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Scritto da p. Francesco Pavese
INTERCESSORE SUBITO
Nel questionario a cui dovevano rispondere i
testimoni al processo per la beatificazione dell’Allamano, c’erano domande riguardanti eventuali fatti
straordinari accaduti durante la sua vita o subito dopo la morte. È risaputo che l’Allamano viveva la
spiritualità del “bene fatto bene, nelle cose ordinarie”. Di fronte a manifestazioni straordinarie,
specialmente quando pretendevano di coinvolgere il miracoloso, rimaneva perplesso. Questo stile di vita lo ha anche
insegnato ai suoi missionari e missionarie. Diceva loro: «Chiedete al Signore quella fede semplice, viva e pratica
che non ha bisogno di miracoli per credere, tanto che se si compisse qualche miracolo attorno a noi, fossimo capaci di
fare come S. Luigi re di Francia, che non si era mosso per andare a vedere Gesù che si era reso visibile
nell’ostia». Dopo la sua santa morte, invece, l’Allamano si è subito dimostrato un valido
intercessore di favori speciali presso Dio e la SS. Consolata. Riportiamo le deposizioni fatte al processo diocesano dai
padri G. Gallea e L. Sales.
TESTIMONIANZA DI P. G. GALLEA
P. G. Gallea: «Fin dal tempo della
morte del Servo di Dio, si cominciò da parte di coloro che lo avevano conosciuto, a ricorrere alla sua
intercessione per ottenere da Dio grazie e miracoli. So che molti ritengono di essere stati esauditi. Io, per parte mia,
posso narrare il fatto accaduto a una mia nipotina di nome Gallea Franca, residente a Revigliasco(Torino).
Una
quindicina di giorni prima del novembre 1938, mio fratello Gallea Emilio venne a confidarmi il grave cruccio che aveva a
proposito di sua figlia di circa due anni, la quale, dopo aver tardato parecchio a cominciare a camminare, dimostrava ora
di essere sciancata, con un’anca sbilenca. Aggiunse che, alcuni giorni prima, l’aveva portata
all’ospedale di S. Filomena dell’Opera Pia Barolo, e fatta visitare dal professor Filippello, il quale, dopo
averle fatto la radiografia, si era pronunciato per la necessità assoluta di un intervento chirurgico a breve
scadenza. Il referto medico diceva: “lussazione congenita dell’anca sinistra”. Né mio fratello e
né mia cognata sapevano decidersi a far fare l’operazione, soprattutto perché il professore non dava
assicurazione che, con l’intervento, la bambina fosse certamente guarita.
Io mi limitai a suggerire di
ritardare alquanto, dato che l’età della bambina non obbligava ad un intervento in tempi così corti.
Frattanto una mia sorella suggerì alla mamma della bambina di fare una novena al Can. Allamano per ottenere la
guarigione senza l’operazione. La mamma, dopo essersi procurato un frammento degli indumenti del Servo di Dio, che
applicò alla gamba malata della bambina, cominciò la novena, nel corso della quale, constatò che ogni
giorno l’andatura della bambina migliorava, fino a che nell’ultimo giorno della novena comminava
perfettamente.
Io stesso ebbi occasione di vedere la bambina prima e dopo la grazia ottenuta e, quindi, constare la
realtà della grazia. Alcuni anni dopo, e cioè nel 1944, a comprova della grazia ottenuta, pregai mio
fratello di far fare una seconda lastra radiografica, la quale dimostrò con evidenza che non rimanevano neppure i
residui della precedente deformazione. Vidi due o tre mesi fa questa mia nipote, e constatai che è perfettamente
sviluppata, cammina regolarmente e gode ottima salute».
TESTIMONIANZA DI P. L. SALES
P. L.
Sales: «Udii narrare dal p. Giuseppe Ciatti la prodigiosa guarigione da peste bubbonica di un suo capo catechista
del Vicariato Apostolico di Nyeri, Kenya (ora archidiosi). Il mattino del 24 dicembre 1935 si metteva a letto con tutti i
sintomi della peste. Conscio del suo stato, chiese gli ultimi sacramenti. Il p. Ciatti, consegnandogli una reliquia del
Servo di Dio, lo esortò di ricorrere alla sua intercessione, il che egli fede. Verso mezzanotte, si sentì
improvvisamente libero dal male, domandò di assistere alla Messa di Natale. Non gli fu concesso: Il giorno dopo si
alzava e predeva parte a tutte le sacre celebrazioni.
Un secondo evento: udii raccontare dal p. Giacomo
Cavallo il seguente fatto. Nel 1937, sr. Agnese del monastero indigeno di Iringa (Tanzania) accusava acuti dolori di
stomaco, con vomito e altri disturbi. Il medico diagnosticò un’alcera gastrica avanzata e ne intraprese la
cura. A fine di dicembre, la paziente si metteva definitivamente a letto. Il 29 gennaio era in fin di vita e riceveva gli
ultimi sacramenti. Essendo prossima la data della morte del Servo di Dio (16 febbraio) si volle tentare una più
fervorosa novena. Al termine di questa, la suora sentì tornare improvvisamente le forze e capì di essere
guarita. Al mattino, con meraviglia di tutti, dopo due mesi di degenza, si alzava a prendeva parte alle funzioni in
chiesa. Poi cominciò a nutrirsi e in breve ricuperò la salute di prima.
Dichiaro inoltre di aver
pubblicato sulla rivista “Missioni Consolata”, negli anni in cui ne fui il direttore, moltissime grazie
attribuite all’intercessione del Servo di Dio da ogni ceto di persone».
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Creato: Giovedì, 01 Giugno 2006 16:59
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Pubblicato: Mercoledì, 31 Maggio 2006 23:00