimento delle colpe commesse e poi facciamo un buon proponimento. Sapete che il Signore ha detto a S. Pietro, quando gli ha domandato: Quante volte dovrò perdonare a mio fratello? Fino a sette volte? E il Signore gli ha risposto: Non solo fino a sette volte, ma 70 volte sette, il che vuol dire sempre.
Qualcuno dirà: Qui entro si è sempre sotto la regola, i Superiori sono se­veri. Ne avrei da rendere conto io, sapete, se non fossimo severi. Vae nobis!... diceva S. Paolo! Siete tenere pianticelle, il Signore vuole che cresciate su bene. È un santo peso che i Superiori devono portare. È bene che il giardiniere in primavera tagli, tagli le piante perché fruttifichino. La vite piange, ma il giar­diniere guarda mica. Se no viene poi il tempo dell'uva e quella che non aveva voluto che la tagliassero porterà solo foglie, invece l'altra che si era lasciata ta­gliare della bella uva!... Bisogna tagliarvi, non lasciarvi venire su storti. Dove­te essere riconoscenti al vostro Assistente quando vi sgrida. Io sarò sempre ri­conoscente ai miei Superiori, perché non mi hanno mai lasciato fare come vo­levo io, mi hanno sempre mutilato. Tra gli altri avevo un professore in terza Ginnasiale che quando non si sapeva la lezione mandava subito fuori. Ebbene a quel lì ho una riconoscenza speciale, a tutti, ma a quello in particolare. La vite piangeva prima, adesso ride!...
Così passato quest'anno, ringraziate il Signore delle grazie che vi conces­se, domandategli perdono delle vostre mancanze, ditegli che metta Lui quello che manca e che d'ora in avanti voi volete fare tutto quel che potete. Si tratta di allevarvi non semplici secolari, ma religiosi... Sacerdoti... Facciamo mai abbastanza per cominciare proprio sul serio. Fate come fanno i mercanti. Sa­pete come fanno: Guardano quello che c'è in cassa e dividono: attivo e passi­vo, e contano. Se alla fine dell'anno non ottengono che l'attivo superi il passi­vo ma invece sia diminuito, poco per volta, fanno bancarotta. Le bancarotte vengono così; non si è contato bene. Un caso non preveduto: si è fatto banca­rotta.
In questi giorni si è radunato il Consiglio della Compagnia dei Signori della Consolata. Hanno fatto il conto sul denaro che c'era in cassa. Quello era il conto preventivo. Sapete come hanno fatto? Hanno detto: quest'anno ci entrerà questo di certo: sono 120 Confratelli, che pagano 3 lire annue ciascu­no, quindi = tanto. Questo verrà di certo, poi qualche cosa verrà ancora pro­babilmente, qualche regalo, ecc. Poi vengono al passivo: — Quest'anno se si farà la processione della Consolata ci vorrà tanto. Quest'anno se si farà, han­no stabilito di spendere tutto, se no, di regola ci andava 500 lire per la cera. Questo non è mica certo, ma forse verrà. Poi ci vogliono 100 lire per restaura­re la statua della Madonna dei guasti che ha avuto l'anno prima, ma, dicono, quest'anno non ce n'è bisogno perché l'altranno non si è fatta la processione, e così di seguito, tutto ciò che potrebbe avvenire. Questo è l'esame preventivo.
Voi fate anche così: A che punto di virtù sono già? Cominciate di lì. A che punto di umiltà, di carità. Questo che dobbiamo fare, e andare a fondo. Ce n'è?... Deo gratias, lo metto nell'attivo. Quanta virtù ho acquistata in quest'anno? Come ho adempiuto i miei doveri di studio, di carità, ecc.? Dove­te passare in rassegna tutto quello che dovete fare. E poi mettete tutto a posto come se doveste morire. Se dovesse un po' venire a voi uno come Isaia è anda­to a quel re, e gli ha detto da parte di Dio: «Mio caro, dispone anima, quia morieris tu, et non vives! Devi morire!...». Così venisse uno a voi e vi dicesse: «Mio caro, devi morire!... e devi morire tu e non un altro, et non vives!...» Che direste? Faccenda!... Dunque prendete la cosa sul serio, passatelo bene, se non volete alla fine dell'anno fare come quel là che andava in cerca di un Confessore. Sapete che se non facciamo conto delle grazie di Dio c'è il fuoco del Purgatorio, e nel Purgatorio si soffre. E il Paradiso dove si dovrà poi go­dere eternamente? Noi dobbiamo andare su su, vicino a N. Signore. Volete so­lo andare nel Paradiso dei bambini? Noi che abbiamo ricevuto tante grazie dal Signore.
Domani farete il ritiro mensile, va appunto bene. Dovete fare come se aveste da morire all'ultimo giorno dell'anno. Non mi merito l'inferno, grazie a Dio, ma neppure il Purgatorio, ho sempre cercato di emendare i miei difetti, son contento. E ci vuol poco ad andare in paradiso. Vi dico una cosa che è ve­ra. Chi avrebbe detto solo l'altr'anno che il nostro caro D. Meineri sarebbe morto durante il 1915? Eppure è morto, fortunato lui, che ha passato tanti an­ni qui, è sempre vissuto con spirito di fede.
Voglio raccontarvi una cosa che faccio io. Quando vado in coro a S. Gio­vanni, per la strada faccio una meditazione sulla morte. Penso che alla mia morte se sarò ancora alla Consolata, mi faranno la sepoltura al Duomo; ed i Canonici che hanno le gambe corte, per andar là prenderanno la via più dirit­ta, quindi partiranno dalla Consolata, prenderanno via S. Chiara, via Basili­ca, fino al Duomo. Credete che mi faccia male pensare a questo? Mi fa del be­ne. Un bel giorno passerò per queste stesse vie non con le mie gambe, ma portato dagli altri e allora vorrei farlo bene questo pezzo di strada. Perciò penso a quello che potrà dirmi la gente che mi vedrà. Se hanno conosciuto che avevo dei difetti, diranno: Quel là era maligno, un altro dirà un'altra cosa... E così penso il bene ed il male, che potran dire di me. Poi arrivo in Chiesa e là vi è una statua della Madonna: quella è la Madonna a cui voglio più bene dopo la nostra Consolata, quantunque è poi sempre la stessa Madonna. Faccio un in­chino alla statua e penso che mi deporranno lì davanti e allora Essa mi sorride­rà. Poi mi porteranno all'altare del SS. Sacramento e mi deporranno là davan­ti. Voglio un po' vedere se il Signore allora vedendomi, si compiacerà e vorrà darmi uno sguardo. Sapete S. Pasquale Baylon amava tanto N. Signore, che dopo morte ha aperto gli occhi per vedere il SS. Sacramento. Per me non ci sa­rà bisogno di questo, ma sarò contento se il Signore potrà dirmi: Bravo, sei sempre venuto qui a pregare con fede, ora prendo io la tua salma. Vi dico che questo mi fa del bene. Sono cose che dovranno succedere. Voi potete dire: Ma noi siamo ancora giovani?... Quanti muoiono anche giovani!... Io non voglio che diciate così.
Domani dunque farete l'esame preventivo di tutto l'anno, poi tutti i gior­ni farete l'esame andando in chiesa alla visita, sia riguardo allo spirituale, ri­guardo a tutto quello che dovete fare.
E che santo prenderemo in quest'anno per Protettore? L'ho già detto alle Suore ed ho chiamato anche ad esse che Santo prenderemo? Erano lì indecise. Una ha pensato un poco e poi ha subito detto: Il poverello d'Assisi. E perché? - Perché le è scappato una volta di bocca che quest'anno avremmo avuto occa­sione di più di mettere in pratica il voto di povertà. — «Ebbene, ho detto, hai indovinato». Dunque prenderete anche voi per protettore di tutto quest'anno il Poverello di Assisi. Parleremo poi altre volte come lo dovete imitare, prima nel disprezzo delle cose terrene, leggerete anche la vita scritta da S. Bonaventura e così sentirete le virtù praticate dal Santo, scritte da un altro Santo. Sa­pete che una volta S. Tommaso è entrato nella cella di S. Bonaventura, mentre scriveva la vita di S. Francesco di Assisi. È mica voluto restare, è uscito fuori e ha detto: «Sinamus Sanctum pro Sancto laborare». Lasciamo che un Santo la­vori per un altro Santo. Leggendola adagio, vedrete le virtù praticate da S. Francesco espresse da un altro Santo. Aveva il cuore distaccato dalle cose di questa terra, era senza tunica, senza niente ai piedi. Non è necessario questo per voi, ma il Signore vuole che il cuore non abbia affetto a queste cose. State attenti tutto quest'anno, anche perché tutto è aumentato, cominciando da quest'oggi persino i francobolli per le lettere che prima valevano tre soldi, ora costano quattro. Perciò quando avete da scrivere, pensate che il Governo ha bisogno di denari, e mette imposte sopra imposte, persino quelli che avrebbe­ro dovuto andare a far il soldato perché richiamati e sono stati riformati, ora debbono pagare l'imposta per restare a casa. Voi per adesso siete ancora senza fastidio, ma ve lo dico perché comprendiate che ora la carità è più preziosa. Se tenete a posto le scarpe, non guastarle, tutto quello che potete fare per rispar­miare fatelo, fosse anche solo un pennino, tutto. Dite: Si mangia se ce n'è, se no, non si mangia, si sta senza. Piacerebbe anche a me farvi fare delle feste ma costa. Vedrete per la festa dell'Epifania faremo ben poco, siamo poveri. Ma se siete buoni, vedrete, il necessario il Signore non ve lo lascierà mancare. Si sono accesi i caloriferi, qui anche un pochino; andavate in Chiesa e vi mette­vate subito a tossire, pareva che volevate pregare pietà a N. Signore, perciò il Sig. Prefetto ha avuto compassione e ha fatto accendere il calorifero. È anche un po' un'idea che ci facciamo a sentire tanto il freddo. Mi ricordo che una volta ero a Roma, e di fuori nevicava; ero là in Seminario di S. Pietro e Paolo, ma i Chierici, io non so se non sentivano il freddo, fatto sta che dicevano: Non fa freddo, non fa freddo! E continuavano a dire così mentre io ero mezzo ge­lato, e dopo pranzo per scaldarmi un po' i piedi ho dovuto mettermi a letto. Si fa quel che si può. S. Francesco d'Assisi aveva una tunica e nient'altro. Perciò la virtù che voi dovrete praticare in quest'anno è lo spirito di povertà, in tutte le piccole cose, massime non necessario, e in qualche cosa mancare anche del necessario. Se una sera a merenda non ci fossero le pagnotte!!... Eh! non la fate... Come avveniva al Cottolengo, non c'era niente da mangiare, si prega­va... Non fare le smorfie perché nella minestra ci sono le rape: si mangia quel che c'è, è tutto grazia di Dio. Ricordatelo bene, tutto quello che avete qui, è tutto dono di Dio.
Facciamo così: quest'anno praticheremo la povertà, studieremo lo spirito di povertà, la perfezione della povertà. Bisogna che veniamo all'atto pratico:
il povero mangia di quel che ha. Mangia forse carne tutti i giorni, un pollo lì bell'e pronto? Oh no, no.... Noi come poveri, dobbiamo contentarci di quel che abbiamo e siamo nient'altro che poveracci.
Se eserciterete questo, eserciterete anche un'altra virtù: l'amor di Dio. S. Francesco era tanto distaccato dalle cose terrene che fu chiamato il poverello d'Assisi, ma è anche venuto un Serafino di amore per N. Signore, ed ora lo chiamano «Il Serafico S. Francesco». Voi studiate e sapete che quanto più di­minuisce una cosa, tanto più cresce l'altra, così noi, quanto più ci distacchia­mo dalle cose terrene tanto più aumentiamo nell'amore di Dio.
Mi ha fatto tanto piacere che in questi giorni è venuto un cappone, e qual­cuno di voi l'ha portato, che glielo avevano mandato i suoi parenti. Fa piacere tutto aiuta. Invece sta così male, i parenti portano qualcosa, e non si vuol accettare, non ne ho bisogno, non la voglio. Eh!... si prende, il Prefetto darà qualcosa, poi il resto si divide. Invece perché non sono io solo a goderla non la prendo. Perché quando arriva della frutta, delle mele, e via... i parenti man­dano mica tutto per me, sanno ben che io non mangerò tutto quello. Vi dico questo perché prendiate interesse della casa, che siate interessati ad evitare an­che qualche piccola spesuccia, in ricompensa di tutto quello che essa fa per voi. Sapete che tutto costa, e i denari si hanno mica lì... Una volta si faceva il processo per il nostro Venerabile: Volevano fare, fare, e uno diceva: «Oh, la causa paga tutto!...». Un altro salta fuori e dice: «La causa paga tutto? la causa paga niente. È la borsa del Rettore che deve pagare». Così per voi:
«l'Istituto paga tutto»... L'Istituto deve andarseli a cercare i mezzi per paga­re. La causa?... E saltato su il Vice-Rettore: «La causa è la borsa».
Là, basta, non la finiamo più a raccontar tutto quel che si può dire di S. Francesco. Tutti quest'anno l'avrete come per Protettore: Non lascerete S. Paolo e gli altri che avete già; ma questo in particolare, e lo imiterete nello spi­rito di povertà e di amore di Dio.
giuseppeallamano.consolata.org