«BENE OMNIA FECIT»

3 settembre 1916
Quad. XII, 6- 8
Sul «.Bene omnia fecit»
 (3 Sett. 1916)
Nel S. Vangelo della Domenica passata, si racconta il miracolo di N. S.G.C, della guarigione di un sordo-muto. A questo fatto le turbe meravigliate..., esclamarono: bene omnia fecitfece tutte le cose be­ne. Pare che come conseguenza dell'accaduto, dovessero dire: fece cose grandi, miracolose... No, ma: bene omnia fecit. Con queste tre parole fecero molto miglior elogio, affermando che Gesù non solo nelle cose straordinarie, ma anche nelle ordinarie e comuni faceva tutto bene.
Vediamo come veramente N.S. in tutta la sua vita fece bene ogni cosa; per poi vedere se noi pure, imitandolo facciamo tutto bene.
N.S.G.C, sin dal primo momento della Sua Incarnazione nelle opere e nel fine di esse fece quanto il Suo Eterno Padre desiderava. Il Divin Padre voleva che assumesse un corpo mortale, e vivesse come ognuno di noi, percorrendo i varii stati della vita, dall'infanzia alla viri­lità. Ebbene Gesù fece il volere del Padre, e durante tutto il tempo com­pì tutte le azioni proprie dell'età, facendo ogni atto bene, con perfezio­ne. Da bambino, sebbene colla pienezza della ragione si diportò come ogni altro bambino, facendo silenzio...; e poi crescebat aetate, sapientia... coram Deo et hominibus. Eccetto gli ultimi anni, visse vita appa­rentemente ordinaria; ma ogni cosa comune faceva colla massima per­fezione. Lavorava da fabbro, scopava, tutto ... L'unico fine di ogni co­sa era la gloria del suo Eterno Padre, e la di Lui S. Volontà: Non quaero gloriam meam ... Non facio voluntatem meam, sed ... Cibus meus...
Ecco come Gesù si meritò l'elogio: bene omnia fecit. E noi abbia­mo finora fatto bene tutte le cose; e sulla nostra tomba si potranno scri­vere queste parole: bene omnia fecit, e di tutta la nostra vita? Certa­mente non abbiamo fatto bene nelle nostre azioni peccaminose; neppure nelle nostre azioni fatte imperfettamente e non con santo fine. Impe­rocché è verità assoluta, che non siamo in questo mondo che per cono­scere... (Catech.): Creatus est homo ut Dominum... (S. Ignazio). Quin­di tutto ciò che non è degno della gloria di Dio, e fatto per la S. Volontà di Dio non è ben fatto (Med. del Fine — V. Cafasso). Deploriamo il passato e per l'avvenire, sin da questo momento proponiamo di fare tutte le nostre azioni, che sieno buone in sé e nel fine. Già lo diceva il nostro Venerabile: non basta fare il bene, ma farlo bene, cioè che ogni nostra cosa anche buona sia fatta bene nel retto fìne e con tutte le circo­stanze volute da Dio. Il servo, dice lo stesso Venerabile, non basta che serva il suo padrone, ma deve servirlo senza eccezioni, e lo serva in mo­do da contentarlo pienamente, cioè con prontezza, con esattezza e con garbo (Med. del Fine), e col fine di piacergli.
S. Gerolamo rispondendo a Paolino che lo lodava perché abitava nei Luoghi Santi, gli rispondeva: Non Jerosolymis fuisse, sed Jerosolimis bene vixisse laudandum est. Applichiamo a noi: non basta essere religioso, missionario; ma bisogna essere buon religioso, buon missio­nario: hoc laudandum est; di ciò dobbiamo gloriarci. La nostra bontà consiste nella perfetta obbedienza... non basta fare le Comunioni, ma farle bene; non fare la meditazione, ma farla bene. Questa è la differen­za che passa tra il religioso perfetto e il tiepido e cattivo, perché quegli fa tutte le cose bene, questi no, ma ... (Rodriguez Tratt. II cap. I).
Del nostro Venerabile è detto che fu straordinario nell'ordinario, cioè fece: tante cose ordinarie in modo perfetto, ed operò tutte le cose in modo perfetto. Lo stesso Venerabile ci suggerisce alcuni pensieri che ci aiuteranno a fare tutte le cose bene. Dice per passar bene la giornata;
ma passata una bene, proporremo di passare bene la seconda, e così via tutte le giornate del mese, dell'anno, della nostra vita. (Vedi foglietto).
Note: al 1° pensiero: Gesù venne sulla terra per esser nostro model­lo.Inspice et fac secundum exemplar. Ego sum via, veritas et vita. — Quos prescivit, et praedestinavit conformes fieri imagini Filii sui (Neupveu, Sp. del Crist.). S. Basilio: Omnis actio Salvatoris regula est. — Quindi, S. Paolo: Vivo ego, jam non ego; vivit vero in me Christus. Prendiamolo a nostro modello nel fare le cose.
Al 2° pensiero. L'Imit.: Qui se Crucifixo conformaverunt in vita, accedent ad Christum Judicem cum magna fiducia. Sovente esaminiamoci davanti a Gesù Sacramentato e facciamoci ora giudicare da Lui in tutti i nostri pensieri, affetti ed opere: Juste Judex ultionis, donum...
Al 3° pensiero. S. Bernardo: Si modo moriturus esses, faceres istud? ... Imit.: Sic te in omni facto et cogitatu deberes tenere, quasi hodie esses moriturus. Se sul serio pensassimo di dover morire subito dopo quella confessione, quella comunione, come le faremo con impe­gno (Rodrig.). Es. di S. Luigi interrogato mentre faceva ricreazione. Quotidie morior. Beatus ille servus... sic facientem.
Al 4° pensiero. Age quod agis. Mentre attendiamo ad una cosa, poniamo in essa tutto l'impegno, senza pensare al fatto prima o dopo. Così i confessori circondati da turba di penitenti. Specialmente in Chie­sa, mandiamo via i pensieri estranei, anche in sé buoni, come di studio. Il demonio talora in mentre della preghiera ci fa ricordare ciò che prima cercavamo, anche lo scioglimento di difficoltà...; sono tentazioni del demonio, non lasciamoci ingannare con interrompere l'orazione e prender nota, fare un groppo al fazzoletto, o tenere metà dell'attenzio­ne alla preghiera e metà a tener viva in mente la cosa. S. Bonaventura:
scientia, quae pro virtute despicitur, per virtutem postmodum melius invenitur (Rodriguez).
Cari miei, abbiam bisogno di queste sante industrie per avvanzare nella perfezione. Così facevano i Santi; così facciamo anche noi...
P.V. Merlo Pich, quad. 328-340
(P.P. Albertone, quad. VII, 123-128)
3 Settembre 1916
Lasciate stare, non portate nessuna panca... Sapete, Michele adesso è più buono che un'ora fa... neh? L'ho messo nella compagnia del Carmine e dell'abitino Ceruleo; prima perdevi il tempo. Per l'abitino del Carmine, se muori, il primo sabato la Madonna ti va a liberare dal Purgatorio; e se muori di sabato, la Madonna ti porta subito in Paradiso: questo per l'abitino del Carmine. E per l'abitino Ceruleo? Tu che vai sempre in giro per Torino col carretto invece di guardare qua e là tutti quelli che passano, i soldati... tu dici sei Pater, sei Ave Maria e sei Gloria Patri, e guadagni ... (quanti sono?) 533 indulgenze; son tante anime. Si possono dire due volte al giorno, tre, quattro e domani non si dicono più. Neppure non è mica necessario dirle tutte in una volta: mentre vai, comincia a dirne una, poi due, poi vai alla Consolata, fai quello che hai da fare, e poi tornando dici le altre: 3, 4, 5, 6, e quando ce ne sono sei, l'Angelo Custode le porta su in Paradiso. È una vera miniera. S. Al­fonso le ha contate, e c'è proprio il decreto di Pio IX che le conferma... Vole­vo aspettare il giorno della Madonna, ma poi perdevi ancora tutti questi gior­ni...
(Arrivando gli studenti, si portano altre panche e si cambia posto).
Vedete, domenica passata non ho potuto venire perché non stavo bene, per qualche miseriuccia: non ho potuto celebrare Messa... ho digiunato, ma... Il giorno dopo però ho domandato al Signore doppia razione al posto di quel­la del giorno prima. Avevo la testa... il capo che mi faceva male; ho provato ad alzarmi, ma non potevo stare in piedi, e ho dovuto cedere. Ma poi è passa­to e l'indomani ho già potuto dir Messa.
Così non ho potuto dirvi quello che volevo dirvi: temo che sia il demonio che mi abbia impedito di venire per non lasciarmi dire quello che volevo; ma adesso io mi rivendico con dirvelo quest'oggi.
Domenica c'era quel bel Vangelo che vi ha spiegato D. Gallea. Cosa rac­contava il Vangelo di domenica? Non ve ne ricordate più?... Essi! È già passa­ta una settimana in mezzo: parlava del sordomuto che il Signore ha sanato. Non vi voglio mica parlare di quel miracolo, ma piuttosto delle conseguenze.
Quando N. Signore ha fatto questo miracolo, le turbe sono state tutte meravigliate, mirabantur... anche noi ci saremmo meravigliati, avremmo det­to: «Uh! che miracolo!». Quando N. Signore faceva qualche miracolo, e le turbe si meravigliavano, N.S. li faceva stare zitti... Vedete, il mondo fa tanto le cose grosse. Le turbe invece di dire: Fa tanti miracoli, fa questo, fa quello: (mirabilia, come avevano detto altre volte), hanno detto: «Bene omnia fecit». Ha fatto ogni cosa bene, ha fatto tutto bene. Volevano far l'elogio di N.S.: potevano dire: ha fatto delle grandi cose, ha fatto molti miracoli, mirabilia fe­cit; No! bene omnia fecit.
Cosa vuol dire questo? Facciamo un po' la costruzione: fecit omnia bene. Se vuoi ancora mettere il soggetto, Jesus Christus fecit omnia bene. Queste tre parole bisognerebbe scriverle in tutte le muraglie e quando morremo metterle sulla nostra tomba, se è vero, se no sarebbe una bugia; se ne dicono tante bugie sulle tombe! Possibile! Si potrebbe mettere: ha fatto dei miracoloni... no! bene omnia fecit: questo è il massimo elogio che si possa fare di uno, se ha fat­to bene tutte le cose in tutta la sua vita.
Io credo che queste parole furono ispirate da N.S. Gesù Cristo medesi­mo, perché non dovevano dirle cosi chiare: ha fatto tutto bene: benia omnia fecit.
Qui dobbiamo vedere due cose: prima di tutto: E vero che N.S. ha fatto tutto bene?... E noi?
1) N.S. Gesù Cristo ha fatto tutto bene. E già che è vero! Non solo le cose grosse, le cose strepitose, ma anche le cose piccole: tutto quanto. È venuto in terra, ed ha subito cominciato a fare la volontà del suo eterno Padre: prima da bambino, poi fanciullo, poi ragazzo, poi giovane: in tutti gli stadii della vita: ha sempre fatto tutto bene. Da bambino era il tipo del bambino: stava in silen­zio... tutto come i bambini; e faceva tutto bene: non faceva mica i capricci. Era volontà del suo eterno Pare che crescesse poco per volta, ed egli crescebat aetate, sapientia et gratia: Aveva già tutto, ma si manifestava poco per volta. E quando era sotto S. Giuseppe, erat subditus illis. Quando la Madonna gli di­ceva: Scopa la camera, scopava bene, non come voi, che bisogna che ci vada l'assistente a dire: «Scopi da addormentato!... E quella ragnatela?» — «Non l'avevo vista!».
Vedete l'importanza delle cose piccole. N.S. ha fatto più cose piccole che grandi, eccetto negli ultimi tre anni, per far vedere in faccia agli uomini che non sono le cose grandi che fanno, ma le cose piccole. Ma bisogna farle bene. E che cosa è necessario per farle bene? Due cose: 1. Bisogna che l'opera non sia cattiva: i peccati non sono opere buone. 2. Bisogna che ci sia il fine buono. Si possono fare delle cose buone con fine cattivo, per esempio per superbia, per es. lo studio è una cosa buona, ma io posso farlo con cattivo fine, per far­mi vedere, o via...
Il Signore ha fatto tutte cose buone; non peccati perché non poteva, si ca­pisce; cose piccole ma bene; ha sempre fatto la volontà del suo eterno Padre; l'ha detto egli stesso: «Non venni per fare la mia volontà, ma quella di colui che mi ha mandato: Descendi de coelo non ut faciam voluntatem meam, sed voluntatem eius qui misit me». Questa volontà l'aveva così immedesimata, era così incarnata che formava come il suo cibo: «Meus cibus est ut faciam volun­tatem eius qui misit me».
Poi N.S. Gesù Cristo ha sempre fatto tutto per far piacere al suo eterno Padre, per dar gloria al suo eterno Padre, con fine purissimo ed altissimo. An­che nel parlare, tutto quel che diceva era conforme alla volontà del padre e per fargli piacere. Così nei pensieri. Ed appunto perché N.S. Gesù Cristo ha fatto tutto bene, il suo eterno Pa­dre approvava tutto quello che faceva all'esterno ed all'interno: «Questo è il mio Figliuolo diletto; questi è colui nel quale ho posto le mie compiacenze».
Dunque non vi è dubbio che N.S. ha fatto tutto bene, e le turbe hanno detto giusto: Bene omnia fecit: ha fatto ogni cosa bene, anche la più piccola.
E noi? Abbiamo sempre fatto tutto bene? Niente di mal fatto? I peccati certamente non possono essere opere buone. Così pure se facessimo cose buo­ne con fine storto, non sarebbe bene; per esempio se digiunassimo contro l'obbedienza: si possono fare opere buone con fine cattivo. Noi dobbiamo stare attenti: far cose buone che sono quelle che ci comanda l'obbedienza, e farle per piacere a Dio. In questo consiste la santità, miei cari giovani; non nei mi­racoli. Anche molti non santi hanno fatto dei miracoli; il far dei miracoli non vuoi dire che si è santi. È vero che N.S. generalmente si serve dei santi per fare i miracoli; ma non sempre; il far miracoli non è indizio di santità; e ci sono tanti santi che non hanno mai fatto nessun miracolo. Vedete un po': S. Vin­cenzo de' Paoli ha mai fatto nessun miracolo; ma ha sempre fatto tutto bene.
Ma non basta far il bene; bisogna anche farlo bene; far come diceva il no­stro Ven. Cafasso: il bene bisogna farlo bene. Gli Ebrei digiunavano quando volevano che Dio li liberasse dai flagelli con cui li affliggeva, e i castighi conti­nuavano. Allora sono andati dal loro profeta, dal profeta Elia a domandare come andava che il Signore non li esaudiva: «Non abbiamo forse digiunato? Nonne jujunavimus? Perché dunque non ci esaudisce?». Allora il Signore ha risposto loro per mezzo del profeta: «Quia in jejuniis vestris invenitur voluntas vestra»: «Sì digiunate, fate penitenza, ma per capriccio. Io non volevo quel lì, ma un'altra cosa». E il fariseo: «Digiuno due volte la settimana; pago le decime, do tanto ai poveri, faccio questo faccio quello... «ve ne ricordate neh? Ebbene quel fariseo non faceva opere buone? E come va che il Signore dice che per tutta questa roba anziché tornare giustificato è restato con un pec­cato di più? Perché faceva tutto per superbia, per farsi vedere: «Son mica co­me quel pubblicano là! Egli è un peccatore, io no!».
Quindi non vogliate fare cose grandi, ma quello che vuole il Signore; nes­sun peccato; poi quello che vuole il Signore, che è quello che ordina l'obbe­dienza. Fortunati voi che potete sempre conoscere la volontà di Dio per mezzo dell'obbedienza! Nel fare miracoli non consiste la santità, ma nel fare il vole­re di Dio. Che fortuna avete voi che sapete sempre ciò che vuole il Signore.
Ma poi bisogna farlo con buona intenzione, cosicché alla fine del mese, facendo l'esame di coscienza, ognuno di voi possa dire: Bene omnia feci; e si possa poi scrivere là: Bene omnia fecit; a ciascuno di voi. Peccato non ne ho fatto nessuno, ho fatto bene o almeno ho cercato di far bene tutte le mie opere, anche la ricreazione, per obbedienza;. Poter inginocchiarsi davanti a N.S. e dirgli: Ho fatto tutto quello che ho potuto: un mese passato per amore di N.S.
Un giorno il Vescovo Paolino aveva scritto a S. Girolamo: «Oh come sie­te fortunato di star a Gerusalemme». E S. Girolamo gli rispondeva: «Non Jerosolimis fuisse, sed Jerosolimis bene vixisse laudandum est». Non lo star a Gerusalemme, ma l'aver vissuto bene a Gerusalemme si deve lodare. Avete ca­pito? Non basta dire: il tale è missionario, dunque è santo, no, ma bisogna fa­re quello che è necessario, bisogna fare le cose bene, occupare il tempo bene: Non Jerosolimis fuisse, sed Jerosolimis bene vixisse laudandum est. Non è tanto il dire il Rosario che faccia ma è il dir bene il Rosario; non è tanto lo stu­diare ma lo studiare bene; come diceva D. Cafasso: Il bene bisogna farlo bene, farlo come Dio vuole, per amore di Dio. Per esempio adesso ho da stare a stu­diare; so che mio dovere è di stare seduto bene... L'ho fatto bene? Vediamolo! Non ho perduto tempo? L'ho fatto per amore di Dio? Oppure per farmi vede­re? Allora si, del resto no. Non Jerosolimis fuisse, sed Jerosolimis bene vixisse laudandum est. Anche nel Paradiso terrestre c'erano Adamo ed Eva; ma non vi sono stati bene, e poi hanno dovuto scappare via. Il bene farlo come si deve fare; allora quando il bene è fatto bene laudandum est.
Poter dire a se stesso: bene omnia feci: ho fatto bene il passato, faccio be­ne il presente e farò bene in avvenire. Bisogna domandarsi fin d'adesso: mi merito quell'epitaffio se morissi adesso? Bene omnia facio? E se non l'abbiamo fatto per il passato, diciamo al Signore: Ti domando perdono di non aver fat­to il mio dovere per il passato: propongo di farlo sempre per l'avvenire, e di farlo bene.
E quali sono gli aiuti per far bene per l'innanzi? affinchè possiamo poi meritarci quell'epitaffio, e non facciamo poi dire una bugia? Facciamo tutto bene: bene omnia fecit. E bisogna cominciare subito.
Per questo basterebbe mettere in pratica i quattro suggerimenti che dà il nostro Ven. Cafasso per passare bene la giornata. Li avete tutti, neh, scritti? Lo avete tutti questo foglietto (presentando l'immagine del Ven. su cui sono stampati; e poi dandolo ad uno studente): leggi un po' lì il primo numero; se si passa bene la giornata; questa compone il mese; il mese bene passato compone l'anno; l'anno bene passato compone la vita. Guardate lì. Per passare bene ogni giornata e quindi passare bene tutta la vita prima cosa: Fare ogni cosa co­me la farebbe lo stesso N.S. Gesù Cristo. Vi pare che faremmo sempre tutto bene se pensassimo sempre a questo? Vedete, N. S. Gesù Cristo è venuto su questa terra non solo per redimerci, ma anche per essere nostro modello, no­stra guida, nostro specchio. Noi bisogna che ci conformiamo a lui; bisogna proprio che ci diciamo: Voglio parlar di me, come diceva S. Paolo di se stesso: Non son più io che vivo ma è Gesù Cristo che vive in me: Vivo autem jam non ego, vivit vero in me Christus: Non son più il tale, ma è lo stesso Gesù Cristo che opera in me. Ma per poter dire così, bisogna che facciamo tutto proprio come lo farebbe egli stesso; perché se dicessimo così e poi facessimo le cose male, gli faremmo fare cattiva figura, ed egli ci direbbe: Oh non sei la mia im­magine, non sono io che vivo in te, io non farei le cose così male! Bisogna che, non ce ne dimentichiamo mai; che facciamo tutto in unione con lui, che pro­curiamo di imitarlo in tutto; che guardiamo sempre all'esemplare: Inspice et fac secundum exemplar. In ogni azione bisogna che ci diciamo: guarda un po' all'esemplare: Se Gesù fosse al mio posto, farebbe, parlerebbe, penserebbe co­me faccio io? E poi bisogna fare come farebbe Egli stesso se fosse al nostro posto. Se fosse al mio posto quando prego, pregherebbe come prego io? Egli ce ne ha dato l'esempio: Prolixius orabat: pregava a lungo, pregava tutta la notte; ed io subito mi annoio.
E quando faceva il falegname, lavorava anch'Egli per guadagnarsi il pane, Egli che aveva creato il cielo; faceva ogni opera buona per piacere al suo
eterno Padre; ed io quando lavoro così svogliato.
Interrogatevi ogni tanto: Se vi fosse N.S. Gesù Cristo a mio posto come farebbe? Ah se tenessimo sempre bene presente questo pensiero, come faremmo le cose bene! Così potremmo essere la vera immagine di N.S. come S. Francesco di Sales. Sapete neh S. Francesco di Sales: Il Card. ... quando vedeva S. Francesco di Sales, diceva che gli sembrava di vedere N.S. Gesù Cristo stesso: è così raccolto, così ilare, cosi mansueto: era l'immagine più bella che potesse avere di N.S..
Bisogna proprio che ognuno pensi: Ecco io qui dentro sono proprio l'im-magine di nostro Signore; così nel compagno. Ciascuno bisogna che pensi:
guarda un po' quel compagno come è tranquillo, come fa tutte le cose bene, non fa nessuna malignità; guarda un po' quell'altro come fa l'obbedienza cordialmente, non per forza... Io vorrei che ciascuno di voi fosse un'altro N.S. Gesù Cristo vivente, una vera immagine, una vera copia. Bisogna che ognuno dica: Io voglio essere l'immagine di Gesù Cristo. È vero che tutte le virtù bisogna chiamarle a Nostro Signore; ma bisogna anche lavorare per acquistarle. Ciascuno tenga bene in mente questo pensiero: in questo consiste la perfezione.
Per esempio... e poi tutti i Santi erano conformi a Nostro Signore: qui è tutto il punto. Lo diceva S. Paolo: «Deus quos praescivit et predestinavit conformes fieri imaginis Filii sui»: Quelli che l'eterno Padre ha previsto che si sarebbero salvati li ha predestinati affinchè fossero conformi all'immagine del suo divin Figliuolo; e coloro che non sono conformi, non si salveranno.
E l'Imitazione di Nostro Signor Gesù Cristo dice: «Sic te in omni facto deberes tenere, quasi hodie esses moriturus»; ma questo poi dopo. Dunque questa è la prima cosa: Fare ogni cosa come la farebbe lo stesso N.S. Gesù Cristo; e quando qualche volta ce ne accorgiamo che non abbiamo fatto non come l'avrebbe fatta Lui vergogniamoci e domandiamo perdono. Diciamoci: Come! Io sono cristiano, anzi sono addetto alla casa delle Missioni; e quindi devo conformarmi a N.S..
La seconda cosa è: fare le nostre azioni a quel modo che vorremmo averle fatte quando ce ne sarà domandato conto al tribunale di Dio. Ah questo sì! Se non ci muove la bontà a fare il bene; almeno lo faremo per paura, pensando che di tutto dovremo render conto, render ragione di ogni cosa. Se vogliamo poi esser tranquilli al tribunale di Dio, bisogna che ci facciamo giudicare fin d'adesso. Quando andate in Chiesa, specialmente nella visita prostriamoci da­vanti a Gesù Sacramentato e diciamogli che ci giudichi adesso: «Voi allora sa­rete nostro Giudice tremendo; ma adesso
Juste Judex ultionis Donum fac remissionis Ante diem rationis.
Non aspettate allora a giudicarmi; ma giudicatemi adesso che siete Giudice di misericordia». Poi far l'esame di coscienza: Quest'oggi sono stato fervoroso? Sono stato obbediente? Sono stato caritatevole? E poi ascoltare la sentenza; così quando saremo là al tribunale di Dio saremo a posto; ma bisogna che provvediamo adesso.
Vi ho già contato una volta neh? quel fatto di quel tale che mentre andava alla Comunione è caduto là dentro, e laggiù gridava: «Mandatemi un confes­sore, mandatemi un confessore»! — Cosa? gli dicevano, andavi alla Comu­nione, e hai paura di presentarti al tribunale di Dio? — «Essi! Altro è andare alla Comunione, altro presentarsi al tribunale di Dio!... ». Non è forse lo stes­so Gesù? Quando si va alla Comunione si dovrebbe essere preparati ad andare al tribunale di Dio: quello là non si era preparato bene. Anzi, nella Comunio­ne non solo ci troviamo alla sua presenza, ma uno lo riceve proprio dentro di sé; quindi uno dev'essere tranquillo come se dovesse essere giudicato. Il mio antecessore era andato a celebrare la S. Messa; e dopo tornato in camera e l'hanno poi trovato morto sul letto: era passato al tribunale di Dio; subito do­po la Messa è morto.
Così noi dopo ogni azione dovremmo essere pronti a morire: dopo la Confessione, dopo la Comunione. Dobbiamo confessarci così bene, far bene l'esame di coscienza, come se subito dopo dovessimo proprio andar al tribunale di Dio. Oh che fortuna! Adesso la sentenza è di misericordia. Il Signore vede tutto, anche quello che i superiori non possono vedere, anche le azioni più nascoste; l'Angelo Custode scrive tutto. Nessuno si creda di nascondere le cose ai superiori; saranno occulte ai superiori, ma non a Dio; Dio ti vede. Dunque far ogni cosa come se dovessimo renderne conto subito dopo. Sapete quel fatto di S. Luigi che mentre stava là facendo ricreazione, un padre gli ha hiamato: «Se dovessi un po' morire fra poco, che cosa faresti?». Noi avremo sposto: Andrei subito da un Confessore, e mi confesserei proprio bene, neh? invece egli non ha detto così, ma ha risposto: Continuerei a giocare; sarebbe morto per l'obbedienza. Anche voi quando giocate se avreste a morire dopo passato quel giorno, morire martire dell'obbedienza. Così quando mangiate, ricordatevi che mangiate per vivere e non vivete per mangiare; quindi praticare la mortificazione; fare ogni cosa bene; far anche quello per gloria di Dio, come dice S. Paolo: Sive manducatis, sive bibitis, omnia in gloriam Dei facile; in modo da essere pronti a morire anche mangiando, col boccone in bocca. Non abbiamo fede abbastanza. Bisogna fare le nostre azioni come vorremmo averle fatte quando ce ne sarà domandato conto al tribunale di Dio. Questo è secondo suggerimento.
Veniamo al terzo: Fare ogni cosa come se fosse l'ultima di nostra vita. È quasi come la precedente, tuttavia un po' di differenza c'è; qui è fare ogni azione come se fosse l'ultima di nostra vita. E non è vero? Se giocate giocate bene, come se subito dopo doveste morire. S. Bernardo diceva: Si modo morirus esses, faceres istud? Se avessi a morire subito dopo faresti questo? e lo faresti in questo modo? Si o no? Avanti di morire lo farei in altro modo? Tenete ben a mente questo.
Ah se avessimo sempre questo davanti agli occhi! Se potessimo poi dire al punto della nostra morte. Ho fatto tutto quello che ho potuto; ho sempre fatto l'obbedienza; Signore, venite pure a prendermi subito! — Quotidie morior, muoio tutti i giorni, faccio questa cosa come farei l'ultima cosa di mia vita. Questi pensieri fanno bene. Quotidie morior: è S. Paolo che lo diceva: Muoio a me stesso, muoio alle mie passioni, muoio al mondo per vivere solo a N.S. su Cristo. E la S. Scrittura dice: Beatus ille servus, quem cum venerit dominus eius invenerit sic facientem; invenerit vigilantem: Beato quel servo che venendo il padrone, sarà trovato vigilante, a fare il suo dovere.
E adesso l'ultimo pensiero: Fare le cose in maniera, come se non ne avesse a far altra. Ecco, questo si. Quando facciamo una cosa non pensare ad altra: disturbiamo solo la cosa che facciamo. Avviene sovente che quando facciamo una cosa pensiamo ad un'altra: quando siamo in Chiesa pensiamo allo studio, quando siamo in studio si pensa alla ricreazione, e così disturbia­mo sempre tutto. Invece no: age quod agis: tieni la testa lì.
Avviene certe volte che quando siamo in Chiesa si presenta alla mente lo scioglimento di qualche difficoltà, di qualche problema che prima non sapevo sciogliere; per esempio avevo dimenticato questo nome, ed adesso me ne ricor­do: e allora si tiene ben li fisso in testa, affinchè non mi scappi, vorrei prende­re il taccuino e scriverlo; mentre è tempo di pregare, viene in mente lo sciogli­mento di quella difficoltà, quello scoglio; verrebbe la voglia, neh? di prendere il fazzoletto e di fare un nodo. Invece no! È tentazione del demonio, non biso­gna farlo. È il demonio che vuol disturbarci mentre preghiamo: «Non te ne ri­corderai più dopo, ti passerà di testa: su, su, tienlo ben in testa». E allora si prega lì per metà, perché quel là non scappi via. No! bisogna mandarlo via, senza paura di non ricordarcene più. Dice S. Bonaventura: «Scientia quae per virtutem despicitur, melius postmodum invenitur».Quella cognizione che si la­scia, si disprezza per pregare bene, per cagione della virtù, non si dimentica, anzi melius invenitur postmodum, si vede poi ancor più chiaro dopo, perché il Signore premia il sacrificio che abbiamo fatto per pregare bene...
Abbiamo da fare una cosa, ed il diavolo al contrario mette subito in testa qualche pensiero inopportuno, anche di cose buone per sé, ma fuori tempo, come lo studio per sé è una cosa buona; «dopo non mi ricordo più». E intanto lui tiene lì quel pensiero; e passa tutto il tempo della cosa da fare... Il demonio è magari buono a disturbare la Comunione con distrazioni o con pensieri non a proposito. No! via tutto questo! Via, via, via! Anche quando è di cose buo­ne, come per esempio lo studio no, no! è il demonio! Via! Vade retro satana!
Così quando uno è a studio pensa a qualche altra cosa. No, age quod agis, fa attenzione a quello che fai adesso, senza pensare né a quello che ho fatto prima né a quello che farò dopo.
Si dice ai confessori che quando confessano uno, non guardino in qua e in là intorno al confessionale per vedere se c'è tanta gente da confessare. No, adesso confesso costui come se non avessi da confessare nessuno altro dopo, come è di dovere. Certo non bisogna dir troppo, ma qualche cosa sempre. Bi­sogna pensare a far bene a quel che faccio adesso hic et nunc, far ogni azione bene, per la gloria di Dio.
Adunque quando ho da studiare, studio bene, procuro di fare il meglio che posso, senza pensare alla cena, o a questo o a quello. Quando faccio ri­creazione, la faccio bene, ad imitazione di S. Luigi.
Fate tutto alla presenza di Dio. Così passerete bene la vostra giornata. Questa sera cominciate subito bene. Così alla fine del mese esaminando il vo­stro interno, potrete dire: Bene omnia feci. Cosicché, se io potessi poi vedervi dentro; o meglio ancora guardando a Gesù là nel Tabernacolo, realmente pre­sente che vede proprio tutto, possa dir ad ognuno di voi: Bravo! Bene omnia fecisti: hai fatto tutto bene; hai fatto molte opere buone secondo l'obbedienza, hai fatto tutto con buona intenzione, per amore di Dio.
In questo consiste la santità; non consiste in fare miracoli: ma in fare be­ne le cose piccole; non è necessario fare cose grandi.
Dunque facciamo il proponimento di far tutto bene d'or innanzi ad imi­tazione di N.S. Gesù Cristo. E se pel passato non l'abbiamo fatto, ricomincia­mo di nuovo: far tutto bene come ho spiegato: sono gli avvisi del Ven. Cafas­so; li avete tutti, rileggeteli ogni tanto; metterli in pratica in qualunque cosa. Quando fate ricreazione pensate a S. Luigi. Quando si fa una cosa non pensa­re a tutt'altro. È così che si son fatti i santi anche senza miracoli. Non doman­datela al Signore questa grazia di fare miracoli: questa è una grazia di quelle che si chiamano gratis datae che il Signore dà solo a chi vuole e che non sono necessarie per farsi santi. Anche l'asina di Balam ha profetato; tanti santi dei miracoli non ne hanno mai fatto nessuno; ma bene omnia fecerunt.
Proponiamo quindi di far tutte le cose bene, tutto questo mese, ogni gior­nata, ma non proponiamo solo lì senza effetto, ma con energia. Ognuno dica: «Ho N.S. dentro di me, in me, dunque non devo fare cattive azioni. Altrimen­ti N.S. mi direbbe: Questa non è roba mia; non mi rappresenti mica; io non son mica in te; mi fai fare cattiva figura...».
E in questo mese che festa facciamo?... La festa della Addolorata; questo mese è stato dalla pietà dei fedeli consacrato all'Addolorata; facciamo tutto bene anche per consolare la nostra Madre dei suoi dolori; onoriamola con questo sacrifizio di fare tutto bene: bene omnia fecit. E quando ci accorgiamo che non abbiamo fatto bene mettiamoci di nuovo. Mettiamoci proprio di pro­posito di fare tutto bene, in regola. Se sono a studio, occuparlo bene, non per­derlo...
Questo mese c'è anche un'altra festa: la festa di S. Pietro Claver, ai nove del mese; noi di questo santo abbiamo tutto proprio: l'ufficio, la Messa; è pa­trono delle nostre missioni come Protettore dei neri. Bisogna pregarlo tutti i giorni, prepararci alla festa con un po' di novena.
Insomma, per consolare l'Addolorata, per far piacere a S.Pietro Claver, guardiamo di passare bene il mese.
giuseppeallamano.consolata.org