STATO ECCLESIASTICO — SEGNI E MEZZI

14 dicembre 1919
Quad. XV, 13
(14 Dic. 1919) Segni e mezzi
Segni (V. Conf. diT.P. ai Convittori p. 29-21). Non parlai dei sa­cerdoti entrati senza vocazione come ivi.
Mezzi.- Il I mezzo ordinario, nel quale possono trovarsi tutti gli al­tri è ritirarsi nelle Case destinate alla formazione dei Sacerdoti, che pei Sacerdoti secolari sono i Seminari; pei Religiosi i Noviziati e Scolasticati, dove colle virtù religiose apprenderanno le chiericali.
2°Entrarvi con retto fine di formarsi e lasciarsi formare dai Supe­riori. — 3° Costanza, e via ogni rispetto umano, o non buoni esempi dei compagni. Nemo sanctus nisi singularis (V. Foglio p. 6).
P. V. Merlo Pich, quad. 33-43
7 (?) Dicembre 1919
Vediamo ora lo stato ecclesiastico; e: 1) Quali sono i segni da potervisi ri­tenere chiamati?
2) Come corrispondere?
I). I segni: non è necessario che siano straordinari, non è necessario che parli un bambino appena nato come per S. Ambrogio, — neppure che il Si­gnore ci chiami espressamente come gli Apostoli — neppure come per S. Gregorio Magno che venga una colomba a posarsi sul capo. Questi segni il Signo­re li manda qualche volta ma non bisogna pretenderli.
Ci sono tre segni: chi li ha deve star tranquillo: ha la certezza morale di aver questa vocazione.
1) Un'attitudine particolare, una specie di genio per questo stato, per il servizio divino, per la Chiesa, col fine di onorare N.S. Così chi da piccolo fa­ceva già altarini, andava con piacere a servire la S. Messa, (e guai se non ci svegliavano!). Gli piacciono le funzioni della Chiesa, le ama, le studia, cerca di farle bene, gode delle solennità. Questo è un carattere, una disposizione al sacerdozio. Tutte le professioni esigono una inclinazione, tanto più questa!
E chi non l'avesse questa inclinazione? o l'ha più o meno? Chi non sente niente di gusto in queste cose? Si scuota! Se non l'acquista non può riuscire buon sacerdote. Certe persone che non avevano questo genio e non son riusci­te, oppure è poi un prete che fa le cose materialmente che pare un soldato! E chi ne ha poco, l'aumenti, bisogna fomentarla. Il sacerdote dovrà vivere di queste cose, questa è la nostra vita. Voi la sentite tutti, ma cercate di fomen­tarla sempre più.
2) Idoneità allo studio per acquistare una scienza sufficiente. Non è ne­cessario che tutti siano cime; ma se uno è anche così tardo, potrà fare il romi­to, ma non il sacerdote. «Sacerdotes custodient scientiam... et de ore ejus populi scientiam requirent...».
Non essere pigri! E non fare come quelli che preferiscono le scienze pro­fane. Dobbiamo preferire le scienze ecclesiastiche. Non come S. Girolamo che preferiva Cicerone, e Tacito e gli altri autori profani, alla S. Scrittura. Ma gli Angeli l'han bastonato ben bene, sì che aveva proprio le costure, e gli diceva­no: «Non sei cristiano, Ciceronianus es».
Siete qui per formarvi e quindi bisogna acquistare questa scienza; è neces­saria. S. Francesco di Sales la chiamava l'ottavo sacramento della gerarchia ecclesiastica; ed attribuiva le eresie all'ignoranza del clero; infatti allora in Germania molti sacerdoti erano ignoranti.
3) Questo segno è il principale, il più attendibile: la probità della vita: in­nocente o riparata.
Innocente: «Quis ascendet in montem D.ni?... Innocens manibus et mundo corde !...». Nei primi secoli nessuno era ammesso al sacerdozio se era peni­tente pubblico, e vari Concili hanno stabilito che chi aveva commesso peccato mortale non era più degno del sacerdozio.
La Chiesa in seguito ha allargato ed ha concesso anche per la vita ripara­ta. Il Conc. Trid. dice: «Debere dignos ad ordines promoveri quos... se non hanno conservato l'innocenaza, abbiano fatto una vera riparazione, sì da riac­quistarla se fosse possibile».Qui non si tratta di peccati confessati, di abitudini emendate; si tratta di gravi peccati,di vizi. Ora uno che commetta abitualmen­te di questi peccati può andar avanti? E questo è di tutti i vizi, non solo della castità, dei peccati de sexto: tutti i vizi gravi che impediscono di riuscire poi un buon sacerdote... Indole cattiva non corretta... Bisogna emendarla, se no non si può andar avanti.
Ci vuole bontà negativa (astensione dalle cattive abitudini, dai vizi) e una bontà positiva (pratica delle virtù naturali e chiericali e poi sacerdotali). E se ci sono dei peccati gravi abituali, bisogna emendarli, non aspettare di essere alle ordinazioni. Si è qui nel chiericato per questo: per tornare all'innocenza se si è perduta. Se uno alla vigilia delle ordinazioni esponesse al confessore questi peccati gravi abituali, il Confessore non lo può assolvere anche se è pentito, come indisposto. S. Tommaso dice: «Ordines perexigunt sanctitatem, unde pondus ordinum imponendum est parietibus jam per sanctitatem exsiccatis idest ab humore vitiorum». Specie in fatto di castità questo è necessario se si tratta di certi peccati esterni in persone di diverso sesso, per una, due, tre vol­te, e questo non da ragazzo, ma in seguito, questo diciamo subito che non è più chiamato, non è più fatto per il sacerdozio! C'è troppo pericolo! Ah, le passioni! Vi cadrà! Ci son troppi esempi! No, no! non si deve più pensare al sacerdozio!
Riguardo poi agli altri peccati personali... è necessaria una emendazione lunga unita ad una esimia pietà. Se non si prega, è impossibile emendarsi da questi vizi. «Vita continens ab annis plurimis». Non parliamo delle tentazioni; ma delle vere colpe. Per questo alcuni teologi dicono che è necessaria un'emendazione per almeno due anni; altri richiedono solo un anno intero, come S. Leonardo da Porto Maurizio. Anche qui c'è troppo pericolo di com­mettere dei sacrilegi. Se uno con questi abiti si presentasse al Confessore alla vigilia delle ordinazioni, non può dargli l'assoluzione.
Quando da chierico andavo a scuola di morale da Mons. Bertagna, ha fatto il caso di uno che aveva queste abitudini di commetter questi peccati da sé..., e alla vigilia delle ordinazioni voleva andare avanti, e piangeva, e pro­metteva, farò adesso quanto non ho fatto, lascierò il vino, mi mortificherò... uh! ... E Mons. Bertagna ha domandato a me se si poteva assolvere; ed io ho detto: «se ha quest'abitudine non si potrebbe; ma se promette tanto... mi pa­re... che siam sicuri che si emenderà veramente...». E Mons. Bertagna: «No! no! no!... non si può assolvere!...».
Quindi se uno ha di queste abitudini non aspettare di essere alla vigilia de­gli ordini e allora poi girare da un confessore all'altro per carpire un'assolu­zione. Mica per niente c'è il chiericato così lungo...
Queste cose le ho dette non perché ne abbiate bisogno; ma perché dovete saperle, anche per sapersi regolare cogli altri. Ma state tranquilli; e poi quan­do uno si apre col Superiore, col Confessore, deve star tranquillo. E se qualcuno avesse di queste abitudini, ci possa pensare per tempo per emendarsi.
E per emendarsi ci vuole tempo e molta grazia di Dio, quindi una esimia pietà (notate: esimia). Non avere il cuore freddo! Si metterà mai più! Questo è uno stato immutabile, e quindi bisogna prima far la prova se si può osservarne gli obblighi.
E se uno avesse i segni? In questo stato no! Non può andar avanti!...
Il miglior segno, il più sicuro è la chiamata del Vescovo o del Superiore. Ma bisogna che lo conosca, per poter giudicare. Se uno si è manifestato intieramente al superiore, è sicuro: la chiamata è certa. Io posso ancora ingannar­mi, ma se parla il superiore ho la massima certezza.
E se uno è chiamato e non va avanti? Per es. uno è andato soldato, ha preso qualche esame, perde lo spirito e lascia stare: fa peccato? Si, fa peccato! Se uno va avanti senza vocazione fa peccato più grosso di chi l'ha e non vuol andare. Ma anche costui non segue la volontà di Dio, fa un torto a Dio, rifiu­tando un onore che Dio gli vuol fare... Pare che ci sia una certa libertà di an­dar avanti o no! No! Il Signore ti ha fatto una preferenza e tu la disprezzi! Non ne fai caso! Ebbene, ne capitano tanti di questi casi! Restano poi come tanti ebrei erranti: il Signore resta offeso di vedersi così ricambiato con un ri­fiuto... e non benedice. Ed io ne conosco che dopo tanti anni sono poi tornati e si son fatti religiosi.
Ora, quando uno vien meno a questo stato, sarà perché non aveva la vo­cazione, o perché non vi ha corrisposto? Ho cercato la spiegazione ma non l'ho trovata in nessun autore: io pensandoci bene ho detto: mi pare che sia per mancanza di corrispondenza. Molti, non dico tutti, di quelli che hanno lascia­to stare, è perché non avevano corrisposto alla vocazione... Non saprei che co­sa decidere.
Come bisogna fare a corrispondere? Un'indole che sia ribelle a tutto, non soffre niente, non è fatta per il sacerdozio. È come quell'indemoniato che il Signore non ha voluto con sé. Così nell'A.T. il Signore non voleva gli asini: «Asinum cum ove mutabis» — voleva agnelli, «non maculati». E queste cose sono scritte in signum per noi.
II). Ora come faremo per corrispondere?
Il primo mezzo è di ritirarsi in un luogo ad hoc per formarsi alla vita sa­cerdotale, per acquistare le virtù cristiane, chiericali e poi sacerdotali. E voi vi siete ritirati qui. I Seminari sono apposta per custodire l'innocenza o riparar­la: c'è tempo, e ripeto, ci vuole una esimia pietà. Nunc tempus acceptabile. Questo è il tempo opportuno per pensarci e se c'è qualcosa da dire dirlo in tempo, non aspettare la vigilia delle ordinazioni. Allora guai al Confessore che assolvesse questi peccati che abbiamo detto: non solo riguardo alla castità ma anche gli altri vizi: desidero che vi esaminiate su questo sbaglio. Ci son p.e. quelli che hanno un carattere che non va — i falsi — i mormoratori. Che cosa faranno costoro da sacerdoti? Non si guarda abbastanza a questo nei seminari, e quando uno è sacerdote questi vizi saltan fuori, e si mette in aria tutto il paese: come l'avarizia... danno scandalo: «avaro nil scelestius». Il tempo del Seminario bisogna occuparlo a togliere queste miserie, queste abitudini catti­ve.
Se uno ha questi vizi non è più fatto pel sacerdozio secolare, può farsi re­ligioso? Sì, perché è più facile mantenersi bene in una Congregazione. S. Al­fonso dice che in religione ci sono meno pericoli e maggiori aiuti (la meditazio­ne, gli occhi dei superiori) si esige meno virtù, ed è più facile correggersi. D. Bosco diceva che uno che ha virtù un po' deboluccia può farsi sacerdote reli­gioso e non secolare, allora, siccome D. Bosco era religioso credevo lo dicesse per tirarli alla sua Congregazione; invece no, parlava proprio con spirito di Dio. E chi non fosse venuto con buon fine? Deve rettificarlo: gloria di Dio e santificazione propria e degli altri.
Secondo mezzo: bisogna aver costanza nell'usare i mezzi di santificazio­ne. In certi Seminari, — non qui per grazia di Dio — in certe comunità c'è il ri­spetto umano, ci sono i derisori. Se uno vuol farsi buono, ci son sempre quelli che lo deridono.
Una volta quand'ero in Seminario guai se uno faceva la Comunione tutti i giorni ! Guarda quei logici !... Era terribile. Io ringrazio il Signore che ho avu­to qualche compagno; ci siam messi a non guardare, a far la Comunione quo­tidiana, e dopo qualche anno tutti i chierici la facevano. Una volta la cappella era tutta messa in circolo, si guardavano l'uno con l'altro; e questo è male. Bastava che uno muovesse, che avesse un piccolo difettuccio che tutti lo vede­vano. Ma Mons. Gastaldi ha poi cambiato.
Questo qui non c'è: qui tutti guardiamo di farci più santi che possiamo. Ai tempi del Ven. Cafasso nel Seminario di Chieri non c'era il SS. Sacramento nella Cappella, e per comunicarsi dovevano andare nella Chiesa di S. Filippo, o pregare il Direttore che consecrasse anche delle particole per loro. Era un avanzo di Giansenismo. Questo era ancora prima che andassi io in Seminario, perché Mons. Gastaldi! quando ha visto questo!... Era il diavolo che così im­pediva il bene, che i chierici si santificassero.
P.G. Richetta, quad. 17
14 Dicembre 1919
La necessità della vocazione risulta:
1) È necessaria vocazione speciale — Non vos me elegistis — Nec quisquam sumit sibi honorem.
2) Quali sono i segni per ritenerci chiamati:
1° Attitudine, inclinazione (Altarini - Cerimonie).
2° Idoneità allo studio
3° probità di vita (innocente o riparata con esimia pietà)
4° la chiamata del Superiore.
3) Come corrispondere:
1° entrare in Seminario (luogo riparato). 2° costanza e diligenza nell'uso dei mezzi di santificazione.
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