PERFEZIONE E SANTITÀ

13 giugno 1920
Quad. XV, 20-21
(13 Giugno 1920)
Perfezione e santità
Tutti i cristiani sono chiamati alla perfezione ed alla santità. N.S.G.Cr. rivolse a tutti le parole: Estote perfecti...; e S. Paolo ai Tessalonicesi: Haec est voluntas Dei sanctificatio vestra. La Chiesa canta: Gaudent in Coelis animae sanctorum.
Nessuno può entrare in Paradiso se non è santo. Persin le anime del Purgatorio si chiamano sante, perché dopo purificate andranno in Cielo.
La perfezione o santità, secondo S. Tommaso, consiste essenzial­mente nella carità: Perfectio vitae christianae per se et essentialiter consistit in charitate. Lo disse N. Signore: Diliges D.D. tuum toto corde... Secundum... proximum tuum. In his duobus praeceptis tota lex pendet et prophetae. Plenitudo legis est dilectio.
Le altre virtù teologali sono necessarie perché inseparabilmente congiunte alla carità. Le morali poi servono a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla infusione della carità, come sono le passioni sregola­te l'attacco... (V. La Perf. Crist. p. 3).
Come nella carità vi sono diversi gradi, così nella perfezione e san­tità, e quindi nella gloria, dove stella differì a stella. Incominciando dai bambini dopo il Battesimo, i convertiti..., ed i semplici cristiani... che hanno il primo grado di carità e di grazia, vi sono anime speciali anche nel mondo di maggior perfezione ed anche santi da altari, come la Bea­ta Taigi.
Speciale santità e quindi gloria devono avere i Religiosi che fanno promessa speciale di perfezione, che hanno nei Santi voti mezzi potenti di rendersi più santi. S. Tommaso aggiunge al già detto che la perfezio­ne: secundario et instrumentaliter consistit in consiliis.
I voti religiosi e le Regole della Religione sono mezzi di maggior perfezione. Lo disse lo stesso Divin Redentore rispondendo a quel gio­vane del Vangelo...; Gesù qui distingue il puro necessario per salvarsi, cioè l'osservanza dei comandamenti comuni, dai consigli religiosi, ai quali attribuisce l'eccellenza della perfezione... Ecco la diversità fra chi non fa voti in religione, e tra coloro che lasciano il mondo per seguire più da vicino N.S.G.C.: maggior perfezione e santità perché si ama di più Iddio, ed in conseguenza molto più gloria. È perciò che tanti lascia­rono il mondo... si spogliarono di tutto e della stessa propria volontà per giungere a maggior perfezione. Le stesse opere buone se fatte in re­ligione, sotto i voti sono più lodevoli e di maggior valore e merito. S. Tommaso ne dà tre ragioni (Vedi Rodriguez — P. III; tr. II cap. 3).
Dal fìn qui detto dobbiamo stimare molto il nostro stato, e la gra­zia che il Signore fece a ciascuno di chiamarlo alla religione a preferen­za di tanti altri... I Santi religiosi baciavano i muri dei Monasteri... Un B. Alano lasciò gli onori della Cattedra per...
Vi dirò che anche nel mondo si può salvare; si, ma... Non così la pensavano...
(Ved. Quad. VIII, p. 3; e Quad. XIV p. I).
P.V. Merlo Pich, quad. 123-129
13 Giugno 1920
Ci sono tante novene in corso: fra le altre quella del Ven. Cafasso: il 23 è il giorno della sua morte, alle ore 10,30, nella vigilia di S. Giovanni, di sabato. E le feste dei santi non si fanno nel giorno della loro nascita, perché son nati col peccato originale — in pecatis concepit me mater mea — meno la Madon­na e S. Giovanni di cui si celebra anche la nascita. Si celebra perciò il giorno della morte che è stato quello della loro nascita al Paradiso.
Del Ven.Cafasso che sia in Paradiso non c'è più dubbio, perché la Chiesa ha proibito che si reciti per lui il Requiem. E poi abbiamo tanti segni che è in Paradiso: ne aveva tanto desiderio che aveva anche ottenuto l'indulgenza ple­naria in articulo mortis.
Perciò dovete ottenere da lui tante grazie, specialmente lo spirito ecclesia­stico; ricordatevi che prima di essere missionari e religiosi, dovete essere sacer­doti.
Il Cafasso non era un religioso, ma lo era privatamente: aveva certamente fatto il voto del più perfetto, oltre ad altri voti. Di questo voto diceva Mons. Bertagna: «Non l'ha lasciato scritto ma lo praticava in modo che potrei giu­rarlo che l'ha fatto». Molti santi fecero questo voto come S. Teresa, S. Giu­seppe da Copertino e S. Andrea Avellino che avea anche fatto il voto di non mai perdere tempo. E quindi con questi due voti faceva il più ed il meglio che gli era possibile. In questi giorni, leggendone la vita, ho letto che avendo mal di capo, per conciliare questi due voti, colla sinistra teneva sul capo un pezzo di marmo fresco e colla destra scriveva.
Se noi non siamo capaci di giungere a questo punto di santità, dobbiamo però almeno arrivare fino ad un certo punto; e non solo come tutti i cristiani. Tutti i cristiani devono essere santi: quando diciamo: «Gaudent in coelo animae sanctorum» dobbiamo pensare che solo i santi entrano in Paradiso: ci son tanti gradi ma tutti son santi. Quando N.S.G.C, disse: «Estote perfecti sicut et Pater vester coelestis perfectus est» l'ha detto a tutti per scuoterci e farci arri­vare più in su che si può. E S. Paolo: «Haec est voluntas Dei sanctificatio vestra».
Tutti quei che muoiono nella grazia di Dio son santi; ma ci son molti gra­dini; e noi dobbiamo montar su.
S. Tommaso dice: «Perfectio vitae cristianae per se et essentialiter consistit in charitate: «amor di Dio e del prossimo. Lo diceva già N.S. nel Vangelo: «Diliges Dominum Deum tuum... proximum tuum: in his duobus mandatis tota lex pendet et prophetae», tutta la santità e la perfezione; «plenitudo legis est dilectio».
È vero che non vi è amor di Dio senza fede, speranza, e le altre virtù mo­rali; ma «per se et essentialiter consistit in charitate».
Ma se questa santità è per tutti i cristiani, noi non dobbiamo solo accon­tentarci del grado dei semplici cristiani; ma dobbiamo acquistare la santità del religioso, dei sacerdoti, dei missionari.
E quindi continua S. Tommaso: «Secundarie et instrumentaliter consistit in consiliis». E son questi che dobbiamo seguire noi.
Vedete la diversità tra la santità dei cristiani e la nostra. Ricordate il fatto di quell'adolescente cui, avendo già acquistato la santità comune, N.S. disse di ascendere alla santità religiosa.
Quindi dobbiamo cercare di acquistarla. Lo stato religioso non è come lo stato vescovile che è uno stato di perfezione già acquistata: il vescovo deve già essere perfetto. Invece lo stato religioso è uno stato di perfezione acquirenda; ci vuole il conatus proficiendi.
Il Religioso deve osservare i voti e le sue regole, di cui gli sarà chiesto con­to al Giudizio. Quindi vedete sempre S. Giovanni Berchmans colle Costituzio­ni in mano.
Quindi vedete l'errore di certa gente che credono che nel mondo si faccia più bene!... Una volta una figlia mi diceva che non voleva farsi religiosa per­ché in monastero non poteva poi più sentire tante messe. E quando la Princi­pessa Clotilde aveva deciso, rimasta vedova, di farsi carmelitana, un prete mi diceva: «Non fa poi più tanto bene!...». A mettere insieme tutto questo bene non vale mai il bene dei voti e dello spogliamento della religione.
Così voi avete da fare; non potete mica star lì a sentir tante messe! Biso­gna mettere l'intenzione di sentire tutte le messe che si celebrano in tutto il mondo, ma si deve fare l'obbidienza.
S. Teresa diceva che val più alzare una paglia da terra per obbedienza che digiunare intere quaresime. Quindi i Santi (come il B. Alano) lasciavano tutto per ritirarsi nello stato religioso.
Qualunque cosa si faccia per ubbidienza anche la più bassa, ha un gran merito. S. Tommaso dice che i voti rendono più lodevole e di maggior valore ciò che è già bene e ne dà tre motivi:
1) perché ogni cosa ha anche il merito della virtù della religione; perché ogni azione è sempre consacrata a Dio, essendo fatta da gente consacrata a Dio.
2) perché chi si offre a Dio coi voti, rinunzia alla libertà di far diversa­mente; e la libertà è la più bella cosa che si possa dare al Signore; e vi si rinun­cia per sempre!
3) Chi fa un voto ha volontà più ferma e quindi più merito. Per far un vo­to non basta una velleità, non si fa così leggermente, ma ci vuole una volontà di ferro, preparata, meditata...
Siamo riconoscenti al Signore che ci ha chiamati ad una santità maggiore di quella di tutti i cristiani. In Paradiso sarà tanto di meglio; se gli altri sono stelle, noi saremo tanti soli ad perpetuas aeternitates...
Pensiamo che la nostra è una santa schiavitù. Tutti son schiavi a questo mondo, cominciando dal Papa che è il servus servorum Dei; e così più monte­rete su, più sarete schiavi...
Ringraziamone il Signore! Son pochi gli anni da vivere, e poi il Paradiso! Andremo in quello dei bambini? No! Monteremo su coi Serafini, coi Cherubi­ni secondo la santità e lo spirito che avremo avuto.
Per conclusione: stimiamo molto il nostro stato religioso, più ancora del missionario. Non saran vincoli né catene i voti; o se lo saranno, saranno cate­ne d'oro che ci impediscono di far il male, e ci aiutano a far il bene.
giuseppeallamano.consolata.org