- Dettagli
-
Scritto da Beato Giuseppe Allamano
17 settembre 1916
Quad.
XII, 10
Amore
all'Istituto — Corrispondenza
(17 Sett. 1916)
Le lettere dei nostri cari sotto le armi, sono piene di sospiri a
questa Casa, e tutti la chiamano la Domus sanctificationis nostrae et
gloriae nostrae.
Felici quando possono
ottenere qualche giorno ed ora di permesso... E questo è segno di buon spirito, e che conservano cara la S.
Vocazione di missionarii. E voi apprezzate come si merita la grazia di abitare in questa santa casa, e procurate
di corrispondere alla medesima con ogni vostro impegno? Dite: il bonum nos hic
esse, e coll'Introito della Messa odierna (Dom. XIV dopo P.): Quam dilecta tabernacula...; melior est dies
una... Se ciò non sentite questi sentimenti è cattivo segno; o che questo non è il vostro
posto, o è segno che non corrispondete alla grazia che Dio vi fa. S. Maria Maddalena de' Pazzi baciava le Mura del
suo Monastero...
Che cosa è
questa casa, o meglio il nostro Istituto? Lo dicono le nostre
Costituzioni: È un luogo per santificarsi più che si
può per poi così salvare molte anime infedeli...
P.P. Albertone, quad. VII, 137-
139; 141-142
(P.V. Merlo Pich, quad. 248-257)
Conferenza del 17 Settembre 1916
Ho un bel regalo da farvi... chi è che legge forte di voi?... leggi un po'...
(Si legge un biglietto in cui S.E. il Card. Richelmy ha mandato la sua benedizione ai missionari ed allievi). ... Sapete, abbiamo mandato al Cardinale alcune pesche, di quelle che avete
gustato anche voi, son tanto buone... se non son venute dal paradiso, sono almeno venute dall'anticamera del
Paradiso. Ne abbiamo già mandato due volte, e questa volta qui, l'ultima
volta mandandole in là il Sig. Vice-Rettore ha scritto: «I missionari della Consolata, non avendo potuto quest'anno fare il solito presente di
funghi tradizionali — sapete che tutti gli anni da S. Ignazio mandavamo sempre
i funghi — perciò inviano a S. Eminenza un piccolo cesto di pesche». Ed il Card. ha risposto
ringraziando, ed ha mandato un'immagine per tutti... Cominceremo da chi?... E tu ti sei visto nella fotografia?
(allude alla fotografia presa in occasione della visita di S.E. il Card. Cagliero)
no? ... Ci manca anche il Sig. Prefetto, il ch. Albertone... faremo prendere una fotografia solo a tutti quelli che
non c'erano...
Dovete pregare per il Card. perché sebbene non
sia ammalato da stare a letto, e può venire alla Consolata, tuttavia non
è ancora guarito interamente. Bisogna che preghiate; vi ha appunto mandato l'immagine affinchè vi
ricordiate di lui e preghiate affinchè possa guarire completamente e fare del bene. Io gli ho promesso di
pregare e voi dovete pregare...
In tutte le lettere dei sacerdoti, dei
chierici e dei coadiutori che sono sotto la milizia c'è sempre una parola, il
sospiro dell'Istituto, della Casa Madre. Tutti
ripetono di tanto in tanto che quantunque desiderino di ritornare definitivamente, tuttavia desiderano anche molto di
venire di tanto in tanto a respirare un poco l'aria dell'Istituto, che è aria spirituale. Essi dicono:
«Là è la casa della nostra santificazione e della nostra gloria: Domus sanctificationis nostrae
et gloriae nostrae». Questa espressione tante volte l'ho letta nelle loro lettere...
E noi, mentre essi sentono tanto la lontananza dell'Istituto, il distacco, sappiamo noi apprezzare questa grazia che il Signore ci fa di stare qui?... Sapete voi
apprezzare questa grazia particolare di stare in questa domus sanctificationis nostrae et gloriae nostrae?... Noi
dovremmo dire ciò che ci fa leggere la S. Chiesa nell'Introito di questa mattina, quello che i Sacerdoti hanno
letto: «Melior est dies unus in atriis tuis, quam decem millia in tabernaculis peccatorum. È meglio lo stare
un solo giorno nella tua casa, o Signore, che dieci mila nei padiglioni dei grandi della terra, dei peccatori».
Questa mattina ci faceva leggere questa frase nell'Introito. Oppure: «Elegi abjectus esse, preferisco
stare nell'ultimo posto anche nella casa del Signore». Questa bella espressione che abbiamo letto questa
mattina dovremmo sempre averla nella mente, averla sempre nella bocca. O anche come diceva S. Luigi: Quam dilecta
tabernacula tua, Domine virtutum!... A preferenza sto solo in atriis della Casa del Signore, notate che atrio vuol dire
entrata. Amava meglio entrare soltanto nella casa del Signore, lo stare solo subito lì al fondo, che stare nelle
case dei grandi. Questa mattina io ho pensato queste cose.
Vedete, dal
distacco, dal sacrificio che fanno i nostri soldati di star lontani dall'Istituto noi dobbiamo imparare ad apprezzare la grazia di stare qui, apprezzare le grazie che il Signore ci fa in questa
casa. Non stare lì indifferenti come si starebbe in un altro collegio. No! questa è una casa di apostoli,
destinata alla formazione di apostoli. Voi dovreste sentirvi santamente superbi di essere in questa casa, di
appartenere ai missionari. È questo che pensiamo, o non piuttosto stiamo qui
come in un altro posto qualunque. Bisogna che ci pensiate bene a questo. Il Signore mi ha fatto una grazia singolare:
Singulariter sum ego. Il Signore mi ha scelto da tanti miei compagni, non ha scelto questo, non quello, ma proprio
me; mi ha chiamato in modo particolare, mi ha così eletto affinchè divenissi un apostolo... Questo bisogna
che di tanto in tanto ve ne ricordiate, non dimenticatevene...
Per
poter vivere da missionari, potere formarci come dobbiamo, dobbiamo vedere tre
cose: In primo luogo: Come stimiamo, che stima abbiamo noi del nostro stato? In secondo luogo come l'amiamo? Terzo: come
corrispondiamo alle grazie che il Signore ci fa?
Dunque cominciamo
dal primo: Che stima ho io del mio stato? Prima di venire sì, pensavate: Oh, farmi missionario! V'immaginavate
tante cose, che bisognava fare tanti sacrifizi, tante privazioni... V'immaginavate di dover far come il B. Perboyre,
d'essere maltrattati, incatenati, avvolti nelle spine, strappati, flagellati... e di queste cose non avevate paura,
anzi eravate contenti. Non siete venuti a farvi missionari per star bene, per
godervela... un poco là... per viaggiare... ma è solo tutta poesia che va via... Ma proprio per godervela
c'è nessuno che sia venuto, per star bene, per mangiar bene, per farsela buona. Già fin d'allora
pensavate: perché entro nell'Istituto? Per farmi santo, un santo apostolo; e
per questo bisogna avere molto studio, molta pietà, per fare poi molto bene e salvare molte anime...
Bisogna proprio che stimiate questa grazia, che vi stimiate orgogliosi, e che siate
riconoscenti al Signore.
Tante volte pensiamo: «Come mi sarebbe
piaciuto di essere nel numero degli Apostoli o almeno dei discepoli, neh? Ebbene, noi lo siamo! Perché i
missionari non sono solo discepoli, ma anche veri apostoli; perché a noi in
particolare il Signore ha detto: «Euntes in mundum universum, praedicate evangelium omni creaturae». Voleva
che non si predicasse solo in questo o in quel luogo, ma in tutto il mondo; voleva che facessimo come S. Francesco
Zaverio che voleva predicare la fede
nell'India, poi nel Giappone, poi di là passare nella Cina, poi nel Tibet; poi nella Siberia, poi di
là venir giù nella Russia, nell'Europa, in Africa, insomma convertire tutto il mondo. Egli aveva inteso
quella voce di N. Signore: in universum mundum.
Se non stimate ancora
abbastanza la grazia della vocazione, pensate che siete stati preferiti ai compagni,
come dice Davide nel Salmo: Non fecit taliter omni nationi: non ha fatto una grazia così grande a nessun altro,
neppure a nazioni intere, come ha fatto a me. E non credete di non poterlo ancor dire, dicendo: Sono ancora così
poco, perché siete ancora agli ultimi gradini: crescerete, verrete su poco per volta, più presto che
non vi pensate, prima chierici, poi sacerdoti, poi partirete anche voi per
l'Africa. Dunque pensiamoci che la nostra è una vocazione tutta singolare...
In secondo luogo: di amarla la vocazione, proprio di cuore.
Se qualche-duno ci dicesse: «Avevi talenti; potevi farti onore nel mondo, far carriera, noi dovremmo dire:
«È tutta roba da niente, questo è di più...».Proprio amarla; non vergognarsi di essere
missionari; ma sentirsi contenti di essere missionari, di appartenere
all'Istituto delle Missioni delle Consolata:
amare la vocazione proprio di cuore.
In terzo luogo: corrispondere alla
vocazione. Non basta amarla e stimarla: quelli è niente, bisogna
corrispondere, procurare di adempirne gli obblighi;
dovremo render
conto a Dio. Cui multum datum est, multum requiretur ab eo. A chi è stato dato molto, da lui sarà anche ricercato molto. Questo mezzo serve
molto per conservare la vocazione. Sapete, ve lo ripeto, quel detto di S. Girolamo
che vi ho detto domenica: Non Jerosolimis fuisse, sed Jerosolimis bene vixisse laudandum est; e qui è appunto
Gerusalemme, la Casa di Dio. Non basta essere missionario, ma bisogna vivere da missionario, vivere bene, formarvi,
lasciarvi lavorare. E come fare per vivere da missionario?
Vi
suggerirò tre mezzi, cioè bisogna considerare tre cose: 1° considerare che è facile farsi santi
missionari qui; 2° che se non vi fate santi adesso in questa casa al
presente, non vi farete mai più. In 3° luogo: che se non vi fate santi, dovete renderne strettissimo conto al
Signore. Questo pensiero deve servire a scuoterci, e ad andare avanti e farsi santi.
1°. È facile farsi santi. Sicuro che è
facile: avete solo da fare l'obbedienza. Se vi comandassi di fare qualche miracolo,
potreste dire che non siete capaci, se vi comandassi di digiunare a pane ed acqua..., di flagellarvi come
facevano i Santi, come S. Luigi Gonzaga, potreste dire che non è facile.
Se vi comandassi di star alzati una volta sì e l'altra no vi pare che potrebbe essere un sacrificio. Ma io
non vi comando questo; invece avete da fare tutta roba facile. Osservate la vostra regola, gli obblighi del vostro
stato, fate la volontà dei superiori,
osservate la carità coi compagni, mettetevi con impegno allo studio, insomma
fate tutto bene. È tutto facile: mangiare, non è facile?... dormire ... Pregare, non è facile? anche
i pigri vorrebbero sempre pregare, non è mica molto... Come c'è lo studio, è facile, ma bisogna
farlo bene non per capriccio;
così quando si ha da scopare, non
voler far altro. Da giovane si è sempre così: basta che una cosa ci sia comandata perché non vogliamo
più farla; ma voi non dovete fare così. Vedete che è facile, quando fate qualche cosa, fatela
come se aveste nient'altro da fare. Così vi farete bravi, santi missionari... Quando sarete in Paradiso sarete contenti di aver fatto tutto
bene...
Dunque prima cosa: che è facile farsi santi adesso;
adunque non aspettiamo a farci santi, perché dopo non potremo più farci santi così
facilmente;
2°. La seconda cosa è che se non vi fate santi
adesso non vi farete mai più. Non dire: Aspetterò in Africa a farmi santo; ho tempo! No! Chi non comincia subito con impegno non si farà mai più... Certe grazie
non tornano mai più: Hodie si vocem ejus audieritis nolite obdurare corda vestra: se quest'oggi il Signore ti fa
una grazia, corrispondivi subito, non aspettare domani; a Dio non piace il domani, cras. Quella grazia che il Signore
mi fa adesso non me la farà mai più, perché è vero che le grazie di quest'oggi non
torneranno mai più, il Signore ne farà altre, ma quella di quest'oggi non me la farà. Dunque
bisogna proprio che ci mettiamo sul serio: Ecce dixi, nunc coepi: voglio cominciare a farmi santo, anche da
giovane...
3°. In terzo luogo: che avremo da rendere strettissimo
conto a Dio se non ci facciamo santi. Il Signore ci dirà: «Le grazie te le ho date, e tu vi hai
corrisposto? Rendine conto: Tanto delle grandi, come delle piccole»; il Signore ce ne domanderà conto e
strettissimo conto, perché il non corrispondere ad una grazia particolare è maggiore ingratitudine che non
corrispondere ad una grazia comune; perché se uno fa ad un altro un favore speciale, e non è
corrisposto, resta una maggiore ingratitudine...
Mettetevi proprio
sul serio, pensando che il Signore vi ha chiamati in questa casa dove è facile farvi santi, e ringraziatelo;
mettete in pratica i mezzi per farvi santi, pensando che se non vi fate adesso non vi farete mai più. Se
trascuri la grazia del Signore, Egli la toglierà a te, e la darà ad un altro che vi corrisponda e ne
faccia frutto, facienti fructum suum. Se quella pianta non fa frutto, la sradicherà e ne metterà al
posto un'altra che faccia frutto: il Signore è capace di suscitare dei figli di Abramo dalle stesse
pietre...
Ma ora consideriamo quali sono gli
ostacoli che ci impediscono la nostra santificazione. Vedete, il primo ostacolo è quello di essere entrati in
quest'Istituto con cattivo fine, con intenzione non retta. Facciamo un po'
l'esame di coscienza: Perché son qui?... Per farmi santo, e per salvare
molte anime? Oppure sono venutoqui per qualche altro fine? Se son venuto per
altro fine, ho sbagliato. E adesso, vi sto per altro fine?... No, no, no! ci vuole fine retto, il vero fine per cui
quest'Istituto è stato fondato; e se avessi un altro fine anche buono, non sono a posto. Per altre cose ci
sono altri luoghi; il fine di quest'Istituto è di farvi santi voi, e poi
salvare altre anime. Adunque se siete venuti per altro fine, raddrizzate le vostre idee, non continuate a mangiare
così il pane della carità. Cominciate da adesso a non aver altro
fine: il mio fine è quello di venir un santo missionario, e missionario della Consolata. Anche se volessi farmi Salesiano, non sarebbe qui il posto, ci sono i Salesiani... Se uno
avesse altro fine, e intanto continuasse a mangiare il pane a tradimento in questa casa, con questa intenzione,
dovrà renderne conto a Dio, restituire, pagare tutto... Ma io so che vi state tutti volentieri, con questo scopo...
Dunque, prima cosa: fine retto.
Il secondo ostacolo che si oppone alla nostra santificazione
è lo spirito del mondo; il mondo bisogna schivarlo, abominarlo, non volerne sapere, essere tutto per N. Signore
Gesù Cristo. Ci sono certuni che vogliono sempre sapere novità, cose nuove; quando vanno in parlatorio,
veniamo al pratico, vogliono sapere di questi e di quello; hanno una smania di scriver lettere, vorrebbero sempre girare
per Torino, vedere Torino; e se si ha da andare fino a Rivoli, sembra di dover fare un sacrificio... Girare per
Torino!...Ne fate senza, non vi interessa niente... Io voglio farmi un buon missionario e non mi curo del mondo. I vostri
fratelli maggiori ci scrivono, noi abbiamo sol da raccomandarli al Signore affinchè li protegga in questa
guerra, non far altro che pregare. Dunque via spirito del mondo! Prima cosa fine retto; secondo: mandar via lo
spirito del mondo... Quando avete voglia di sapere qualche cosa, domandatevi: Quid ad me? che cosa mi giova sapere
questo qui? Come diceva S. Luigi: Quid hoc ad aeternitatem? Che cosa mi giova per l'Eternità? Mi disturba solo.
Quando si esce dal parlatorio, si ha tutta la testa piena... Tutta roba del mondo!...
Terzo ostacolo che impedisce la nostra santificazione: lo spirito di critica, interna ed
esterna... Certe teste pensano sempre al contrario dei superiori... Basta che i
Superiori comandino una cosa, perché subito si pensi: Questo non va, sarebbe meglio fare così. Basta che una
cosa ci sia comandata, perché ci costa subito a farla... Spirito di critica dei compagni e tanto meno poi dei
superiori... Guai a chi preferisce od anche solo ascolta qualche parola di
critica! No, no, no! Per carità... Ricordatevi della sorella di Mosè
che l'ha criticato ed è subito stata punita con la lebbra... Guai a chi tocca i miei eletti! dice il
Signore.
Stiamo attenti! Perché guai a quella
comunità in cui entra questo spirito di critica!... Basta che uno dica che bisogna fare una cosa perché
l'altro dica subito che non bisogna farla così...
Poi ci vuole
la testa, il cuore. Perché se si pensa al contrario dei superiori, la cosa
costa di più; mentre che se si fa con semplicità, non costa niente, non se ne sente il peso; altrimenti
costa di più...
Il Signore ci fa la grazia di stare qui;
cerchiamo di meritarlo noi, mentre gli altri sono lontani... Pregate per il Ch. Re che si trova molto in pericolo. Anche
il vostro assistente, grazie a Dio va bene, come per tutti gli altri, chierici e
coadiutori... Pregate anche qui per D. Spinello che deve partire anche lui, ha solo più poche ore di
tempo, neh?...
E noi mentre essi
desiderano di tornare e sospirano questa casa, Domus sanctificationis nostrae et gloriae nostrae, noi che siamo ancora
qui, corrispondiamo alla grazia del Signore; sentiamoci orgogliosi di essere in questa casa e preghiamo il Signore
affinchè finisca presto questa guerra, e possano tornare tutti sani e
salvi...
- Dettagli
-
Pubblicato: Domenica, 11 Giugno 2006 23:00