FESTA DEL S. CUORE DI GESÙ

25 giugno 1916
Quad. XI, 39-40
Per la Festa del S. Cuore di Gesù
La divozione del S. Cuore ha per oggetto di onorare il Cuore vero, materiale, fisico, di carne, di N. S. G. C., parte del corpo di Lui Sacratis-simo, come si trova congiunto colla Persona Divina, quindi Cuore Di­vino. Così si presta onore Divino al S. Volto, alle Piaghe sacratissime, al SS. Sangue. Questa è l'intenzione della S. Chiesa nell’ approvare la Divozione al S. Cuore, contro i Giansenisti ed il Sinodo di Pistoia, i quali affermavano non doversi onorare il Cuore materiale, ma solo simbolico o metaforico, cioè figurante l'amore di N.S.G.C.
Questa divozione, nacque coll'Incarnazione del Verbo, quando patì nella Passione, specialmente nei dolori interni dell'orto, venne tra­fitto.
Tutti i Santi ebbero questa divozione, fra cui S. Agostino e S. Ber-nardo. Prese maggior sviluppo nel secolo XVII, e ne fu grande promo­trice la B.M. Margherita Alaquoque (sic) colle sue rivelazioni, che da molti bersagliata finalmente trionfò, e la S. Chiesa l'approvò e ne stabi­lì la festa e favorì molti atti di questa divozione.
È Divina economia del Cielo, che frigescente mundo, susciti Santi e speciali divozioni per ravvivare la fede e l'amore in N.S. Gesù Cristo. Fine perciò della Divozione al S. Cuore, è rivolgerci a quella parte di N.S.G.C. che, come i filosofi in generale dicono, è fonte degli affetti per considerarvi l'amore ch'ebbe per noi, quanto sofferse per noi, e co­me desidera che specialmente lo imitiamo. — Queste considerazioni ci porteranno a corrispondergli coll'amore, col dolore dei nostri peccati e coll'imitazione delle Sue virtù, singolarmente della mansuetudine e dell'umiltà secondo il di Lui invito: discite a me... Imparate da me.
(Vedi Peyretti — Th. Spec. — De Incarnatione).
P.P. Albertone, quad. VII, 99-99 bis
Conferenza del 25 Giugno del 1916
(Primo giorno del triduo di chiusura dell'ottava della Consolata. Apre una distribuzione di ciliege).
Vedete, questo triduo si fa per corrispondere al desiderio del S. Padre, che mandato il suo messo, il suo nunzio, ha mostrato desiderio che si pregasse anche nell'ottava, e non solo fino alla festa. E perciò la statua che gli altri anni si ritirava subito, si riponeva, e perciò l'ottava andava via morendo, quest'an­no starà fino alla fine dell'ottava nel Santuario; e così anche l'addobbo reste­rà. Domenica Mons. Castrale vi sarà per la Messa e la benedizione; lunedì Mons. Pinardi e martedì S. Eminenza il Cardinale. E così compiremo il triduo che desidera il S. Padre. Del resto ringraziamo il S. Padre del suo gran dono; ve lo farò vedere, da vicino, lo vedrete, veramente un dono papale; si è già scritto una lettera alla presenza di quel Signore inviato del Papa. Avevamo in­vitato a pranzo alla Consolata Mons. Cagliero, con qualche altro dei Salesiani, e poi è arrivato d'improvviso anche Mons. Castrense, e l'abbiamo invitato a fare penitenza con noi. E poi quest'oggi, ho avuto un bel dire che non anda­vo in nessun posto, m'hanno voluto a pranzo al Cottolengo, e c'era anche quel Signore e si è scritto una lettera a S. Padre, in ringraziamento per questo regalo. Questo regalo, indica un'approvazione delle molte Comunioni che si fanno al Santuario, e una spinta a farne sempre di più, e perciò rispondiamo che lo faremo. Bene! Farete cosi! Verrete alla Consolata con vero spirito per pregare per il S. Padre, e fortunati quelli che possono servire.
Continuate bene l'ottava del Corpus Domini. E poi ricordatevi: c'è anche la Novena del S. Cuore. La festa è sempre al Venerdì dopo l'ottava del Corpus Domini.
Desidero che comprendiate bene in che cosa consista la devozione al S. Cuore. Teologicamente, la devozione al S. Cuore non consiste in un qualche cosa di invisibile, ma consiste nell'adorare il Cuore reale, carneo, naturale di N. Signore, vivo, come è in sé. Dunque non consiste nell'amore [in un simbo­lo], in questo o in quello, l'oggetto materiale, ma consiste, è il S. Cuore vivo, reale. Perché si fa un po' di confusione. Questa divozione ha per iscopo di adorare, ringraziare il cuore fisico, naturale di Gesù, quel cuore che si trova in lui poiché divino della divinità che abita in lui. Quando noi veneriamo le piaghe di N. Signore, noi non veneriamo un simbolo, ma veneriamo realmente le piaghe di N. Signore. Così quando veneriamo il suo S. Cuore, intendiamo il cuore vero che ha N. Signore, proprio come quando si è fatto carne, ed ha as­sunto un corpo ed un'anima, ed era un uomo vero; e quindi l'umanità unita alla natura divina fanno una sola persona: perciò tutto ciò che appartiene a Nostro Signore è divino, perché appartiene alla sua persona divina. Ma non andiamo a queste cose. Quando si propone di onorare il S. Cuore di Gesù si intende il Cuore vero, come quando si onora il sangue si intende il sangue di Gesù vero: questo è il punto della divozione e lo scopo. È lo stesso come se la Chiesa facesse onorare la testa, il cranio di Nostro Signore. E perché N. Si­gnore, e la chiesa preferisce farci onorare il Cuore di N. Signore? Perché il cuore, secondo i teologi, è la sede degli affetti. Tutto parte dal cuore, se il cuo­re si ferma, voi, che studiate medicina, se il cuore si ferma resta tutto fermo. Così la Chiesa approvando questa devozione contro i Giansenisti ed i Pistoiensi dice che questa divozione non è solo un simbolo, come vorrebbero questi qui, ma che questa divozione nacque con nostro Signore. E questo Cuo­re venne trafitto, quasi perché venissero a noi aperti i misteri di questo cuore;
e i santi sono stati sempre molto devoti del S. Cuore. S. Agostino e S. Bernardo per esempio. S. Agostino diceva quelle belle parole: quando mi viene qual­che tentazione ricorro alle viscere del Signore: recurro ad vulnera Christi. E che cosa dice? Tuta requies in visceribus Salvatoris! Non stava a cacciar via. Ma che! recurro lì: tuta requies. Me ne sto tranquillo: tuta requies, vuol dire che siamo tranquilli. Mi metto dentro alle piaghe di nostro Signore, e poi il diavolo faccia quello che vuole, io faccio come S. Antonio in mezzo ai diavoli. E se quel pensiero non va via, stia! E se avviene qualche altra cosa, fa lo stes­so; io sono nel Cuore di Gesù.
N. Signore fa sempre così: quando avvengono le eresie promuove le divo­zioni contrarie: quando erano venuti i protestanti, allora ha voluto maggior onore a Gesù Sacramentato. Poi i giansenisti, peggio dei protestanti, perché bisognava essere santi, e chi non era santo non poteva fare la Comunione, e prima di dare l'assoluzione facevano ritornare due o tre volte, e volevano la penitenza ecc. E allora, la misericordia di N. Signore? Non facevano più un padre, ma un giudice. E quando è venuta la divozione del S. Cuore, la diceva­no cosa inutile. E la chiesa invece: Ah, sì? l'ha approvata! Ed è per fare vedere che quel cuore divino è pieno di amore per noi: Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini! N. Signore con questo ci fa conoscere l'amore che ha per noi, e amore vuole amore. Il Cuore è quello che ha sofferto più di tutto, e noi dobbiamo riparare imitandolo nelle sue virtù principali. Egli l'ha detto: Discite a me... Che cosa? a fabbricare il mondo? questo lo fa lui. A fare cose grandi? Neppure questo! Imparate ad essere mansueti, ad essere umili di cuore. Queste sono le virtù principali di cui il Signore ci ha proposto l'imitazione. Studiamo e pensiamo all'amore che ci ha portato e che ci porta, a tutto quello che ha sofferto per noi; e quello che ha detto nelle sue promesse che sarebbe disposto a soffrire e a fare molto di più di quel che ha fatto. Dunque, (dobbia­mo) essere divoti al S. Cuore di Gesù, e imitarlo in queste due virtù. Quando diciamo: rendete il mio cuore simile al vostro, non diciamo uguale, ma simile. Affinchè il Signore ci faccia mansueti ed umili veramente. Vedete, ci sono di quelli che stanno mesi e mesi, e si lasciano toccare da tutti, e ingiuriare in tutti i modi, e uno direbbe: oh, come è mansueto! e un altro invece che scatta, pro­prio un brichet! — Ma andate a toccare il primo quando ha qualche cosa per la testa, e allora vedete tutta la sua mansuetudine dov'è! Vi avevo già contato di un chierico che pareva la mansuetudine in persona, se c'era da fare qualche scherzo, sempre a lui; lo credevamo il più paziente. Ecco che un giorno che stava portando un catino di acque, e uno l'ha toccato, e quel là?!... ha pigliato il catino e l'acque, e gli ha tirato tutto addosso: e se lo pigliava sulla testa gliela fracassava. Dov'era la sua mansuetudine? L'aveva un po' per carattere, ma non era vera virtù! L'aveva sopportato tante di quelle volte, e quella volta lì non l'ha più sopportato! Ma bisogna essere mansueti sempre. S. Francesco di Sales, quando era ingiuriato da quella, e sopportava tutto, e gli altri dicevano: come? un vescovo si lascia dire tutte quelle cose? E S. Francesco di Sales? Se sapeste quanto il mio cuore bolliva qui dentro... ma non volevo perdere in un momento il frutto di diciotto anni di fatiche. E lui ch'era tutto brio è diventato l'uomo più mansueto.
Qualcuno trova comodo lasciar dire e star lì, sarà forse di indole linfati­ca,... bisogna farlo per virtù! Quando sarete in Africa, non ne avrete mai ab­bastanza di pazienza. S. Francesco aveva il cuore impietrito per le violenze che si era dovuto fare.
E l'umiltà? Tutti superbi! Tu sei superbo, sì, anch'io! tutti lontani dall'umiltà del S. Cuore! Preghiamo il S. Cuore che ci faccia copiare bene. Pregare ed esercitarla. Una virtù che si acquista ex repetitis actibus.
Vedete quanti pensieri di superbia abbiamo: quando uno si crede qualche cosa abbiamo molta superbia! Il Signore resiste ai superbi e dà la sua grazia agli umili. Dunque, tutto questo bisogna fare per prepararsi bene alla festa del S. Cuore di Gesù! per onorarlo. Come amore vuole amore, così sacrificio vuo­le sacrificio. E noi dobbiamo fargli tanti sacrifici, per riparare i peccati che commettono, che crocifiggono il Signore, rursus crucifigentes Filium Dei, in certo qual modo, come dice S. Paolo, i peccati crocifiggono nostro Signore nuovamente, e noi ripariamo coi nostri sacrifizi.
Fate questo nei giorni che restano ancora, e vedrete che il Signore vi bene­dirà.
Quad. di anonimo, 3
VI. 25-6-16 — Sotto i portici — 7-7,30 pomeridiane
Presenti Chierici e Studenti — Sommario
Come la divozione al S. Cuore di Gesù ha per scopo il cuore fisico, di car­ne che ebbe sulla terra, non come simbolo d'amore. — Errore dei Giansenisti nel dire che si onora il S. Cuore di Gesù in quanto che è simbolo d'amore. Ri­porta le parole di S. Agostino «Tuta requies in visceribus Jesu Christi» per de­notare la tranquillità di cui si gode nelle piaghe del Signore. Dal S. Cuore dob­biamo chiedere l'umiltà e mansuetudine — Trattando della mansuetudine ri­porta l'esempio di un suo compagno che insensibile fino ad un certo tempo a qualsiasi atto offensivo, scagliò poi un catino d'acqua contro un compagno che l'aveva molestato — Ci additò S. Francesco di Sales come perfetto model­lo di mansuetudine.
giuseppeallamano.consolata.org