«UN “BOUGIA NEN” E AVVENTURIERO UNIVERSALE»

È possibile conoscere Torino da una angolatura speciale leggendo l’opera di due noti giornalisti, i quali immaginano di conversare tra di loro. Si tratta del volume: VITTORIO MESSORI, ALDO CAZZULLO, Il mistero di Torino, Due ipotesi su una capitale incompresa, Le Scie, Mondatori, Milano 2005, 506 pagine. Le notizie e le riflessioni sulla Torino “misteriosa” hanno suscitato grande interesse, se tra il 2004 e il 2005 sono uscite ben nove edizioni del libro.
Nel capitolo che illustra la religiosità forte ed equilibrata della Torino cattolica dei secoli XIX° e XX°, intitolato “Né Giansenismo né Calvinismo”, il Messori descrive, con tratti efficaci, l’influsso positivo della spiritualità che promanava dal santuario e dal convitto ecclesiastico della Consolata. In questo contesto, tratteggia anche la parte giocata dall’Allamano. Ecco le parole dell’autore.
«Fra l’altro, non dimenticare: parlare della Consolata significa parlare di un altro dei paradossi torinesi. […]. Il culto per questa Madonna è una devozione tutta locale, fortemente municipale: a ogni necessità grave della città, il Comune, con apposito documento ufficiale, prometteva alla Consolata qualche lavoro di miglioria, un restauro, una grossa offerta, o (l’ho ricordato) l’erezione di una colonna.
In questo stesso piazzale, dietro il cespuglio di un’aiuola, si trova uno dei piastrini che stavano sulla linea della battaglia del 1706, quando la città fu liberata dal maggiore dei suoi assedi. Nella stampa che ho ora accanto al letto, nella casa sul Garda, sotto la riproduzione della icona, tra varie scene locali, c’è addirittura un Pietro Micca che, intrepido, dà fuoco alle polveri per salvare la città dall’irruzione dei francesi.
Ma sì, un culto che sembrerebbe tutto e solo civico. E, invece – ecco il paradosso -, proprio questa devozione campanilista è, al contempo, universale come ben poche altre. Questa immagine la trovi, e ancora spesso la trovi, all’ingresso di ogni casa tra il Po e la Dora e, al contempo, nei luoghi più remoti del globo e nelle metropoli caotiche del terzo mondo.
In effetti, i Missionari e le Missionarie della Consolata hanno portato in ogni continente un culto così subalpino. Quanti sanno che in Corso Ferrucci, dalle parti di Piazza Bernini, c’è uno straordinario Museo Etnografico, dove quei religiosi espongono materiali importantissimi e rarissimi da essi raccolti fra tribù, etnie, culture esotiche? È un altro dei luoghi segreti di Torino, dove la città che “teme gli orizzonti troppo vasti” sa poi trovare una capacità di proiezione mondiale.
Ma il paradosso sta, in fondo, nello stesso fondatore di quei missionari della Consolata, sta in san [sic] Giuseppe Allamano, il nipote di san Giuseppe Cafasso, che vedemmo come straordinario direttore spirituale del Convitto ecclesiastico. Il canonico Allamano, morto nel 1926, per quasi cinquant’anni fu rettore della Consolata, da cui non si mosse praticamente mai: creò una delle maggiori reti missionarie della Chiesa, estesa su ogni continente, senza quasi uscire dal suo santuario amatissimo o dalla sua città. Eppure, dalla sua stanza presso la Madonna dei torinesi, formava e guidava una schiera di uomini e di donne alla conquista spirituale di remoti Paesi che aveva visto solo sulla carta geografica.
Bougia nen, e del tipo rigoroso, dunque; e, al contempo, avventuriero universale. Mi sai dire in quale altra città trovi simili ossimori, trovi unioni di opposti come qui? Non fa anche questo parte del “mistero di Torino”? ».
giuseppeallamano.consolata.org