VARIETÀ DEGLI STATI RELIGIOSI TONSURA

19 ottobre 1919
Quad.XV,9- ll
(19 Ott. 1919)
Varietà degli stati religiosi
1. Anzitutto, perché il nostro Istituto ha la forma religiosa? Consi­derati da tempo tutti gli istituti Missionari, quelli senza legami colla ca­sa che li educò, come il Collegio Brignole Sale; quelli che hanno solo il giuramento di Missioni, come la Casa delle Missioni Estere di Parigi, S. Calocero di Milano, i SS. Apostoli P. e P. di Roma; ed infine quelli re­ligiosi, come la Congregazione del S. Cuore di Verona, si preferì quest'ultima forma.
1) Per la maggiore perfezione; — 2) pel maggiore legame dei mem­bri, e quindi stabilità futura, ecc.; 3) Unità di direzione. 4) Sicurtà an­che materiale dei membri sino alla morte.
2. Lo stato religioso sebbene uno quoad ad substantiam, è vario nella modalità riguardo alle persone, ai fini speciali e secondarii ed ai tempi, ed alle pratiche di ciascuno.
1) S. Bernardo: Sicut in domo Patris multae mansiones; ita et hic multi Ordines in Ecclesia una. Non igitur una tantum semita inceditur, quia nec una mansio quo tenditur (Semeria 176).
2) La Chiesa è paragonata ad una Regina: Adstitit Regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumdata varietale; e S. Bernardo applica: Polimitam ob multorum ordinum, qui in ea sunt multimodam distinctionem (Ivi).
3) Secondo S. Paolo sono diversi i doni naturali e soprannaturali dati da Dio a ciascuno, e lo Sp. S. per farli santi si adatta all'indole, alla capacità ed alle forze degli individui per fare tutti santi. Veramente in ogni Religione si hanno varii Santi (Ivi).
3. Gli Ordini e le Congregazioni religiosi si possono distinguere in due grandi classi: I) Quelli che per regola attendono alla sola propria santificazione. Sono però utili ai prossimi per le preghiere e penitenze... 2) Quelli che attendono alla propria santificazione ed alla salute dei prossimi.
Sarete curiosi di sapere quali delle due classi siano migliori e più perfetti? È difficile rispondere. Anzitutto è per l'individuo migliore quella classe, a cui Dio lo chiama per speciale vocazione. Tutte hanno per primo fine la propria santificazione, per cui sarebbero eguali. — Non crederei egoismo il pensare che la migliore e più perfetta sia quella scelta da N.S.G.C., e tanto encomiata e raccomandata da Lui, il quale avrebbe anche potuto scegliere la vita di S. Giovanni Battista, che seb­bene romito si santificò e salvò tante anime, uscendo talora dal deserto. Per noi la curiosa inquisizione è decisa dalla S. Chiesa, che nel giura­mento per le Missioni ci proibisce di lasciarle per qualsiasi Ordine anche più austero ecc.
4. Quanto agli Ordini Religiosi nella Chiesa nel corso dei secoli;
prima vennero gli Ordini monastici, poi dei Frati e dei Chierici Regola­ri; I) S. Antonio fu capo della vita eremitica, ed alla sua morte lasciò cinquantamila monaci. Nel mentre istituì la vita monastica con regole. Il che la sorella di S. Pacomio copiò per le donne; come più tardi fece S. Scolastica sorella di S. Benedetto. Più tardi vennero i Benedettini sino a S. Bernardo e continuano. Tutti appartengono alla prima classe, sebbe­ne per accidens uscissero dai monasteri pel bene altrui, come fecero S. Antonio e S. Bernardo. Hanno i voti solenni ed il Coro.
2) I Frati sorsero nel sec. XII con S. Francesco e S. Domenico, do­po i Carmelitani, i Trinitarii ecc. Appartengono alla seconda classe, hanno i voti solenni ed il Coro.
3) I Chierici Regolari, già esistiti e formati da S. Eusebio e S. Ago­stino, si moltiplicarono dal 1500 coi Teatini, Barnabiti, Somaschi, Scolopii ecc. Hanno i voti solenni, non il Coro e sono della seconda Classe. A questi si uniscono i Gesuiti, i quali hanno per vario tempo i voti sem­plici, con specialità di solenni.
Dopo il sec. XVII sorsero i Lazaristi, i Sulpiziani coi soli voti sem­plici e sono Congregazioni, ai quali si aggiunsero e s'aggiungono tante Congregazioni moderne, di uomini e donne. I Filippini e gli Oratoriani fanno soli propositi (V. Semeria in disteso).
5. Tutti gli Ordini e le Congregazioni, si uniscono nella carità. S. Bernardo: Come la Chiesa, Una in charitate, divisa in ordinatione. Quindi come approvati dalla Chiesa amarli tutti, stimarli, non invidiar­li, ma godere del bene che operano. S. Bernardo: Laudo omnes et dili­go; Ordinem unum opere teneo, ceteros in cantate (V. Sem. I. cit.).
È bene che in un Ordine o Congregazione si abbia un solo modo di pensare? Sì, perché la carità non può esistere senza la comunanza delle opere ed anche delle opinioni. Chi vuol sentire diversamente dagli altri è un superbo, e sarà causa di decadenza e di dissoluzione dell'istituzio­ne (V. l. cit.).
Conviene mutare Istituto? Se non vige la disciplina e lo spirito, co­me non si doveva abbracciare, cosi si può cambiare. Di regola ordinaria l'idea di cambiare è una tentazione.
P. V. Merlo Pich, quad. 1-10
19 Ottobre 1919
Siete nove che prendete la tonsura domani. Che cos'è? Non è ancora un ordine, ma una cerimonia sacra che prepara agli ordini. Che cosa significa? Tre cose:
1) la corona di spine di N. Signore.
2) la corona sacerdotale, la dignità del sacerdote.
3) è segno di perfezione.
È una specie di voto di praticare lo spirito di povertà, si rinuncia alle su­perfluità, ciò che viene significato dal taglio dei capelli.
In questo momento il Vescovo dice: «Dominus pars haereditatis meae et calicis mei, tu es qui restitues haereditatem meam mihi». Questo è preso dall'antica legge. Quando il popolo d'Israele giunse nella terra promessa, per dividersela, hanno messo i nomi delle tribù in un calice per tirare a sorte. Ma il nome della tribù di Levi non lo misero, perché era la tribù dedicata al servizio dell'Arca e poi nel Tempio, e quindi non dovevano occuparsi delle possessio­ni. E quindi dicevano: Dominus pars haereditatis meae et calicis mei...
Così il tonsurato non deve più pensare alle cose di questo mondo, deve sol più pensare a servire bene Dio. In questo S. Girolamo dice che il Signore e il tonsurato si eleggono vicendevolmente: il tonsurato prende Dio per sua ere­dità, e il Signore prende lui sotto la sua speciale protezione, come sua porzione eletta. Questo è per quelli che devono ricevere la tonsura.
Ora vi farò una domanda, o meglio risponderò io. Perché il nostro Istitu­to ha la forma di Istituto religioso? Son tutti così gli Istituti di missione? No, C'è p.e. quello di Genova, di Brignole Sale che li manda così dove ce n'è biso­gno, e poi non ci pensan più. Io avevo tre compagni che sono andati lì a Geno­va: e uno è andato in America, e poi, venuto ammalato, ha dovuto tornare, ed è morto qui di malattia. Un altro è andato in Palestina e poi non resisteva ed ha dovuto tornare. L'altro, andato in Oceania è venuto malato, tornò e non sapendo dove andare a finire, è andato nei Salesiani, ed era un bravo missio­nario, e morì in America da Salesiano.
Poi ci sono quelli come a S. Calocero a Milano, le Missioni di Parigi, di SS. Pietro e Paolo che non sono religiosi, ma fanno voto di dedicarsi alle Mis­sioni sotto loro superiori proprii.
Poi ci sono quelli di Verona, e noi che siamo anche religiosi.
Ora, perché il nostro Istituto è religioso? Vedete, da tanto tempo si pen­sava, e si studiava come era meglio fare. E dicevamo, che cosa possono fare quei là che sono così sperperati per il mondo, in mezzo a gente che non han mai conosciuto, sotto un vescovo che non han mai visto, magari un francese, o di altre parti? E se vengono malati che non possono più continuare? E poi, ci sono tanti inconvenienti in questa vita? Prima di tutto ci vuol la dispensa della S. Sede per il voto delle Missioni. Ma posta anche la dispensa dal voto, dove vanno? A Genova no, perché là sarà sempre un ospite — importuno; via, per qualche giorno, ma poi... Deve andare a chiamare la carità? ...
E gli altri di Milano? E già meglio, che hanno i loro superiori propri; ma non devono tornare, devono sempre stare là, l'Istituto non è fatto per quelli che ritornano. Due sacerdoti della diocesi di Verona, che erano stati missionari nell'India, son venuti da me (questo è capitato circa 25 anni fa) e mi diceva­no: «Per qualche giorno ci terrebbero là, ma di più no; la Casa non è più fatta per quei che ritornano». Uno è poi stato al Cottolengo; e l'altro è venuto da me a pregarmi che gli cercassi un posto nella diocesi, e prima di tutto che gli ottenessi dall'Arcivescovo di poter restare qui, e poi di cercargli un posto da dir Messa, perché era già vecchio. «Ma come! ho detto io, dopo 20 anni di fa­tiche di apostolato; che va via, non per capriccio ma per mancanza di salute, la casa non è più fatta per voi?! ...». Adesso non so se abbiano cambiato; ma io mi sono stupito. Gli ho poi trovato un posto a Moncalieri in un ospizio, dove lo mantengono... e mi scrive qualche volta, e adesso ha celebrato il cin­quantesimo anno di Messa, ed io gli ho mandato gli auguri...
Ma dunque, dicevamo, un giovane lascia tutto, la famiglia, bisogna che si trovi come in un'altra famiglia, e poi, bisogna che sia sicuro del suo avveni­re. E se verrò ammalato?... E questo non è mica mancare di confidenza nella divina Provvidenza!... Bisogna che possa dire. Se verrò ammalato, vengo a casa mia. Non che laggiù debba guardare a non lavorar troppo per non venir ammalato. Bisogna che non abbia paura di venir ammalato. Il Signore non proibisce di pensare all'avvenire secondo il suo beneplacito. Questo è il primo motivo.
Il secondo motivo è il mutuum adjutorium. Che unione ci può essere do­ve vanno quelli di Genova? Arrivano là come estranei, non si conoscono... Io ho conosciuto il P. Balangero che è stato tanto tempo missionario in Ceylon, poi là è cambiato Vescovo, l'ha preso una comunità religiosa che avevano in­dividui loro proprii, e quindi lui ha dovuto venir via, quantunque fosse là già prima di loro... erano francesi... non siamo tutti santi...: nel mondo capitano queste miserie. Quindi è venuto a Torino, e poi sentendosi la vocazione mis­sionaria, è poi andato in America... Ci voleva bene, e ci scriveva sempre che andassimo là, per imparare l'inglese. Questo è uno dei motivi principali: l'unione nelle opere... Questo consola.
Il terzo motivo è che quelli che vanno così sparpagliati, allontanati l'un dall'altro, sono sotto il Vescovo, un solo Superiore. Mentreché se sono reli­giosi, anche un'altro superiore, perché naturalmente il Superiore generale co­manda a tutti i suoi sudditi; e questo non è un male, anzi è un bene. Uno può trovarsi in tante circostanze, può avere tanti bisogni... E poi il Superiore reli­gioso vede se l'altro fa il suo dovere, se è necessario cambiar di posto, e si fa facilmente. Tutto questo si può far bene in una Comunità religiosa.
Il quarto motivo che è il principale, è che lo stato religioso è di maggior perfezione. Non è vero che il bene si fa tanto in religione come fuori: non è lo stesso; se si fanno i voti c'è un merito speciale, il merito della virtù della reli­gione. Cosicché in ogni opera, c'è il merito dell'obbedienza, della castità, del­la povertà, e c'è un merito di più, quello della religione. Chi è religioso non dà a Dio soltanto l'opera, ma gli dà l'albero, la radice di tutte queste opere. E' ai religiosi che N. S. ha detto: «Si vis... et habebis thesaurum in coelo».
Finalmente, l'ultimo motivo è perché ci sia la massima stabilità; e in un Istituto religioso c'è unione, più stabilità. Se muore uno, c'è subito l'altro che prende il suo posto. Infatti stato religioso vuol dire stabilità.
Che cos'è lo stato religioso? Secondo i Teologi lo stato religioso è una condizione di vita immobile approvata dalla Chiesa per mezzo della quale i fedeli tendono alla perfezione religiosa sotto una regola speciale.
Sostanzialmente lo stato religioso è di natura divina. Perché N.S. stesso ha fondato lo stato religioso, quando ha detto a quel giovane: «Vade, vende...». In quanto poi alle regole particolari è di istituzione ecclesiastica. Ma non è vero quel che avrete sentito dire da qualche prete secolare: «Noi sia­mo di fede, i religiosi no...». Non è vero.
Adesso vediamo l'eccellenza dello stato religioso. I principali motivi sono questi:
1) è uno stato di maggior perfezione perché se non basta esser religiosi per essere perfetti, almeno vi son più aiuti, vi è l'obbligo di tendere alla perfezio­ne; vi è il conatus proficiendi, si tende alla perfezione.
2) è un nuovo Battesimo: «Novum baptisma» dice S. Bernardo (?) «quo homo liberatur ab omnibus poenis pro peccatis debitis». E S. Tommaso dice che «excedit omne genus satisfactionis etiam publicae poenitentiae». Dimodo­ché quando uno fa i santi voti gli vengono rimesse tutte le pene per i peccati della vita passata; e se morisse subito andrebbe dritto in Paradiso.
3) Vi sono per i religiosi molte promesse di Nostro Signore: «Habebis thesaurum in coelo» — e anche in questa terra, per quei pochi sacrifici che c'è da fare, il Signore dà tante consolazioni. Si capisce, questo è per i veri religiosi, non per i tiepidi...
4) Lo stato religioso si può paragonare al martirio, anzi è meglio del mar­tirio. Come diceva S. Giovanni Berchmans: «Juge martyrium». Ogni religioso in paradiso dovrà portare in mano la palma.
5) S. Gregorio dice che lo stato religioso est holocaustum excedens omnia sacrificia. Nell'olocausto la vittima veniva tutta consumata a gloria di Dio, in modo che non restava più niente. Così dev'essere il religioso, dev'essere tutto di Dio.
6) S. Bernardo dice: «Aliorum servire Deo, vestrum adhaerere Deo». Oh, com'è bello! I cristiani, dice, sono servi di Dio, invece noi non siamo servi, ma figli, facciamo una cosa sola con Dio. Vedete la differenza!...
E quali sono i vantaggi dello stato religioso? S. Bernardo in quelle belle parole, che voi dovreste saper bene, e ricordarle di tanto in tanto. Il Rodriguez le porta nella parte III, trattato II (V. Zibaldone, Religione n. 2). Queste paro­le i Cistercensi le avevano fatte scrivere lassù nel corridoio... poi c'è venuto degli altri frati, e per mettere la loro Madonna, le hanno coperte... Io, quando sono venuto, ho fatto grattare per vedere se c'erano ancora, ma non le han più trovate... Già, loro mi dicevano: «Le han fatte cancellare?...». Sono così bel­le!...
«... Quiescit securius !...». Non perché dorme più tranquillo ; ma perché il religioso che fa l'obbedienza è più tranquillo, è certo di far la volontà di Dio. Non come S. Giovanni Avila che diceva: «Oh, fortunati i religiosi che sono sempre sicuri di fare la volontà di Dio!... Io invece no... cerco di farla, ma non lo so, posso sbagliare!».
Dunque ringraziamo il Signore! È vero che noi siamo gli ultimi religiosi, siamo i minimi, come ha chiamato i suoi frati S. Francesco da Paola, e se avesse trovato un'altra parola che indicasse ancor meno, li avrebbe chiamati così. Così noi, siamo niente. Tuttavia possiamo sempre dire che abbiamo scel­to un modo in cui si serve meglio il Signore.
È bene che sappiate questi motivi, affinchè apprezziate sempre più la vo­stra vocazione.
Qualche tempo fa la Congregazione dei SS. Pietro e Paolo, ci hanno scritto, con una raccomandazione da Propaganda, perché ci unissimo con lo­ro... perché hanno poco personale... Ed io ho risposto: «Siamo di natura di­versa, non possiamo unirci. Noi siamo religiosi, voi no. Nessuno vuole rinun­ciare per l'altro». Noi non rinunciamo ai nostri voti per far piacere a loro; e neppure loro vorrebbero far i voti per far piacere a noi... Ciascuno tiene il suo metodo, il suo sistema, il suo stile.
Se volete essere poi missionari in regola bisogna prima che siate ottimi re­ligiosi; prima di convertire gli altri, bisogna che siamo santi noi...
Le suore vi regalano queste immagini di S. Teresa. Sapete che S. Teresa non è una donna, è un uomo, e un missionario. Aveva appena sette anni, ed è scappata con suo fratello per andare a convertire i Mori. E poi durante tutta la sua vita ha sempre pregato per la conversione degli infedeli, e ha salvato tante anime colle sue preghiere...
P. G. Richetta, quad. 6-8
19 Ottobre 1919
Sacra Tonsura
Deve portarsi «patens et satis lata».
Non bisogna vergognarsi di portarla: nel riceverla noi prendiamo a eredi­tà N. Signore, ed Egli nello stesso tempo ci prende come sua parte eletta. La Tonsura raffigura:
1) la corona di Gesù
2) la corona di gloria
3) è segno di perfezione.
Stato religioso
Eccellenza:
1) È stato di perfezione.
2) È un nuovo Battesimo — (quo homo liberatur a poenis peccatis debitis
— excedit omne genus satisfactionis, etiam publicam poenitentiam). (S. Tommaso).
3) Ebbe grandi promesse da Gesù.
— habebis thesaurum in coelis.
4) È paragonato al martirio (S. Bernardo).
— juge martirium (S. Giovanni Berchmans).
5) È l'olocausto migliore (S. Gregorio) (si offerisce la volontà).
6) Aliorum est servire Deum, vestrum est adhaerere. (S. Bernardo)
Nonne haec est Religio sancta, pura et immaculata, in qua homo:
1) vivit purius
2) cadit rarius
3) surgit velocius
4) incedit cautius
5) irroratur frequentius
6) quiescit securius
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7) moritur fiducialius
8) purgatur citius
9) praemiatur copiosius (S. Bernardo)-
Altissima est professio vestra, coelos transit, par Angelis est, angelicae similis puntati: non enim solum vovistis omnem sanctitatem, sed omnis sanctitatis perfectionem, et omnis consummationis finem: aliorum est servire Deo, vestrum est adhaerere Deo (S. Bernardo).
Noi per il nostro Istituto abbiamo scelto la forma di Stato Religioso:
1) È uno stato migliore.
2) Anche in Missione vi sono Superiori e compagni proprii, colla stessa regola (il che non è pel Collegio Brignole- Sale, e Milano).
3) Quando per qualsiasi motivo un Missionario è inetto in Missione l'Isti­tuto provvede. - Andò a lui piangendo uno di S. Calocero di Milano, il quale, dopo 20 anni di fatiche in Cina, divenuto inabile, non trovò più posto per lui nella Casa Madre. — Lo collocò a Pancalieri, nell'Ospizio, ove dopo 25 anni (1919) faceva ancora da Cappellano.
4) L'Istituto ha maggiore stabilità. C'è più unione fraterna.
5) Non si ha solo per Superiore il Vescovo, ma il Superiore Generale, a cui si può rivolgersi direttamente.
giuseppeallamano.consolata.org