29b. LO SPIRITO DELLA CHIESA NELL'ANNO LITURGICO

Settuagesima: il " Miserere "

Oggi incomincia il tempus poenitentiae in preparazione al digiuno quaresimale. Tre settimane dette: Settuagesima, Sessagesima e Quinquagesima. La Santa Chiesa già usa il colore violaceo nelle domeniche e nell'ufficio de tempore. Fa leggere nel Breviario il libro del Genesi, per richiamarci alla nostra origine e alla nostra caduta, quindi all'umiltà e alla mortificazione.

Da ieri sera, e fino al Sabato Santo, cessa l'Alleluja, parola ebraica che vuol dire: " Lodate il Signore ". É essa come un cantico di letizia, sin dai tempi di Tobia, ove si legge: Per le sue strade si canterà: alleluja! (808): cioè per le strade di Gerusalemme, al ritorno dalla schiavitù di Babilonia. S. Giovanni, nell'Apocalisse, udì cantare in cielo ripetutamente l'Alleluja.

Inoltre la Chiesa, nella Messa de tempore, omette il Gloria e aggiunge il Tratto. In questo tempo fa molto uso del Salmo Miserere (809), che fa recitare ogni giorno a Lodi nell'Ufficio del tempo, e cantare sovente dal popolo. Ciò è opportuno, essendo un Salmo di penitenza, composto da Davide dopo il suo peccato. Esso ci insegna il timore, la speranza e il buon proponimento. Esaminiamolo brevemente, per farlo nostra preghiera in tutto questo tempo di penitenza e applichiamolo a noi peccatori.

Si può dividere in due parti. Nella prima Davide, per ottenere misericordia, presenta al Signore cinque ragioni, ripetendole con insistenza.

1 - La grande misericordia di Dio, la sua infinita commiserazione per le nostre miserie: Miserere mei... secundum multitudinem miserationum tuarum. O Signore, cancella i miei peccati, in vista della tua misericordia; regolati non secondo la giustizia, ma secondo la tua bontà. Tu non ne scapiti a cancellare interamente i miei peccati: Amplius lava me ab iniquitate mea!

2 - Il secondo motivo è che Davide riconosce la propria indegnità e detesta sinceramente il proprio peccato: Quoniam iniquitatem meam ego cognosco et peccatum meum contra me est semper. Non è ostinato - 575 nel peccato, ma lo confessa umilmente; e così ottiene da Dio il perdono. Quindi il peccato non è più in me, ma solo più davanti a me, che serva a tenermi umile.

3 - Il terzo motivo è che, avendo offeso Dio, solo da Dio può ricevere il perdono: Tibi soli peccavi et malum coram te feci...

4 - Il quarto motivo è ch'egli merita compatimento, essendo che, per il peccato

originale, siamo tutti deboli e inclinati al male. Non voglio, no, scusare il mio peccato, ne sono anzi afflitto tuttavia ho avuta la concupiscenza in me fin dalla mia nascita, e di questa devi tener conto e perdonarmi più facilmente: Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum!

5 - Il quinto motivo: le grazie e i favori speciali ricevuti prima dal Signore... Sono un tuo antico amico, anzi un confidente dei tuoi segreti. Tu, o Signore, hai fatto tanto per me prima ch'io peccassi: ora purificami, Si che io possa riacquistare la tua primiera amicizia: Incerta et occulta manifestasti mihi!

Premessi tutti questi motivi, senz'altro si aspetta la giustificazione: Asperges me hyssopo et mundabor... super nivem dealbabor.

Dopo la grazia santificante, vengono gli effetti della medesima, che sono la pace del cuore e il sollievo dello spirito... Il mio peccato, o Signore, mi ha gettato nel duolo e nella tristezza, ma ora, insieme col perdono, dammi un po' di coraggio, ridonami gaudio e letizia, sollevami da questo corpo che ne soffre pure: Auditui meo dabis gaudium et laetitiam...

Nei tre versetti seguenti Davide insiste sulla piena giustificazione. Signore, mi hai perdonato il peccato; ebbene ora cambiami il cuore, dammi un cuor mondo, sì ch'io giudichi e operi rettamente: Cor mundum crea in me, Deus, et spiritum rectum innova in visceribus meis... Chiede inoltre la perseveranza nel bene, affinché egli possa essere di esempio, di incitamento per i cattivi a convertirsi: Docebo iniquos vias tuas... Gli empi penseranno: se il Signore ha perdonato a Davide, perdonerà anche a noi; e così prenderanno animo e si convertiranno. Questo versetto si prende anche nel senso: " Istruirò gli altri nelle tue vie "; ma il primo senso, secondo il Bellarmino, è migliore.

Dopo la remissione della colpa, la piena giustificazione, la rinnovazione spirituale, con filiale confidenza passa a chiedere la remissione della colpa grave dell'assassinio (per la morte di Uria): Libera me de sanguinibus.

Così sciolto e pacificato, si solleverà a pregare fervorosamente: Os meum annuntiabit laudem tuam. E sarà preghiera non di sacrifici di animali, ma di un cuore umile e contrito. Tu, o Signore, non rigetti mai la preghiera unita a questo spirito di compunzione: Cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies...

In tal modo, composta in pace l'anima, ristorata nelle sue virtù, egli si darà ad ogni opera di bene, secondo il beneplacito di Dio, il quale allora accetterà anche tutti gli altri sacrifici: appunto perché espressione di un cuore contrito, di uno spirito umile: Tunc acceptabis sacrificium justitiae, obtationes et holocausta...

Ecco come meditare ed applicare a noi questo bel Salmo. Ognuno, a proprio profitto spirituale, vi faccia le applicazioni che Dio gli ispira. Se abbiamo avuto la disgrazia di peccare, rivestiamoci dello spirito di Davide, e il Signore farà anche a noi le grazie che fece al santo Profeta. E questo è pure lo spirito di questo tempo che precede la Quaresima: sacrificio e oblazione.

La Chiesa non obbliga ancora al digiuno, non fa ancora tutto come in Quaresima, ma incomincia a prepararci; quindi bisogna che anche noi cominciamo a fare qualche sacrificio. Questo spirito di penitenza, fondato sullo spirito interno e unito alla lode al Signore, fa tanto bene all'anima.

Quinquagesima

IL CARNEVALE - Nostro Signore diceva agli Apostoli: Il mondo godrà, ma voi sarete nella tristezza (810). La prima parte della profezia si avvera specialmente in questi giorni del carnevale. Il mondo tripudia, se la spassa, dando sfogo alle più basse passioni. Si contentassero almeno di star allegri, di innocenti soddisfazioni!... Invece, quanti disordini nel cibo e nel bere! Quanti ubriachi fradici, che han perduta la ragione! Quanti lascivi, specialmente in queste notti e in certi ritrovi! Quante parole oscene e bestemmie! Si dà piena soddisfazione ai sensi del tatto e della vista é del gusto, il tutto con innumerevoli peccati e offese di Dio. Alcuni dicono che il carnevale è diminuito. Sì, sono diminuite le esteriorità, ma si fa di più nascostamente. Il diavolo si è fatto furbo e forse si fa più male adesso che una volta. Il mondo è sempre così: panem et circenses (811). Felici voi che, segregati dal mondo, non dovete assistere a questi spettacoli nauseabondi, contra ri ad ogni principio di fede e di morale! Non potete neppure immaginare il male che si commette fuori di qui. Mundus gaudebit!

Che faremo noi in mezzo a tanta depravazione? Vos autem contristabimini! Ecco la nostra parte davanti a Dio: rattristarci santamente, per consolare Nostro Signore. Mentre il Signore è così offeso, noi vorremmo stare allegri? Se qualcuno ingiuriasse vostro padre, voi ridereste? Così al vedere offeso Dio, noi dobbiamo essere tristi, santamente tristi.

Quindi, niente carnevale. Neppure a voi, giovani, lo lascio fare. Qualcuno mi diceva: " Almeno ai giovani bisognerebbe lasciare fare un po' di carnevale! ". Risposi: " No! ho troppa stima della loro virtù e del loro giudizio, benché siano così giovani ". Invece, in questo tempo ci rattristeremo col Signore e faremo più adorazione a Gesù Sacramentato. E se ci verrà in mente il pensiero che il mondo se la sta godendo, o ci verranno a memoria i divertimenti a cui forse prendemmo parte un giorno, facciamone sacrificio al Signore, in riparazione delle offese che riceve. Non dobbiamo essere curiosi, neppure col desiderio.

A tanta dissipazione, a tanta dimenticanza di Dio opporremo maggior raccoglimento e più preghiera. Vi raccomando in particolare: a) le preghiere vocali della Comunità: dirle tutte con attenzione della mente e con affetto, specialmente il Veni Creator del mattino, e quelle prima e dopo lo studio, i lavori e i pasti; b) molte piccole mortificazioni, in compenso di tanti stravizi ed abusi nel cibo e nella bevanda; c) studio e lavoro più assiduo che nel restante dell'anno.

In tal modo entreremo nello spirito della Chiesa, corrispondendo agli inviti di Nostro Signore che cerca consolatori, e imiteremo i Santi. S. Carlo Borromeo faceva in questi giorni molte penitenze. S Francesco di Sales stava più raccolto e ordinò alle Religiose della Visitazione che digiunassero il lunedì e martedì grasso. Anche S. Vincenzo de' Paoli prescrisse ai suoi Religiosi che in questi giorni facessero astinenza. Il Beato Enrico Susone non prendeva alcun cibo in questi tre giorni. A S. Geltrude Nostro Signore fece vedere che scriveva tutti gli atti di riparazione che si fanno in questi giorni. S. Caterina faceva molte penitenze in questo tempo, e appunto allora fu sposata a Gesù con anello d'oro: sposa di dolore. S. M. Margherita Alacoque soffriva tanto negli ultimi tre giorni del carnevale. S. Gaetano Thiene morì di crepacuore al vedere tante offese al Signore. I Santi capivano queste cose. Facciamo dunque anche noi qualcosa, tutto quello che possiamo, in spirito di riparazione. Bisogna che Gesù abbia un compenso, che possa dire che almeno i suoi Missionari lo consolano.

Lo dico e lo lascio scritto: Nell'Istituto non si farà mai carnevale, mai alcun divertimento. Si concedono teatri e giuochi nei collegi, perché ci son ragazzi; noi dobbiamo essere uomini, quindi nessun teatro. Voglio che nell'Istituto questi giorni siano sempre tempo di riparazione. Il nostro carnevale sarà a Pasqua con Gesù risorto. Voglio che questo spirito ci sia nell'Istituto e che aumenti sempre più. Così Gesù ci benedirà come suoi prediletti figli, che non hanno di mira che di amarlo e consolarlo nelle sue pene.

LA SANTA TRISTEZZA - Il Vangelo di questa domenica di Quinquagesima contiene la predizione della Passione di Nostro Signore. La Chiesa mette sott'occhio questo tratto del Vangelo: 1 - perché realmente ih questi giorni il mondo, con tanti peccati, rinnova la Passione di Gesù. 2 - per invitarci fin d'ora a pensare alla Passione di Gesù e meditarla fino a Pasqua. Questo è il tempo a ciò particolarmente destinato, come preparazione alla Settimana Santa.

Vi sono due sorte di tristezza: buona e cattiva. Anche nel mondo si rattristano per la perdita dei beni, per le passioni soddisfatte o non soddisfatte, ecc. Questa tristezza è da rigettare e condannare, quale incentivo al peccato e contraria alla virtù della speranza. Tale fu quella di Giuda dopo il tradimento, quella di Caino e di tanti che cedono alla tentazione pessima della disperazione. Infelice chi si lascia dominare da questa tristezza!

É anche da riprovare quella tristezza, per lo più naturale, che proviene dal carattere melanconico. Bisogna scuotersi e moderarla. O è causata da malattie, e allora si ricorre al medico; oppure è causata dalle avversità e allora è necessaria la virtù della pazienza. Purtroppo, tutti abbiamo i nostri giorni ed ore tristi, e talora non ne sappiamo neppure il perché. Questa tristezza snerva la volontà ed impedisce ogni passo nella perfezione. S. Filippo diceva: " Peccato e malinconia non in casa mia! " (812).

La tristezza buona e santa è generata da quattro cause:

1 - Tristezza per i nostri peccati. Bisogna però che non sia disgiunta dalla confidenza in Dio, dal pensiero della misericordia del Signore.

2 - Tristezza dei peccati altrui. É questa che dobbiamo avere specialmente in questi giorni, come ho detto.

3 - Tristezza perle nostre imperfezioni, al vedere che non facciamo quello che dovremmo fare. Uno che voglia veramente servire il Signore, non può non rattristarsi nel constatare che è sempre lo stesso. Dobbiamo tuttavia rattristarci efficacemente, con sempre nuovi propositi di scuoterci e di ricominciare. La grazia non mancherà.

4 - Tristezza di essere lontani dal Paradiso, cioè dalla visione di Dio. I Santi amavano il Paradiso per il possesso di Dio. Questa è una santa tristezza. Tutti i Santi desideravano di essere sciolti da questo corpo di morte. Desiderare il Paradiso. Ah, vedere il Signore!... goderlo!... Quando saremo col Signore, quello sì sarà il nostro carnevale!

Questi pensieri serviranno a tenerci santamente tristi in questo tempo: una vera riparazione per tutti i peccati di Torino e del mondo. Se faremo così, il Signore sarà consolato e saremo consolati anche noi, non solo in Paradiso ma anche al presente.

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Domenica di Passione (813)

Oggi incomincia la settimana di Passione. Il pensiero dominante di questa settimana e della seguente dev'essere la Passione di N.S.Gesù Cristo. É come una novena del Venerdì Santo. S. Bonaventura dice: a Se vuoi avanzare di virtù in virtù, di grazia in grazia, medita ogni giorno la Passione di N S Gesù` Cristo "(814). I Santi furono tutti devotissimi della Passione di Gesù; passavano lunghe ore davanti al Tabernacolo, ma anche davanti alla Croce. A ciò ci spingono diversi motivi:

1 - Per avere un vero dolore dei nostri peccati e un sincero proposito di non più ricadervi. Chi riflette che Gesù è stato trafitto per le nostre iniquità (815) deve compungersi e desiderare di riparare con la penitenza le proprie colpe.

2 - Per intenerire santamente il nostro cuore e rivolgerlo alle cose spirituali. Ci lamentiamo di essere freddi nella preghiera, di non sentire gusto delle cose di Dio, ebbene, meditiamo la Passione di Nostro Signore, e il nostro cuore, se non è di pietra, si commuoverà.

3 - Per farci acquistare molti meriti.

4 - Per motivo di riconoscenza. S. Bonaventura dice che non dobbiamo tediarci di pensare sovente a ciò che Nostro Signore non si tediò di soffrire(816). Che direste di uno che non pensasse ai sacrifici che voi avete fatto per lui, anzi ne scacciasse di proposito il ricordo? Lo direste un ingrato, un indegno. Così di noi, se passassimo i giorni, le settimane, i mesi senza pensare ai dolori che Nostro Signore soffrì per ciascuno di noi. E Gesù ci ebbe tutti presenti individualmente, soffrì per ciascuno di noi, come se fossimo soli: Mi ha amato e ha dato se stesso per me (817).

5 - Per procurare la nostra salvezza. Il Signore ha fatto tutto, i suoi meriti sono infiniti, ma vuole che anche noi facciamo qualche cosetta. S. Paolo diceva: Completo nella mia carne quello che manca delle sofferenze di Cristo (818). E che manca a questa Passione, se non la nostra corrispondenza, cioè che facciamo nostra questa fonte di grazia? Unire dunque i nostri piccoli sacrifici corporali e spirituali alle sue sofferenze.

Tutto questo significa che noi dobbiamo fare nostra la Passione di Nostro Signore, procurare cioè che essa sia sempre ben fissa nella nostra mente, nel nostro cuore, nel nostro corpo, nel nostro spirito.

Nella nostra mente - Pensiamoci sovente, anche durante l'anno, ma specialmente in questi giorni; conformiamo ad essa i nostri pensieri sul valore dei dolori, delle umiliazioni. In questo tempo la Chiesa ci fa pensare, meditare e come assistere alla Passione del Signore. Se ci sono persone che devono pensare alla Passione di Gesù, sono appunto i Missionari. Per voi dev'essere questa una divozione principale. Lo stesso SS. Sacramento è un memoriale e una rinnovazione della Passione: recolitur memoria Passionis eius (819).

Nel nostro cuore - Sì, sfoghiamo i nostri affetti sui dolori sofferti da Nostro Signore. Così faceva S. Paolo, il quale diceva: Quanto a me sia lungi il gloriarmi d'altro che della croce di N. S. Gesù Cristo (820). Noi incliniamo più alla malinconia che alla gioia, essendo questo un luogo di esilio e di pianto; ebbene, versiamo la nostra tenerezza sui patimenti di Gesù.

Nel nostro corpo - Uniamo i nostri dolori, le nostre sofferenze ai dolori di Gesù Crocifisso. Io porto nel mio corpo le stimmate di Gesù (821) diceva S. Paolo... Ci alziamo al mattino con un po' di mal di capo... sentiamo freddo... siamo calunniati... Ebbene, o Gesù, che tanto patisti per santificare ogni nostro dolore, accetta ciò che soffro e rendi dolce il mio patire! ".

In punto di morte - soleva dire il B. Sebastiano Valfrè - non ci pentiremo di aver sofferto, ma forse di non aver sofferto o non aver sofferto bene " (822). Procuriamo anche di moltiplicare i piccoli sacrifici lungo la giornata, in modo da preparare il fasciculus myrrhae per il Venerdì Santo.

Facciamo sovente la meditazione sulla Passione di Nostro Signore, facciamola ogni giorno durante il tempo quaresimale. A ciò ci gioverà il tener presenti alla mente le seguenti domande suggerite dal P. Spinola: Chi patisce? Chi lo fa patire? Per chi patisce? Per qual fine patisce? In che modo patisce? (823). Tenetele presenti nella meditazione dei singoli Misteri della Passione; ci aiuteranno assai e ci daranno materia di serie riflessioni. Non è necessario far passare tutti questi punti, ma è certo che ci aiutano. Poi bisogna fare atti di dolore, di contrizione, perché è per causa mia che Gesù ha sofferto tanto.

Dobbiamo andare a fondo nel meditare i dolori di Gesù Sofferente. Da questo verrà anche a voi il desiderio di soffrire per Lui, di fare dei sacrifici, di vincere le pene del cuore e dello spirito e, per quanto si può anche quelle del corpo. E' questo per voi il tempo di acquistare e praticare una virtù maschia. Ma fino a che non siamo ben penetrati della Passione di Nostro Signore, non saremo generosi nello spirito di sacrificio. Prendete amore, fortificatevi nello spirito della Passione. Ciò che vi darà più forza quando sarete in Missione, sarà appunto il pensiero della Passione di Gesù. Che cosa farà un Missionario, un successore di S. Paolo, se non avrà amore a Gesù Crocifisso? La meditazione sulla Passione di Nostro Signore vi farà comprendere il suo Sitio e vi accenderà di zelo per la salvezza delle anime.

Siamo divoti del SS. Crocifisso; procuriamo di averlo nelle nostre camere, sulla nostra persona; rivolgiamogli frequenti atti di fede e di amore specialmente in chiesa.

S. Filippo Benizzi, in punto di morte, chiese il suo libro, e questo era il Crocifisso(824). Il SS. Sacramento non l'avrete sempre con voi, ma il Crocifisso sì. Sarà un libro in cui leggerete i vostri doveri Perché non basta portare il Crocifisso, né voi lo portate solo per far bella figura, ma per imitarlo. Gesù, per le anime ha fatto molto di più di quello che voi potrete e dovrete fare per le anime che vi saranno affidate. i Egli non ha lasciato la croce a metà strada; è caduto, ma si è rialzato e ha continuato fino alla fine. La nostra croce non è pesante come la sua; e, se portata in unione di amore con Gesù, diventa soave. Questo spirito dobbiamo averlo sempre, tutta la vita: sempre sacrificarci. La Passione di Nostro Signore vi sosterrà nelle fatiche e nelle pene dell'apostolato e nella stessa morte.

Santifichiamo dunque questa Settimana di Passione, procuriamo di passar bene questi quindici giorni, secondo lo spirito della Chiesa: preghiera, meditazione della Passione, sacrifici. Facciamo tutti i sacrifici che ci sono permessi; e i piccoli sacrifici son tutti permessi e a tutti. Più silenzio interno ed esterno, non divagarci troppo; e tutto per ben prepararci alla Settimana Santa. Nostro Signore ci darà tante grazie. Se avremo sofferto con Lui, canteremo con lui l'Alleluja della Pasqua!

Settimana Santa

Questa settimana vien detta maggiore dal la Chiesa latina, e Santa da S. Giovanni Crisostomo, perché in essa si ricordano i più grandi benefici che Dio ci ha fatto (825). Non basta però che sia santa in sé, occorre santificarla e comprendere bene i Misteri che vi si compiono. Chi non si sentisse infervorato in questi giorni, non avrebbe vocazione né sacerdotale né missionaria. Bisogna scuotersi e pregare; a forza di accendere il fuoco, si scalda l'ambiente.

Se in tutto l'anno facciamo le cose bene, per amore di Nostro Signore, in questa settimana dobbiamo procurare di far meglio ancora, e tutto per onorare la Passione e Morte di Nostro Signore.

Giovedì è il giorno del SS. Sacramento. Fin dal mercoledì vi preparerete per fare una santa Pasqua mettete l'intenzione di riparare tutti i difetti delle Comunioni che avete fatte, dalla prima Comunione fino al presente. Io penso che nessuno abbia fatto una sola Comunione sacrilega; e se mai, si sarà confessato. In tal caso ricordiamo che bisogna sempre fare penitenza e che è sempre segno di amore il dolerci delle miserie passate. Che se anche non ci fu peccato mortale, ce ne furono però dei veniali; o non sempre il Signore, venendo in noi, ci trovò fervorosi. Chiediamo perdono di tutto questo e chiediamo pure perdono per quelli che non vanno a fare la S. Comunione o la fanno male.

Preghiamo per ottenere che i cristiani facciano Pasqua. Voi potete fin d'ora essere missionari, pregando il Signore che li ispiri, che mandi loro dei rimorsi. Ah, come fa pena quando un nostro parente non fa Pasqua!...

Ci saranno poi anche le visite al Santo Sepolcro. Come fa piacere visitare Nostro Signore in quella giornata! Voi, poi, farete compagnia a Gesù tutto il giorno e tutta la notte. Son contento che desideriate questo, contento che Gesù non resti mai solo né giorno né notte.

Nel Venerdì Santo mediterete sulla Croce Il Signore ci lava nel suo Sangue!... Metterci ai piedi di Gesù Crocifisso, e pregarlo che ci purifichi... Se abbiamo un attacco a qualche cosetta nel Venerdì Santo bisogna sacrificarlo ai piedi di Gesù Crocifisso. Fate questo quando andrete a baciarlo. Il Signore non si aspetta sentimenti e lacrime, ma un cuore afflitto e umiliato, un cuore che per Lui faccia qualche sacrificio. É ai piedi di Gesù Crocifisso che s'impara la generosità nel sacrificio.

Sabato Santo sarà il giorno dell'Addolorata, della Desolata. É una bella divozione questa. Dobbiamo compatirla, la Madonna. Finché Essa aveva Gesù, trovava consolazione; morto Lui, ebbe S. Giovanni: il quale però non era Gesù e aveva bisogno anche lui di esser consolato... Così passerete bene quel giorno, che è un giorno - direi - di santa malinconia.

Domenica sarà la Risurrezione di Nostro Signore e risorgerete con Lui se siete morti; risorgerete ad una vita santa, veramente religiosa. Ma bisogna prima morire a noi stessi.

Dunque, passate bene questa Settimana. Bisogna fare ogni cosa e a suo tempo. La divozione e il raccoglimento non impediscono i lavori della comunità... Le anime buone, anche nei nostri paesi, danno molta importanza a questa settimana. Facciamo in modo che Nostro Signore trovi tutto a posto in noi. La Settimana Santa deve suscitare, specialmente nei Religiosi, sentimenti di mestizia, deve far loro sentire qualche sensazione speciale. Chi non sente queste feste, e in particolare il ricordo che la Chiesa fa della Passione di Gesù, o è senza cuore, oppure è senza testa.

Pasqua di Risurrezione: La santa allegrezza

Avete trascorso bene la Settimana Santa e adesso siamo a Pasqua. Ecco il nostro carnevale! In tempo di carnevale abbiam fatto penitenza, ora a Pasqua facciamo il carne vale. La festa di Pasqua è una festa che fin da ragazzi si godeva, una festa che va al cuore.

Gesù è risuscitato per non più morire: La morte non avrà più dominio sopra di Lui (826). Noi dobbiamo risorgere al fervore; non solo dal peccato, ma da tutte le miserie. Conservare sempre il fervore che sentiamo in questa festa. Jam non moritur! Ciascuno dica a se stesso: " Sono risorto, non voglio più morire, voglio essere un vero missionario! ". Non abbiate paura di divenire troppo fervorosi!...

Questa settimana è tutta di allegrezza. E così anche noi dobbiamo essere santamente allegri nelle feste della Chiesa. In questi giorni di letizia si sente il bisogno di gridare forte: Alleluja! La Chiesa ce lo fa dire nella Messa e nel Divino Ufficio. Quanti ne diciamo! Anche quattro di seguito. Dopo questi giorni ce ne fa dire ancora; ma non più tanti. Sovente poi lungo il giorno ci fa dire: Haec dies quam fecit Dominus, exultemus et laetemur in ea (827).

Ed è pure soave e dolce al cuore la preghiera che, durante tutto il tempo Pasquale, ci fa rivolgere a Maria SS.: Regina coeli laetare, alleluja!... Lo spirito della Chiesa in questa settimana è spirito di allegrezza. Chi sentisse di non partecipare a questa festa, chi non godesse in cuor suo, non ha né cuore né spirito.

Tutto questo ci dice che l'allegrezza non è un male, anzi è buona cosa, come pure è buona cosa certe volte la tristezza, secondo i tempi. Sono virtù tutte e due, a loro tempo e quando sono moderate.

L'allegrezza è un a virtù che bisogna avere. Non si è mai troppo allegri. Lo si sarebbe quando l'allegrezza fosse mondana, grossolana; ma di allegrezza vera, allegrezza di cuore e di spirito, non ce n'è mai troppa. Dobbiamo essere allegri sempre, tutti i giorni e tutto l'anno.

Il primo motivo è che Nostro Signore ama e predilige gli allegri: Servite il Signore con letizia (828), ci dice il Salmista. S. Paolo ci esorta: Siate allegri nel Signore; e come se non bastasse dirlo una volta ripete: siate allegri! (829). Il Signore vuole che siamo allegri; egli non vuol essere servito come da tanti " musoni ". Quando un domestico serve mal volentieri il padrone, anche se fa tutto quello che gli comanda, il padrone non è soddisfatto. Se io avessi un domestico tale, gli direi: " Su, fa le cose con un po' di bel garbo! ".

Anche San Giuseppe Cafasso diceva che per servire il Signore ci vuole bel garbo; servirlo volentieri, essere allegri (830). Chi serve Dio con allegrezza, lo onora di più: Il Signore ama l'ilare donatore (434). Non si serve il Signore come lo schiavo il padrone! Le cose fatte o offerte per forza non piacciono al Signore. Guai se S. Francesco d'Assisi vedeva un suo frate non allegro! Un altro Santo diceva: " La modestia del Religioso non sia mesta, ma santa ". Il Signore vuole che stiamo allegri sempre, anche... dormendo: come i bambini che quando dormono, hanno un'aria così bella e sorridente! Non addormentatevi mai col broncio, ma con pensieri di santa letizia.

In secondo luogo, nell'allegrezza si vive meglio e con maggior perfezione. Il salmo dice: La via dei tuoi precetti io corro... quando dilati il mio cuore (l54): quando me lo dilati alla fiducia, alla confidenza, alla allegrezza. Allora non solo cammino, ma addirittura corro nella via dei tuoi comandamenti. Quando invece si è melanconici, si cammina adagio, con piedi di piombo.

In terzo luogo, dobbiamo essere allegri per riguardo al prossimo, altrimenti l'obblighiamo a sopportarci e gli diamo fastidio. Ci sono taluni che hanno il cuore così piccolo, che per un nonnulla si perdono, non fanno più niente. Costoro non sono generosi. Una persona mi domandava un giorno il permesso di piangere almeno per un'ora. " E perché? " - " Così, tanto per piangere... uno sfogo! ". Che stupidaggine! Come?! Piangere per un'ora?... Ma neppur un minuto !... E neppure star incantucciati, di malumore. Che cosa farne di gente simile?

Quindi essere allegri anche per amore del prossimo, sì che gli altri possano dire: " Questi Missionari hanno lasciato casa, parenti, tutto, eppure sono sempre allegri! ". Se si vuol far del bene, bisogna essere allegri: il prossimo ne resta edificato ed è attratto alla virtù. Uno può essere santo; ma se è tutto concentrato in se stesso, chiuso, fa paura e nessuno vuol avvicinarlo Capita così anche dei confessori; e la gente dice: " Non vado mai più a confessarmi dal tale! ". Perché S. Francesco di Sales operò un sì gran bene? Perché era sempre affabile, dolce, allegro. Perché Nostro Signore sapeva attirarsi tanto i fanciulli, che correvano a Lui da tutte le parti? Perché era sempre affabile! L'allegrezza attira alla virtù e, talora, anche a farsi Religiosi.

Naturalmente non dev'essere un'allegrezza smodata. L'allegrezza non consiste nella dissipazione, nel gridar forte, nel mettere sossopra tutta la Casa. Parlare, sorridere, ma tutto con modestia. Il riso sguaiato non va; bisogna pensare che siamo sempre alla presenza di Dio. Il Signore ci dice: " State allegri! ": ma se noi ce Lo vedessimo proprio lì davanti, non useremmo tutta quella libertà, non rideremmo sguaiatamente. L'allegria smodata sta nel cuore degli stolti. L'allegrezza è una virtù, ma sta e attenti che non degeneri.

L'allegrezza si oppone alla tristezza. Vi ho già detto che v'è una tristezza santa che Gesù stesso raccomanda: Beati quelli che piangono (831); e una tristezza difettosa: quella che proviene dalle avversità della vita o da temperamento melanconico. Taluni sono melanconici di nascita, per temperamento. Altri sono melanconici senza sapere il perché. Se fossero vecchi, pazienza! Potrebbe trattarsi di mal di cuore; ma alla vostra età!... Mi ricordo di Mons. Gastaldi, che soffriva appunto di mal di cuore. Una volta andai a trovarlo e mi disse: " Mi sento sempre tanto melanconico! I miei figliuoli spirituali, invece di tenermi allegro, mi fanno piangere (infatti gli davano fastidi); il mio Segretario mi ha messo qui due canarini perché mi rallegrino, invece aumentano la mia malinconia, si che piangerei ". Ma subito soggiunse: " No, non voglio piangere! Il Signore mi ha dato tanta forza morale e non voglio essere malinconico, non voglio piangere! ". Queste parole mi fecero molta impressione. Vedete, bisogna farsi coraggio affinché la tristezza non degeneri in disperazione o anche in pazzia. Quando si vive con queste malinconie non si fa più bene. Quanti hanno perduto la vocazione per malinconia!

Altri ancora vi sono, a cui tutto pesa: non sono mai contenti, vorrebbero sempre variare, han sempre bisogno di novità... e quindi si lasciano prendere dalla noia e dalla malinconia. Questo non va, è una malinconia falsa. Bisogna essere di carattere uguale; non essere delle canne agitate dal vento, un po' allegri e un po' malinconici. Se farete così in Missione, dove in una Stazione sarete appena due o tre insieme, che avverrà?... In comunità può succedere di cadere in queste malinconie, con danno nostro e disagio dei compagni. Lo Scaramelli dice che la tristezza offusca la mente, raffredda la volontà e toglie la pace. L'allegrezza viene dal Signore; fu l'uomo a corromperla (832).

Quali sono i rimedi contro la tristezza? Il primo è la preghiera. C'è tra voi qualcuno che soffre? Preghi! (833). Se qualcuno è triste, vada a fare una visita a Gesù Sacramentato e ne uscirà allegro. Invece, quando si è melanconici, si lasciano persino le pratiche di pietà.

Il secondo rimedio è star contenti del nostro stato presente, vivere in esso col desiderio di santificarci, prendendo il bene e il male dalle mani di Dio. Non coltivare quindi in testa tante velleità; essere generosi col Signore. Se non si è generosi, il cuore non può essere contento, né il Signore ci dà tutte quelle grazie e consolazioni che altrimenti ci darebbe.

L'altro rimedio, il vero rimedio, secondo S. Tommaso, è la pazienza (834). Vien voglia di piangere? Ebbene no, non voglio piangere. Questo è importante per vivere in comunità, che tutti dobbiamo sopportare qualcosa.

Tutto questo dovete mettere in pratica a ricordo della settimana di Pasqua: essere santamente allegri. Raccomandiamoci a Nostro Signore, all'Angelo Custode, e prendiamo il proposito di condurre d'ora in poi una vita santamente allegra e fervorosa. Una comunità ove tutti facessero questo proposito, diverrebbe un paradiso anticipato. Delle miserie ce ne saranno sempre, ma siam qui per sopportarci, per santificarci. Non bisogna cedere alla malinconia; mettere invece tutto nelle mani di Dio e così edificarci a vicenda ed edificare ancora gli altri. Evitare la malinconia cattiva e prendere quella buona. Un'anima triste, in comunità, non fa più niente, sembra un'anima errante del Purgatorio.

Non voglio che questa sia la casa della malinconia, ma dell'allegrezza. In Africa, se non vi saprete vincere, se non saprete frenare il malumore, farete solo del male, del male!... Questa è la casa dell'allegrezza, perciò non si deve mai fare il muso. Fare il muso è segno che o non si sta bene, o che si hanno delle pene spirituali. Taluni, per una storiella qualsiasi, dicono subito: " Sono disposto a morire! ". Disposto a morire?!... Di' piuttosto che sei disposto a vivere, a faticare!... Bisogna curarsi, sì, ma non lasciarsi abbattere. Se il Signore ci manda qualche maluccio, abbiamo pazienza e poco per volta passerà. Con malattia o senza malattia, il Signore ci fa morire quando vuole Lui!

Mi piacciono quelli che stanno sempre nella volontà di Dio che cercano e trovano la loro sicurezza nelle mani di Dio. Come fa piacere quando uno tira dritto; va avanti, sempre avanti! Vi voglio allegri. Qui bisogna star bene di anima e di corpo. Qualche volta non vi vedo abbastanza allegri; e invece io desidero che in questa comunità si conservi, si accresca sempre più lo spirito di tranquillità, di scioltezza, di allegrezza. Conosco alcune comunità religiose che hanno una pietà amabile: tutti i membri sono tranquilli in se stessi e danno agli altri questo spirito, che è precisamente lo spirito che io voglio in questa Casa: sempre gioia, sempre facce allegre.

Domenica in Albis

Nostro Signore, comparendo agli Apostoli dopo la risurrezione diede loro il saluto della pace. Nel tratto Evangelico che oggi la Chiesa ci fa leggere troviamo che per tre volte Egli la dà: due volte nella prima apparizione, una terza volta comparendo quando c'era pure Tommaso. Perché prima della Passione non dava questo saluto di pace, e ora sì? perché la pace è il frutto della sua Passione e dei suoi meriti, e questi Egli applica ora agli Apostoli, prima di salire al Cielo.

Gran cosa la pace! La quale, per altro, non deve confondersi con quello che potremmo chiamare il frutto di un temperamento freddo, apatico quindi pacifico. No, la pace non è questo. Essa può stare anche col sacrificio e con la tribolazione, mentre non può stare col peccato. In che consiste dunque? S. Agostino dice che consiste nella tranquillità dell'ordine (835). Quando tutto è in ordine in noi e attorno a noi, allora si è in pace. Bisogna quindi che ci sia la pace con Dio, con noi e con il prossimo.

Con Dio: perciò essere in grazia di Dio e fare la sua santa volontà.

Con noi: ne abbiamo proprio bisogno, perché portiamo in noi ciò che può guastare questa pace, cioè le distrazioni e tanti altri disturbi. Dobbiamo perciò far che nulla possa guastare la nostra pace: reprimere le passioni, frenare e anche tagliar via i desideri. La moltitudine dei desideri è fonte di inquietudini, quindi opposizione alla pace. S. Francesco di Sales diceva: Desidero poche cose e le poche che desidero, le desidero assai poco (836). Guai a chi si lascia trasportare dai desideri! Dovremmo averne uno solo: compiere bene il nostro dovere attuale. Allora sì che la pace regnerebbe indisturbata in noi!

La pace con gli altri: soprattutto col tollerare i difetti altrui. Se perché uno ha un difetto, lo disprezzo, non ho carità e si guasta la pace. Bisogna compatire trattare tutti bene; se tutti facessero così, la pace regnerebbe sovrana nei singoli e nella comunità.

Prendiamo questa lezione dal Vangelo odierno. É sì gran cosa questa pace, che il Sacerdote nella Messa la chiede ben cinque volte: Dona nobis pacem. E così la chiediamo nelle preghiere dopo i pasti e alla fine del Divino Ufficio. Con questa pace, che è dono di Dio andrete avanti tranquilli e riuscirete meglio in tutto Chiedetela a Nostro Signore, che è il Principe della pace: egli ve la darà, purché da parte vostra siate disposti a fare ciò che è necessario per conservarla.

Le Rogazioni

Le Rogazioni o Supplicazioni si chiamano in greco Litanie. Si distinguono in Maggiori o Minori, secondo la maggiore o minore solennità con cui si celebrano o anche perché le prime ebbero origine in Roma (a loco majore).

Fu il Papa Liberio (352 - 366) ad istituire le Litanie Maggiori in sostituzione dei Robigalia pagani, per implorare la buona riuscita delle semine. Furono estese a tutta la Chiesa da S. Gregorio Magno (837). Le Litanie Minori ebbero origine a Vienne nel Delfinato (a loco minore). Se ne fa autore S. Mamerto, vescovo di Vienne, morto circa il 470, che le istituì per la sua diocesi che soffriva di gravi calamità (incendi, terremoti, guerra), come dice S. Sidonio Apollinare(838). Le Litanie Maggiori si celebrano nel giorno di S. Marco e non si possono trasportare, eccetto che in tal`giorno cada la Pasqua; allora si trasportano alla seguente feria terza. Le Litanie Minori si fanno nei tre giorni che precedono l'Ascensione.

Queste Rogazioni si fanno per quattro fini: 1 - Per scongiurare i castighi dei nostri peccati. 2 - Per ottenere la pace e anche un tempo propizio. 3 - Perché Iddio benedica i raccolti. É un tempo, infatti, in cui le campagne sono più in pericolo: prima le piogge, poi la grandine. Corre il detto: " Se piove il dì dell'Ascensione, poco grano e molta paglia ". É un modo di dire, perché il Signore fa come vuole. 4 - Perché il Signore venga incontro a tutte le necessità dei fedeli... Per tutti questi scopi si cantano le Litanie dei Santi, in cui, invocandone alcuni, intendiamo invocarli tutti.

In questi tre giorni la Chiesa c'invita a far penitenza e a pregare; ed è quanto mai conveniente farlo con le processioni penitenziali. Così facevano i cristiani di una volta: vestendosi di sacco, cospargendosi di cenere e digiunando talora fino a mezzogiorno. Una vera processione di penitenza e di preghiere.

Desidero che le facciate e le facciate con vero spirito; fate tutte quelle invocazioni con unzione, pensando a quello che dite. Il Signore ci guarderà dal Cielo e gradirà le nostre suppliche espiatorie. Così santificherete la Casa e ne fugherete il demonio. Anche in Missione queste Rogazioni si fanno.

La Chiesa in questo tempo insiste sulla preghiera. Fin dalla vigilia, nell'antifona del Magnificat, e così pure al Magnificat di oggi, ci ripete: Chiedete ed otterrete (405). Tutta la Messa parla della preghiera: Vangelo, Communio, ecc.: nonché l'antifona di Lodi nel Divino Ufficio. Che cosa vuol dir questo, miei cari? La Chiesa vuole che preghiamo, preghiamo; e non solo pregare individualmente, ma in corpo. Le preghiere pubbliche sono più facilmente esaudite. I nostri Missionari si uniscono essi pure a noi in questa preghiera; cosicché è il corpo dell' Istituto che prega, in unione con la Chiesa, per ottenere grazie. Tutti insieme si fa forza al Signore. Non basta però pregare, fa d'uopo pregar bene. Perché sovente chiediamo, e non otteniamo? Risponde S. Agostino: perché chiediamo cose non convenienti o perché chiediamo malamente, o perché chiediamo senza le dovute disposizioni di anima. Petimus mala, petimus male, petimus mali (839).

Petimus mala - Chiedere cose cattive è un disprezzare la preghiera. Anche quando chiediamo cose indifferenti, il Signore non è sempre obbligato ad esaudirci. Talora crediamo di chiedere cose veramente necessarie ma in realtà non lo sono e il Signore cambia la grazia da noi chiesta in altra. Così fa la mamma che al bambino che vorrebbe il coltello, porge un giocattolo.

Chi, ad esempio, chiedesse di riuscire negli studi, ma solo per superare un altro, come può il Signore ascoltarlo? Lo stesso avviene quando chiediamo cose che non sono conformi al nostro spirito, al bene dell'anima nostra. Tutto ciò che si chiede, dev'essere in ordine alla salute eterna. Non tutto è bene in sé, come non tutto è bene per tutti. Se io chiedo la salute per i miei cari, che non muoiano mai, chiedo cosa che non è nell'ordine della Divina Provvidenza. Quindi mettete sempre la condizione: se è volontà di Dio, se è per il bene dell'anima mia. Cose buone, invece, sono le virtù e il Signore ce le dà, ma vuole che preghiamo, che insistiamo.

Petimus male - Non dico che preghiamo volontariamente male, cioè con distrazioni volontarie, no; ma chi è abitualmente dissipato, chi tien la testa piena delle cose successe in ricreazione, chi non si prepara alla preghiera, come può evitare le distrazioni? E come può piacere al Signore una preghiera fatta solo con le labbra? Egli vuole il cuore; meglio, vuole l'uno e l'altro.

Quante preghiere faremmo in altro modo, se ci trovassimo alla presenza di persone autorevoli! Petimus mali- Bisogna che siamo in grazia di Dio. Il Signore ascolta anche i cattivi, purché abbiano buona volontà di emendarsi. Il povero cieco nato del Vangelo non parlava con precisione quando diceva: Dio non ascolta i peccatori (840). Dio non esaudisce le loro preghiere per merito de condigno, tuttavia de congruo le esaudisce e dà ai peccatori la grazia della conversione. É certo però che più siamo uniti a Dio, più facilmente otteniamo.

Ascensione

Basta dire: " Ascensione! " e la predica è bell'e fatta. Oggi la predica non è necessaria, basta annunziarla. Questa festa va proprio al cuore, riempie l'anima di Paradiso. S. Francesco d'Assisi passava le notti intere nel pensiero del Paradiso (841).

Tre sono le feste in cui si considera di proposito il Paradiso: quella di tutti i Santi, l'Assunta e l'Ascensione. Sono tre feste che sollevano in modo particolare l'anima nostra da questa povera terra. La festa di tutti i Santi ci fa considerare la turbam magnam di coloro che ci hanno preceduti nella celeste patria. La festa dell'Assunta ci fa considerare la Madonna che è in Paradiso anima e corpo, nonché gli Angeli intenti a farle la dovuta accoglienza. E la festa d'oggi?... Nostro Signore conduce gli Apostoli sul monte, ad assistere alla sua gloriosa ascensione al Cielo. Già prima, di tanto in tanto, li lasciava per distaccarli dalla sua presenza sensibile, sì che il sacrificio della separazione non riuscisse loro così doloroso. Ora poi, lungo il tragitto e là sul monte dà loro gli ultimi avvertimenti, finché una nube viene a rapirlo ai loro sguardi. Essi rimangono come estatici, ma un Angelo viene a scuoterli: " Cosa state ancora a guardare in alto? Questo stesso Gesù che ora avete veduto salire al Cielo, verrà nella stessa maniera con cui è partito "(842). Poveri Apostoli! Avrebbero voluto rispondere: " Vogliamo andare anche noi in Paradiso! ". No, no, andate prima a lavorare per molti anni, fate quello che vi ha detto... Allora si decisero a ritornare in Gerusalemme.

La festa d'oggi è dunque la festa del Paradiso nostro cuore è con Gesù e ascendiamo con Lui. Gesù va a godere la gloria meritatasi con una vita faticosa, dolorosa di trentatré anni; vi sta ad interpellandum pro nobis (843) presso il Divin Padre, e ci prepara un bel posto, conforme alla promessa fatta agli Apostoli. Sì, Gesù ci tiene preparato questo posto in Paradiso per me, per ciascuno di voi, solo che lo vogliamo. S. Giuseppe Cafasso diceva ad una penitente: " In Paradiso c'è posto anche per lei! "; ed essa, già tanto timorosa, si rasserenava e, colla certezza di un tanto bene, moriva in pace.

Cresce per noi missionari la gioia e il conforta perché per noi Gesù prepara un posto non comune, m. distinto; saremo come altrettanti soli splendenti di gloria, acquistata con le fatiche per salvare le anime Questo pensiero deve farci coraggio, deve stimolarci a renderci degni Missionari, deve invogliarci a faticare per poco in questa vita, per poi andarlo a godere in perpetuas aeternitates (844). Coraggio, miei cari! Oggi e sempre miriamo il Paradiso di Gesù e nostro. Coraggio e costanza! Il Paradiso costa, ma non sarà mai abbastanza pagato.

In particolare, e a nostro ammaestramento, possiamo considerare le ultime parole rivolte da Gesù agli Apostoli prima di salire al Cielo. Sono tre: un rimprovero, una missione, un comando.

1 - Li rimproverò della loro incredulità e durezza di cuore (845).

Parrebbe che Gesù non dovesse alla sua partenza amareggiare i suoi diletti con un rimprovero, ma passarci sopra. No, l'eterna Sapienza e Prudenza non fa così. Ciò è a consolazione dei Superiori, i quali per dovere devono ammonire i loro sudditi quando è necessario, anche con addolorarli. Il Superiore deve farsi violenza, quando il dovere lo esige. Se capissero i sudditi il sacrificio che fa il Superiore in tali casi!

2 - Andate per tutto il mondo, predicate l'Evangelo (846). Gesù pensò in quei momenti a noi Missionari, che continuiamo la missione affidata agli Apostoli. Già tante volte aveva loro affidato questo incarico, ma in ultimo volle specializzarlo ed aggiunge tutte le promesse di aiuti soprannaturali e straordinari: Scacceranno i demoni nel mio nome, parleranno nuove lingue, ecc. (847). Quanto devono consolarci tali promesse, che si verificarono negli apostoli e negli uomini apostolici di tutti i secoli!

3 - Restate in questa città finché siate rivestiti di potenza dall'alto (848). Prima d'incominciare tale missione è necessaria la preparazione; è necessario cioè che prima santifichiamo noi, per poi convertire gli altri. Ora, la santificazione è opera della grazia, che ci viene comunicata dallo Spirito Santo. Con ciò Gesù insegnò agli Apostoli e a noi il bisogno di ben prepararci alla venuta dello Spirito Santo e quindi di far bene la novena in preparazione alla Pentecoste.

Corpus Domini Stimerei di mancare al mio dovere e alla mia divozione, se lasciassi passare la solennità del Corpus Domini senza intrattenervi brevemente su questo grande mistero.

Propriamente la festa della SS. Eucaristia si celebra il Giovedì Santo, nel qual giorno Messa e Comunione si fanno con solennità; ma essendo la Chiesa occupata nel ricordo della Passione del Signore, la trasferì per solennizzarla maggiormente.

Solo nel secolo XIII, dietro la nota visione avuta dalla B. Giuliana di Mont-Cornillon, il Vescovo Roberto t di Thourotte istituì una festa particolare, che il Papa Urbano IV, nel 1264, dopo il miracolo di Bolsena, estese a tutta la Chiesa. Le si diede la massima solennità. Fu fissata dopo Pentecoste perché, come leggiamo nel Breviario, è appunto dopo Pentecoste che i cristiani cominciarono ad accostarsi a questo Divin Sacramento. Lo stesso S. Tommaso fu incaricato di comporne l'Ufficio. Ufficio così bello, che S. Francesco di Sales aveva chiesto a Roma il permesso di recitarlo nella sua Diocesi in tutti i giorni liberi. I Papi Urbano IV, Martino V ed Eugenio IV vi aggiunsero delle indulgenze.

Questa dev'essere la festa del cuore, della riconoscenza. Nell'Istituto il giorno del Corpus Domini deve essere occasione di rinnovare e di accrescere l'amore a Gesù Sacramentato. Dobbiamo dire, ma con fede e di cuore: O sacrum Convivium (849). Quando andiamo o quando ritorniamo dal refettorio, pensiamo alla Divina Eucarestia e diciamo: " Questo sì, che è un vero convito! ". Ditelo dunque con trasporto: O sacrum convivium in quo Christus sumitur! Gesù vi è realmente presente come è in Paradiso.

Recolitur memoria Passionis eius. Gesù disse agli Apostoli: " Fate questo in mio ricordo " come leggiamo in S. Luca (850) e come conferma S. Paolo: Quante volte voi mangiate questo pane e bevete questo calice, voi rammenterete l'annunzio della morte del Signore, fino a che Egli venga (851). Uno dei migliori metodi per ascoltare bene la Messa, come già vi ho spiegato, è di pensare alla Passione di Nostro Signore. Quando alziamo l'Ostia, pensare a Gesù innalzato sulla Croce.

Mens impletur gratia. L'anima deve ricevere da questo Sacramento non solo un po' di grazia, ma la pienezza della grazia, quanto può contenerne. Alla Comunione dovremmo divenir ripieni di grazia: non aver più parte alcuna di noi, che non sia pervasa dalla grazia; tutti e tutto grazia. Non riceviamo infatti l'Autore stesso della grazia?

Et futurae gloriae nobis pignus datur. L'Eucaristia è un pegno. Gesù voleva lasciare qualcosa e finì con lasciare Se stesso. Abbiamo già il Paradiso in terra. Veramente in questo Sacramento ci sono tutti i tesori della sapienza e della scienza divina. Donandoci Se stesso, ci donò tutto.

Esaltazione della S. Croce

Oggi, 14 Settembre, è la festa dell'Esaltazione della S. Croce. La Chiesa celebra due feste della S. Croce (*): la prima nel Venerdì Santo, scoprendo con tutta solennità la Croce e facendone speciale adorazione: Ecce lignum Crucis: venite adoremus! La seconda in ricordo del ritorno a Gerusalemme della reliquia della vera Croce, ripresa dall'imperatore Eraclio a Cosroe, re dei Persiani (852). Quali lezioni danno queste feste? Due: la prima, sul culto che si deve alla Croce; la seconda, sul come anche noi dobbiamo portare la croce per amore di Nostro Signore.

CULTO - Due sono gli ossequi che si devono prestare alla Croce: l'uno di similitudine (ratione similitudinis),l'altro di congiunzione (ratione conjunctionis). Alle reliquie si dà l'ossequio di congiunzione, alle immagini quello di similitudine.

La vera Croce, come reliquia di Nostro Signore, merita l'ossequio di congiunzione, ossia lo stesso ossequio che si deve a Nostro Signore, perché è come una cosa sola. Gesù si unì a quella Croce, bagnandola del suo Sangue. Alla vera Croce, quand'è esposta, si fa genuflessione e la si incensa come il SS. Sacramento, ma stando in piedi.

Il Crocifisso invece rappresenta solo l'immagine di Nostro Signore, non è una reliquia, perciò gli si dà l'ossequio di similitudine e gli si fa inchino. La Croce

(*) Il Servo di Dio, numerava anche la festa della Invenzione della

Santa Croce soppressa nella riforma liturgica (Decr. S.R.C. 26-7- 60).

venne posta in onore pubblico da Costantino e dovunque deve essere esaltata: non solo in chiesa su tutti gli altari, ma nelle scuole e nei tribunali e avere il primo posto nelle case. Rispettiamo le immagini del Crocifisso e teniamo caro il nostro.

IMITAZIONE - Non basta tuttavia venerare Gesù Crocifisso: bisogna imitarlo col portare la nostra croce per amor suo. E facile dire che si ama il Crocifisso, ma poi quando si tratta di portare un po' la croce, di sopportare qualche cosetta, ci tiriamo indietro. Eppure Nostro Signore ce l'ha detto chiaro: Chi vuol venire dietro a Me, prenda la sua croce (853). E l'Imitazione dice che la vita di Nostro Signore fu croce e martirio continuo(854). S. Paolo esclamava: Sono stato crocifisso con Cristo! (855). Ecco che cosa vuol dire essere amanti della Croce! Non accontentarsi di portare il simbolo, ma praticare quello ch'esso insegna. Volere o no, la nostra vita è seminata di patimenti, da cui nessuno va esente. Tutto sta nel sopportarli con pazienza, anzi amarli e anche desiderarli.

Noi invece, quando abbiamo qualche maluccio, vogliamo che tutti ci compatiscano e diventiamo insopportabili. Di Mons. Gastaldi si diceva che non era mai così buono, come quando era ammalato. É facile dire: " Signore, mandatemi tutto quello che volete! ". Sì, sì, ma poi? S. Bernardo era ammalato e l'infermiere, fatto un po' alla buona, gli dava a mangiare cibi inadatti (856): egli li mangiava ugualmente, pur non digerendoli.

É per mezzo della croce che ci santifichiamo, non per mezzo delle parole o delle semplici preghiere. Queste giovano senza dubbio; ma il più importante è sempre il portar bene la croce.

La via regia che conduce al Paradiso è e sarà sempre quella della croce; per giunger alla gloria non c'è altra strada, che l'imitazione di Gesù paziente (857). Gesù però non si lascia vincere in generosità e dona all'anima tanta pace e tanta gioia. Il ben soffrire è un dono di Dio e felice chi l'ottiene!

Noi purtroppo siamo ignoranti nelle cose di Dio e stentiamo a comprendere il vero valore della sofferenza. Chiediamo al Signore che ci dia lume soprannaturale e amore per portare la nostra croce dietro di Lui per amore di Lui; e non trascinarla per forza, come fanno tanti cristiani.

Festa del Preziosissimo Sangue

Oggi è la festa del Preziosissimo Sangue di N. S. Gesù Cristo. Nel Te Deum ci prostriamo alle parole: Te ergo quaesumus tuis famulis subveni, quos praetioso Sanguine redemisti. Ci pieghiamo e c'inchiniamo durante la S. Messa, all'elevazione del calice. Con ciò, oltre un ossequio di adorazione al Divin Sangue, domandiamo che si versi sull'anima nostra e ci purifichi. Questo Sangue si versa su di noi nei Sacramenti: Il Sangue di Gesù Cristo ci purifica da ogni peccato (858). Di questo Sangue bastava una goccia a redimere tutti gli uomini; invece Gesù, nel suo grande amore per noi, lo diede tutto, proprio tutto. Eppure quanta ingratitudine da parte degli uomini! Quanto pochi si curano di questo Divin Sangue! Quanti anche lo disprezzano!...

S. Paolo ci scuote, dicendoci che, mentre Gesù fece tanto per noi, noi così poco facciamo per Lui: Non avete ancora resistito fino al sangue! (859). Vergogna!... Non fecero così i Santi, i martiri i quali per amore di Nostro Signore non esitarono a versare il proprio sangue. Noi invece abbiamo paura anche dei piccoli sacrifici!... Imploriamo perciò sovente su di noi e su tante anime i meriti di questo Sangue Divino; facciamolo specialmente in questo mese di luglio, dedicato appunto al Preziosissimo Sangue di Gesù.

Una preghiera indulgenziata che recito tutte le mattine dopo la santa Messa è quella di offerta del Preziosissimo Sangue. La recito facendovi qualche riflessione:

" Eterno Padre, vi offro il Corpo e il Sangue preziosissimo di N. S. Gesù Cristo in sconto dei miei peccati... (Qui mi fermo un pochino e penso ai miei peccati e ai vostri. Sicuro, anche ai vostri per ripararli).

" Per i presenti bisogni della Chiesa... (Qui prego per il Papa, affinché il Signore lo consoli; per la Chiesa, per i fedeli... raccomando tutti).

" In suffragio delle anime del Purgatorio... (Qui mi fermo nuovamente e penso ai morti dell'Istituto, delle Missioni, ecc.).

" Per la conversione dei poveri infedeli... (Qui penso che noi siamo fatti per la conversione dei poveri infedeli e mi fermo un pochino a pregare il Signore che v'infonda tanto spirito e tanta grazia).

" Per la conversione dei peccatori, degli eretici (protestanti e tutti quelli che negano qualche verità di fede), degli scismatici (Greci, Russi, ecc. tutti quelli che sono separati dalla Chiesa), per gli scomunicati... (Sapete per chi prego in particolare? Per quelli che sono scomunicati in modo speciale. Ce n'è sempre qualcuno. Preghiamo molto per costoro, che ritornino in sé).

" Per la santificazione del Clero e delle anime Religiose... (affinché il Sangue di Gesù li santifichi realmente, siano all'altezza del loro stato e, in mezzo ai pericoli del mondo, non perdano lo spirito) ".

Vedete, quando uno si mette a pregare con queste preghiere, sa che cosa dire. Non siete obbligati a dire tutto quello che dico io, tuttavia quanto vi ho detto può tornarvi utile. Vi confido tutto quello che faccio io, tutti i miei segreti... Cerchiamo intanto di passar bene questi giorni e facciamo qualche cosa per il Sangue preziosissimo di Nostro Signore.

Novena e Festa di tutti i Santi

NOVENA - Incomincia la novena di Tutti i Santi. É questa una cara novena, è un cumulo di novene, un complemento di tutte le novene che si fanno lungo l'anno. Serve infatti a ben prepararci, non alla celebrazione di un solo Mistero, ma a festeggiarli tutti insieme: Nostro Signore Gesù Cristo, la SS. Vergine, gli Angeli e i Santi.

Già lungo l'anno la Chiesa onorò molti Santi nei giorni della loro nascita alla vita eterna. Ma son poche tali feste relativamente ai tanti milioni di Angeli e di Santi che sono in Paradiso. Essa perciò, prima che termini l'anno, stabilì una solennità nella quale fossero tutti onorati: non solo i Santi conosciuti, cioè canonizzati o beatificati e compresi nel martirologio, ma ancora i molti di cui non conosciamo né i nomi né le virtù. Tra essi sono i nostri compaesani, parenti, confratelli, tutti insomma coloro che o direttamente, o dopo essere passati per il Purgatorio, hanno raggiunta la patria beata. S. Giovanni nell'Apocalisse, parla di una turba immensa, che nessuno può enumerare.

L'importanza dunque di questa novena si desume dalla moltitudine di Santi di cui ci prepariamo a celebrare la festa. È una festa di famiglia, una festa nostra ché, in questo numero, in certo qual modo, ci siamo anche noi. Là ci sono preparati i nostri seggi e nessuno li usurpa. Vedete la magnificenza nella solennità di tutti i Santi!

Come prepararci a celebrarla degnamente? Con una fervorosa novena. Avrete benedizione tutte le sere e canterete il bell'Inno: Placare... Cantatelo bene e cercate di capirlo. Anche l'Inno che noi sacerdoti recitiamo a Lodi, e così pure le antifone e l'Oremus, sono densi di concetto e ci sollevano al Cielo. Tutto quello che ci vien proposto dalla Chiesa è così bello! Bisogna vivere dello spirito della Chiesa che ogni giorno ci dà il nostro nutrimento spirituale, che ci fa vivere dello spirito di Nostro Signore.

In particolare, farete bene a proporvi, ogni giorno della novena, di onorare un particolare Coro di Angeli e una particolare gerarchia di Santi, chiedendo ogni giorno una grazia e una virtù di cui si ha maggior bisogno.

Poi tenere gli occhi e il cuore fissi al Paradiso, per rallegrarci coi Santi. Il pensiero del Paradiso dev'essere il pensiero dominante di questi giorni. Io son persuaso che in Paradiso vi sono dei Santi che sono più santi di quelli che veneriamo sugli altari. Non c'è bisogno del processo canonico; lo fa Nostro Signore dopo morte, in un momento. Quante cose vedremo lassù! Gloria particolare hanno i vergini, che cantano un inno sempre nuovo e che nessun altro può cantare; - gloria particolare i martiri, che portano in mano la palma; - gloria particolare gli apostoli, che risplendono come altrettanti soli di giustizia. Quando domando a Dio di andare in Paradiso tra i Sacerdoti, intendo quei Sacerdoti che furono veramente apostoli: come S. Filippo Neri, apostolo di Roma; S. Francesco di Sales, apostolo del Chiablese, ecc. Pensate a S. Francesco Zaverio! Credete voi ch'egli lascerebbe il Paradiso di lassù, per cercarsi un effimero paradiso su questa terra?

Ma non illudiamoci: se non ci faremo santi qui, nel tempo di formazione, non ci faremo mai santi. Ricordate quello che dice il Dubois: che un chierico perfetto diventa generalmente un sacerdote buono, e un chierico mediocre diventa per lo più un cattivo sacerdote. Questo sarà tanto più vero del Missionario, esposto a maggiori pericoli... Fate dunque bene questa novena; che sia la novena del Paradiso!

LA FESTA - Oggi la Chiesa c'invita a godere: Gaudeamus! E vuole che tutti, nessuno escluso, siamo santamente gioiosi: Gaudeamus omnes in Domino! Ciò appunto perché si celebra la festa di tutti i Santi: diem festum celebrantes Sanctorum omnium (860). Per animarci a far festa, ci porta l'esempio degli Angeli, che oggi si rallegrano con i Santi. E Angeli e Santi assieme danno lode incessante a Nostro Signore per i cui meriti ottennero il gran premio. Ascoltiamo l'invito della Chiesa. Ma perché la nostra letizia sia stabile e porti frutti di santificazione, consideriamo brevemente come dobbiamo regolarci con i Santi, quali cioè siano i nostri doveri verso di essi.

 

1 - Onorarli - Dobbiamo onorarli perché essi sono tra i Principi della Corte Celeste, che regnano con N. S. Gesù Cristo in eterno. Perciò la ragione e la fede esigono che noi prestiamo loro onore. Essi sono gli amici di Dio, da Dio onorati e quindi da onorarsi anche da noi. I Santi sono nostri fratelli maggiori e benefattori, e chi è che non rispetta i più vecchi e coloro che ci fanno del bene?

Salutare pratica, vigente nel nostro Istituto, è quella di proporci un Santo ogni anno, per onorarlo in modo particolare e imitarlo. Molte pie anime ne scelgono uno ogni mese. Salomone, durante il suo regno, per il buon andamento degli affari, scelse dodici Prefetti e stabilì che ciascuno comandasse un mese(861). Così noi avremmo anche un Santo ogni mese che ci dirige; avremmo come tanti aiutanti.

Anche l'anniversario del Santo di cui portiamo il nome, è da farsi in modo speciale. La Chiesa ordina ai Parroci d'imporre ai battezzandi il nome di un Santo (862). S. Giovanni Crisostomo rimproverava quei padri che ardivano imporre nomi profani.

Onoriamo anche i Santi di ogni giorno, di cui avremo conoscenza dal calendario o dal martirologio.

Dobbiamo inoltre essere particolarmente divoti dei Santi Patroni della Diocesi, della Parrocchia, dell'Istituto, dei luoghi dove andiamo; nonché di quelli di cui possediamo le reliquie.

2 - Invocarli - Il Signore li collocò nostri intercessori presso il suo trono. Essi possono e vogliono aiutarci ad ottenere le grazie di cui abbiamo bisogno. Ricorriamo perciò alla loro intercessione con fiducia, con amore. Anche su questa terra coloro che stanno presso i grandi, ottengono favori per quanti ricorrono ad essi. In particolare pregate i Vergini, i Martiri, gli Apostoli, come vostri Protettori. I Santi, benché già in possesso della piena felicità, sono solleciti di noi, ansiosi di poterci aiutare a raggiungerli. La carità permane anche in Paradiso, come dice S. Paolo (863).

Abbisognando di una virtù particolare, ricorriamo all'intercessione di quei Santi che in essa si sono distinti: S. Tommaso, S. Alfonso, S. Francesco di Sales per la scienza; S. Luigi, S. Giovanni Berchmans, S. Stanislao Kostka per la purezza; S. Francesco Zaverio, S. Pietro Claver, S. Fedele da Sigmaringa, il Beato Chanel, per lo zelo apostolico.

Vi raccomando anche una speciale divozione ai Santi che sono meno ricordati, così come facciamo per le anime del Purgatorio più abbandonate. Già li invochiamo in generale: Omnes Sancti et Sanctae Dei, ma non in particolare, eccetto quelli di cui si fa la festa. Il padre, la madre, un conoscente... possono essere Santi anch'essi. Tutti questi Santi, che non hanno da intercedere per tanti, intercederanno di più per noi. É un nostro modo di ragionare, ma c'è della verità.

3 - Imitarli - Essi sono i modelli datici da Nostro Signore; modelli che possono essere imitati da tutti, perché vari nella loro vita e nell'eroismo della loro virtù. Anch'essi furono quaggiù soggetti a tribolazioni e tentazioni; ebbero anch'essi i loro difetti; qualcuno di loro, come S. Agostino ed altri, commisero anche dei peccati, ma con la grazia di Dio si scossero e si santificarono. Diciamo a noi stessi con S. Agostino: Si isti et illi, cur non ego? (153). Se questi e quelli, elle mie stesse condizioni di vita, poterono santificarsi, perché non lo posso io? Ecco il frutto che dobbiamo ricavare dall'odierna solennità.

Solleviamo dunque il nostro pensiero ai Santi, per onorarli, invocarli e imitarli; pensiamo a quello che ci dicono dal Paradiso. Or essi sono pienamente felici, ma se ancora potessero desiderare qualcosa, sarebbe di essere stati più virtuosi ancora: più apostoli, ecc. A certuni sembra di fare gran cosa ad essere Missionari, ad essere Religiosi... Poveri noi!... Viviamo un po' dai tetti in su!... Solleviamoci!... Voglio vivere di Paradiso, di Paradiso!

Di questi giorni ho fatto un pellegrinaggio, tutto solo e a piedi, fino al cimitero. Entrai prima in cappella, ma non c'era il SS. Sacramento. Uscito, incominciai il mio pellegrinaggio. Non mi fermai a contemplare i grandi monumenti, ma cominciai a destra, alla tomba di Don Ignazio Viola, di cui vi ho parlato: che diceva bene la Messa. Ne scrissero la vita che vi farò leggere; aveva molto spirito. M'intrattenni un po' con lui. Poi andai alla tomba dove una volta c'era la salma di S. Giuseppe Cafasso; ma ora non c'è più; mi pareva di leggere sulla tomba: Non est hic! In quel luogo vi sono pure molti Sacerdoti della Piccola Casa, compreso il Teologo Guala, il quale poneva le sue delizie nel lavorare per la gloria di Dio. Feci anche qui la mia conversazione, chiedendo buon spirito...

Mi portai in seguito dal Can. Soldati, già Rettore del Seminario ai miei tempi; qui parlai in confidenza e ci siamo intesi un pochino... Passai dalla Signora De Luca, dall'ing. Felizzati, Professore all'Università, che voleva farsi Missionario... Passai anche fra le Suore Visitandine, Sacramentine e Giuseppine, e mi fermai sulla tomba del Can. Angelo Demichelis, grande benefattore del nostro Istituto. Gli dissi: " Quando vi rivedrò in Paradiso, vi troverò contento dell'uso che ho fatto dei vostri beni? ", ed ho conversato un poco con lui.

Quindi andai dall'Abate Nicolis di Robilant; egli è vergine e martire; nella sua lunga malattia era sempre sereno, allegro... Finalmente, dopo essere passato ancora dai Vescovi, me ne tornai a casa in tram... Una volta andavo tutti i mesi; adesso non posso più.

Che cosa pensano tutti costoro dal Paradiso?... Bisogna farcela qualche volta questa domanda. Se udissimo le loro voci, ci direbbero: " Ma su, un po' di coraggio!... Ubbidienza più cieca!... studia di più!... Non sai che qui in Paradiso si ha la ricompensa eterna anche di un bicchiere d'acqua dato per amor di Dio a un poverello?... Sii più attivo, fa tanti sacrifici... ". Dobbiamo ascoltare quello che ci dicono e fare quello ch'essi stessi vorrebbero aver fatto.

Eh, sì! Siamo sempre a terra, coi piedi attaccati alla terra, mentre dovremmo aver le ali!... Non sappiamo sollevarci, pensare a Nostro Signore, al Paradiso che ci aspetta!... Diciamo ai Santi del Paradiso che ci parlino, e noi ascoltiamoli e imitiamoli. La Chiesa ci fa venerare tanta moltitudine di Santi, perché con la loro intercessione moltiplichino le grazie su di noi... La memoria di quelli che son santi dura in eterno!... Dunque, prendiamo la mira alta, alta!... Sursum corda!

giuseppeallamano.consolata.org