FESTA DI S. FRANCESCO DI SALES E DEL B. SEBASTIANO VALFRE' — LA POVERTÀ MADRE DI VIRTÙ

28 gennaio 1917
Quad. XII, 33
(28 Genn. 1917)
La povertà madre di virtù
L'esempio e le parole di N.S.G. sono il primo e più potente stimo­lo a stimare, amare e praticare la S. povertà. Dopo vi sono anche altre ragioni per farcela apprezzare. Tutte le altre virtù ricevono vita dalla povertà. S. Gregorio M. dice che la povertà è parens quaedam, generatrixque virtutum. E S. Ambrogio: Abnegatio rerum generatrix est, nutrixque omnium virtutum. E veramente avrà la fede colui che non crede a Gesù che disse: Beati i poveri; guai ai ricchi, i quali difficilmente en­treranno nei Regni dei cieli. — Invece nel suo cuore stima buona cosa le ricchezze e fortunati quei che le posseggono. Non così i Santi...
La speranza è tutta rivolta al Paradiso, e non fa caso delle cose ter­rene. S. Gregorio M.: Si consideremus quae et ... vilescunt...— Ma quanto è difficile questo distacco: Beatus vir, qui post aurum non abiit, nec speravit in pecunia et thesauris... ma quis est hic ... fecit mirabilia in vita sua. Il Ven. Cottolengo fu modello di questa virtù; quando una suora si lamentò che aveva più solamente un marengo per mantenere più di cento ricoverati, egli glielo tolse e gettò via, dicendole che così confiderebbe più in Dio, che provvede, come avvenne.
Per amare Dio con tutto il cuore bisogna avere nessun attacco alla roba, se no resta diviso. Perciò tanti Santi abbandonarono tutto e si fe­cero poveri per amor di Dio. Gli amanti del prossimo perché non cu­ranti di sé, operarono molto bene agli altri. S. Bernardo di S. Malachiti: pauper sibi, dives pauperibus erat. Vincenzo de Paoli povero spese 25 milioni di limosine, ed il B. Sebastiano Valfrè un milione e mezzo. La gente ricorre ed ha fiducia in chi non agglomera, ma in chi spende pei poveri...
I poveri possono più facilmente avere l'umiltà perché non curati e dispregiati, non così i ricchi.
Così della castità, che si mantiene nel vitto povero e non nelle son­tuose libagioni ed imbandigioni.
Si dica ancora di tutte le virtù, specialmente dello zelo delle anime:
Da mihi animas, cetera tolle, diceva S. Francesco di Sales. S. Bernardo applica le parole di N. S.G.C.: Si exaltatus fuero a terra, omnia traham ad meipsum al distacco dalla roba, per cui convertiremo e santifichere­mo i popoli a proporzione che saremo poveri almeno di spirito.
Nelle Congregazioni religiose la S. Povertà si colloca pel primo vo­to: povertà, castità, obbedienza. Essa è infatti il fondamento della per­fezione, come vedremo spiegando la lettera.
Nella vita di S. Francesco d'Assisi avete letto, come il Santo anda­to a Roma per ottenere da Papa Innocenze III ecc. (V. Vita) (P. Bruno Conf.).
P.P. Albertone, quad. VII, 19-23
Conferenza del 28 Gennaio 1917
(Al Ch. Bazzoli) Ah! ti riformeranno: fatti insegnare da Carlo. Quando vi pigliano così a malincuore!... E poi ... pregate per la pace; se si fa la pace siete tutti liberi; si parla sempre di pace...ma! Domani è la festa di S. France­sco di Sales; è uno dei nostri protettori, ma è un protettore di tutti, piace a tut­ti questo santo. Dolce, benigno, non tante penitenze, dicono, se una cosa è buona la mangia, se non è buona la mangia lo stesso ... Anche alle sue suore ha ordinato, non il resto, ma il cucchiaio fosse d'argento per pulizia. L'aveva ordinato già S. Agostino, e così anche lui. Si, sì, ma poi andate a vedere lo spi­rito di mortificazione che aveva questo santo, e che non lo lasciava apparire all'esterno! Da se stesso si rattoppava i suoi abiti, e poi, tolto l'abito esterno che era decente e che lui lo faceva durare! ... e poi sotto, qualunque cosa era buona! L'abito esterno era decente, e sotto qualunque straccio! Questo è con­tro di noi che vogliamo sempre apparire zerbinotti! pulizia, sì; ma per altro tutto è buono per questo corpo, e quando lo si porterà a seppellire gli mette­ranno la veste meno buona. D. Cafasso è stato seppellito con una veste rap­pezzata, eh! vedete? per quel morto lì basta!... faranno così!
E questo santo era amato da tutti, ma era povero, mortificato, molto dol­ce, non aveva nessun gusto, e quando mangiava, buono o cattivo faceva lo stesso: questa è mortificazione! Così fu fatto vescovo di una chiesa povera e alcuni volevano che cambiasse il suo vescovado con un altro più cospicuo, con quello di Parigi, o altri: «No, quando uno ha sposato una sposa povera, non la lascia per questo». Quando il senato minacciò di togliergli le temporalità, lui diceva: Vogliono farmi più spirituale. Gli hanno messo un economo e lui dipendeva da quello fino in un centesimo, e quando domandava denari, l'eco­nomo gli diceva: «Non ce ne son più!». E allora lui diceva: «prendete qualche oggetto prezioso, e pignoratelo, vendetelo»! — «Ma, se c'è ornai più niente!...».
Era molto mortificato, e si faceva un vanto di essere povero, e quando era obbligato a qualche cosa, aveva il cuore distaccato.
E del B. Valfrè? Contadino di..., si chiamava lui... Nella sua camera ave­va solo il letto e la sedia, e di giorno trasportava i libri sul letto e di notte li ri­metteva sulla sedia. E così scrivania e tutto il resto era il letto. Eppure per i po­veri spese più di un milione e mezzo. Tutti portavano a lui, perché sapevano che non c'era la pece! Quando uno vuol denari, bisogna che non ne voglia, che rifiuti, e allora tutti gliene portano... ma inteso, che non ne voglia di cuore, non solo per ipocrisia.
Ma prima di venire alla povertà e di spiegare quel libretto, vediamo la po­vertà in genere: vediamo l'amore che dobbiamo avere a questa virtù, che è una virtù per tutti, non solo per i missionari, ma per tutti in genere.
E l'esempio di N. Signore che si fa povero per noi, come è bello! Pare che sia venuto su questa terra solo per insegnarci e farci stimare questa virtù, si è fatto per noi povero cum esset dives, pro nobis egenus factus est.
Oltre questo ci sono ancora altri motivi che debbono aiutarci a farci sti­mare questa virtù. E S. Gregorio Magno dice belle parole sulla virtù della po­vertà: parens quaedam et generatrix virtutum. Dice che la povertà è in certo qual modo madre e generatrice di tutte le virtù. E S. Ambrogio dice quasi le stesse parole: Abnegatio rerum generatrix est et nutrix virtutum. Genera, par­torisce le virtù e le fa crescere: generatrix est nutrixque virtutum. Ed è vera­mente così; la povertà è madre di tutte le virtù. E tutte le congregazioni religio­se nei voti mettono prima la povertà. Pare che si dovrebbe mettere prima l'obbedienza, che nel senso pratico, è la più necessaria. Ma dice S. Tommaso che la povertà è come il fondamento della perfezione; ed esaminiamo un momento tutte le virtù e vediamo che se c'è la povertà esistono e crescono, ma se non c'è la povertà non possono né esistere né crescere.
E cominciamo: la fede. La fede può stare senza la povertà? E no! Se io credo che è vero quello che ha detto N. Signore devo credere che ha detto: Beati i poveri di spirito, beati i poveri ed infelici i ricchi, perché i ricchi difficil­mente si salvano. Vae divitibus! E se credo, perché ho tanta stima dei ricchi, di un mio fratello che ha qualche cosa, o procede da ricco, e quando vedo una creatura che ha qualche cosa quasi l'invidio. Noi abbiamo quelli, di dare im­portanza alla ricchezza. Sento e vado dietro a queste cose, e se avessi denaro trovo che sarei contento molto, e così invidio forse chi ha. Questo è facile an­che tra noi, di fare una preferenza tra povero e ricco: o tu fortunato! Così an­che capita nel ministero quando si tratta di luoghi lucrosi: ah! una buona par­rocchia! — buona? perché? perché ha molte anime? — no! perché è molto ric­ca! — Oh, sproposito! — E così, ma veniamo a noi.
Non dico proprio che abbiamo le idee false come queste, ma tuttavia non abbiamo le idee di N. Signore. Quando c'è fede ragioniamo come N. Signore. E quando invece non ragioniamo così, abbiam la fede del battesimo, ma non abbiamo fede viva. Anche tra noi, vedete, preferiamo un compagno che ha qualche cosa... e anche noi ci vergogniamo qualche volta di far vedere un pa­rente contadino.
Quando volevan fare il B. Valfré arcivescovo, ha fatto venire in fretta dalla campagna suo fratello, vestito lì alla buona, da buon campagnolo, da buon paesano, è venuto su, e lui ha fatto mandare a prendere la vettura del Duca, e si son messi lor due, e han traversato lì tutta la città, e il B. Valfrè a tutti: «me fratel! me fratel; me fratel!!!» a tutti quelli che gli venivano incon­tro. E poi al duca: «Sì iè me fratel», «ha tanti anni e fa il contadino, ecc. ecc.» e quando ebbe spiegato tutto di suo fratello, ha detto al Duca: «Vi pare che si possa mettere per Arcivescovo di Torino uno che è nato da una famiglia così, che ha un fratello contadino, così S. Maestà si fa rider dietro...!» (Segue il fat­to del Valfrè che porta un gran quadro per Torino).Era così, e intanto ha speso un milione e mezzo per i poveri.
Un vero santo non s'è mai vergognato di essere povero, e se è di posizione alta la nasconde, contento di parere povero. È tanto facile, e non vorrei che succedesse quello che vi ho già contato, che si abbia paura che si vedano i pro­prii parenti un po' umili... sapete quello che aveva fatto S. Vincenzo de' Pao­li, per essersi vergognato di suo fratello zoppo. Un momento di debolezza, non aveva piacere che lo vedessero, e l'ha fatto entrare per un'altra porta, ma quando se n'è accorto ha radunato i suoi religiosi e ha confessato a tutti que­sta sua superbia. Vedete, se abbiamo fede, bisogna che pensiamo, che parlia­mo, che operiamo secondo i principii della fede; Beati pauperes; e della fede vera. La fede vera non può stare con principii falsi. Che il Signore si sia ingan­nato lui? Allora non crediamo che sian beati i poveri...! ma...
E la speranza? Beatus vir qui post aurum non abiit, nec speravit in pecuniis et thesauris...! Beato quell'uomo che non va dietro all'oro, che non pone la sua speranza nei denari. E che cosa dice la Scrittura? Quis est hic et laudabimus eum? È tanto facile lasciarsi attaccare che si stupisce: quis est hic? mo­stratemelo! questo grand'uomo che ha tutta la sua speranza in Dio e non nella pecunia! — È tanto difficile non avere un po' di attaccamento, amare e stima­re queste cose! Quis est hic et laudabimus eum! E lo loderemo... fecit enim mirabilia in vita sua...
C'era il Cottolengo che guai quando vedeva che si pensava a questo: un giorno una suora venne a lamentarsi a lui perché le rimanevano solamente un marengo ed aveva cento e più da nutrire. E il Cottolengo allora l'ha preso e l'ha gettato dalla finestra, o l'ha dato ai poveri insomma, ed ha detto: «Così imparate a confidare in Dio e non nel marengo». È tanto facile mettere il cuo­re nei denari: bisogna poter dire: in Te Domine speravi, e non nei denari. Fac­ciamo un po' di esame: praticamente io sono staccato da questo? È facile dire nella preghiera: «Io sono tutto tuo, ma poi guardate un po' se c'è davvero nes­sun attacco, guardate un po' se non c'è un filo... quanti che si credono distac­cati e non lo sono, sperano, hanno confidenza, sperant in pecuniis! Ah! Bea­tus vir qui... quis est hic? Non bisogna che siano molti quelli che sono distac­cati perché ne fanno le meraviglie: et laudabimus eum! poiché quelli che sono distaccati da tutto fanno meraviglie: fecit enim mirabilia in vita sua. Perché? Per questo. A qualunque cosa anche nel materiale si può avere il cuore attac­cato a tante cosette di questo mondo...
E l'amor di Dio? Il Signore è geloso e vuole avere il cuore tutto per sé; e se noi diamo un poco ad altro, il Signore non è contento: fili, praebe cor tuum mihi. S. Francesco diceva: Se io mi accorgessi che nel mio cuore vi è un filo, che non è tutto del Signore lo strapperei, lo schianterei senza misericordia. Ci può essere attacco ad un coltellino, alle volte un attacco ad una miseria; no! Il Signore vuole tutto per sé. L'ha creato per sé e non vuole divisioni.
E vediamo l'amor del prossimo. Ho già detto che S. Vincenzo de' Paoli ha speso più di 25.000.000 per i poveri. Lui era staccato, era veramente povero e tutti gliene portavano. S. Bernardo dice che noi a riguardo del prossimo dobbiamo essere conche e non solamente canali, ve l'ho già detto altre volte, e lo dice S. Bernardo, ma in questo dobbiamo essere solamente canali e non conche, e questo lo dico io. Bisogna essere canali, se la gente è sicura che non ci resta niente, allora porta molto, se han da fare la carità, la fanno; ma se hanno l'idea di un prete attaccato, allora ... anzi, parlando in generale, nel mi­nistero, se ci sono delle macchie che fanno del danno sono queste. In certi pae­si tollerano altro più grave, ma non tollerano questo. «Ma è di diritto!». Ah! il diritto si può far valere altrimenti. Quando vedono che il prete è taccagno, quando c'è la nota di attaccamento al denaro, si fa più nessun bene. Bisogna sapersi staccare per saper fare la carità agli altri, se no, tutto per sé, da vero egoista. S. Bernardo diceva di S. Malachia: Pauper sibi, dives pauperibus.
E l'umiltà? L'umiltà può stare senza la povertà? uno che non abbia amo­re alla povertà non può essere veramente umile. Perché egli cerca di sollevarsi, e vuole far vedere quello che non è, e ha paura di far vedere quello che è.
E riguado alla castità? Se per conservare la castità è necessaria la mortifi­cazione, è necessario anche l'amore alla povertà, perché la mortificazione e la povertà stanno bene insieme. E se uno non è povero non è mortificato: e in vi­no luxuria, nel troppo mangiare stanno gli incentivi contro la castità. Essere povero, essere contento di vivere di povertà, sono mezzi per conservare la ca­stità.
E in generale tutte le virtù sono genite e accresciute dalla povertà, essa le partorisce, le genera, le accresce, le nutre. Parens est nutrixque virtutum. Bi­sogna amarlo lo spirito di povertà secondo il proprio stato, e perciò il religioso che sia ben fondato su questo conserverà lo spirito buono. E quando invece non si bada più tanto, allora si cade, perché manca il fondamento della perfe­zione. S. Bernardo quelle parole del Vangelo: Si exaltatus fuero a terra omnia traham ad meipsum, le applica allo spirito di povertà; e dice: quando sarò ti­rato su dalla terra, distaccato dalla terra, allora trarrò tutti a me, trarrò tutti alla conversione, al bene; S. Bernardo queste parole le applica appunto pia­mente a questo spirito.
E S. Francesco, nostro protettore di quest'anno, quando si presentò ad Innocenzo III, leggerete poi di nuovo questo fatto, quando si presentò coi suoi dodici compagni, poveramente vestito, scalzo, domandando la limosina, po­veri di vesti e simili: il Papa stava in Laterano, e si dice che gli fu annunziato che questo poverello voleva parlargli... ma era tanto male in arnese, che dico­no che il Papa non ha voluto riceverlo. Ma ecco che nella notte ebbe un sogno, e vide la Basilica Laterana che stava per cadere, e c'era questo poverello che la sosteneva, e allora l'ha fatto cercare e chiamare nuovamente, e lui gli ha fatto vedere la nuova regola, e fu quando S. Francesco raccontò al Papa quella pa­rabola: C'era un figlio di re, che chiamò al re suo padre di andare a fare un gi­ro. E allora andò lontano, e in un posto ha trovato una figlia tanto buona, e l'ha sposata, e da quella ebbe dei figli, e stette lì finché non fu chiamato da suo padre, e allora lasciò quella sua donna coi suoi figli ed è ritornato da suo pa­dre. E lui ha detto al Papa: ecco: il re è l'eterno Padre, che ha mandato il suo figlio su questa terra, e la donna è la santa povertà, e i figli son quelli che si salveranno per mezzo della pratica della santa povertà, che io anche ho eletto per mia sposa.
E così l'altro fatto: S. Francesco era ammalato, e c'era uno dei suoi frati che lo custodiva; e si è messo a pregare in un angolo della cella, e ha veduto molti frati che avevano da passare un fiume, e alcuni erano molto carichi e ap­pena nell'acqua s'annegavano subito; altri avevano poco, e passavano a sten­to, altri poi avevano niente e passavano facilissimamente. E allora S. France­sco se l'è fatto spiegare e poi l'ha spiegato così: il fiume è questo mondo; quel­li dei nostri frati sono distaccati da tutto, e veramente poveri passeranno faci­lissimamente tramezzo e andranno avanti tranquilli, gli altri che hanno fatto voto e poi non lo osservano cadranno o presto o tardi e verranno tirati via dal­la corrente.
Noi non siamo cappuccini, ma tuttavia dobbiamo avere lo spirito di po­vertà, perché se i cappuccini qui, possono sempre avere tutto il necessario alla vita, il missionario potrà sempre averlo? Bisogna perciò essere disposti a man­care anche del necessario; tutti i santi hanno avuta questa virtù, tutti i santi eb­bero lo spirito di essa: beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum coelorum.
Domandiamo questa grazia a S. Francesco di Sales e al B. Sebastiano Valfrè, di essere distaccati dalle cose di questo mondo colla mente e col cuore: terrena despicere et amare coelestia. Sia nei nostri pensieri, nelle nostre idee che nei fatti; essere contenti di campare da poveri. I poveri sono contenti, e non hanno schifo delle cose già toccate e così di tutte quelle cosettine, queste sono considerazioni che dobbiamo fare da noi medesimi; se no, quam difficile est, divites intrare in regnum coelorum! e anche nei desideri, uno può non ave­re i milioni, ma essere ricco di desideri: si può essere molto ricchi senza denari.
Che il Signore ci liberi dall'essere attaccati! Oh, quanto bene si fa quando si è distaccati da tutto! quaerite primum regnum Dei, et haec omnia adjicientur vobis! nonne duo passeres asse veneunt?
Certo il Signore non vorrà che tutti facciano come i Teatini fondati da S. Gaetano, che vivono di elemosine, ma sono proibiti di chiamarle, devono vi­vere di oblazioni spontanee, obbligano Nostro Signore a provvedere, e quan­do non ne hanno, allora solo è permesso di suonare una piccola campanella del convento, è segno che non ne hanno più, e allora i vicini portano qualche cosa. Così sapete il fatto di S. Paolo eremita; per tanti anni il Signore gli aveva sempre mandato per mezzo del corvo un mezzo pane. E quando venne a tro­varlo S. Antonio il corvo ha portato un pane intiero, e S. Paolo diceva: Ecco come è buono il Signore, finora ha sempre mandato mezzo pane, ed ora che siamo in due ne manda uno intiero, e così allegramente si posero insieme a mangiare. E così, e se a noi venisse a mancare il pane, il Signore farebbe il mi­racolo, non manderebbe mica di più che un po' di pane... oh, di questo! ... s'intende!
S. Gaetano, quando ha messo su la sua Congregazione, pareva una stra­nezza, ma no, egli ha solo permesso, quando si avesse proprio niente che si po­tesse suonare la campana e poi che si aspettasse la Provvidenza.
Così i Cappuccini di S. Vito, la gente porta lì il pane, e sono andato lì e ho detto: Cosa è quello? — «Eh! È la Provvidenza!». Venivano lì della gente e portavano delle pagnotte, «e mangiamo quello che c'è!» — Tanta brava gente che porta, viviamo dell'elemosina del cielo.
Se è necessario il Signore manderà un corvo nella bottega d'un panettiere,.., ma non andiamo a insegnare a N. Signore dove pigliarlo, sa lui! Non abbiate paura che ci manchi il pane quotidiano! Quaerite primum regnum Dei... Oh!
giuseppeallamano.consolata.org