SETTUAGESIMA - NECESSITA' DI TENDERE ALLA PERFEZIONE

12 febbraio 1922
Quad. XVI, 27-28
Settuagesima — Epistola
(12 Febbr. 922)
(V. Quad. VII, p. 20)
P. P. Borello, quad. 27-28
Signor Rettore. 12 Febbr. 1922
Epistola della Dom. Settuagesima (tratta da S. Paolo I Cor. IX-X)
Paragona l'Apostolo la vita nostra ai corridori del circo, alle lotte degli Atleti, ai pellegrini di terra Promessa: con questa diversità che mentre là c'era un solo che prendeva il premio (anche in terra promessa solo due arrivarono), qui posson tutti conseguirlo ad un patto solo che si corra. Ma bisogna correre sempre! Lo spirito più corre, più vorrebbe correre, benché il corpo si stanchi. Per noi non si tratta di un po' d'alloro, ma d'un premio eterno superiore ai nostri stessi desideri. Come bisogna fare? Bisogna:
1°) Avere la volontà ben ferma, perché quei che batton l'aria non faran­no mai profitto.
2°) Correre subito e che ognuno individualmente possa dire «io corro davvero!...» e correre come se da questo momento dipendesse tutta la mia santificazione. Non mai aver paura di correre troppo. E adesso voi che siete postulanti! e voi che siete novizi è il vero vostro tempo questo, ed anche voi che siete professi, anche qualora vi credeste già perfetti. Ci sono taluni che hanno paura di essere poi messi sugli Altari! Non pensiamoci, non è affar nostro, ci penseranno gli altri se sarà il caso. «Sacerdos es? Non alleviasti onus tuum, sed ad majorem teneris perfectionem sanctitatis» (Imit. Ch. L.IV., c. IV). Bisognerebbe poter dire, supposto che ci mancasse la regola «guardate come fa un professo». Non crediamoci mai dispensati e non pensiamo, che quando saremo liberi, potremo andare più alla buona, o meglio alla carlona. Gli Ebrei nel deserto han veduto morire nel Mar Rosso gli Egizi, che li insegui­vano, han veduta la nube che li guidava, mangiata la manna, bevuta l'acqua scaturita dalla roccia, ma non hanno creduto. Anche noi abbiamo attraversa­to a piedi asciutti il mondo, abbiamo la nube che ci salva dalle passioni, spe­gnendone gli appetiti (la grazia di Dio), mangiamo la manna nella S. Comu­nione e nel «Verbum Dei» che ci son dati in abbondanza. Non disprezziamo tutte queste grazie di Dio, ma approfittiamone. Perciò teniamo ben fisso lo scopo per cui siamo venuti: «propter Evangelium»: essere buoni Missionarii
3°) Bisogna però unirvi sempre la penitenza «Castigo corpus meum et in servitutem redigo». Un Missionario che non abbia l'abitudine, lo spirito di mortificazione non può niente. Gli atleti «ab omnibus se abstinent» mangiano solo quelle cose che rinforzano. E noi? Non dobbiamo rovinarci la salute, ma piccole mortificazioni le possiamo far tutti. S. Paolo si castiga per tenere a freno il suo corpo. Si tratta di fare piccole cose, ma bisogna farle: sarà un po' di freddo, un boccone di meno. Cose da niente, ma che servono a giungere al­la perfezione.
giuseppeallamano.consolata.org