RITIRO MENSILE — VISITAZIONE DI MARIA SS.

2 luglio 1916
Quad. XII, 1
Ritiro mensile (2 Luglio 1916) Visitazione di Maria SS.
Lo Scaramelli, autore classico di Ascetica e Mistica, parlando del Sacramento della Confessione dice che il Signore sovente a chi ben vi si prepara da per frutto certo fervore e buona volontà a tenersi buono e lontano dai peccati anche piccoli. Questo fervore, aggiunge, non dura che due o tre giorni, dopo si diminuisce e ritorniamo quei di prima. A ciò evitare dobbiamo ogni giorno rinnovare in noi il proposito fervoro­so, come uscissimo dal confessionale.
Il simile accade dei nostri ritiri mensili. In queste prime domeni­che...; ma dopo qualche giorno, ed anche l'indomani...
Oggi la S. Chiesa celebra la Festa della Visitazione di Maria SS. a S. Elisabetta, il secondo Mistero dei Gaudiosi. Il Ven. da Ponte scrive che due cose particolari c'insegna questo fatto: che Maria SS. è il cana­le di tutte le grazie, e come dobbiamo ad imitazione della SS. Vergine combattere le tentazioni di vanagloria. Poteva il Signore direttamente santificare S. Giov. Battista; no, volle farlo per mezzo di Maria, ispi­randole di andare... — Quando S. Elisabetta poi La lodò con quelle pa­role..., la SS. Vergine non s'insuperbì, né trovò scuse per negare o di­minuire la verità, ma tutto riferì a Dio col Magnificat, come dicesse: Sì, è vero, ma ... Così facciamo noi nelle tentazioni?
P.P. Albertone, quad. VII, 107-110
Conf. del 2 Luglio
(Visitazione — Ritiro mens.)
Venga qua, più vicino (a un soldato) — non ha voluto sedersi là, ora ven­ga qua (a sua sinistra). Io voglio più bene a loro, perché sono i più disgraziati; altro che disgraziati.
Voglio incominciare a leggervi una lettera dell'Africa, del P. Prina, che si trova sempre all'ospedale; però ha cambiato posto; prima era a Voy, a New... ha ancora sempre la sua scrittura, non dico perfida, ma ... che non si può leg­gere. È corta perché la censura non permette di scrivere più che una pagina. Ma è già sempre meglio poco che niente.
Si... fate il ritiro mensile, e... questo dobbiamo farlo bene, più che gli al­tri durante l'anno. Perché volere o no, un po' si perde sempre dello spirito de­gli esercizi; un po' il calore, un po' che siamo pochi, una cosa e l'altra; per la stessa nostra natura, tanto debole, ci lasciamo andar giù poco per volta. Quin­di bisogna che ci rinnoviamo in questo ritiro. I proponimenti degli esercizi, ve­dete se non hanno preso un po' di polvere, o se li abbiamo lasciati là in un an­golo. Per questo voglio dirvi quello che diceva a noi un antico nostro direttore di Seminario, il Can. Soldati, quando arrivava la fine dell'anno, «miei cari, ci diceva, riprendiamo la nostra volontà, che se non stiamo attenti, cade, cade, cade. Riprendiamo il buon spirito degli esercizi, e teniamoci vivi, perché sia­mo naturalmente inclinati a cadere e diventare freddi poco per volta». Questo lo dice bene anche lo Scaramelli, un autore di cui vi ho già parlato altre volte applicandolo alla Confessione. Dice che dopo la Confessione ci sentiamo tut­to pieni di fervore, ma non dura più di due o tre giorni, poi dopo quasi sensi­bilmente, perdiamo quel buon spirito, e siamo di nuovo come prima.
Non è di necessità che uno dopo la confessione si senta così infervorato, ma in generale, il Signore lo dà questo. Ebbene, dopo che si è fatto l'esame della Confessione, propongo per l'avvenire, e oggi niente fino a stassera. L'in­domani mi metto di nuovo, ma non più con quel fervore del giorno prima; questo è ancora l'effetto della grazia del Sacramento, che il Signore un po' dà a tutti, eccetto a quei santi che vuol proprio provare; propongo di nuovo dopo due giorni e vedo che sono già stato più dissipato, già detto parole in tempo di silenzio, che non dovevo, il terzo giorno poi son di nuovo quasi come prima;
non sono io che lo dico, ma è lo Scaramelli, un autore classico; così mi diceva il mio direttore antico: bisogna di tanto in tanto ripigliare i nostri proponi­menti, non dico scriverli di nuovo, ma ripigliarli, come se terminassero allora gli esercizi spirituali. Se il Signore ci dà la grazia che i nostri soldati non tardi­no tanto a ritornare, come spero, allora faremo poi gli esercizi spirituali tutti assieme, anche avessimo da ritardarli un poco, e poi ci metteremo di nuovo. Il necessario si è che non ci lasciamo andar giù, per il calore, per lo studio, che non ci lasciamo portar via anche perché siamo più pochi, anzi questo ci deve animare ancor di più. In questo ritiro diciamo come allora negli esercizi, ecce dixi, nunc coepi, juravi et statui; fate questo, credo che non sia necessario l'al­tro. Perché qualcuno ha da partire, si sta lì, non si pensa più ad altro. Ebbene, un motivo di più per scuotersi, sia quei che hanno da partire, sia quei che re­stano, avete bisogno di tanta vita, da non lasciarvi portar via da queste miserie esterne. E anche quando foste fuori... c'è tanta gente per Torino che se ne sta là tutto il giorno a guardare in aria. Voi, quando non avrete niente da fare sta­rete lì col cuore unito con Dio, come S. Antonio nel deserto, in mezzo a tutti i demonii. Vi rincrescerà certamente, ma farete atti di rassegnazione al Signore, starete lì tranquilli, io e Dio, Dio e io. Bisogna che facciate così: quei che sono là, e quei che sono qui. In questo modo potrete dare anche buon esempio agli altri. Ringrazio il Signore che i nostri bravi missionari, anche in guerra posso­no fare molto bene. E con mio rincrescimento che siano là, certo, ma speria­mo che venga presto il tempo in cui il Signore ci riunirà di nuovo. Intanto voi pregate, perché è difficile là in mezzo, conservarsi buoni. Forse per mancanza di preparazione e... uno o due di questi giovani sono ormai membri recisi.
Un giorno quel bravo ex coadiutore Agostino, che avete anche visto voi, quando è venuto qui quest'inverno e che è già stato in Africa, adesso è ad Alessandria, con Goletto e Botta, ebbene mi ha scritto e mi ha dato buone no­tizie di loro: dice che si fanno vedere bravi chierici, tengono il loro posto e so­no stimati dai soldati. Pareva un mare magno di miserie, ma il Signore aiuta e qualcuno dei nostri preti scrive che spera di tornare più forte nello spirito di prima. Intanto voi fate bene questo ritiro mensile, e voglio che non vi lasciate andar giù perché siete più pochi, ma che prendiate animo. Appunto perché siete più pochi bisogna lavorare di più: tutto quello che si faceva prima, c'è ancora da fare adesso, e si deve fare, si raddoppia. La campana suona lo stes­so come prima, ..., e quando eravate alla Consolatina, c'eravate ancor più po­chi, eppure si faceva tutto lo stesso. Sicuro, non era una comunità presentabi­le, ma si faceva tutto quello che c'era da fare. Non solo se c'è da fare qualche sacrifizio lo faremo, ma se il Signore ne toglierà ancora degli altri (confratelli) e noi che restiamo moltiplicheremo il lavoro di prima. In Africa bisogna bene che facciamo così. Avete sentito P. Prina è da solo, avrà con lui due Suore,ma devono fare tutto; e si aggiustano; questo desidero che facciate in questo me­se. Questo mese è anche la festa di S. Vincenzo de' Paoli, e S. Ignazio; invoca­teli qualche volta, oltre il Protettore dell'anno, ... chi è?... S. Francesco di As­sisi; essi si sono fatti santi in mezzo a tanto che avevano da fare, oltre essere fondatori di Ordini religiosi. Eppure erano sempre contenti e tranquilli ugual­mente; e di S. Vincenzo de' Paoli si dice appunto: «Vincenzo, sempre Vincen­zo»; sempre il medesimo, qualunque cosa capitasse. Oh, come è mai bello questo! Se si potesse dire così anche di ciascuno di noi, invece che per un ma­lessere da niente diciamo subito; non piace. E in Africa c'era anche uno di questi santi che non ricordo più il nome, ma si dice di lui: semper sibi constans; sempre costante a se stesso; e di S. Vincenzo de' Paoli: «Vincenzo, sem­pre Vincenzo»: Non cambiava mai il suo carattere. E costoro avevan molto da fare, più di noi, e facevan tutto. E S. Ignazio faceva tutto sempre alla maggior gloria di N. Signore; non si contentava «solo fare alla gloria di Dio», no, ma «alla maggior gloria di Dio». Questi Santi prendeteli per protettori, e portateli con voi.
Quest'oggi è anche la visitazione della Madonna. Vorrei sapere da voi perché S. Francesco di Sales ha messo la sua Congregazione di Suore sotto questo titolo della Madonna, e non un altro, non, per esempio, l'Assunzione. Ormai ce ne sono già tante Congregazioni con un titolo della Madonna che bi­sogna guardarsi bene dal non rubarli gli uni agli altri. Ma questo non l'aveva ancora nessun altro, e l'ha preso S. Francesco di Sales. Ma perché? E pensare che i voti li fa fare nella festa della presentazione della Madonna. Dimmi un po' tu il perché... (Ch. Manfredi risponde: perché sua intenzione prima era di mandarle a visitare gli ammalati, così avessero per protettrice la Madonna quando è andata a visitare S. Elisabetta). Sì, io credo che sia così, perché S. Francesco da principio, non voleva delle suore come sono adesso: Adesso le chiudon lì, in un monastero, e non si muovono più. Non tanto, è vero, ma co­me le altre; ma tuttavia ha poi detto: quelle suore lì non sono mie. Lui voleva invece che uscissero e andassero alle case dei poveri, assistere agli ammalati, ecc. Perciò ha dato per protettrice la Visitazione della Madonna. Veramente io questo non l'ho trovato precisamente espresso nella vita di S. Francesco di Sales, ma pare che sia così; e tu dove l'hai letto? (si era sentito in refettorio nella vita di S. Francesca di Chantal). Già, io quella vita lì non l'ho mai letta; ho letto appena quella di S. Francesco di Sales, ancora in fretta, e mi pare che l'autore, non ne trattasse espressamente, di quel motivo lì. Ma quello che è certo è che S. Francesco nella fondazione voleva che esercitassero le virtù prin­cipalmente che ha esercitato la Madonna quando è stata a visitare S. Elisabet­ta. Certo che la Madonna, le ha esercitate tutte le virtù in quei tre mesi, che ha passato là, ma l'umiltà e la carità principalmente; Lo dite anche nel mistero del rosario «servendola con grande carità e umiltà». Mons. Gastaldi non vole­va, come dicono gli altri, «come umile ancella» — sì, era come una serva, ma quest'espressione non mi piace, perciò anche noi abbiamo messa l'altra. Poi S. Francesco di Sales, anche quando le sue suore erano già come adesso, l'ha conservato questo titolo, ha voluto che si chiamassero ancora della Visitazione, perché continuassero a vivere praticando le virtù della Madonna sotto que­sto titolo. Lo scopo di S. Francesco di Sales era che conducessero una vita or­dinaria, non aspre penitenze, non digiuni,... e fu persino calunniato che aveva tolto tutta l'austerità dai monasteri. Voi dovete condurre una vita ordinaria come la Madonna; sarà stato quello di assistere S. Elisabetta, quando era am­malata, accompagnare S. Giuseppe, quando ritornava guardare il bambino, quelle cose lì... in quei tre mesi, la Madonna ha fatto la vita ordinaria. Ha fat­to tutto lo straordinario nell'ordinario. Come del nostro Venerabile si dice che vivendo ordinariamente faceva le cose in modo straordinario. Così la Madon­na, faceva come le nostre buone donne, che vanno ad aiutare le vicine, compe­rare, faceva quello che deve fare una buona donna in casa, come una buona serva. Perciò non faceva delle cose straordinarie, e S. Francesco non voleva che le sue suore facessero miracoli, ma solo bene le cose ordinarie. Proposto questo titolo della Visitazione, anche dopo non l'ha tolto perché la loro dove­va essere una vita ordinaria. Quindi ancora adesso alla Visitazione non si può muovere un dito senza ubbidienza, sia nel mettere, sia nel ritenere, questo tito­lo, S. Francesco voleva dire: fate anche voi nel modo che faceva la Madonna,... scopare... prima per amor di Dio, perché questo val più che fare miracoli, perché facendo miracoli, c'è pericolo di andare in superbia.
Come quando c'è una notizia, avreste voglia di leggerla sul giornale, voi qui non avete nessun giornale, ma capita di voler domandare ad uno o ad un altro, oppure leggerla sui libri. Il Ven. Cafasso quando avrebbe avuto un po' di tempo da leggere il giornale diceva: «Già, adesso ho tante altre cose da fare prima, ci sarà poi tempo»; poi il tempo non lo trovava mai, per leggere il gior­nale; per sapere le notizie, quelle che era necessario sapere, perché non si cura­va del resto. Così veniva la sera, e le notizie le aveva sapute già dagli altri, sen­za aprire il giornale, parlando coi superiori. Ora aveva da andare in confessio­nale, ora un'altra cosa, non aveva mai tempo per leggere il giornale. E dire che era abbonato. Voi dite anche così: adesso è tempo di studiare, non di leggere quel libro; così passano due o tre anni, e quel libro è ancora da leggere, perché non avete mai trovato il tempo. Un giorno mi ricordo che ero andato a trovare un ammalato, ed aveva là vicino al letto un libro di... Pinocchio... Pinocchio;
e mi ha domandato se poteva leggere, che aveva quel libro che gli piaceva tanto. «Cos'ha lì», gli ho detto, io non lo conosco neppure quel libro. E l'altro aveva difficoltà a lasciarmelo vedere, e mi diceva: «È solo pinocchio!». Ebbe­ne l'ha preso e la volta dopo, quando son ritornato, pinocchio era scomparso. Gli ho detto: «Ma, poteva leggere, è mica cattivo!...» — «Sì, ma ho visto che mi ha fatto una smorfia, e ho pensato che prima di leggere pinocchio, poteva fare la meditazione, poi un po' di visita, e non ho più trovato il tempo a legge­re». Così aveva un pesce che si era fatto venire dalla campagna, e perché io gli aveva fatto nessuna lode, e dice che io gli aveva invece detto: «A s'ataclu ai pess, adess?...» o qualche cosa così, l'ha fatto anche portar via, e non s'è più visto. Così fanno certi buoni cristiani, che sanno praticare i voti senza averli fatti.
Torniamo a noi: non è fare tante cose che importa, ma farle bene... Ah! è lì... lì...! Un giorno ero andato a fare gli Esercizi alla Sacra di S. Michele, e là si girava facendo silenzio intorno a quelle mura alte... voi le avete già viste... E mi ricordo che sono capitato in una camera dove ho trovato una preghiera alla Madonna per passare il tempo della ricreazione. Mi ricordo che l'ho co­piata, poi l'ho persa e non l'ho più trovata. Quando andrete di nuovo alla Sa­cra chiamate poi a quei Frati Rosminiani se non hanno una preghiera per pas­sare bene il tempo della ricreazione. Vi è una cosa importante che ho trovato che ci insegna questo mistero della Madonna, anzi due. La prima è che N. Si­gnore poteva lui stesso togliere il peccato a S. Giovanni; invece ha voluto che andasse là la Madonna, e mentre essa parlava che restasse santificato. Questo c'insegna che tutte le grazie che riceviamo N. Signore vuole che ci vengano dalle mani della Madonna. «Omnia nos habere voluit per Mariam!». Là alle nozze di Cana sapete che mancava il vino: e la Madonna si volta a N. Signore perché faccia un miracolo. Ma N. Signore risponde: «Nondum venit hora mea!...». E la Madonna si è mica lasciata far paura da questo; dà ordine ai servi, e N. Signore è stato costretto a fare il miracolo, sebbene prima avesse detto «Nondum venit hora mea» e non volesse farlo. Adesso si trattava di to­gliere il peccato a S. Giovanni, e N. Signore ha voluto che andasse la Madon­na. Vedete la potenza della Madonna!... Parlando della offerta del Papa alla Consolata, riguardo alla Madonna un giornale non troppo clericale in questi giorni diceva: «Tutta Torino andò a quell'immagine onnipotente». E mica co­sì: capisco che mica tutti quei che sono in Torino sono venuti al Santuario il giorno della Consolata, che tutti sono stati comunicati con la Pisside del Pa­pa, ma voleva dire che c'era una folla immensa. Diceva una frase così, ed è giusta. Anche voi quando avete qualche tentazione del demonio ricorrete alla Madonna; è Essa che ha mondato S. Giovanni Battista. Ricorriamo, tanto più che ordinariamente sono queste le grazie che Essa desidera più di fare, massime ricorriamo per vincere la superbia, la malizia. Essa aiuterà anche noi. L'al­tra cosa che volevo dirvi è come si vincono le tentazioni di superbia. La Ma­donna quando è stata là da S. Elisabetta si è sentita chiamare: Madre di Dio, benedetta fra le donne, non son degna che venga a me la Madre del Signore. Ci fosse stata certa gente si metteva a dire: «Oh... mai pì: mai pì!...» e cerche­rebbe di persuadersi che non era vero. Invece la Madonna non ha risposto niente. Solo ha riferito tutto al Signore: «Magnificat anima mea Dominum». Dice il Da Ponte che in questi casi bisogna rivolgere tutto al Signore, e non dar retta al diavolo. «Signore, è roba tua!...». La Madonna ha fatto così: «Ma­gnificat...Quia respexit humilitatem...Fecit mihi magna...qui potens est... Et sanctum Nomen ejus...». Ripete essa ciò che le aveva detto S. Elisabetta, ve­dete, c'è tutto lì; ma dice: È il Signore che mi ha fatto tutto questo. Vedete, si è messa a cantare, e lasciava che l'altra dicesse: Sì, sì; li merito tutti questi tito­li, e non poteva mica rifiutarli. Ricordate queste due cose.
Vi dò una dolorosa notizia: È morto il Padre della Piccola Casa stamatti­na. Aveva malattia di cuore. Pregate per lui, è anche un dovere che abbiamo. Ci sono ancora delle sue Suore in Africa, e l'abbiamo mandato subito a dire. Pregate, raccomandate quest'anima al Signore. Vedete, si muore. Aveva un anno più di me, ... voleva dire che è più giovane di me di un anno. Così il bra­vo D. Reffo. Superiore dei Giuseppini, il quale è già vecchio, e cieco... Dice: Mi pare di essere in una profonda torre, il Signore mi sostiene ma ho una ma­linconia...! Patisce molto la malinconia, ed è cieco. Dice così: il Teol. Murialdo mi diceva: Si ricordi che non verrà cieco interamente. Adesso è già la terza volta che perde la vista, ma adesso non vede proprio più niente. Mi rincresce, ma la sua profezia non si è avverata. Vi è un solo mezzo ormai per poter dire che ha detto giusto, che mi faccia morire. Gli ho detto: «Faccia una novena e poi se manca alla sua profezia, mettiamo in un angolo la sua causa di Beatifi­cazione». È un sant'uomo, certo, ma lotta contro la malinconia. Non può più scrivere, lui che prima scriveva tanto. Ha fatto poco fa il cinquantenario della sua Messa, per quell'occasione ha ancora potuto scrivere una circolare a tutti i suoi Giuseppini, poi ha ancora potuto rispondere alle lettere che aveva ricevu­to, poi basta. Adesso non può più far niente. Per me se il Signore avesse volu­to che scegliessi un sacrifizio, non avrei scelto quello. È una prova terribile. Conoscevo la Contessa di Passerano, che è stata più di venti anni cieca. Ma era una santa donna...! Diceva sempre: Penso che quando entrerò in Paradi­so, vedrò la Madonna, N. Signore, e li vedrò coi miei occhi. C'è anche in Giobbe, quand'era là sul letamaio, si consolava che vedrebbe il Signore coi suoi occhi, e non di un altro. Li vedremo noi coi nostri occhi e non altri. Quando andava in Chiesa a recitare il Breviario, e c'era anche il Cappellano, essa veniva dietro e si raccomandava che dicessimo forte. Capiva mica il lati­no, ma le piaceva lodare il Signore tenendo dietro alle nostre parole. Cantava anche bene... Un giorno suonava, e cantava quella preghiera che ha anche il Ven. Cafasso: «Dio mio, Dio mio, io son tuo e tu sei mio». Era un amore sta­re là a sentirla! E se noi fossimo giunti a quei punti lì, avremmo la forza di sopportare tutto senza disperazione?
Quad. di anonimo, 4- 8
Vili. 2-7-17 — Ore 7,30-7,45 — studio Presente tutto il piccolo seminario
Domani adunque incomincieranno gli esami: fate coraggio: state tran­quilli, raccomandatevi al vostro protettore San Paolo, mettete tutto nelle ma­ni del Signore, egli vi aiuterà e resterete tutti contenti. Ma non intendo parlar­vi di questo, bensì del ritiro mensile che oggi appunto fate. In che cosa adun­que consiste il ritiro mensile? Consiste nell'esaminarci sul come abbiamo tra­scorso il mese passato, e fare alla fine della giornata fermo proponimento di emendarci nel mese prossimo, e riparare il male commesso. Il ritiro mensile di quest'oggi non è solo come gli altri, come uno qualunque di un altro mese; ma ha importanza maggiore di tutti quelli che sono già passati, e di tutti quelli che verranno ancora prima degli Esercizi Spirituali. Quest'oggi dovete rinnovare fortemente i proponimenti fatti negli ultimi Esercizi, e se allora li avete scritti per così dire su polvere, ora bisogna che li scolpiate nel marmo affine di non dimenticarli mai più. Dopo tanto tempo che avete fatti gli Esercizi Spirituali, se non siete divenuti freddi, almeno siete diminuiti alquanto nel fervore e per­ciò bisogna rinnovare la buona volta [ =- volontà] e rimettervi apposto. Più ci allontaniamo dal fuoco e più ci sentiamo freddi, così noi riguardo alla vita spi­rituale; e perciò dobbiamo accostarci al fuoco per iscaldarci, come già avrem­mo dovuto essere, e se non lo siamo è solo per fragilità nostra, ed anche per negligenza. Se forse si domandasse ad alcuno «Ti ricordi ancora degli esercizi?» — «Si mi ricordo di averli fatti» — E dei proponimenti.«Mi ricordo di averli fatti e scritti». Perciò voglio che in questo giorno rinnoviate forte­mente i propositi fatti negli Esercizi spirituali, ritorniate col pensiero al giorno della chiusura degli esercizi quando mi consegnaste il biglietto ove avevate scritto i vostri proponimenti affinchè li consegnassi alla Consolata, perché li benedicesse e vi aiutasse a metterli in pratica. Fate l'esame: Li ho messi in pra­tica io i proponimenti fatti? Sono più buono, più caritatevole coi miei compa­gni? sono più inclinato a fare il bene oppure sono sempre lo stesso, od anche andato indietro? Tale ero allora e tale sono adesso, ovvero più maligno coi compagni, più negligente nei miei doveri? Un poco di bene, un po' di male, un po' caldo un po' freddo, un po' di buona volontà, un po' di negligenza, come un'altalena che va su e giù e che può mai stare allo stesso livello. Bisogna che volgiamo al Signore perché ci dia fortezza e costanza, e che non abbiamo sem­pre a lamentare: «ho promesso tanto, tanto: ho già detto tante volte di voler­mi far più buono, ma poi... son sempre lo stesso, sempre freddo, sempre cari­co di difetti, maligno, pigretto». Oggi dite proprio risolutamente al Signore «Juravi et statui custodire judicia justitiae tuae», si ho giurato «Juravi» ed ho fortemente stabilito di «custodire judicia justitiae tuae», cioè osservare tutti i miei doveri, compire in tutto la vostra santa volontà, ed ancora: «ecce dixi:
nunc coepi»: si ora, ora incomincio, non domani od altro giorno; se per il pas­sato ho promesso un po' debolmente: qui oggi propongo risolutamente di es­sere più diligente nella preghiera, nello studio, insomma nell'adempimento di tutti i miei doveri.
Il Signore è vero ci compatisce perché conosce la nostra debolezza e fragi­lità; ma se vogliamo correggerci bisogna pur che ci mettiamo una volta di buo­na volontà, che proponiamo risolutamente di emendarci. Voglio che ciascuno di voi in questo ritiro mensile mi faccia questo proposito: voglio farmi più fer­voroso; se c'è qualche negligenza, imperfezione voglio scacciarla costi quel che costi. Qualche cosa dobbiamo pur soffrire, qualche piccolo sacrificio bi­sogna pur che facciamo, ed ora che fa caldo, che cosa è sopportare il caldo senza lamentarsi? Se tu non dici che soffri, nessuno se ne accorge, e se tu dici che soffri nessuno potrà togliertelo; che cosa vale adunque il lamentarsi? Il caldo si soffre lo stesso, e lamentandosi non si acquista alcun merito. D'inver­no lamentiamo che fa freddo, d'estate ci lamentiamo che fa caldo; siam mai contenti, ne abbiamo sempre una. Quei che fuggono il freddo ed il caldo, lo soffrono ancor più; perché caldo e freddo ci saranno sempre, ed essi non vi sa­ranno mai abituati. Iddio manda il freddo ed il caldo perché ne abbiamo biso­gno, non solo per farci soffrire; lo manda non solo per far crescere le piante, ma anche per far crescere noi, sudando si spremono gli umori cattivi, e la no­stra salute si corrobora. Perciò non lasciatevi spaventare dal caldo, non siate di quelli che appena fa un po' caldo, sonnecchiano sui libri, sbadigliano, poi si addormentano: no. Studiate lo stesso; che badare al corpo? venir meno dinnanzi a queste miseriuccie. Un grande del nostro Piemonte, Silvio Pellico, disse: «Iddio mi ha dato tanta volontà che tiro diritto in mezzo a qualsiasi diffi­coltà». Proponete adunque fortemente di voler sempre studiare con impegno, di non lasciarsi illanguidire, snervare dal caldo, e diminuire anche nel fervore; studiate, ... su, ... vita; non lasciare andare la vita per un po' di caldo. Poi bi­sogna anche fare alcuni sacrifici per (un po' di caldo) ottenere la pace; tutti, tutti ne sono desiderosi anzi bisognosi; bisogna pure pregare pei nostri chierici che sono al fronte, perché presto ritornino tra noi, quando saranno ritornati, canteremo il Te Deum solenne, in musica.
Ora voglio leggervi una lettera del Padre Prina, arrivatami ieri; ora egli è cappellano militare in un ospedale inglese presso il Kenia, nell'Africa tedesca, conquistata dagli Inglesi. Dapprima gli Inglesi si servivano degli indigeni come militari, ma vedendo che perivano come mosche, si limitarono a servirsene so­lo come portatori di munizioni. Ma vedendo che non diminuiva il numero dei morti, il governo inglese, non sapeva più come fare; perciò Mons. Perlo pro­pose di costruire ospedali, promettendo di mandarvi suore e missionari come cappellani. Il governo inglese fu oltremodo soddisfatto di questa proposta, e ne fece erigere uno vicino alle nostre missioni, due a metà strada, e l'altro ap­punto presso il Kilimangiaro, ove egli si trova. (Segue la lettura di detta lette­ra).
Ed ora pregate, pregate che presto finisca questa guerra; bisogna riempir­la la nostra casa, non vuotarla; ed ora ben più pochi ci restano. Bisogna pre­tendere un poco al Signore; bisogna proprio strapparla al Signore questa gra­zia. Fate per questo dei piccoli sacrifizi, egli non si lascerà certamente vincere in generosità. Per es. quest'estate che farà caldo non bere tanto e non bere neppure una goccia senza permesso; neppure una goccia; poi quando avrete ottenuto il permesso, bere moderatamente piuttosto di meno che di più di quel che vi sentite. Perché sembra che uno bevendo molto si levi la sete: non è vero, più bevete e più vi verrà voglia di bere, ed il miglior modo di non soffrire la se­te e l'astenervi il più possibile dal bere... Ed ora inginocchiatevi che io vi do la mia benedizione.
giuseppeallamano.consolata.org