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Scritto da P. Igino Tubaldo
Iniziamo una rubrica intitolata “I suoi più stretti
collaboratori per la missione”. Intendiamo presentare alcuni tra i primi missionari e missionarie che sono stati
più vicini all’Allamano. Potremo così evidenziare come l’Allamano abbia saputo offrire e
ricevere abbondante e concreta collaborazione per mettere in atto la sua responsabilità di fondatore di due
Istituti missionari, oltre che di Rettore del prestigioso Santuario della Consolata.
Troveremo, senza peraltro
sorprenderci, che tra lui e i suoi più stretti collaboratori si è instaurata non solo una piena intesa
sul piano operativo, ma anche e soprattutto una profonda comunione spirituale a livello di ideali di vita. Per alcuni si
può anche parlare di amicizia, nonostante che l’Allamano appaia sempre su un livello più elevato, come
isolato e circondato da venerazione, a motivo della sua superiore personalità da tutti riconosciuta.
Come
è giusto, incominciamo dal primo e più stretto collaboratore in assoluto, il can. Giacomo Camisassa, che ha
condiviso con lui, per più di 40 anni, gli impegni apostolici riguardanti il Santuario della Consolata e quelli per
le missioni.
Da un volumetto promanoscritto (Torino 1998), intitolato “L’Allamano visto da vicino –
Vite parallele”, di p. Igino Tubaldo, autore di numerosi studi sulla storia dell’Istituto e sul
Fondatore, oltre che di carattere teologico, scegliamo alcuni brani significativi sul rapporto che intercorse tra il
Fondatore, beato Giuseppe Allamano e il Confondatore, can. Giacomo Camisassa. La scelta non è facile, perché
tutto ciò che li riguarda risulta importante. Tuttavia, per ragioni di spazio, dobbiamo limitarci ad alcune pagine
su questi temi: le loro vite viste in parallelo, il loro primo incontro, il lavoro concorde per il restauro del santuario
e per la costruzione della casa madre, la base umana e spirituale della loro intesa.
VITE IN
PARALLELO
Già gli antichi greci erano a conoscenza di questo genere letterario, che consisteva
nel presentare le gesta dei personaggi storici, non isolati, ma accostati a due a due o per categorie al fine di farne
emergere le somiglianze e le dissomiglianze.
Plutarco (45 d.C. – 127), per esempio, scrisse un’opera dal
titolo “Vite parallele”: ci sono giunti cinquanta ritratti biografici di cui 42 in parallelo. È come
una galleria di quadri, divisi a stanze, che illustrano la storia di Roma o della Grecia attraverso persone vive e
concrete […].
Anche i santi generalmente non agirono da soli, non tanto perché seppero servirsi di
collaboratori, ma perché tra i collaboratori ci fu sempre qualcuno che per scelta o per vocazione risulta
più collaboratore di altri, fino al punto che l’uno non sarebbe quello che è senza l’altro. E
viceversa.
L’Allamano non è l’Allamano, cioè il rettore della Consolata e del Convitto
Ecclesiastico, l’insegnante di Teologia morale, il fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, il
loro padre e formatore, il convinto divulgatore della santità del Cafasso… senza il can. Giacomo Camisassa.
E il Camisassa non è il Camisassa senza l’Allamano.
Se nella storia della spiritualità apostolica
ci sono due figure di cui è possibile tracciare in parallelo le loro rispettive vite, quasi a fonderle, queste sono
precisamente l’Allamano e il Camisassa. Sono due eccellenti esponenti dell’apostolato missionario, che nuotano
nella corrente dello stesso fiume e che a riva, grondanti della stessa acqua, s’incontrano nello stesso punto e
nello stesso momento.
Se si volesse individuare le leggi che diressero lo sviluppo storico dell’Istituto, la
prima sarebbe quella di accostare l’Allamano al Camisassa. Essi, in un certo senso, già appaiono uniti prima
ancora del cosiddetto “storico incontro”, perché respirarono la stessa atmosfera spirituale, quasi come
due persone immerse nella stessa corrente di un fiume, trascinati nella stessa direzione. Pur con la diversità di
qualche anno percorsero gli stessi sentieri formativi: Oratorio Don Bosco, seminario diocesano, Convitto,
sacerdozio…, gli stessi modelli spirituali.
LO “STORICO INCONTRO”
Il Camisassa è più giovane dell’Allamano di tre anni. Ma pur con un numero così esiguo
di anni si può dire che il Camisassa non solo respirò la medesima aria spirituale dell’Allamano, ma
che fu suo discepolo, per il fatto che, quando nel 1873 il Camisassa entrò nel Seminario di Torino per i corsi
teologici, l’Allamano era direttore spirituale, e per cinque anni (dal 1873 al 1879) il Camisassa approfittò
della guida spirituale dell’Allamano. È qui, in seminario, durante questi cinque anni, che l’Allamano e
il Camisassa si conobbero.
Generalmente tutte le biografie iniziano dal principio, cioè, dalla nascita, se non
da prima. Non è, però, necessario. […] Per tutti, a ben osservare, c’è un momento della
vita che diventa decisivo, senza essere il primo, o perché è un velo che si squarcia e lascia intravedere
che quello è proprio il punto a cui tutto per vie misteriose e libere tende e da cui, per riconoscimento e voluta
determinazione tutto dipende, anche la morte.
Nelle “vite parallele” dell’Allamano e del Camisassa
questo momento decisivo è il 2-3 ottobre 1880, quando l’Allamano, il 2 ottobre, entra come rettore del
Santuario della Consolata, raggiunto il giorno dopo dal Camisassa. Questo ingresso, avvenuto alla spicciola, […]
unì le due vite, e costituì l’inizio di un lungo cammino. A questa data va il primato. Tra
l’inizio e il compimento ci sono 42 anni di intensa attività svolta insieme e di comune accordo.
Nelle
vite dell’Allamano e del Camisassa ci sono altri fatti importanti. Ma questo del 2-3 ottobre 1880 è veramente
il “primo”, e che per la centralità possiede tutte le prerogative della sorgente. Da questo centro
deriva tutto il resto, come una specie di eco. È come un centro di gravità, che nelle persone è
più opera dello spirito che della materia. Sebbene sia legato ad un luogo fisico e ad una parcella di tempo, questo
centro è tale non in forza di leggi storiche delle necessità o del caso, ma per la ricchezza e la
sovrabbondanza dello spirito che lo riconosce, lo domina, l’approva e lo arricchisce, giorno dopo giorno, di forze e
di bellezza.
Fu un Superiore Generale, padre Domenico Fiorina, in una lettera circolare dell’8 dicembre 1966, a
qualificare come “storico” questo “incontro” dell’Allamano e del Camisassa. E tale è
da ritenersi.
LAVORO CONCORDE PER IL SANTUARIO E
LA CASA MADRE
Il Santuario della Consolata era vecchio. All’inizio, quando nel 1880
l’Allamano e il Camisassa vi entrarono, oltre che vecchio o antico, appariva alquanto trascurato e quasi
abbandonato. In letargo, sarebbe meglio dire. L’antico trasudava vecchiume col tipico cattivo odore della muffa. Ma
questo problema era già stato risolto con l’ordine, la pulizia, le funzioni ben fatte, i canti e con le porte
sempre aperte.
Ora però con l’avvicinarsi delle feste centenarie del 1904, l’Allamano e il
Camisassa avvertirono un altro difetto grave del loro santuario: respirava male, vale a dire, che per l’afflusso dei
fedeli, anche nei giorni normali, nel tempio mancava l’aria e si respirava male. Era troppo piccolo.
Devono
essere intercorsi intensi scambi di idee tra l’Allamano e il Camisassa. Alla fine decisero: si doveva giungere al 20
giugno 1904 con un santuario rimesso a nuovo e più ampio.
Per l’esecuzione del piano l’Allamano
pose tutto in mano al Camisassa. I lavori iniziarono nel 1898. Furono anni di non poche preoccupazioni per entrambi,
perché occorreva far fronte alle ingenti spese e saldare tutte le fatture. Il Santuario venne ampliato con
l’aggiunta di due cappelle laterali, abbellito con marmi e oro.
Il Camisassa era sempre presente nella
progettazione dei lavori e nell’esecuzione. Furono soprattutto anni di grande solidarietà. Non solo tra
l’Allamano e il Camisassa, ma anche tra chi stava trasformando così il Santuario e i fedeli che contribuirono
in massa alle spese. I fedeli erano messi al corrente dei lavori e delle spese dalla rivista “La Consolata”,
fondata nel 1899, proprio per mettere tutto in chiaro.
Per il 20 giugno 1904 tutto era pronto. L’Allamano
può presentare ai fedeli il santuario “rinnovato”. Lo fece con le parole bibliche: Sapientia
aedificavit sibi domum (la Sapienza si è edificata la casa), intendendo per “Sapienza” la Consolata
stessa.
[…] Le celebrazioni con la partecipazione di un Legato Pontificio,
cardinali, arcivescovi e vescovi… riuscirono grandiose. In agosto l’Allamano e il Camisassa si ritirarono al
Pian della Mussa a Balme (in montagna) per qualche giorno di riposo, senza dubbio, meritato.
Intanto al Santuario era
stata data “aria”, ma non solo da un punto di vista architettonico, quanto piuttosto spirituale. Perché
nel frattempo con i missionari in Kenya il Santuario si era trasformato in una pedana di lancio, anzi in un vero centro
propulsore in tutte le direzioni, centro di riferimento e di gravitazione, come nell’organismo umano è il
cuore.
Anche la casa che ospitava i missionari in preparazione, la cosiddetta Consolatina,
ormai respirava male, divenuta “assolutamente insufficiente ai nuovi bisogni dell’Istituto”.
S’imponeva la costruzione di un edificio più grande che prevedesse i futuri sviluppi, capace di ospitare
almeno un duecento persone.
[…] Nel 1905 l’Al-lamano acquista un terreno di 12.000 mq in via
Circonvallazione 514-516 (ora Corso F. Ferrucci, 14). I lavori veri e propri iniziarono, pare, nel marzo del 1905 o poco
dopo.
Toccò ancora una volta al Camisassa prendere in mano l’impresa fino alla fine dei lavori nel 1909.
C’era anche il problema di non lieve entità di reperire i fondi. L’Allamano e il Camisassa mettono a
disposizione beni e denari propri, e per il resto si affidano alla Provvidenza, che ancora una volta non venne meno.
Perché ancora una volta i fedeli della Consolata vedono le Missioni come un prolungamento del Santuario, e
corrispondono sulla fiducia.
Questa solidarietà, che è molto di più
di un gemellaggio tra Santuario e Missioni, è l’aspetto più vitale e genuino di questi anni di intenso
lavoro. Non c’è infatti nulla che più colpisca gli occhi della gente che la concordia tra gli
esecutori di piani arditi. Tale concordia tra l’Allamano e il Camisassa era più che evidente e alla Consolata
tutti lo sapevano e la respiravano come un’atmosfera. È questa concordia a causare la solidarietà dei
fedeli e il non aspettare che tutto cada dal cielo.
La nuova casa madre dei Missionari della Consolata venne
inaugurata il 23 ottobre 1909, anno fatidico nella storia dell’Istituto e delle Missioni: “anno di grazia e di
letizia” lo definì l’Allamano. Ancora oggi la Casa Madre, come il Santuario della Consolata, possono
considerarsi un memoriale del patto vicendevole tra l’Allamano e il Camisassa.
IL PATTO DI DIRSI
SEMPRE LA VERITÀ
Alcune frasi e alcuni atteggiamenti rivelano ciò che l’Allamano
era per il Camisassa e ciò che il Camisassa era per l’Allamano.
Una sofferenza del Camisassa
nell’ultima sua malattia fu di recare pena all’Allamano. Quando nel suo torpore anche prolungato
l’Allamano entrava nella stanza, al primo saluto, si destava immediatamente per rispondergli.
Il migliore
elogio che il Camisassa fece dell’Allamno, oltre al comportamento di tutta la sua vita, avvenne a S. Ignazio, in
occasione della partenza di quattro missionari l’8 luglio 1921. Disse: «[…] il padre non è da
meno di suo zio (S. Giusppe Cafasso) e di altri santi di cui leggiamo la vita, e verrà un giorno in cui leggeremo
anche la sua». Anche questa profezia, che è la terza, si è pienamente avverata.
Quanto poi
l’Allamano stimasse il Camisassa, oltre ad averlo anche dimostrato con tutta la vita, appare da queste sue
affermazioni proferite durante la sua malattia e dopo la sua morte: «Per lui ho offerto la vita, ma vale
niente» – «Senza di me potete fare, ma senza di lui, no» – «Tocca a me fare i suoi
elogi. Era sempre intento a sacrificarsi, pur di risparmiare me; era un uomo che aveva l’arte di nascondersi e
possedeva la vera umiltà» – «Con la sua morte ho perso tutte due le braccia» –
«Quale perdita per il Santuario e più per l’Istituto e per le Missioni… Egli viveva per voi e
per le Missioni» – «Non potremo certo dimenticarlo e dimenticare il bene che fece al-l’Istituto,
per il quale si sacrificò fino all’ultimo respiro» – «Erano 42 anni che eravamo
insieme, eravamo una cosa sola…» – «Tutte le sere passavamo in questo mio studio lunghe
ore… Qui nacque il progetto dell’Istituto, qui si è parlato di andare in Africa…Insomma tutto
si combinava qui».
[…] Ciò che colpisce non è solo la collaborazione, quanto piuttosto lo
stile con cui questa collaborazione venne attuata e per così tanti anni. […] Questo stile è tutto in
quelle parole dell’Allamano: «Abbiamo promesso di dirci la verità e l’abbiamo sempre
fatto».
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Creato: Mercoledì, 31 Gennaio 2007 05:00
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Pubblicato: Mercoledì, 31 Gennaio 2007 05:00